giovedì 18 aprile 2024

Gli scritti di San Paolo — SECONDA EPISTOLA AI TESSALONICESI (La legge del lavoro)

 (segue da qui)

3. La legge del lavoro

Questo argomento è trattato nel brano 3:6-12. Paolo vi ricorda che, durante il suo soggiorno a Tessalonica, egli ha lavorato giorno e notte per guadagnarsi il suo pane e non essere di peso a nessuno. Avrebbe avuto certamente il diritto di farsi nutrire; ma non ha voluto usare questo diritto al fine da servire da modello. Di conseguenza incolpa certi individui che, secondo quanto gli è stato riportato, si agitano e non fanno nulla. A ciascuno tocca vivere del suo lavoro. Se non vuole lavorare, che non mangi.

Quella piccola dissertazione è così intimamente legata a quella della prima epistola 2:9, che entrambe devono necessariamente avere lo stesso autore e ispirarsi alle stesse preoccupazioni. Il brano 3:6-12 è quindi la protesta di un cattolico del 165 circa contro il sistema finanziario inaugurato da Montano per porre i predicatori della buona parola a carico delle comunità. La distinzione che fa tra il diritto, exousian, e l'uso del diritto, è una risposta alla tesi che si esprime nel capitolo 9 della prima epistola ai Corinzi, più esattamente all'edizione primitiva di quella tesi. Il nostro autore confuta quella dottrina. È lui che, per dare alla sua risposta tutta l'efficacia desiderabile, ha dato al suddetto capitolo 9, tramite un rimaneggiamento giudizioso, la forma che ha oggi. 

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