martedì 16 aprile 2024

Gli scritti di San Paolo — SECONDA EPISTOLA AI TESSALONICESI (Sorte riservata agli infedeli e sorte riservata ai cristiani)

 (segue da qui)

2. Sorte riservata agli infedeli e sorte riservata ai cristiani

Quella questione è trattata nell'istruzione 1:3-10 di cui ecco la sostanza: 

I Tessalonicesi sono alla mercé delle persecuzioni. Ma non si sconcertano; perché Dio, che è giusto, li vendicherà e li ricompenserà. Li vendicherà venendo nel contesto annunciato da Isaia che disse (66:13 Septuaginta): «Il Signore verrà come un fuoco... per infliggere una punizione e la sua risposta sarà nella fiamma del fuoco, Egli verrà nel fuoco della fiamma per infliggere il castigo». Questo castigo il Signore lo infliggerà a «coloro che non conoscono Dio» conformemente all'oracolo di Davide (Salmo 77:6 Settanta): «Diffondi la tua ira sulle nazioni che non ti conoscono». Lo infliggerà anche a coloro che «non obbediscono al  vangelo del nostro Signore Gesù». Tutti costoro avranno per castigo uno «sterminio eterno» oléthron aïônion. E questo castigo sarà il compimento dell'oracolo di Isaia 2:10 dove si parla di uomini che si nascondono (Septuaginta): «dal volto... del Signore e dalla gloria della sua forza». Dunque i pagani che non conoscono Dio e gli ebrei increduli, che conoscono Dio ma non obbediscono al vangelo, saranno per sempre sterminati «dal volto del Signore e dalla gloria della sua forza»

Dio, che punirà gli increduli, ricompenserà anche i cristiani. Procurerà loro il «riposo», anésin, nella compagnia di Paolo e dei suoi aiutanti. Questo riposo i cristiani godranno non appena il Signore Gesù si sarà manifestato, discendendo dal cielo circondato dagli esecutori dei suoi ordini. E allora sarà compiuto l'oracolo di Davide (Salmi 67:6 Septuaginta) secondo il quale: «Dio è ammirevole nei suoi santi». Altrettanto compiuto quest'altro oracolo (Salmi  88 Septuaginta) che ci mostra Dio: «glorificato nell'assemblea dei santi»; infatti «il Signore Gesù verrà per essere glorificato nei suoi santi, per essere ammirato in coloro che credono in lui...»

I Tessalonicesi si rassicurino quindi. Essi erano, in virtù della loro fede, sicuri di aver parte al «regno di Dio» che il Signore Gesù inaugurerà; ma il merito (5) delle sofferenze alle quali sono esposti, aggiungendosi al merito della fede, dà loro un nuovo diritto a questo regno. 

Quella istruzione si accinge soprattutto a mostrare che le persecuzioni sono un nuovo motivo per credere nel «regno di Dio». Il suo pensiero centrale può formularsi così: «Se avete qualche dubbio sul regno di cui vi ho promesso l'inaugurazione prossima, ora che voi avete sofferto a causa della vostra fede non potete più averne; perché Dio, che è giusto, non può mancare di punire i vostri persecutori e di ricompensarvi». Parla solo di passaggio del regno stesso, della sua inaugurazione, della sua natura. I destinatari della lettera conoscevano ampiamente queste cose e non avevano bisogno che se ne parlasse loro. Si trattava soltanto di fortificare la loro fede vacillante, e questo è ciò che è fatto qui. 

Tra le magre informazioni che ci sono fornite come per sbaglio, la meno imprecisa fa riferimento alla sorte degli infedeli pagani ed ebrei. Essi saranno per sempre sterminati, annientati, oléthron aïônion. L'autore, che si immagina di attingere dall'Antico Testamento tutto ciò che presenta, si riferisce nella fattispecie a Isaia 2:10. Egli non ha notato che Isaia parla di gente che si nasconde, mentre i suoi infedeli per lui sono sterminati. Quella distrazione lo ha condotto ad una conseguenza bizzarra. La sintassi autorizza Isaia a dire che i malvagi si nascondono «dal volto del Signore». Ma essa non permette al nostro autore di presentarci gli infedeli che subiscono uno sterminio eterno «dal volto del Signore». Il suo riferimento, fantasioso nella sostanza, è inoltre scorretto nella forma. Egli vuole dire probabilmente che il semplice approccio della fiamma che circonderà Gesù basterà ad annientare gli infedeli. Notiamo che quella fiamma in testa è realmente attinta dall'Antico Testamento, e concludiamo che l'autore, che non ha tratto da questo libro tutto ciò che afferma, ne è però debitore. 

I cristiani troveranno nel regno il «riposo». [1] Oggi essi sono alla mercé delle persecuzioni, soffrono. Quando abiteranno il regno, vi gusteranno il «riposo» e questo riposo — così vuole il contesto — consisterà nell'esenzione da tutte le tribolazioni che subiscono attualmente. Quanto al Cristo, egli sarà glorificato e ammirato nei suoi santi, vale a dire i cristiani attesteranno la sua potenza, e quella potenza sarà ammirevole. 

Questo brano, con i suoi infedeli annientati nel momento in cui Gesù discende dal cielo, contiene una teologia arcaica la cui collocazione dopo il 140 non è possibile. Ma l'istruzione sulla data dell'avvento del Signore è anch'essa anteriore al 140; eppure abbiamo constatato che non deriva da Paolo e che è stata scritta intorno al 135. La dissertazione 1:3-10 non sarebbe della stessa epoca, e non avrebbe per autore quello stesso che ha fissato la data dell'avvento del Signore? Quando ci si è posta quella domanda, alla quale non si può sfuggire, si è proprio obbligati a convenire che l'identità di origine sia probabile. Però mancano le prove che eleverebbero quella probabilità al livello di una certezza. È naturalmente a Paolo che va il beneficio di quella situazione. Lasciamogli dunque la dissertazione 1:3-10 che forse non gli appartiene.  

In ogni ipotesi il «regno di Dio» la cui instaurazione esigerà un tale dispiegamento di potere è proprio quello che Paolo sognava. Si estenderà sul mondo intero, ma avrà per capitale Gerusalemme. I «santi», che attesteranno la potenza del Cristo, devono il loro titolo a una reminiscenza dei salmi. La sola santità conosciuta dai salmi è la santità legalista, quella che è acquisita mediante la sottomissione alla legge. Dal momento che Paolo ha sostituito la fede alla legge, la santità consiste nella credenza nella missione del Cristo, nel suo regno. Tutti i cristiani sono santi, poiché tutti  gli ebrei erano santi. Questo è del resto quanto dichiara il versetto 20, interpretato secondo le regole del parallelismo: «...per essere glorificato nei suoi santi, per essere ammirato in tutti coloro che credono in lui»

NOTE

[1] Siamo qui alla fonte del Requiem che occupa uno spazio così prominente nella liturgia dei defunti.

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