lunedì 29 aprile 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AGLI EBREI (Essa combatte la dottrina marcionita)

 (segue da qui)


4. Essa combatte la dottrina marcionita

Tentiamo di stabilire le circostanze nelle quali essa è stata scritta. 

Essa si rivolge a lettori la cui fede è in pericolo. Questo è ciò che risulta dai testi seguenti, 2:1: «Ecco perché dobbiamo tanto più attaccarci alle cose che noi abbiamo udito, per non essere distolti lontano da esse». — 3:12: «Vegliate, fratelli, che nessuno tra voi abbia un malvagio cuore incredulo al punto di allontanarsi dal Dio vivente». — 4:14: «Rimaniamo saldi nella fede che professiamo». — 10:23: «Conserviamo incrollabile la professione della nostra speranza». — 12:25: «Guardatevi dal rifiutare di ascoltare colui che parla...». Questi avvertimenti sono evidentemente destinati a scongiurare un pericolo. 

Quale? A giudicare da 3:12 che supplica i lettori di restare fedeli «al Dio vivente», si potrebbe credere che l'autore volesse prevenire i cristiani dalle seduzioni del paganesimo. Ma si vede senza difficoltà che le sue dissertazioni non hanno alcuna relazione con i falsi dèi e di conseguenza non tendono a confutarli. Il pericolo non viene dal paganesimo. Cerchiamo da un altro lato. 

Si legge in 2:16-17 l'osservazione seguente: 

«Sicuramente non è agli angeli che porta soccorso, ma alla discendenza di Abramo. Egli ha dovuto di conseguenza essere simile in tutto ai suoi fratelli, in modo di essere un sommo sacerdote misericordioso e fedele nel servizio di Dio per espiare i peccati del popolo». Osservazione strana! Ci si domanda con sorpresa come mai l'idea sia potuta venire all'autore di spiegare che il Cristo è venuto a portare soccorso non agli angeli ma alla discendenza di Abramo. E non si può rispondere a quella domanda se non facendo appello alle preoccupazioni polemiche. L'autore si è trovato di fronte ad avversari che pretendevano di mettere il Cristo al di fuori della condizione umana. Ed egli ha risposto loro: «Voi attribuite al Cristo una condizione angelica. La vostra tesi sarebbe accettabile da ogni punto di vista, se il Cristo fosse venuto per portare soccorso agli angeli. Ma è alla discendenza di Abramo, vale a dire agli uomini che è venuto in aiuto. Egli è apparso, infatti, sulla terra con la missione di espiare i peccati degli uomini. Per eseguire questo programma, il Cristo non doveva venire nella condizione angelica. Doveva essere simile in tutto ai suoi fratelli e assoggettarsi alla condizione umana». Ecco il senso di 2:16-17. Ma è Marcione che, verso il 140, ha preteso di porre il Cristo al di fuori dell'umanità. È quindi alla dottrina di Marcione che l'epistola agli Ebrei risponde qui. E il pericolo contro il quale essa si sforza di prevenire i fedeli è, soprattutto, il pericolo marcionita. 

L'epistola agli Ebrei si propone soprattutto di combattere la dottrina di Marcione. Questo obiettivo spiega il posto che occupa il mondo mosaico nell'argomentazione dell'autore. Il culto mosaico aveva a capo un sommo sacerdote incaricato di offrire a Dio sacrifici cruenti. A capo del nuovo culto esiste anche un sommo sacerdote, il Cristo che, come il sommo sacerdote dei tempi mosaici, ha offerto a Dio un sacrificio cruento. Tuttavia questo sacrificio, di cui gli antichi sacrifici erano solo l'ombra, è consistito nell'immolazione che il sommo sacerdote ha fatto del proprio corpo: prima ragione della morte del Cristo. 

L'alleanza mosaica fu inaugurata mediante il sangue e, nel rituale mosaico, quasi tutte le purificazioni si facevano mediante il sangue. È anche mediante il sangue che l'alleanza nuova è stata inaugurata, e la purificazione dei peccati, che è stata compiuta in quella alleanza, lo è stata mediante il sangue. Soltanto questo sangue non poteva essere che il sangue dello stesso fondatore dell'alleanza: seconda ragione della morte del Cristo. 

Nei tempi mosaici coloro che, dopo aver ascoltato la parola di Dio, indurirono i loro cuori e si rifiutarono di credere, perirono nel deserto e non entrarono nel riposo che era stato loro promesso (3:7-19). Varrà lo stesso per i cristiani. Anche a loro la parola che è stata loro annunciata non servirà a nulla se non trova tra loro la fede. Al contrario, gli ebrei che hanno avuto la fede sono stati lodati da Dio e riceveranno la ricompensa celeste per la quale hanno lavorato (11). I cristiani riceveranno anch'essi la ricompensa se persevereranno (10:35-39). La fede dei cristiani è la continuazione della fede dei tempi mosaici e avrà a sua volta la stessa ricompensa. Il sacrificio del Cristo, il sacerdozio del Cristo continuano il sacrificio e il sacerdozio del culto mosaico. La legge mosaica non è quindi un'istituzione cattiva. Allo stesso modo il Dio che ha inviato il Cristo non differisce dal Dio che ci ha creato, perché (2:11): «Colui che santifica e coloro che sono santificati sono tutti derivati da uno solo». E questo «solo» è il «Dio vivente» da cui il cristiano non deve allontanarsi (3:12). 

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