mercoledì 13 settembre 2023

L'evasione miracolosa di Pietro

 (segue da qui)

§ 67) L'evasione miracolosa di Pietro. — Gli Atti (XII), dopo aver narrato dell'arresto e morte di Giacomo, aggiungendo che anche Pietro era stato arrestato, così proseguono: «Ora, la notte avanti che Erode ne facesse un pubblico spettacolo, Pietro dormiva in mezzo a due soldati, legato a due catene, e le guardie davanti alla prigione guardavano le porte. Ed ecco un angelo del Signore sopraggiunge, ed una luce risplende nella Casa. E l'Angelo, percosso il fianco di Pietro, lo svegliò dicendo: — Lèvati prestamente —; e le catene gli caddero dalle mani. E l'Angelo gli disse: — Mettiti la tua veste e seguimi —.

Pietro adunque, essendo uscito, lo seguiva. Ora, come ebbe passato la prima e la seconda guardia, vennero alla porta di ferro, che conduce alla città, la quale da se stessa si aperse».

Prosegue poi la narrazione; ed in essa si vede Pietro entrare in casa di Maria, madre di Giovanni, e ragguagliare del fatto i fedeli ivi presenti. Dopo di ciò — e qui sta il «punto» — uscendo egli fuori per recarsi «in altro luogo», dice ai rimasti: «Rapportate queste cose a Giacomo». Qui il testo ci rivela trattarsi di una ripetizione, relativa ad una precedente liberazione di Pietro dal carcere: quando cioè egli era stato arrestato insieme con Giovanni (Atti, IV, 23).

Infatti non solo il testo riferisce che Pietro, uscendo dal carcere, va in casa di Giovanni; ma, al momento di uscire per recarsi altrove, raccomanda ai rimasti di «rapportare» il tutto a Giacomo, capo della comunità. Ora, se la narrazione si dovesse riferire al terzo arresto, nel quale anche Giacomo figura tra gli arrestati, non avrebbe potuto Pietro, uscito dal carcere, dire ai presenti, di rapportare la cosa a Giacomo, perché Giacomo non c'era più. L'accenno a Giacomo quindi, contenuto nel versetto 17 del capo XII, chiarisce che il racconto, dal versetto 4 al versetto 14 del Capo XII, non è che la ripetizione amplificata dei due episodi, già esposti al Capo IV, 23, ed al Capo V, 19.

Ma altri motivi, estrinseci al racconto stesso, esistono per renderne inattendibile il contenuto.

a) Sta di fatto che le modalità della miracolosa evasione di Pietro sono troppo simili alle modalità della miracolosa resurrezione del «Gesù» [1] per non far pensare, anche qui, che debba trattarsi della nuova versione di una medesima leggenda. La perfetta somiglianza si nota nei particolari: le stesse guardie, lo stesso angelo che viene a salvare, e persino la stessa apparizione a Maria, per quanto Pietro appaia a Maria madre di Giovanni, mentre Gesù appare a Maria di Magdala. Si aggiunga che l'analogia tra i fatti di Gesù e i fatti di Pietro risalta ripetutamente confrontando i Vangeli cogli Atti. Così l'episodio di Tabita [1] degli Atti è troppo simile all'episodio di Talita [2] dei Vangeli, e la coincidenza persino nel nome non può non farci pensare alle solite alterazioni della tradizione, la quale mentre attribuisce spesso ad un solo individuo fatti che si riferiscono a più persone, attribuisce altrettanto spesso a più persone fatti che si riferiscono ad un solo individuo. Ugualmente l'episodio del Centurione, che manda a chiamare Pietro e gli si getta ai piedi, [3] è pressoché identico all'episodio del Centurione, di cui parla Matteo [4] relativamente a Gesù. E lo stesso deve dirsi per le guarigioni operate da Pietro e per gli altri suoi miracoli, che si manifestano doppioni di quelli attribuiti dalla leggenda al «Maestro».

Tutto questo deve farci ritenere che è sempre la tradizione già formatasi per il Gesù, che attribuisce a Pietro, nella redazione degli «Atti», gli episodi che nel Vangelo erano stati attribuiti al Gesù stesso.

b) Senonché la pretesa evasione di Pietro investe una questione ch'è di gran lunga importante. Si afferma difatti che Pietro, evaso miracolosamente dal carcere, sarebbe andato a Roma, dove avrebbe fondato quella grande comunità cristiana. L'importanza pertanto della questione non sfugge a nessuno. 

Parleremo più avanti delle origini della Chiesa di Roma. Intanto rileviamo non essere verosimile che Pietro, evaso dal carcere di Gerusalemme (perché si tratterebbe sempre di una evasione), si sia rifugiato proprio a Roma, centro dell'ordine e dell'amministrazione della Giustizia. Difatti, trovandosi allora la Giudea sotto il dominio romano, un suddito il quale avesse violato la legge, riuscendo poi ad evadere dal carcere, sarebbe stato ricercato in tutti i luoghi in cui la forza delle leggi romane poteva giungere. E poiché, come si afferma, Pietro a Roma si sarebbe posto a capo di una comunità attiva, non poteva passare inosservato, né poteva sempre nascondersi, come un ricercato dalla polizia in una grande metropoli. Da ciò il lato assurdo della pretesa andata a Roma, dopo l'evasione dal carcere. Perché se poi si tengono presenti gli sviluppi ulteriori della stessa leggenda, la quale vuole persino che Pietro abbia dato in Roma spettacolo di sé, contrastando nel circo con Simon Mago, l'assurdità appare più manifesta.

Al proposito, va ricordato che essendo venuto in Roma (a. 66 E.V.), sotto Nerone, il Re parto Tiridate, per ricevere l'investitura dell'Armenia dopo che aveva fatto pace con Roma, alcuni maghi d'Oriente, che noi oggi chiamiamo fachiri, si erano a lui uniti, offrendosi poi di dare spettacolo nel Circo. Nerone, avendo appreso che tra gli esperimenti che quegli uomini erano capaci di compiere figurava la levitazione, volle che anche tale esperimento fosse compiuto. Senonché, quando il Fachiro, in forza di quei poteri che la scienza biopsichica riconosce esistere in taluni, si era sollevato al di sopra degli astanti, quasi librato su ali invisibili, il venir meno improvviso di quella corrente magnetica, che aveva contribuito a sollevarlo, lo fece precipitare al suolo. Di questo episodio la leggenda messianica, allora in formazione nell'Oriente romano, si impadronì, integrandolo con l'episodio di Simon Mago, che dalla tradizione galilea era stato già raccolto in Atti (VIII, 9-24). In questo modo il Simon Mago, con cui Pietro, secondo la leggenda di Atti, appare aver disputato in Samaria, dalla leggenda romana viene trasferito a Roma, insieme collo stesso Pietro. Si tratta dunque, come ognun vede, delle solite inversioni, duplicazioni e trasposizioni, comuni a tutte le leggende tramandate per lungo tempo oralmente.

NOTE

[1] Cfr. Matteo, XXVII, 63-66; XXVIII, 1-7.

[2] Atti, IX, 40.

[3] Matteo, V, 41-42.

[4] Atti, X, 25.

[5] Matteo, VIII, 5-8. 

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