(segue da qui)
XIV. — SULLA LOCALITÀ DI NASCITA DEL GESÙ
§ 41) Betlemme e la profezia di Michea. — Nel Vangelo di Matteo non esistono riferimenti diretti circa la località di nascita del Gesù; ma soltanto riferimenti indiretti. In esso (II, 46) si introducono i tre Magi che vanno alla ricerca del nuovo Messia, mentre Erode, messo sull'avviso dai detti Magi, interpella i principali sacerdoti, per conoscere da loro dove avrebbe dovuto nascere il Messia stesso. Al che quelli risponderebbero: «In Betlemme di Giudea, perché così è stato scritto dal profeta (in concreto Michea): — e tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la minima dei capi di Giuda, perché da te uscirà un Capo il quale pascerà tutto il mio popolo d'Israele». Anche qui dunque, come in altri casi esaminati, c'è un ragionamento a posteriori: si ammette che Gesù sia il Messia preannunziato dai profeti, e dopo quest'ammissione non si possono non ammettere le altre circostanze riferite dalle profezie. Se però noi escludiamo le profezie, constateremo che nessun dato di fatto è mai esistito a suffragare una nascita in Betlemme del Gesù. Per contro tutte le circostanze di luogo tramandate dalla tradizione evangelica, escludono che Gesù possa essere nato a Betlemme. E di ciò dovettero accorgersi gli stessi agiografi antichi, se Luca ritenne necessario far fare un inverosimile viaggio ai suoi protagonisti, per mandarli a Betlemme, in occasione del presunto censimento di Cirenio.
Ma anche a proposito di Michea (IV, 8 — V, 5), come già a proposito di Daniele, per tagliare alla radice ogni possibilità di equivoco, è necessario analizzare la famosa profezia. Il testo — nel quale non mancano interpolazioni — così si esprime: «E tu, torre del gregge, rocca delle figlie di Sion, vedrai venire fino a te, vedrai venire la prima potestà, il regno della figlia di Gerusalemme. Per adesso però tu ti contorcerai negli spasimi del dolore... Contorciti dunque, e spasima come una partoriente, o figliuola di Sion ... Perché si sono adunate contro a te molte genti, le quali gridano: Sia dilapidata, e che i nostri occhi possano penetrare in Sion. Ma esse non hanno conosciuto il disegno di Dio e non penetreranno il suo divisamento. Giacché Egli le radunò come si raduna la paglia nell'aia. Sorgi dunque, o figliuola di Sion e trebbia. Perché io ti darò corna di ferro e unghie di bronzo, e tu stritolerai molti popoli, e la loro preda consacrerai a Dio, e le loro spoglie opime al Signore di tutta la terra.
Ma per adesso tu dovrai essere devastata, o figliuola di devastatori. Già hanno posto contro di noi l'assedio, e percoteranno con la verga la guancia del Giudice d'Israele. Ma tu, o Betlemme Efrata, pur minima tra le migliaia di Giuda, farai nascere da te Colui che sarà il Capo in Israele, e la cui origine è dal principio dei giorni all'eternità. Perciò il Signore ti darà in balia altrui — o figlia di Sion — sino al tempo in cui colei che deve partorire partorirà, e i suoi fratelli superstiti torneranno ai figli d'Israele ... E questo sarà la Pace».
Da quanto riportato, si argomenta che quando Michea declamava, correvano giorni tristi per il suo popolo, ed in conformità col sistema biblico, egli cercava di confortare il popolo stesso, facendo intravvedere un futuro di pace e di dominio. Difatti Michea visse in Giudea principalmente sotto il regno di Ezechia (727-698). Ora, Ezechia, pur essendo stato il più osservante devoto di Jahvè, ed anzi proprio per questo, causò al suo popolo — per le persecuzioni religiose cui ebbe ad abbandonarsi e traducentisi in guerra civile — le più gravi calamità. Giacché i perseguitati, seguaci della religione di Baal, per fuggire alle persecuzioni, cercavano asilo presso i correligionari di Babilonia. Da questo fatto prendevano argomento i Re Assiri per intervenire in Palestina; e da questo fato avevano origine i frequenti assedi distruttivi. Guerre interne quindi e guerre esterne caratterizzarono l'epoca di Michea. E proprio questo quadro di sangue riflette lo sfondo delle «visioni» di lui.
Per renderci adesso esatto conto della letteratura profetica e del suo apporto alla formazione dell'idea cristiana, dovremmo analizzare qui la natura del profetismo in genere (divinatio), e del profetismo giudaico in ispecie. Riservando però a Storia d'Israele l'esame completo della materia, diremo frattanto che la divinatio non è che frutto di ripiegamento dello spirito. L'ipersensitivo, nei momenti più gravi, ripiega su se stesso, fino a raggiungere uno stato di ascèsi (ascèsi da ascendere, che equivale a risalire verso il passato). Durante l'ascèsi l'ipersensitivo vede cogli occhi del pensiero (e cioè «ricorda», come precisava Pitagora), i fatti e gli eventi che il proprio spirito seminale (logos spermatikòs) aveva vissuto nelle passate fasi dell'esistenza. E poiché sempre l'uomo ripiega sul passato per trovare conforto alle miserie del presente, è naturale che, risalendo l'asceta, si soffermi dove trova pace e ricchezza. Appunto in questo modo, avendo Michea ripiegato sul proprio pensiero, era pervenuto al periodo caratterizzato dalla dominazione di Davide e dalla unificazione d'Israele, durante la quale aveva avuto luogo per gli Ebrei un periodo di pace e di prosperità. E poiché l'Unto, al quale era stata attribuita quella pace e quella prosperità, era venuto dalla piccola Betlemme (perché proprio a Betlemme era nato Davide), era naturale che proprio da Betlemme vedesse Michea comparire il dominatore d'Israele. Da ciò la sua esposizione.
Senonché, mentre da una simile «anàmnesi» gli spiriti più coltivati dell'antichità (tra i quali erano stati Pitagora e Confucio) avevano ricavato la prova dell'esistenza nello spirito-seme di una «conoscenza potenziale»; gli spiriti incolti invece, che si sono fermati sempre alla parvenza dei fenomeni, ignorandone la sostanza, affermarono l'esistenza di una possibilità innaturale, che chiamarono «divinazione». Giacché il selvaggio che guardi davanti a sé in un grande specchio, non possedendo il senso della prospettiva e della relatività, crede che stia davanti a lui la scena riflessa dallo specchio, la quale invece si trova dietro di lui. Pertanto egli non esita a descrivere la sua visione, rappresentandosi un paesaggio che si sviluppa a lui davanti. Ora, lo specchio retrovisore è per il selvaggio quello che l'anàmnesi è per l'asceta. Ed è ovvio che anche l'asceta esponga come evento futuro quello che esso intravvede nel proprio spirito durante l'anàmnesi, e che rappresenta invece un evento passato. Se poi aggiungiamo che la vita, nell'attuale periodo storico, è un «eterno ritorno», non farà meraviglia che talvolta i fatti passati si ripetano, per cui si presenti quale divinatio di eventi futuri, l'esposizione che rappresenta eventi trascorsi.
A parte i motivi di carattere ontologico e indiretto, nel caso di Michea non può dubitarsi che la visione del «Capo» e «Unto» d'Israele vada riferita esclusivamente a Davide, e che pertanto Betlemme sia stata citata esclusivamente con riferimento a Davide. Ciò deve argomentarsi perché soltanto Davide fu il «Capo in Israele», mentre Gesù non fu mai il «Capo in Israele»; non solo: soltanto Davide riunì tutti i figli di Israele; Gesù invece, come rilevano acutamente i dotti israeliti, divise e non riunì i figliuoli d'Israele.
Si deve pertanto escludere che Gesù sia nato a Betlemme. E di questo parere si è manifestata concordemente la critica aconfessionale.
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