lunedì 15 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoGli schiavi cristiani

 (segue da qui)


Gli schiavi cristiani.

Ancora più caratteristico è il posto dato agli schiavi. Costoro erano molto numerosi nella capitale, dove alcune famiglie ne contavano a migliaia. Questa povera gente, a cui si doveva tutto, perché erano caricati di tutti i lavori utili, non contavano quasi nulla. Non erano altro che vile bestiame. Il padrone poteva usarli e maltrattarli, picchiarli, mutilarli e ucciderli a suo piacimento. Ma il cristianesimo, seguendo l'esempio degli stoici, riconosceva loro un'anima uguale alle altre aventi la stessa origine, chiamata allo stesso destino. Così li ammetteva nelle sue assemblee allo stesso titolo di tutti gli uomini liberi. 

Non combatteva perciò la schiavitù. La legittimò piuttosto, e la stabilizzò, perché pretendeva che ognuno rimanesse nella sua condizione, che lo schiavo non cercasse di abbandonarla, che si mostrasse sempre ben sottomesso al suo padrone. [15] Questo perché considerava la posizione che si poteva occupare in questo mondo come accidentale e transitoria. La sola che contava ai suoi occhi era quella che si aveva davanti a Dio. Ma su questo piano superiore le differenze sociali non esistevano. Si era buoni solo nella misura in cui ci si comportava da cristiani. Il Cristo stesso si era fatto schiavo per obbedire alla volontà di suo Padre ed era stato in seguito esaltato nella misura stessa del suo abbassamento. Una sorte simile era promessa a coloro che avrebbero seguito il suo esempio. 

Una tale dottrina era ben attraente per questi poveri paria della società romana, di cui nessuno si curava. Era come una sorta di oppio benefico, che faceva dimenticare le loro miserie in un sogno rassicurante. Dovette propagarsi tra loro tanto più facilmente in quanto la maggior parte di loro erano originari del paese da cui proveniva il Vangelo. Di buon'ora la comunità cristiana contò un gran numero di schiavi. Ben presto anche uno di loro, di nome Callisto, liberato dalla sua patrona, sarebbe diventato il Capo della Chiesa.

Queste reclute servili avevano per il clero romano una grande importanza. Gli permettevano di svolgere nel loro ambiente una propaganda attiva e lungimirante. Gli offrivano, per ciò stesso, il mezzo per penetrare nel seno delle più ricche famiglie e tentare la loro conversione. Molti schiavi avevano una certa cultura, che permetteva loro di esercitare qualche influenza su quelli stessi che erano chiamati a servire. Incaricati dell'amministrazione di una proprietà, della vendita dei diversi prodotti, della sorveglianza del personale, o di altre funzioni analoghe, che esigevano una formazione adeguata, avevano appreso a leggere, a scrivere, a contare. I più intelligenti arrivavano, con sforzi ingegnosi e prolungati, ad allargare il cerchio delle loro conoscenze. Alcuni divennero «pedagoghi». Insegnavano i primi elementi ai giovani figli dei loro padroni, ai loro padroni futuri, acquisendo così su di loro una presa morale che poteva persistere in seguito. Valeva lo stesso per le nutrici a cui le madri di famiglie nobili affidavano la cura dei figli e che, a forza di devozione e di affetto perseverante, riuscivano spesso ad assicurarsi in casa un posto d'onore e a esercitare su chi le circondava un'influenza discreta ma continua. Più di una volta questi umili servitori si mostrarono superiori ai loro capi, non solo per la loro intelligenza e la loro moralità, ma anche per l'autorità che seppero esercitare senza averne il titolo. Quelli di loro che adottarono la fede cristiana furono tra i più preziosi dei suoi aiutanti. 


NOTE DEL CAPITOLO 9

[15] SAN PAOLO, 1 Corinzi 7:20-22.

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