domenica 30 aprile 2023

Origini Sociali del CristianesimoNaasseni

 (segue da qui)


Naasseni.

Agli Ofiani o Ofiti va aggiunto un gruppo di gnostici che Ippolito ci descrive a lungo sotto il titolo di «Naasseni». Il loro nome proviene dall'ebraico «naas», che, come il greco «ophis», è sinonimo di «serpente». È infatti questo animale, ci è detto, che questa gente adora. [27] Ma loro stessi si danno piuttosto il titolo di «gnostici».

La loro dottrina, come quella degli Ofiti, si lega strettamente a quella degli anonimi descritti da Ireneo. Ne abbiamo solo frammenti sparsi, spesso fraintesi dal loro cronista. Ma è in essa che si riuniscono e riprendono vita. All'origine, dicono questi gnostici, esisteva l'uomo primordiale, «essere inesprimibile, senza forma, che non può si può né rappresentare da alcuna immagine, né concepire dall'intelligenza». Come insegnano gli Egizi — secondo ogni apparenza, i libri ermetici, principalmente il Poimandres — in lui non esisteva alcuna differenziazione sessuale. Era androgino. Uno dei numerosi e vari inni che sono stati composti in suo onore dice sul suo conto: «Da te il Padre e da te la Madre, questi due nomi immortali, questi procreatori degli Eoni, o cittadino del cielo, Uomo glorioso». Da lui nacque un Figlio, il Figlio dell'uomo, quello che un altro inno ci mostra venerato in Frigia come Attis, in Siria come Adone, in Egitto come Osiride, in Samotracia come Adamante, [28] altrove sotto altri nomi. Laddove si trovino questo Padre e questo Figlio, c'è anche uno «Spirito», che procede da loro e che ne è inseparabile, «Essere dai vari nomi, dagli occhi innumerevoli, al quale tutti gli altri anelano, ciascuno alla sua maniera, Verbo divino, per mezzo di cui si esprime la Grande Potenza, Radice di tutto ciò che esiste, degli Eoni, delle Potenze, dei Pensieri, degli Dèi, degli Angeli». Tra questi «vari nomi» ai quali il testo fa allusione sono senza dubbio venuti in prima linea quelli di Cibele, la Grande Madre, di Iside, la sorella di Osiride, di Afrodite, l'amante di Adone, della loro parente Demetra, di tutte le divinità femminili che presiedono alle religioni misteriche. A quella Trinità indissolubile è associato il Cristo che ne deriva. Egli ha ricevuto la forma del Figlio dell'uomo, di questo Verbo che di per sé non ha forma, e si tiene presso i suoi autori, poiché lo vediamo in un altro inno rivolgersi al «Padre» per pregarlo di inviarlo in questo mondo. [29]

Perché quella richiesta? Perché così lo vuole l'interesse divino. Il mondo, infatti, si trova formato, secondo lo stesso inno, dalla compresenza di tre elementi, uno spirituale, un altro materiale, un terzo psichico. 

L'anima, o Psiche, è nata dallo Spirito ma è caduta nella materia caotica. Quella caduta originaria è stata la sua disgrazia. Rivestita di una forma acquatica, «si affanna, giocattolo e schiava della morte». La formazione del cosmo, che porta a quella dell'uomo, è l'opera di Ialdabaoth, che è chiamato per questo motivo «Creatore e Padre di questo mondo delle forme», e che è presentato anche come il «quarto», senza dubbio perché viene nell'ordine delle divinità maschili dopo l'Uomo, il Figlio dell'uomo e il Cristo. Egli è stato assistito nel suo compito da «numerose potenze», che occupano un posto di rilievo nella cosmogonia dei Naasseni, poiché ci è detto che «ognuna è oggetto di lunghe dissertazioni». È dalla loro collaborazione che deriva Adamo. Egli fu formato a immagine del divino esemplare Adamante. Fatto di terra, «giaceva senza fiato, immobile, inanimato, come una statua», come insegnano i Caldei. Poi un'anima gli fu aggiunta, e lo rese passibile di sofferenza e di castigo. Doveva essere sottoposta alle più strane vicissitudini: «a volte investita di regalità, ... a volte precipitata nella sventura ... sventurata che le sue peregrinazioni hanno precipitato in un labirinto di mali». Alla vista delle sue incessanti prove, il Cristo fu mosso da pietà. Gridò: «Guarda, o Padre! In preda alla miseria, essa vaga ancora per la terra, lontana dal tuo respiro; cerca di sfuggire all'odioso caos e non sa come attraversarlo. Ecco perché, Padre, inviami! Io discenderò portando aiuto. Attraverserò la totalità degli Eoni, rivelerò tutti i misteri, mostrerò le forme degli dèi e trasmetterò, sotto il nome di gnosi, i segreti della Santa Via».

Il Cristo venne dunque quaggiù. Apparve in «Gesù nato da Maria». In lui esistevano tre elementi distinti, di cui «uno proveniva dallo spirito, un altro dall'anima, un altro dalla materia». I tre parlavano all'unisono attraverso la sua bocca, e ciascuno si rivolgeva ai suoi simili, che lo ascoltavano secondo la loro propria costituzione. Infatti, «a intendere i Naasseni, l'universo comprende tre tipi di esseri, gli Angelici, gli Psichici, i materiali, ai quali corrispondono tre Chiese, l'angelica, la psichica, la materiale, designate rispettivamente con i nomi di Chiamato, di Eletto, di Prigioniero».

Il Salvatore prese dodici discepoli da dodici tribù per parlare per mezzo di loro a tutte le tribù. Sapeva che non avevano tutti la stessa natura, che ognuno avrebbe parlato secondo la propria e sarebbe stato ascoltato dalla sua sola gente.

I Naasseni si appellano particolarmente ad alcuni di loro. Sfruttano, ci è detto, il Vangelo di Tommaso, di cui invocano particolarmente la testimonianza a proposito della manifestazione del Cristo, che ha avuto luogo, secondo loro, «nel quattordicesimo Eone», vale a dire nel quattordicesimo anno. Essi avanzano anche rivelazioni che Giacomo, fratello del Signore, avrebbe fatto a Marianna, senza dubbio la Maria madre di Giacomo di cui parlano i nostri Vangeli. [30] Si riferiscono per la natura e il destino dell'anima al Vangelo degli Egiziani, dove una parente di quella Maria, Salomè, riceve confidenze dal Cristo stesso. Ma le loro preferenze vanno al Vangelo di Matteo e ancor più a quello di Giovanni, da cui citano e commentano passi importanti. Li completano con le Epistole di Paolo e citano con un compiacimento particolare le Epistole ai Corinzi, agli Efesini, ai Galati.

Cosa insegna il Cristo attraverso tutti questi testi? Che lo spirito e la carne si oppongono per natura, che l'uno viene da Dio, l'altra dalla materia, e che si deve morire alla carne per vivere secondo lo spirito. Bisogna in particolare astenersi dai rapporti sessuali: «Ciò che si chiama il commercio della donna con l'uomo è, nella dottrina dei Naasseni, un abominio e una contaminazione». [31] Questo è ciò che significa il sacrificio imposto dalla Madre degli Dèi al suo fedele amante: «Attis è stato mutilato, vale a dire separato dalle parti materiali e inferiori della creazione, per passare all'esistenza eterna, lassù dove non c'è né femmina né maschio, ma una Nuova creatura, un uomo nuovo, che è androgino»

È per mezzo del battesimo, spiegano i Naasseni, che si genera quella creatura spirituale: «Esso non ha, secondo loro, altro scopo che di introdurre nel piacere imperituro l'uomo che, secondo la loro espressione, è lavato con un'acqua viva e unto con un'unzione ineffabile»


NOTE DEL CAPITOLO 8

[27] IPPOLITO, Philosophoumena 5:9. 

[28] Id., ibid., 5:6, 7, 9.

[29] Id., ibid., 5:7-10.

[30] Matteo 27:50-61. Marco 15:40. Luca 24:10.

[31] IPPOLITO, testo citato 5:7.

Nessun commento: