lunedì 24 aprile 2023

Origini Sociali del CristianesimoDeutero-Paolo

 (segue da qui)


Deutero-Paolo.

L'opposizione si afferma ancora più viva e più acuta quando la dottrina di Paolo e del suo gruppo si complicò di un mucchio di elementi gnostici che andavano nettamente contro la tradizione israelita.

La seconda edizione della raccolta delle Epistole, in cui i testi autentici dell'apostolo erano come ricoperti da un sedimento di glosse di tendenza antigiudaica, aprì una nuova fase del conflitto. Essa conteneva molti passi che dovevano scioccare tutti i cristiani giudaizzanti. La missiva ai Galati, che veniva in testa al volume e i cui rimaneggiamenti sono particolarmente marcati, si mostrava a questo proposito fortemente aggressiva. «Non è affatto per le opere della Legge», vi si leggeva, «che l'uomo è giustificato, ma per la fede in Gesù Cristo... Tutti coloro che si attengono alle opere della Legge sono sotto la maledizione... Voi tutti che cercate la giustificazione nella Legge siete decaduti dalla grazia..». [35]

Le due Epistole ai Corinzi accentuavano quella tendenza. La prima constatava che il Cristo crocifisso costituisce uno «scandalo per i Giudei». La seconda aggiungeva che questo popolo «è diventato duro d'orecchi, che legge Mosè solo attraverso un velo, che conosce la lettera che uccide, non lo spirito che vivifica». [36]

L'Epistola ai Romani li prende fortemente di mira: «Tu», diceva, «che ti adorni del nome di giudeo, che ti appoggi alla Legge, che ti vanti di Dio, che conosci la sua volontà..., tu che ti lusinghi di essere la guida dei ciechi, tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso... Dov'è dunque il motivo di glorificarsi? È escluso... perché noi pensiamo che l'uomo sia giustificato per fede senza le opere della Legge. Noi siamo stati liberati dalla Legge, essendo morti a quella Legge sotto la quale eravamo tenuti, cosicché serviamo con uno spirito nuovo e non secondo la lettera che è invecchiata». [37]

La prima Epistola ai Tessalonicesi si levava negli stessi termini contro gli ebrei «che hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, che ci hanno perseguitato, che non piacciono affatto a Dio, che sono nemici di tutti gli uomini, ci impediscono di parlare ai Gentili per la loro salvezza, cosicché non cessano di mettere un colmo ai loro peccati».

All'interno stesso della comunità, molti credenti si astengono da ogni lavoro, vivono a spese del gruppo e professano così una sorta di comunismo mistico simile a quello che si praticava a Gerusalemme agli inizi della Chiesa. Essi sono fortemente rimproverati. «Se qualcuno non vuole lavorare, non mangi!». «Se qualcuno non segue le istruzioni date, sia escluso dalla comunione dei fedeli». «Ma», aggiungeva l'epistola facendo allusione agli eventi dell'anno 70, «l'ira ha finito per raggiungerli». [38]

Una gnosi simile è esposta in altre due epistole, senza dubbio apocrife, una «ai Colossesi», l'altra «ai Laodicesi», che si è chiamata più tardi «agli Efesini». La dottrina cristiana vi è presentata come l'espressione di un'elevata sapienza, la rivelazione di un mistero nascosto nelle età precedenti. 

Nell'Epistola ai Laodicesi era spiegato che il Cristo, avendo abolito i precetti della Legge, ha abbattuto con ciò il muro che separava gli ebrei dai gentili, in modo di fare degli uni e degli altri solo un uomo nuovo che vive in lui e per mezzo di lui. [39] Il Cristo è l'immagine del Dio invisibile, in cui tutto è stato fatto in cielo e sulla terra, in cui tutte le cose sussistono, in cui il mondo intero fa la sua unione con Dio. È il capo di ogni autorità, di ogni Potenza, di ogni Dominazione. È il capo mistico della Chiesa di cui noi siamo i membri. Nella sua persona si riuniscono ora ebrei e pagani, un tempo divisi. È per il suo sangue versato sulla croce che ha suggellato quell'unione spirituale grazie alla quale Dio è ora tutto in tutti. Al regno della Legge subentra ora quello della Grazia: «Nessuno dunque», conclude lo Pseudo-Paolo, «vi giudichi d'ora in poi riguardo al mangiare e al bere, o riguardo di una festa, di una nuova luna o di sabati. Che nessuno, sotto un'apparenza d'umiltà e con un culto degli Angeli, vi sottragga a suo piacimento il premio della corsa, mentre si abbandona alle sue visioni». [40]

L'Epistola ai Filippesi mostra divisioni simili non solo tra i fedeli, ma anche tra i propagandisti stessi, di cui alcuni sono nettamente opposti a Paolo. Questo o quello, quale che sia, che parla in suo nome, li combatte senza pietà: «Alcuni», dice, «predicano Cristo per invidia e per spirito di contesa, per motivi che non sono puri, col pensiero di procurarmi qualche tribolazione nei miei legami». [41] Ancora più dura l'osservazione seguente, che deve essere rivolta agli stessi avversari: «Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi dai falsi circoncisi. Perché i circoncisi siamo noi... che ci gloriamo in Gesù Cristo e non riponiamo affatto la nostra speranza nella carne. Ma anch'io però ho motivo di riporre la mia fiducia nella carne... Io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo nato da Ebrei... Ma queste cose... le considero spazzatura, al fine di guadagnare il Cristo ed essere trovato in lui non con la mia giustizia, quella che viene della Legge, ma con quella che si ottiene per mezzo della fede...». [42]

Queste idee si imponevano tanto più all'attenzione in quanto facevano parte integrante di un sistema dottrinale, di una «gnosi» che si presentava come la soluzione definitiva dell'enigma del mondo. Esse dovettero beneficiare di un favore speciale negli ambienti che erano stati evangelizzati da Paolo e che mantenevano il suo ricordo, in quelli soprattutto della Galazia e della Frigia, ai quali più Epistole erano ufficialmente indirizzate.

Ma altre tendenze simili vennero a completare la raccolta paolina. In Asia, come in Siria, l'apostolo dei Gentili era stato solo uno dei numerosi fautori della propaganda cristiana nel mondo pagano. Se fossimo meglio informati, forse vedremmo che altri vi si applicarono con la stessa passione e non gli furono inferiori.

Abbiamo qui due tesi che si scontrano, l'una più ampia e più completa, che subordina tutto all'idea del Cristo figlio di Dio, creatore e sostenitore del mondo, Salvatore e Mediatore dell'umanità, l'altra specificamente ebraica, che vede in lui solo un messaggero dell'Altissimo, incaricato di richiamare Israele alla stretta osservanza delle regole mosaiche.

In fondo la concezione del cristianesimo che rappresenta Paolo era molto contestata, persino negli ambienti che si appellavano direttamente a lui. Troppo poco ebraica per gli ebrei di origine, troppo poco greca per i greci, essa era combattuta dagli uni e dagli altri per ragioni diametralmente opposte. L'accordo che ha finito per stabilirsi su questo argomento non deve far dimenticare i gravi disaccordi che aveva dapprima provocato e che, peraltro, dovevano riapparire più tardi sotto altre forme.


NOTE DEL CAPITOLO 7

[35] Galati 2:16; 3:10; 5:4. 

[36] 1 Corinzi 1:23. 2 Corinzi 3:6, 14-15.

[37] Romani 2:17-21; 3:27-28; 7:6.

[38] 1 Tessalonicesi 2:15-16.

[39] Efesini 2:14-16.

[40] Colossesi 3:16-17.

[41] Filippesi 1:15-17.

[42]  Id. 3:2-9.

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