sabato 4 marzo 2023

Origini Sociali del CristianesimoProseliti siriani

 (segue da qui)

Proseliti siriani.

Ancora più vicini al Vangelo rispetto ai pii ebrei, raggruppati nel loro ghetto o nella loro sinagoga, ci appaiono quelle specie di mezzi ebrei che si designava sotto il nome di «proseliti». Questi erano, secondo il senso primitivo del termine, stranieri d'adozione, o più precisamente Goyim che si erano schierati con la fede di Israele e che erano ammessi a condividere la sua vita. In Palestina, molti ortodossi li vedevano negativamente e diffidavano di loro. Al contrario, nella Diaspora, dove ci si trovava in rapporti costanti con i Pagani, e dove si aveva interesse a intrattenere buone relazioni con loro, si dava molta buon'accoglienza ai convertiti e si cercava in tutti i mezzi di accrescerne il numero. Nei tempi che precedettero la guerra contro Roma, questo spirito di proselitismo era spinto molto lontano, e otteneva particolarmente in Siria successi notevoli. Giuseppe nota con orgoglio che gli ebrei di Antiochia «attirarono successivamente al loro culto un gran numero di Greci, che fecero parte da allora, in qualche modo, della loro comunità». [2] Altrove nota di passaggio che tutte le donne di Damasco, «con poche eccezioni», erano guadagnate al mosaismo.

I convertiti più zelanti si impegnavano a praticare l'intera Legge. Si sottomettevano quindi al rito della circoncisione, a tutte le proibizioni alimentari, a tutti i tabù riguardanti i rapporti con la gente impura, vale a dire con i loro compatrioti pagani. Costoro erano i «proseliti della giustizia», o i «proseliti» tout court. Ma la maggior parte dei neofiti non osava assumere tali impegni. La circoncisione soprattutto ripugnava loro. Da loro ci si accontentava di un'adesione parziale alla Legge degli antenati. Si limitavano a osservarne i precetti fondamentali, in particolare i dieci Comandamenti di Dio. L'essenziale era professare la fede monoteista. Così questi semi-proseliti, che si chiamava talvolta i «proseliti della porta», erano più spesso indicati sotto l'appellativo di «timorati di Dio»

Così si formava ad uso dei Pagani una religione nuova, che custodiva la sostanza del mosaismo, ma che ne respingeva il formalismo stretto. I suoi adepti professavano la fede monoteista. Accettavano come ispirate da Dio le Scritture ebraiche, che leggevano nella versione greca dei Settanta. Veneravano come storia sacra i racconti della Bibbia e si sforzavano di regolare la loro vita su quella dei grandi modelli proposti alla loro imitazione, ma senza credersi vincolati a tutte le ordinanze scritte nella Legge o formulate dai rabbini. Ciò che amavano dell'ebraismo era la sua moralità, non il suo rituale. Quella concezione liberale e ampiamente umana era ben più attraente di quella dei dotti ortodossi, che non volevano sacrificare nulla della tradizione e che moltiplicavano a piacere gli ostacoli. Essa spiega il successo del proselitismo ebraico e anche quello della propaganda cristiana, che ne è come un prolungamento.

I primi cristiani venuti dal giudaismo trovarono nella clientela dei proseliti un ambiente particolarmente favorevole alla loro propaganda. Si applicarono ad estenderla e a fare per proprio conto nuovi seguaci tra gli indigeni. È a proposito della loro stessa religione, del giudaismo spirituale rappresentato da loro, che intendevano le promesse bibliche di una conversione generale delle nazioni. Questi annunci, interpretati come profezie, erano per loro uno stimolo e anche un programma. 

NOTE DEL CAPITOLO 5

[2] GIUSEPPE, Guerra Giudaica 7:3, 3 e 2:20, 2.

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