domenica 26 febbraio 2023

Origini Sociali del CristianesimoI «Logia»

 (segue da qui)

I «Logia».

La riflessione cristiana si è lungamente esercitata su questi testi e su tutti quelli dove credeva di scoprire allusioni al Figlio di Dio fatto uomo. Le ha pazientemente meditate e, a forza di valutarle, ne ha modificato la sostanza. Ne ha ricavato gli elementi di una Vita di Gesù. Di buon'ora, nel corso degli anni che seguirono la distruzione del Tempio, dovette circolare una raccolta di testimonianze messianiche dei frammenti biblici della stessa natura, sulle quali si basava la nuova fede. Così si spiegano i lunghi intrecci di citazioni scritturali, che abbondano nella letteratura cristiana delle prime età. In quell'opera, che non è arrivata fino a noi ma di cui abbiamo imitazioni più o meno tardive dirette «contro i giudei», era stabilito, con grande supporto di prove scritturali, che il Cristo doveva apparire negli ultimi tempi e in terra ebraica, che vi sarebbe stato in lui lo Spirito di Dio e che lo avrebbe mostrato con la sapienza delle sue parole e la potenza dei suoi atti, che avrebbe dato l'esempio della povertà, della modestia, della bontà, che sarebbe stato misconosciuto dai suoi parenti, insidiato dai suoi nemici, immolato all'approssimarsi della Pasqua come un agnello, poi richiamato alla vita, elevato al di sopra degli Angeli, collocato per i secoli alla gloria di Dio. Tutto l'ideale dei suoi fedeli si concentrava in lui alla luce convergente dei testi della Legge, dei Profeti, dei Salmi
 È senza dubbio in una compilazione di questo genere che doveva consistere una raccolta, da lungo tempo perduta, di «Logia» o «Oracoli» del Signore che ha fatto versare molto inchiostro e a proposito della quale ci si è notevolmente fraintesi. Uno dei più antichi autori ecclesiastici, Papia, vescovo di Ierapoli, in Frigia, le aveva consacrato cinque libri di commentari, da molto tempo perduti. Questo equivale a dire che quell'opera godeva di una grandissima autorità nella Chiesa primitiva e che dovette esercitare un'influenza considerevole sulla formazione del pensiero cristiano. Il titolo del libro mostra che non conteneva, come si è creduto, parole del Cristo ma delle «profezie» formulate sul suo conto dal Dio degli ebrei, che la Bibbia greca designa comunemente sotto il nome di «Signore». Quell'antologia di oracoli messianici era come un'anticipazione, una prefigurazione del Vangelo. Bastava trasporne i dati sul piano storico per ottenere una Vita di Gesù.

Una biografia di un Dio Salvatore circolava, da quell'epoca, in un gruppo vicino, quello dei Simoniani, molto diffusi nella regione di Samaria. [55] Anche loro facevano professione di disprezzare le ricchezze e i piaceri, di praticare la continenza e l'astinenza. Anche loro ritenevano, in effetti, che l'anima è nel corpo come in una prigione. La Sapienza divina, spiegavano, essendo uno «Spirito», commise un giorno l'errore di piegarsi verso la materia. Non poté in seguito sbarazzarsene e si trovò invischiata nei lacci della carne, «trasferendosi» da una generazione all'altra in vari corpi di donne e provocando con la sua bellezza fatale la concupiscenza dei Principi di questo mondo che si abbandonarono per lei a guerre omicide. Il Figlio di Dio, chiamato anche «la Grande Potenza», venne a liberarla, su ordine di suo Padre, e ricevette, a causa della sua sottomissione alla volontà divina, il nome di «Simone», che vuol dire «obbediente». Avendo attraversato le sfere celesti, apparve sulla terra come un uomo. L'ultima avatar della Sapienza decaduta si offrì a lui nella persona di una donna di dubbia reputazione dal nome di Elena. Come un «buon Pastore», lui la fermò e ricondusse quella pecorella smarrita, richiamando la sua origine celeste e mostrandole la via del paradiso perduto. Con la sua compagna trasfigurata egli proseguì il suo viaggio salutare, tenendo discorsi di una sapienza trascendente e compiendo prodigi di una potenza sovrana. Perseguitato dalle potenze del male, che avevano creduto di abbatterlo, egli trionfò sulla morte e risalì al cielo, mostrando fino alla fine la via che ciascuno doveva seguire.

Quella storia mitica era raccontata per intero in uno scritto simoniano, il «libro dei quattro angoli del mondo», segnalato più tardi da un autore siriaco. Certi dettagli del suo contenuto danno a pensare che esistesse già all'inizio della nostra era. La sua visione singolare del ruolo svolto dalla bellezza femminile nello scatenamento delle guerre non può spiegarsi con una semplice reminiscenza dell'Elena di Omero, per la quale i Greci lottarono contro i Troiani. Essa dovette provenire da un ricordo recente, dalle avventure della regina Cleopatra che mise uno contro l'altro Antonio e Ottavio, l'Oriente e l'Occidente. Tutta quella mitologia è quindi ben anteriore alla fondazione della Chiesa.

Il Cristo era per i cristiani ciò che Simone era per i Simoniani. Un'opera dello stesso genere si imponeva dunque per lui. Il bisogno se ne faceva tanto più sentire in quanto la nuova setta doveva distinguersi dai vecchi partiti, per non essere inglobata nella loro rovina. Essa doveva affermare particolarmente la sua autonomia di fronte al farisaismo dei rabbini che, sopravvivendo alla tempesta, si riorganizzava a nord della Palestina e si sforzava di riunire alla sua ortodossia tutti gli elementi nazionali. All'ideale arcaico dei dottori della Legge, conveniva opporre quello dei nuovi maestri. È dal sentimento di quella necessità che nacque la prima vita di Gesù.

Un tale scritto basato sui testi profetici, o ritenuti tali, non poteva che vedere la luce tra i cristiani di antica osservanza molto legati al giudaismo tradizionale. Esso si concepì benissimo in una di quelle Chiese di Transgiordania dove i credenti di Palestina, scampati agli orrori della grande guerra, mantennero le loro tradizioni con le loro speranze. I fedeli di queste regioni si fecero distinguere a lungo per il loro spirito conservatore. Essi non vedevano nel cristianesimo che un prolungamento, o, per meglio dire, l'evoluzione finale della religione di Israele. Un autore del IV° secolo, Epifanio, che li ha frequentati, li segnala sotto il nome che si davano loro stessi di «Nazareni». Il termine viene dall'ebraico «nazir», divenuto in greco «nazaraios», che indica un uomo votato al servizio di Dio. Esso fu applicato di buon'ora ai cristiani e doveva indicare già verso la fine del I° secolo o all'inizio del II° quelli tra loro che vivevano al di là del Giordano.

NOTE DEL CAPITOLO 4
[55] Si veda il capitolo seguente, Origini siriane, pag. 184.

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