martedì 24 gennaio 2023

Origini Sociali del CristianesimoOrientamento politico

 (segue da qui)


Orientamento politico.

Quando il popolo soffre, è contro le autorità pubbliche che rivolge la sua ira, perché vede in loro i principali responsabili dei suoi mali. La massa ebraica era tanto più maldisposta nei confronti dell'autorità romana in quanto questa rappresentava ai loro occhi il paganesimo aborrito. La situazione era pressappoco la stessa di quella che si era presentata nel II° secolo prima della nostra era, al tempo di Antioco Epifane, quando quest'ultimo aveva sottomesso la Palestina e preso possesso della Città Santa. Così si amava ricordare come, all'appello di Mattatia e dei suoi figli, il popolo si era sollevato all'improvviso e, nel corso di una lotta eroica, aveva scacciato l'invasore e assicurato l'indipendenza del paese. Si leggevano con un'emozione patriottica i due libri dei Maccabei, che raccontavano quella impresa eroica, il secondo soprattutto, più recente e molto romanzato, che ha dovuto essere scritto intorno al tempo in cui Giuda il Galileo fondò la sua setta e che riflette in parte il suo programma. Le fantasie si eccitavano alla vista del coraggio e della fermezza d'animo di cui avevano fatto prova gli eroi dei vecchi tempi. Si sognava di rinnovare contro i Romani l'impresa che era così ben riuscita contro i Greci, di mostrare la stessa energia nell'azione, la stessa tenacia nella prova. È dallo zelo portato nella preparazione dell'opera liberatrice che gli «Zeloti» hanno ricavato il loro nome, sinonimo di zelanti.

I loro avversari li indicavano con un altro termine. Li definivano «sicarii», perché erano tutti muniti di un pugnale dalla lama corta e ricurva che si chiamava la «sica». [31] Erano i cavalieri della spada. Impiegavano il metodo abituale degli oppressi. Non potendo, da subito, ingaggiare una lotta aperta contro nemici numerosi e potenti, si arrangiarono sbarazzandosi furtivamente di coloro che si offrivano ai loro colpi. I più facili da raggiungere erano gli ebrei opulenti che, per salvaguardare la loro fortuna, collaboravano con Roma. Era tanto più allettante cominciare con loro in quanto i loro beni costituivano un bel bottino di guerra. Così gli Zeloti ne fecero le loro prime vittime. Un po' dovunque essi invasero i loro domini, cominciarono a sbarazzarsi di loro, poi presero tutto ciò che poteva essere portato via e bruciarono il resto. «Assassinavano in pieno giorno, nel mezzo stesso della città. Si mescolavano soprattutto alla folla nelle feste, nascondendo sotto le loro vesti pesanti pugnali con cui colpivano i loro nemici, poi, quando la vittima era caduta, l'assassino si associava rumorosamente all'indignazione del pubblico, ispirando così una fiducia che lo rendeva inafferrabile». [32]

Giuseppe si esprime sul loro conto in termini amari e durissimi. Li tratta da briganti, da saccheggiatori, da assassini, da uomini senza fede né legge. Perché è lui stesso ad essere stato accusato da loro di fellonia e di tradimento, per essere passato in piena guerra dal lato dei Romani. Una volta addirittura è stato percosso da loro, alla testa, con un colpo di pietra che lo ha lasciato privo di sensi. Il suo giudizio non è quello di un testimone imparziale. Riconosce, d'altronde, che il loro partito contava «numerosi aderenti», che aveva il «favore della gioventù» e che i suoi membri hanno mostrato «una fermezza incrollabile» in mezzo ai tormenti che si è fatto loro subire.

In sostanza, i Sicarii non facevano che seguire l'esempio proposto alla loro ammirazione dal libro di Giuditta, che sembra fatto apposta per loro e che deve essere apparso intorno al tempo in cui i nazionalisti entrarono in lotta aperta contro Roma. L'eroina del libro, il cui nome significa la «giudea», e che appare così come la personificazione della razza, usa tutto il suo fascino per sedurre Oloferne, il generale capo di Nabucodonosor, che ha invaso il suo paese, e, quando ha ottenuto il favore di passare una notte con lui, lo uccide nel sonno e provoca così la fuga dell'intero esercito, di cui è fatto un grande massacro. Questo romanzo di cappa e spada è, a suo modo, un libro di pietà. Presenta Giuditta come una donna esemplare, che compie la sua azione solo dopo aver adempiuto minuziosamente ai suoi doveri religiosi e aver implorato l'assistenza divina. Il Sicario che cercava la sua vittima e la colpiva alle spalle doveva farlo solo dopo aver eseguito lo stesso cerimoniale. Agiva in accordo con il Cielo e si considerava una sorta di vendicatore dell'Altissimo.  

NOTE DEL CAPITOLO 3

[31] Antichità giudaiche 20:8, 10.

[32] Guerra Giudaica 2:13, 2; 5:9, 4; 5:13, 3. 

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