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IL MESSAGGERO DELLO SPIRITO
Non ritorneremo alla distinzione primordiale che abbiamo stabilito tra la conoscenza razionale e la conoscenza irrazionale (essendo sempre inteso che nella realtà concreta i due ordini di pensiero sono sempre intrecciati), né al gioco perpetuo dell'irrazionale col razionale e del razionale coll'irrazionale, che è al centro della storia delle civiltà, essendo egualmente inteso che le recrudescenze dell'irrazionalismo sono necessarie al rinnovamento del pensiero razionale stesso, quando quest'ultimo è arrivato all'esaurimento.
I principi sui quali erano fondate le religioni che il cristianesimo veniva a sostituire non erano meno irrazionali di quelli del cristianesimo stesso. Ma ciò che caratterizza l'instaurazione di quest'ultimo è il rinnovamento che ha dato a questi principi; più ancora, è di averli riportati alla loro fonte originaria. Come punto di partenza della nostra tesi, abbiamo posto che il cristianesimo sia, nel primo secolo della nostra era, il risveglio di una religione preistorica, che la sua instaurazione sia stata un ritorno ai postulati (evidentemente modernizzati) delle religioni primitive, che restituendo in particolare al sacrificio di Espiazione e al sacrificio di Comunione la pienezza del loro significato, gli uomini che chiamiamo San Pietro, San Giovanni, San Giacomo e con loro San Paolo, hanno semplicemente estratto dall'inconscio collettivo le cose che vi erano sepolte fin dai tempi neolitici, e con ciò stesso hanno ricondotto il pensiero umano all'irrazionalità necessaria al suo rinnovamento.
Si dirà che alcuni Padri della Chiesa hanno tratto più tardi da questi dati irrazionali ogni sorta di conseguenza razionale e sono così riusciti a essere allo stesso tempo sinceri credenti e volgarissimi razionalisti. Se la cosa dovesse essere possibile in effetti in un'epoca in cui i dogmi erano diventati verità acquisite, sarebbe inimmaginabile da parte degli uomini che li hanno creati o quantomeno sono stati i primi a formularli. Non è solo il punto di partenza del pensiero di un San Paolo che appartiene al dominio dell'irrazionale, è il suo pensiero tutt'intero, la sua concezione delle cose, la sua intelligenza oltre che il suo modo di ragionare.
... Il suo modo di ragionare! I suoi ragionamenti, l'abbiamo visto, sono per la maggior parte le affermazioni ostinate di una convinzione puramente mistica; e se si studia la sua dialettica, si scorge che, a seconda del caso, opera in una sorta di estasi (quando si tratta del Signore), in una volontà di realizzazione ad ogni prezzo (quando si tratta della sua opera) e, in ogni cosa, in un movimento irresistibile del suo essere profondo.
Tutto ciò San Paolo lo sa benissimo, e la Chiesa lo riconosce pienamente; soltanto, dove noi diciamo impulso irresistibile dell'inconscio, San Paolo dice: dettatura dello Spirito, e la Chiesa riprende: ispirazione divina. Ancora una volta, constatiamo che le espressioni di cui si serve la sociologia sono spesso solo le traduzioni, nell'ordine della scienza, di quelle che usa la teologia. Lo Spirito che parla a San Paolo e che governa il suo pensiero si oppone formalmente per lui a ciò che noi chiamiamo la ragione e a ciò che lui chiama la sapienza degli uomini; egli sa che non pensa né parla conformemente alla sapienza degli uomini; sa che pensa e parla su un piano che non è quello della ragione umana, e lo dichiara lui stesso con la più perfetta consapevolezza, con la più perfetta chiarezza.
Follia per il mondo, manifestazione di Dio per i salvati...
È piaciuto a Dio salvare i fedeli dalla follia della predicazione...
I Giudei chiedono miracoli e i Greci sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, follia per i Greci...
Dio ha scelto ciò che è folle nel mondo per confondere i sapienti...
Non sapienza d'uomo, ma manifestazione dello Spirito...
Sapienza non di questo secolo, ma di Dio nel mistero... [1]
Non c'è nulla che gli impedisca però di rimanere il capo che sa cosa vuole e dove va, né di restare lo scrittore che sa cosa deve dire e come deve dirlo. Quanto a restare un capo, il caso è troppo frequente tra i grandi mistici, Santa Teresa ad esempio, perché ci sia bisogno di insistervi. Quanto a restare uno scrittore, non si dovrebbe immaginare che un uomo come San Paolo non cerchi le sue espressioni, non lavori alla costruzione delle sue frasi, non costruisca i suoi paragrafi; e, senza ciò, sarebbe un vero scrittore? Sembra addirittura che alcune parti delle epistole, destinate a essere lette ad alta voce nelle comunità, siano state consapevolmente e deliberatamente ritmate. [2] Ma tutto questo lavoro lo realizza sul piano dell'irrazionale. Solo lo pseudo-classicismo confonderà il disordine e l'irrazionalità.
Così comprenderemo quale posto San Paolo occupa nella storia del pensiero. Portando il rinnovamento dell'irrazionale in un'epoca che aveva spinto il razionalismo socratico alle sue estreme conseguenze, egli riporta una cosa che fin dai tragici greci (e fin dalla Bibbia) era sprofondata nella proliferazione della sofistica e del convenzionalismo, la poesia, nel senso in cui noi intendiamo oggi questa grande parola. Ecco perché avrebbe suscitato, come racconta il libro degli Atti, le risate dei dilettanti dell'Areopago, se realmente avesse avuto l'opportunità di essere ascoltato da loro.
E fa di più. Spalla a spalla con i compagni, egli porta alla società antica il mito rivoluzionario, opera suprema dello Spirito, di cui essa aveva bisogno al fine di rinnovarsi.
NOTE
[1] 1 Corinzi 2, passim.
[2] Si veda a questo proposito i lavori del padre Jousse.
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