domenica 3 ottobre 2021

IL DIO GESÙProgramma e piano di studi

 (segue da qui)

II 

PROGRAMMA E PIANO DI STUDI 

Il lettore non tarderà a riconoscere, nel cuore di questi studi, una duplice idea: questa innanzitutto, che è così poco nuova che provo qualche confusione nell'enunciarla, ma che è stata così trascurata dagli storici del cristianesimo primitivo che sembra necessario riscoprirla: — la religione è un'espressione delle cose spirituali; e questa, che è, al contrario, pressoché unanimemente proclamata oggi, almeno nel mondo colto: — la religione è la forma primitiva sotto la quale la società si è costituita ed ha continuato ad esprimersi per millenni.

Dal punto di vista più obiettivo dal quale sia possibile collocarsi, è impossibile non constatare attorno a sé, nella massa, la decadenza dello spirito religioso. Gli uni se ne affliggeranno e gli altri se ne rallegreranno; guardandoci da ogni giudizio di valutazione, constatiamo un fatto, e che salta agli occhi. Non si parla qui della potenza morale, sociale e politica della Chiesa, che rimane considerevole, ma dello stato delle credenze e delle pratiche religiose. Duecento anni fa tutta la popolazione, e ancora cento anni fa la grande maggioranza della popolazione, credeva e praticava. Oggi, quanti dei quattro o cinque milioni di abitanti del dipartimento della Senna accettano le affermazioni del catechismo e fanno le loro Pasque o vanno solo la domenica a messa?

Dico quello che vedo; non tanto un'ostilità contro le cose religiose, ma piuttosto, ciò che è più grave, una notevole indifferenza; intendo che oggi per la stragrande maggioranza della popolazione le cose religiose o non esistono più, oppure si riducono a un minimo di cerimonie tradizionali tutte esteriori, matrimonio e sepoltura, che nessuna spiritualità vivifica.

Cercheremo altrove di comprendere, alla luce della storia, come questo stato d'animo coincida con il rinnovamento della potenza politica e sociale della Chiesa al quale stiamo assistendo.

Tra coloro che hanno conservato un interesse per la religione, una parte (principalmente nella borghesia) ha solo queste preoccupazioni politiche e sociali; sono i difensori della Chiesa; ma se la religione è veramente un'espressione della spiritualità, devono essere contati non solo come estranei alla religione, ma come i suoi più pericolosi negatori.

Accanto alla maggioranza a-religiosa, si dovrebbe ancora far la distinzione tra coloro che hanno sostituito la religione con superstizioni materialiste; coloro che, al contrario, hanno solo una vaga religiosità e rimangono assenti dal culto; i semi-credenti, che credono in questo e non credono in quello, e che praticano poco o non praticano affatto; e infine il piccolo numero di coloro che credono e che praticano. Qualunque possa dunque essere oggi la potenza politica, sociale e morale della Chiesa — e sembra aumentare tutti i giorni, — se si confronta lo stato delle credenze e delle pratiche del XX° secolo, non solo con quello del Medioevo e del XII° secolo, ma con quello che i nostri nonni hanno ancora conosciuto, la caduta è tale che non vi è decadenza analoga nella storia.

Ed ecco la controparte:

Un fenomeno assolutamente nuovo e che a prima vista stupisce: man mano che la religione si perde, è meglio compresa, più rispettata e più onorata da chiunque abbia preoccupazioni intellettuali, e più grande appare nella storia l'importanza della sua funzione. La scienza delle religioni ha avuto molti precursori, ma è solo da mezzo secolo che è costituita, e la scienza delle religioni costituita, è il loro carattere di necessità originario proclamato.

Si dirà che sto gettando fiori su una tomba, e su una tomba non ancora chiusa?... Ammettiamo, per contro, che è più facile oggi che in passato far mostra di giustizia. I filosofi del XVIII° secolo e gli studiosi volterriani del XIX° hanno senza dubbio la loro scusa nel fatto che erano costretti alla battaglia e che i loro avversari erano temibili. Da qui, l'ingiustizia che ci pare odiosa degli Enciclopedisti verso le religioni e l'impossibilità in cui si sono trovati di studiarle obiettivamente. Oggi avremmo cattiva grazia a non essere obiettivi. E così si spiegano i rapidi progressi compiuti in storia delle religioni.

Dei punti essenziali sono acquisiti, che sarà la gloria di Durkheim aver fissato dopo gli antropologi inglesi e Robertson Smith; e, in primo luogo, questo, che la religione è stata la forma primitiva sotto la quale la società si è costituita e ha continuato ad esprimersi per millenni, — ma con quella conseguenza, che non ci sono false religioni, che tutte le religioni sono vere, proprio perché tutte esprimono o hanno espresso l'anima dei gruppi che le hanno praticate.

In principio, il cristianesimo può essere studiato solo come una religione tra le religioni, per quanta eccellenza gli si riconosca, per quanto rispetto gli si accorda. E questo è il risultato che ha confermato praticamente lo studio comparato delle religioni.

A partire dal giorno, in effetti, in cui gli studiosi, cessando di assorbirsi nello studio «interno» dell'Antico e del Nuovo Testamento, aprirono le loro finestre sulle religioni misteriche orientali contemporanee al cristianesimo primitivo, apparve che, tra queste religioni, il cristianesimo, per avervi trionfato e per essere stato evidentemente superiore a loro, era stato tuttavia solo una di esse, per quanta eccellenza gli si dovette riconoscere — non si deve temere di ripetere la formula.

Ma se la cosa fu ammessa abbastanza rapidamente, almeno in teoria, dagli studiosi indipendenti, non poteva essere accettata dagli studiosi appartenenti ad una chiesa; e, tra gli indipendenti stessi, fu applicata solo molto insufficientemente. 

Nessuno troverà sbagliato, poiché il cristianesimo esiste ancora e non è prossimo a scomparire, che i suoi rappresentanti, preti, pastori o semplici credenti, siano preoccupati di difenderlo; e nessuno si sorprenderà che quella preoccupazione li segua quando si dedicano alla storia delle religioni, qualunque sforzo vogliano o pretendano di fare verso l'obiettività.

Si comprenderà più difficilmente, per contro, lo stato d'animo di studiosi che non trattengono alcun legame apparente con nessuna chiesa. Accanto ai cattolici, legati dal dogma e soprattutto dall'autorità del magistero ecclesiastico; ai protestanti conservatori, appena più liberi; ai protestanti liberali, meno legati ma pur sempre legati, e pressoché incapaci di assimilare Gesù a un dio orientale qualunque, sussiste, infatti, tra un gran numero di studiosi affrancati da ogni dogmatismo, uno stato d'animo che riconosceremo in ciascuno di questi capitoli, e sul quale è necessario richiamare l'attenzione. Uomini di buona fede, di elevata intelligenza e di cultura infinitamente erudita che si sono dedicati alla storia delle religioni, il loro inconscio ha riservato al cristianesimo e a Gesù una situazione privilegiata e rifiuta di applicargli i metodi che applicano alle altre religioni e agli altri dèi... Effetto della loro prima educazione? dell'ambiente ? dell'atavismo?... Semplicemente, forse, la difficoltà, per la mente umana, di adattarsi alle necessità dell'evoluzione; perché è indubitabile che, lentamente ma sicuramente, e poco a poco, l'adattamento si fa. 

Renan ha paragonato i critici conservatori a degli uccelli in gabbia, e i liberali a degli uccelli liberi le cui ali sarebbero tagliate. La maggior parte degli studiosi indipendenti (Renan compreso) non sono uccelli in gabbia; le loro ali non sono tarpate; sono uccelli che non aprono le loro ali — o piuttosto che le aprono con difficoltà. 

Inutile aggiungere che la stessa mentalità che si riscontra tra questi studiosi, a maggior ragione la si riscontra tra i non specialisti e nel grande pubblico. E non parlo di coloro che, cadendo nell'eccesso opposto, negano ogni valore al cristianesimo, né di coloro, tra i difensori delle chiese, che agli interessi religiosi sostituiscono gli interessi politici ed economici. Né degli uni né degli altri ci potrebbe essere menzione in un libro che pretende di essere scientifico.

Per mettere a punto le origini cristiane, diciamo piuttosto per presentare un'ipotesi plausibile sulle origini cristiane, c'è un solo metodo, ma che va seguito senza secondi fini: rifiutare al cristianesimo ogni carattere eccezionale, applicargli lo stesso trattamento delle altre religioni. E questo non sarà per sminuirlo.

Padre Lagrange ha scritto che era «assolutamente inappropriato mettere nella stessa categoria la mitologia e il Vangelo. È», aggiunge, «un'indecenza di cui Strauss avrebbe dovuto vergognarsi». [1]

Domando perdono ad un uomo che rispetto e che ammiro; la scorrettezza mi sembrerebbe consistere piuttosto nel non tener conto che il cristianesimo conserva dei rappresentanti capaci di difenderlo, e che nessuno si leva più a favore di Iside o di Mitra. Mi rifiuto quindi, in modo sistematico, di esaminare la storia delle origini cristiane diversamente da come esaminerei la storia della religione isiaca o della religione mitraica. Tutto lo sforzo di questo libro e di quelli che seguiranno sarà di recuperare, dal punto di vista che Renan diceva di Sirio, come le «verità» del cristianesimo (allo stesso modo ma meglio di quelle del mitraismo) siano state l'espressione necessaria del movimento rivoluzionario che si è prodotto alla fine dell'antichità. Se vi scopriamo un insegnamento quanto al nuovo periodo rivoluzionario in cui il mondo moderno sembra essere entrato, vi sarà solo il riflesso di un pensiero che, studiando il passato, rimane piegato sul presente. L'oggetto finale di questi studi, quello al quale condurranno se mi è dato di completarli, sarà di mostrare come l'apparizione, la diffusione e l'affermazione del cristianesimo abbiano corrisposto alle necessità fondamentali dell'evoluzione umana. 

Nel primo secolo, il mondo mediterraneo è arrivato al suo esaurimento, e ciò si espresse in una crisi religiosa. Le antiche religioni di cui il mondo ha vissuto agonizzano; il mondo domanda una religione nuova che realizzi il suo rinnovamento. 

Vi sono dunque, nel primo secolo, due gruppi di religioni che si oppongono: da una parte, le antiche religioni nazionali agonizzanti e il loro estremo esito, il tentativo di una religione imperiale; e, d'altra parte, le religioni misteriche, coi loro dèi nati in Oriente e già usciti dai loro focolai; come Iside, venuta dall'Egitto; la Grande Madre e Attis, dall'Asia Minore; Mitra, dalla Persia; e, tra loro, Gesù, che viene dalla sua Palestina.

Non è che le religioni misteriche siano tra di loro alleate; a volte si combattono, a volte si uniscono (ma silenziosamente) contro il nemico comune; ma appartengono alla stessa famiglia; sono, se si vuole, sorelle rivali. Nel seguito, un cambiamento di fronte doveva verificarsi; dalla fine del secondo secolo, le religioni orientali, salvo quella di Gesù, si unirono con i superstiti delle antiche religioni nazionali e con la religione imperiale, per costituire quello che gli storici chiamano sincretismo, e la lotta doveva quindi organizzarsi tra, da una parte, la coalizione di queste religioni e, d'altra parte, il cristianesimo. Ma le religioni misteriche che si alleano con le religioni ufficiali saranno concorrenti che finiranno per fondersi; nel primo secolo, al contrario, non si è ancora al punto in cui le religioni venute dall'Oriente si ergono contro i culti ufficiali. 

In queste condizioni, un piano razionale per lo studio dell'avvento del cristianesimo sarebbe questo qui:

una veduta generale sull'evoluzione religiosa dell'umanità, dalle età primitive fino al primo secolo; 

2. una serie di capitoli su ciascuna delle religioni misteriche (compresa quella di Gesù), in cui sarebbero riassunti dati acquisiti sul passato di ciascuna di esse fino al momento in cui penetra nel mondo greco-romano e comincia a propagarsi; il titolo generale potrebbe essere: «L'Ascesa degli dèi», o: «I Pretendenti», o ancora: «il Salone di Penelope»;

sotto il titolo: «La Mischia degli dèi», verrebbe in seguito la storia di ciascuna di queste propagazioni e dei loro conflitti con le religioni ufficiali; 

e , per finire, «La Vittoria del migliore» racconterebbe il trionfo del cristianesimo.

Dato lo stato attuale delle idee, un tale piano non è realizzabile.

Lo studio delle divinità orientali a parte Gesù rientra nella condizione ordinaria di ogni studio scientifico e presenta solo le difficoltà inerenti ad ogni indagine. Sembra, quindi, che si potrebbe riassumere in un capitolo sostanziale ciò che si sa di ciascuno. Arrivati a Gesù, non è più un capitolo, sono diversi volumi che sono necessari. L'equilibrio è rotto.

Ma nello studio stesso del cristianesimo primitivo, due questioni si pongono preliminarmente, che non si pongono nello studio delle altre religioni orientali:

In primo luogo, l'antichità della religione di Gesù: il cristianesimo è stato fondato intorno all'anno 30, come affermano le ortodossie? È stato così un'eccezione tra le religioni sorelle, che risalgono tutte alle epoche più lontane?

Seconda questione: la leggenda evangelica (io chiamo così la vita di Gesù che raccontano i vangeli) si è formata in una maniera analoga alle leggende di altri dèi? Solo essa, al contrario, nel mezzo di altre leggende divine, è la sistemazione di un fatto storico ?

Ammesso che la storia di Gesù e del cristianesimo primitivo esige uno studio sproporzionato rispetto a quello degli altri dèi misterici, pare quindi razionale, a prima vista, cominciare con la discussione dell'antichità del cristianesimo e passare in seguito, seguendo l'ordine cronologico, alla formazione della leggenda evangelica. Abbiamo ritenuto, dopo matura riflessione, che uno studio della preistoria del dio non poteva comprendersi finché il secondo problema non si fosse trattato: come mai un dio antico così poco caratterizzato come poteva esserlo un piccolo dio misterico palestinese, abbia potuto divenire l'eroe della leggenda che appare nelle epistole di San Paolo e si realizza nei vangeli.

Altri prima di noi hanno esposto tutte le ragioni che potevano esserci per dubitare della realtà storica di quella leggenda; il nostro sforzo è stato di cercare di concepire quella leggenda, come essa si è creata.

Non amo granché la denominazione di «mitiche» che si dà comunemente alle teorie che negano la storicità di Gesù, perché quella denominazione sembra mettere il mito in primo piano nella formazione cristiana, mentre il mito è solo uno degli elementi, ed è nella profondità della spiritualità che si deve ricercarne l'origine. 

Là è senza dubbio la causa dell'inadeguatezza, tanto delle tesi razionaliste quanto delle tesi mitiche. All'origine del cristianesimo, gli uni hanno cercato eventi storici, gli altri eventi mitici; si doveva cercarvi ciò che è il fondamento stesso della religione: la spiritualità.

Quel che ne sia, noi immaginiamo che tutte le ricerche sulla storia della chiesa cristiana, sullo sviluppo e il trionfo del cristianesimo, avranno, per l'inquietudine contemporanea, solo un interesse secondario in confronto a quella questione: — Come ha potuto costituirsi la vita di Gesù?

Fatto ciò, ritorneremo alla preistoria del cristianesimo. E termineremo ricercando in un ultimo volume a quali bisogni fondamentali della società la rivoluzione cristiana ha risposto diciotto secoli fa. 

Non sarà data qui una bibliografia che si può trovare in tutte le opere che hanno trattato le origini del cristianesimo. Avrò l'occasione, nel corso di questi studi, di citare, foss'anche per contraddirli, gli studiosi ai quali sarebbe peggio che ingratitudine non rendere testimonianza.

Dal punto di vista puramente sociologico, basterà nominare l'uomo che ha portato sulla formazione delle società e delle religioni primitive le vedute più genialmente profonde, Emile Durkheim, e gli uomini eminenti che hanno continuato la sua opera e che si ricollegano alla Scuola Sociologica, in particolare i signori Mauss e Hubert, così come, in una posizione vicina ma indipendente, il signor Lévy-Bruhl.

Per la storia stessa delle origini cristiane, e per menzionare solo i maestri francesi ai quali ciascuno può facilmente ricorrere:  

Tra i difensori delle dottrine ortodosse che sono allo stesso tempo degli studiosi: il venerato direttore della Scuola Biblica di Gerusalemme, Padre Lagrange e i suoi collaboratori, senza dimenticare Mons. Duchesne, Mons. Batiffol, l'abate Jacquier, Padre Allo, Padre de Grand-maison e l'ultimo arrivato, Padre Jousse.

Tra gli studiosi indipendenti difensori della storicità, chiunque si sia interessato alle cose dello spirito conosce i nomi ormai celebri dei signori Alfred Loisy, Charles Guignebert, Maurice Goguel, Théodore e Salomon Reinach, benché quest'ultimo si sia fortemente avvicinato al mitismo, e, per i periodi post-apostolici, del signor Eugène de Faye, poi, per ciò che rientra negli studi talmudici, del grande rabbino Israel Lévi, infine, per l'oriente ellenistico, del signor Isidore Lévy, e, per l'etnografia, del signor van Gennep. 

Tra gli scrittori non specialisti, vale a dire che non hanno fatto di queste questioni l'oggetto di uno studio speciale e metodico, conviene nominare il signor Han Ryner, che vi ha apportato la sua notevole cultura e la sua intelligenza talvolta divinatoria. Avrò infine l'occasione di citare il signor Henri Barbusse tra coloro che sembrano piuttosto aver espresso sotto il nome di Gesù delle opinioni personali.

Quanto ai promotori delle tesi cosiddette mitiche, i loro nomi e un riassunto dei loro lavori sono stati dati nel 1914, nel Problème de Jésus, dal signor Charles Guignebert, che, pur sforzandosi di confutarle, ha saputo esporle con obiettività; poi, nel 1925, dal signor Maurice Goguel, che, in Jésus de Nazareth, non è stato né meno combattivo per la discussione, né meno obiettivo per l'esposizione. Non sarà che giusto però segnalare, tra i più recenti e i più importanti, i signori Prosper Alfaric, Robert Stahl, e, per il folklore cristiano, il signor Saintyves; infine, e impareggiabile, il maestro che si è rivelato nel 1924 con il Mystère de Jésus e ha mostrato, non solo l'erudizione perspicace, ma la penetrazione e la profondità di un filosofo e di uno storico, al tempo stesso il talento di uno scrittore nato, il signor Paul-Louis Couchoud. 

Pur limitandomi qui agli studiosi di lingua francese, credo di dover segnalare ai non specialisti i principali difensori delle tesi mitiche fuori dalla Francia: in Germania, il signor Arthur Drews, il cui Mito di Gesù è stato appena tradotto in francese; in Inghilterra, i signori John Robertson, Thomas Whittaker e L. Gordon Rylands; in America, il signor Benjamin Smith; in Olanda, tutto un gruppo di studiosi tra i quali il signor van den Bergh van Eysinga è stato egualmente appena tradotto.

Anche se il libro del signor Couchoud comporta una parte costruttiva importante, si può dire che i mitisti sono piuttosto riusciti fin qui a combattere le tesi della storicità e che in questo senso la loro critica è soprattutto negativa. Gli studi che presento qui apportano, al contrario, un tentativo di costruzione, vale a dire un'ipotesi che tende a spiegare l'enorme problema sociologico della fondazione del cristianesimo.

Ma importa che sia ben inteso che non vi sarà qui altra cosa che un'ipotesi. L'ipotesi nasce dallo studio erudito, al tempo stesso dalla meditazione; da buone madri nutrici, queste accompagnano i suoi passi, ma li dirigono; sono, se si preferisce, tre persone imparentate e che camminano a mani giunte. Senza l'ipotesi, la sociologia, così come la storia, languirebbe nella più disperata stagnazione. Infatti, chi può dire che nella storia delle religioni esista qualcosa di diverso da ipotesi momentaneamente verificate? Solo la fede è capace di affermare.

Si ha difficoltà a comprendere l'errore degli studiosi che, nel secolo scorso, hanno salutato nella loro epoca l'avvento della verità. Da più di un quarto di secolo che perseguo questi studi, il panorama del «progresso» della critica sarebbe sufficiente per insegnare la circospezione; e chi oserebbe dubitare che un nuovo «progresso» rinnoverà le domande? Finché non si avranno scoperto i testi originali dei primi scritti cristiani o qualche documento esplicito, la storia delle origini cristiane resterà qualcosa di azzardato e in ogni caso di soggettivo; e sembra più che improbabile che questi testi o questo documento saranno mai scoperti. Ma senza dubbio non conviene affliggersene. L'apparizione di una grande religione non è e non può essere un evento di ordine fisico; è un evento spirituale. Gli eventi spirituali si iscrivono negli annali della storia umana solo il giorno in cui si sono già rivestiti di un impenetrabile rivestimento di leggenda. E senza dubbio è più divino che sia così. 

NOTE

[1] Sens du christianisme, pagina 145.

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