domenica 26 settembre 2021

IL DIO GESÙPrefazione

 «Giudicate voi stessi le mie parole».

(Paolo, prima lettera ai Corinzi)

Una dottrina va accettata seguendo la ragione e una guida razionale, perché resta in ogni caso ingannato chi dà il proprio assenso a qualcuno in modo diverso. Il suo caso è simile a quello di coloro che nutrono una fede irrazionale nei sacerdoti questuanti di Cibele o negli indovini, nei seguaci di Mitra e di Sabazia, nella prima cosa che capita, si tratti di un'apparizione di Ecate o di un'altra o di altre figure demoniche. Infatti spesso in casi del genere taluni imbroglioni, puntando sullo scarso discernimento di chi si lascia ingannare con facilità, lo menano per il naso a loro piacimento; e lo stesso avviene nel caso dei Cristiani. 

(Celso, Discorso vero)

Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?

 (Kent Murphy)

Questo libro, di cui propongo per la prima volta la traduzione italiana, non si propone di divulgare una sola nozione che già non sia di dominio pubblico da quanto è stato scritto. E neppure aggiunge una nuova teoria alle molte su Gesù. Piuttosto vorrebbe dimostrare con quale legittimità le Chiese cristiane si richiamano a un Gesù che non esiste, a insegnamenti che non furono mai impartiti da un Gesù storico, a una delega di poteri che non furono mai conferiti da un Gesù storico, a una intera vita che non fu mai vissuta dal Gesù storico. 

È vero che i folli apologeti cristiani (e recentemente persino i loro amici atei) hanno studiato e sviscerato a fondo tutti i problemi della loro schifosa religione. Ma è altrettanto vero che i folli apologeti cristiani, al solito, non traggono alcuna conseguenza dagli studi dei migliori tra loro e che questi, da parte loro, preferiscono incamerare i risultati delle loro ricerche piuttosto che renderli di dominio pubblico. Ciò che veramente pensano si trova spesso nelle note a piè di pagina, in caratteri piccoli, come sul retro delle polizze di assicurazione. Con frasi pompose quali «Gesù è probabilmente esistito» viene ostentata una finta sicurezza, e i folli apologeti cristiani seguitano ad asserire più di quello che sanno. Non esiste una razza di gente più saccente sulla faccia della terra, e nel contempo più grottesca. In pratica la Chiesa, e i folli apologeti cristiani con essa, campano sul fatto che i risultati delle ricerche dei cosiddetti mitisti — i negatori della storicità di Gesù — non sono ancora di dominio pubblico.  

A prima vista, il fatto che Gesù non sia mai esistito fisicamente nel passato reale può apparire indifferente al non cristiano. Ma in nome dell'affermazione monopolistica di questa qualifica di esistenza storica per Gesù, i folli apologeti cristiani, e la Chiesa romana probabilmente dietro di loro, e non solo essa, esercitano la loro repressione. Quindi è bene che ci si metta anche noi all'opera per non lasciare ai folli apologeti cristiani le scaramucce di retroguardia. In questo senso, e solo in questo senso, la religione resta pur sempre una faccenda troppo seria.  

I testi canonici della Chiesa romana, opera dell'uomo come qualsiasi altra, devono essere ancora oggi considerati sacri e, appunto, canonici, perché «sono stati scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo e come tali sono stati trasmessi dalla Chiesa»: puah! Assieme alla delega — verrebbe fatto di aggiungere — di aggiornare e rettificare anno per anno gli errori di queste opere cosiddette sacre e canoniche.

Oggi, ai folli apologeti cristiani fa comodo conciliare pomposamente fra loro fede e ragione. Ma se Gesù non è mai esistito, non c'è più fede che tenga, al vaglio infallibile della ragione. I folli apologeti cristiani sono la mera manifestazione di un'istituzione umana e le istituzioni umane, per loro stessa natura, vogliono sopravvivere. Ma può un'istituzione antica come la Chiesa romana sopravvivere se diventano patrimonio comune le opinioni dei mitisti su Gesù ?  Prima tra tutte, l'idea che la religione cristiana, e con essa la storia del cosiddetto «occidente cristiano» — e qualunque cosa fosse Gesù, non era comunque un uomo dell'occidente — ha codificato non quello che un uomo chiamato Gesù ha pensato, voluto e fatto, ma quello che si è pensato, voluto e fatto in suo nome. La comunità ha messo in bocca a Gesù parole che non ha pronunciato, e riferito azioni che non ha compiuto. Quasi sicuramente Gesù non ha pronunciato le parole che gli hanno messo in bocca, e ben difficilmente ha compiuto una sola delle azioni che gli vengono attribuite. Il Gesù storico è un'invenzione della comunità. Per le storie di Gesù potrebbe valere ciò che Montaigne dice a proposito delle leggi: che è pericoloso volerne approfondire le origini. 

«Esse sono come i nostri fiumi, che diventano imponenti e possenti nel corso del loro defluire; ma se si risale controcorrente fino alla scaturigine, si trova un misero filo d'acqua a stento visibile, che solo quando è molto più a valle dà un'impressione maestosa». 

(Michel de Montaigne, Saggi)

Non si vede bene come le Chiese, e i folli apologeti cristiani, possano sopravvivere una volta che ammettano ciò che non possono ammettere, e cioè di fondarsi proprio su antichissime leggende, su fantasticherie dell'umanità sepolte nel tempo e da ultimo riconducibili al mito di Gesù. I vangeli furono assolutamente basati su uno scrittore e su una prospettiva letteraria/filosofica e quasi per nulla basati su una prospettiva orale/storica. Il cristianesimo non iniziò con un Gesù storico, ma con un mito di Gesù che fu rivestito successivamente di carne e sangue. 

Chi fin da bambino ha ascoltato i vangeli crede di ravvisare in essi — al di là degli sfrondamenti e delle incertezze acquisite — una nota inconfondibile, la presunta traccia per arrivare all'uomo Gesù. Ma più a fondo ci si addentra, più questo suono si confonde con altri echi corali. Ciò che un tempo risplendeva, ora balugina in colori sfumati. Non più dell'uomo, ma del dio Gesù. E ora tutti realizzano che si può estrarre un Gesù storico dai vangeli solo mediante quel tipo di inferenze speculative e del tutto campate in aria, insomma soltanto tramite quella pura arte sofistica a cui da tempo hanno dato diversa espressione i folli apologeti cristiani. 

Lo status a lungo vantato dal cristianesimo come religione storica, «un intervento di Dio nella storia umana», è proprio il punto in cui cade. Per ripetere ancora una volta ciò che non può essere sottolineato troppo acutamente, gli annali della storia non hanno nulla da dire su Gesù, la sua vita, i suoi miracoli, il suo processo, la sua morte. Tacciono sui temi impressionanti della sua resurrezione, delle sue apparizioni dopo la morte, della sua ascensione al cielo. La letteratura contemporanea è altrettanto stonatamente ignara. La società in cui si è mosso è muta riguardo all'operatore delle meraviglie che avrebbe ospitato. Quando, dopo decenni di silenzio, appaiono commenti e abbondano le critiche, esse si riferiscono alla dottrina e alla condotta delle sette cristiane, mai alla persona o alla vita personale del suo «Fondatore», che evidentemente sono del tutto sconosciute. Il termine «Cristo» è usato nei tanto citati estratti di Plinio e Tacito — e, più discutibilmente, di Svetonio — nella sua ovvia connessione con «cristiano»: «Cristo» è la forma greca di «Messia», un concetto ebraico notoriamente familiare al mondo grecofono. Gesù non è menzionato. La setta è già una spina nella carne dell'antico regime; ma l'Uomo dietro di essa è un mito, nemmeno una mitologia. Se ne ricava che «Gesù Cristo» sia un perfetto anonimo. Il «Salvatore», il «Messia, o Unto» — non designa nessuno di umano. Quest'«uomo» non ha un nome proprio con cui possa essere identificato. Se fosse stato Joshua-bar-Josef avrebbe potuto acquisire carne e sangue. Ma la tradizione non gli ha concesso alcun patronimico. Se Gesù non è mai vissuto, se il nome di Gesù non ha più significato di quello di qualche divinità totemica dimenticata, allora una inconcepibile sofferenza è stata inflitta, e sopportata, per niente. Un crudele imbroglio è stato perpetrato ai semplici, ai creduloni e agli innocenti. E ai nostri giorni, il sangue viene versato e la ferocia dilaga in una terra simile alla nostra — in nome di un Uomo che non è mai esistito come realtà umana, e tanto meno come emissario divino dell'Altissimo. Ora mi sembra che la vera tragedia del cristianesimo stia nell'infondatezza della sua pretesa. 

Per il bene di un uomo ha afflitto gravemente l'umanità. E l'ironia è che con ogni probabilità l'Uomo era un Mito.





EDOUARD DUJARDIN


IL DIO GESÙ


SAGGIO SULLE ORIGINI 

E LA FORMAZIONE DELLA LEGGENDA EVANGELICA


Alla memoria di Houston Stewart Chamberlain

il grande amico d'aldilà dei mari

Portò il messaggio capace di rigenerare il mondo

È morto sepolto non nel suo cuore ma nella sua carne


E alla memoria dell'eroe 

che non ho saputo incontrare

Nell'esilio, nella persecuzione e nella povertà

egli portò il messaggio di un mondo rinnovato

Dorme di fronte al Kreml nella gloria del cristallo


PREFAZIONE


I


Ho raccontato come, all'avvicinarsi dell'età matura, il desiderio di acquisire alcune idee precise sul cristianesimo mi aveva condotto allo studio delle sue origini, e in particolare del giudaismo; non dubitavo in quell'epoca che il giudaismo fosse una delle sorgenti del fiume cristiano, e mi ci vollero molti anni per apprendere che non era né la principale né la più antica.

Quando nel 1906 apparve il libro in cui si riassunsero i miei primi studi, un secondo volume, che doveva esserne la continuazione, era più che preparato, ma già abbozzato. Vi si sarebbe ritrovata la teoria corrente, derivata da Renan e dall'esegesi tedesca del XIX° secolo: cristianesimo fondato da Gesù, sviluppato da San Paolo, ecc. Senza incidenti, questo secondo volume doveva essere completato in breve tempo.

Preoccupazioni di natura estranea all'erudizione mi interruppero nell'autunno dell'anno 1906 fino all'estate del 1908, e quella interruzione, di cui mi afflissi allora, ebbe probabilmente l'effetto salutare di una gestazione. Allorché mi rimisi al lavoro, qualcosa di imprevisto si verificò; a mano a mano che studiavo i documenti, sentivo sgretolarsi tutto della teoria che avevo creduto stabilita.

Gli anni passarono dopo gli anni, nell'enorme fatica di uno studio in cui tutto era da ricominciare. La guerra sopravvenne, che per qualche tempo fece tacere tutte le altre preoccupazioni; ma la Sorbona riaprì le sue porte, e io potei continuare le mie ricerche, a volte ripreso tutto di colpo dall'angoscia degli avvenimenti che dilaniavano il mondo, poi ritornando ai vecchi documenti, andando e venendo, come diceva uno dei miei vecchi origini, dalle battaglie della Marna, delle Argonne, dello Chemin des Dames e di Verdun, all'assedio di Gerusalemme e all'incendio della Roma neroniana.

E poi, man mano che la guerra si prolungava, durante i mesi dell'armistizio, e mentre le conseguenze di quei cinque anni cominciarono a manifestarsi, ci fu la preoccupazione, meno immediata ma più profondamente angosciante, dell'avvenire della nostra civiltà, della possibilità o della necessità di una rivoluzione, e la comprensione sempre più netta di una spaventosa relazione tra i problemi che si pongono oggi, e quelli ai quali ha risposto il cristianesimo milleottocento anni fa.

Dall'anno 1913, ero stato incaricato di un corso (che fu continuato fino al 1922) alla Sezione di Scienze Religiose dell'Ecole Pratique des Hautes Etudes alla Sorbona. Ampliando un minimo la portata del mio programma («ricerche sulle chiese cristiane del primo secolo»), studiai, davanti a un piccolo numero di uditori fedeli ai quali vennero ad aggiungersi alcuni giovani scrittori, diverse questioni relative alle origini del cristianesimo e, nel mese di gennaio 1920, ero abbastanza padrone delle mie tesi su ciò che chiamerei la preistoria del cristianesimo, per darne un riassunto, a Ginevra, in due conferenze tenute nell'Aula dell'Università. 

Questa rapida esposizione delle condizioni nelle quali la presente opera è stata composta sarebbe incompleta, se passasse sotto silenzio il lavoro parallelo che ha portato, nello stesso tempo di un'opera di erudizione, ad un dramma in cui gli stessi eventi si sono espressi in forma leggendaria e poetica. Nel 1923, quando fu rappresentato al Théâtre Antoine il Mistero del Dio morto e risorto, l'opera di erudizione era di per sé completata per l'essenziale.

Perché il presente libro non è stato scritto e pubblicato in quel periodo?

Una prima difficoltà. La storia delle origini cristiane è un soggetto eternamente in movimento; in nessun momento ci è permesso di considerarsi arrivati a un risultato che nuovi lavori, nuove meditazioni non verranno a rinnovare. Oggi persino, al momento di rimettere il mio manoscritto al mio editore, mi è impossibile non domandarmi se il giorno in cui sarà stampato, molte pagine non avranno già cessato di soddisfarmi. Ci passo sopra, perché un'ora arriva, o piuttosto perché un'età arriva in cui, senza esser pervenuto alla meta, è necessario fermarsi. Ma si comprenderà dopo quali esitazioni mi sono deciso a quella fermata.

Con ciò, difficoltà di composizione tali, credo, che nessuno scrittore potrebbe incontrare di peggio.

Non appena un libro si rivolge al pubblico colto ma non specializzato negli stessi termini che agli specialisti, un dilemma si pone: non entrare nella discussione dei testi equivale ad affermare senza provare; entrare in quella discussione equivale a scoraggiare la metà dei suoi lettori. Renan, per la verità, è riuscito con uno straordinario successo a cavarsela; ma Renan, lungi dal contraddire le tesi allora ammesse nel mondo erudito, le seguiva quasi costantemente... E Renan era Renan.

Un'altra difficoltà più formidabile ancora. Le questioni sono, allo stato attuale dell'erudizione, talmente ingombrate da idee sbagliate, persino di errori, che è impossibile esporre qualcosa senza imbattersi nella necessità di asserire e persino provare cose che avranno il loro posto solo in un altro capitolo o in altro volume. Detto altrimenti, non una pagina in cui non si possa essere arrestati da un'obiezione alla quale non si debba rispondere interrompendo la propria esposizione con una discussione, nel corso della quale una nuova obiezione si presenterà, e ciò indefinitamente...

Solo per stabilire la «composizione» di questo libro e di quelli che seguiranno, vale a dire l'ordine degli argomenti, due anni interi non sono stati troppi, a ripassare senza fine capitolo dopo capitolo.

Si dirà che io metto il lettore al corrente di un'elaborazione che non lo riguarda, e che solo importa il risultato; e questo è ciò che Alcesti rispose a Oreste. Gli specialisti si renderanno rapidamente conto di ciò che si chiamerà le mie «posizioni» e mi seguiranno senza difficoltà, oso almeno sperare, sapendo che ciascuna dimostrazione viene al suo posto; così ho potuto, nel 1925, presentare alcune delle mie conclusioni, in forma di comunicazione, alla Società Ernest Renan. Vorrei, per contro, domandare ai non specialisti questo credito momentaneo, questo credito esorbitante, la pazienza o, meglio ancora, la rassegnazione, e che acconsentano a non arrestarsi alle obiezioni affrettate. Posso a questo prezzo presentare loro, dell'ipotesi che porto sulle origini del cristianesimo, un'esposizione più chiara e più concreta. 

Aggiungerei che avevo sognato di dare a quest'opera la forma stilizzata che sembra convenire ai monumenti della storia. È un lusso che la mia età non mi permette più. Domando che la si consideri una sorta di relazione orale che presento ai miei amici conosciuti e sconosciuti, e che riassume un quarto di secolo di lavoro e di meditazioni. 


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