martedì 28 gennaio 2020

La Favola di Gesù Cristo — «Paolo a Damasco»

(segue da qui)

Paolo a Damasco

Dato che la nuova alleanza era stata stipulata a Damasco, in effetti non possiamo fare a meno di pensare che sia stato proprio a Damasco che Paolo ricevette, a sua volta, quell'illuminazione che doveva produrre la sua vocazione.

È stato un caso? Sarebbe alquanto improbabile, dopo tutti i confronti che abbiamo segnalato. Siamo quindi portati alla logica conclusione che è in questa comunità essena dissidente di Siria che Paolo avrebbe ricevuto la rivelazione di questo nuovo Maestro di Giustizia che sarà il Cristo (Messia). Ma questa volta il suo nome sarebbe stato rivelato, e non poteva essere altro che Giosuè: gli iniziati, come ho spiegato, potevano ricavarlo dall'Antico Testamento; ma soprattutto il nome di Giosuè («colui che salva») era l'unico che permetteva un riavvicinamento con gli dèi «Salvatori» del paganesimo. Ora, questo è proprio quello che spiega Paolo quando traduce il nome di Gesù-Giosuè: «Gesù, colui che salva».

La comunità di Damasco appare così aver svolto, molto probabilmente, un ruolo nella «conversione» di Paolo. Ma questa è ancora solo una possibilità: è possibile sostenere questa ipotesi con prove?

Ovviamente non occorre aspettarsi da questo che i testi, fortemente rimaneggiati in seguito (soprattutto quelli delle epistole), ci parlino direttamente degli Esseni di Damasco, di cui si è cercato di cancellare ogni traccia. Ma in questo lavoro di correzione, un testo è sfuggito, perché il senso esatto delle sue espressioni era perduto: è proprio il capitolo 9 degli «Atti degli Apostoli», che ci racconta della conversione di Paolo.

Gli «Atti» sono una sistemazione tardiva, ma tutti gli autori ammettono che ciò che riguarda Paolo ha qualche possibilità di utilizzare un documento più vecchio. Ma cosa vi leggiamo?

A) Innanzi tutto che Saul, spirante ancora stragi, chiede il permesso di andare a Damasco al fine di perseguitare quelli, uomini o donne, che sarebbero «della setta». Quale setta? Si pensa naturalmente ai cristiani, ma dimentichiamo che nel momento in cui Paolo avrebbe dovuto compiere questa missione, non potevano esistere ancora dei cristiani a Damasco: nella prospettiva stessa degli «Atti», la propaganda non ha ancora lasciato Gerusalemme, dove la morte di Stefano è tutta recente. Da chi sarebbe dunque stata fondata una comunità cristiana a Damasco? Il compilatore degli «Atti» ha un po' confuso le date, ma sa che esisteva a Damasco una «setta», che non può confondere con la comunità ebraica, e questa setta ha qualche legame con le origini cristiane.

B) Perché Saul, che poteva continuare a perseguitare i cristiani in Palestina (sempre dalla prospettiva degli «Atti»), è andato proprio a Damasco, piuttosto che ad Antiochia? Perché il ricordo della «setta» primitiva di Damasco sopravvive, seppur confuso.

C) Dopo essere stato accecato sulla via per Damasco, Paolo va a rifugiarsi «nella casa di Giuda», che si trova nella via Diritta. In apparenza, quella casa è di un privato che si chiamava Giuda. Ma noi sappiamo ora dal commentario di Abacuc che l'espressione «casa di Giuda» indicava la comunità essena. Il rapporto tra Paolo e la comunità essena della via Diritta a Damasco è così stabilito da un testo (9:11) che si è dimenticato di correggere, il significato preciso essendo perduto.

D) In questo luogo, Paolo riceverà l'imposizione delle mani di un «discepolo» chiamato Anania. Discepolo di chi? Non ci viene detto, ma la stessa opera precisa altrove (22:12) che si tratta di un «devoto ebreo osservante della legge e in buona reputazione presso tutti gli ebrei là residenti». Non è quindi un cristiano. Chi può essere questo pio ebreo, che riceve una visione dal Signore, se non un Anziano della comunità essena?

E) Paolo riceve da Anania l'imposizione delle mani, recupera la vista. «Poi, alzatosi, fu battezzato». Il testo non dice, ma lascia ben intendere che questo avvenne ad opera di Anania. Chi quindi poteva battezzare a Damasco, quando questo rito sembra ancora sconosciuto anche a Gerusalemme (al di fuori della setta di Giovanni il Battista), e in ogni caso nessuno è ancora qualificato per conferirvi un battesimo cristiano? Il battesimo ricevuto da Paolo rassomiglia molto ad un battesimo esseno, rito la cui esistenza è attestata nella setta.

F) Lo stesso Anania dice a Paolo: «Il Dio dei nostri padri ti ha destinato a conoscere la sua volontà, a vedere IL GIUSTO» (22:14). Chi è il Giusto? Certo non  Gesù, che ignora l'ebreo Anania, ma non sarebbe il Maestro di Giustizia degli Esseni, il Giusto per eccellenza?

G) Infine, dopo questo battesimo, Paolo dimora qualche giorno «con i discepoli che aveva a Damasco» (9:19); da lì, predicherà nelle sinagoghe. Quindi vi erano a Damasco dei «discepoli», distinti dalla comunità ebraica? 

Troviamo dunque in questo testo tutta una serie di argomenti che permettono di sostenere l'ipotesi di una «conversione» di Paolo nella comunità essena di Damasco, dove avrebbe ricevuto la sua rivelazione.

Certo, gli «Atti» sono un'opera molto sospetta in cui il ruolo di Paolo è stato deformato. Ma non si vede alcun motivo per dichiarare immaginario il viaggio a Damasco: se si fosse creata da zero una leggenda sulla conversione di Paolo, la si sarebbe certamente situata in Palestina, ad Antiochia, ma non in una città pagana. Il ricordo del ruolo di Damasco e della sua «setta», seppur distorto, è passata nel racconto degli «Atti»; è forse anche tutto ciò che resta della biografia iniziale di Paolo utilizzata dal compilatore del II° secolo.

Questo equivale a dire che si può fare di Paolo un Esseno? Certo che no, se confrontiamo il suo messaggio con i documenti della setta di Qumran. I rapporti di Paolo con l'Essenismo sono evidenti, [18] ma d'altronde il Cristo di Paolo ci appare molto più vicino agli dèi Salvatori del paganesimo che al Maestro di Giustizia.

Ma la mia ipotesi (poiché, nonostante le argomentazioni addotte, non è che un'ipotesi) consisterebbe proprio in questo: Paolo si sarebbe «convertito», non in una setta essena ortodossa, ma in quella della «Nuova Alleanza» a Damasco, e questa comunità, insediata in paese pagano, si sarebbe già notevolmente evoluta sotto l'influenza dei culti misterici. È in essa e per mezzo di essa che le influenze dei misteri ellenistici sarebbero passate nel cristianesimo primitivo, almeno nell'opera di Paolo. La «Nuova Alleanza» consisterebbe in questa evoluzione, nell'assimilazione del Messia esseno a un dio Salvatore, ad un «Gesù». Certo, per confermare questa ipotesi, occorrerebbe scoprire nuovi manoscritti, ma le concordanze segnalate la rendono abbastanza plausibile: nella misura in cui il cristianesimo deriva da Paolo, esso è forse derivato dalla comunità dissidente della Nuova Alleanza a Damasco.

È molto interessante, da questo punto di vista, rivedere le epistole paoline per ricercarvi tutte le idee o le formule che possono essere avvicinate all'Essenismo, o interpretate dalla dottrina e dalla pratica essene. Il nome Belial, dato a Satana, è impiegato nei manoscritti di Qumran. Paolo parla della «comunità dei Santi», degli «Eletti della grazia». Egli sostiene la continenza e la castità (1 Corinzi 7), virtù essene, e condanna severamente la «fornicazione» (1 Corinzi 5:1, 6:18). Predica una morale essena (Romani 12), ecc.

André Ragot, che si è dedicato a questa ricerca, conclude: [19] «Chiunque siano gli autori o gli interpolatori, qualunque sia l'età di questi testi, tutto si può riportare all'Essenismo e al Maestro di Giustizia». Ancora più precisi sarebbero i confronti da fare tra il sacerdote empio del Commentario di Abacuc e certi passi, fino ad allora oscuri, riguardanti il «mistero di iniquità» o «l'uomo empio» che il Signore Gesù ucciderà col soffio della sua bocca (2 Tessalonicesi 2:3-9).

Certo, non ci sarebbe problema a fare di Paolo un discepolo di Qumran, ma tali confronti aprono nuove prospettive sulle origini cristiane, sul ruolo che ha potuto svolgervi, attraverso Paolo, una comunità essene dissidente, permeata di paganesimo e di gnosticismo.

NOTE

[18] Si veda ALFARIC: «Aux origines du christianisme», pag. 10.

[19] A. RAGOT: «Paul de Tarse», Cahier du Cercle E. Renan, 4° trim. 1963.

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