giovedì 26 dicembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Gli elementi ebraici»

(segue da qui)

CAPITOLO IV

GLI ELEMENTI EBRAICI

L'esistenza di elementi ebraici nel cristianesimo e nel mito di Gesù è innegabile, anche se si ha tendenza ad esagerarne l'importanza.

Perché, quando i cristiani si sono separati dagli ebrei, non hanno eliminato queste fonti? Alcuni ci hanno tentato, e soprattutto Marcione, ma non ci sono riusciti:

— perché la tradizione, ancora troppo recente, non ignorava che il cristianesimo era derivato dalle comunità ebraiche della «dispersione»

— perché i cristiani avevano bisogno di basare il mito del Cristo sulle profezie dell'Antico Testamento: abbiamo visto che la vita di Gesù è interamente costruita con l'aiuto di queste profezie; respingerle, equivaleva a privarsi di ogni fondamento;

— e perché, nelle loro controversie con gli ebrei, i cristiani avevano bisogno delle stesse profezie per sforzarsi di convincerli che il Cristo era proprio il Messia delle Scritture.

Restano dunque nel cristianesimo numerosi elementi di origine ebraica, e i cristiani si affidano ancora ai libri dell'Antico Testamento (che peraltro la maggior parte non legge). 


Utilizzo dell'Antico Testamento

Abbiamo già visto che un buon numero di testi (autentici o apocrifi) dell'Antico Testamento sono stati utilizzati per sostenere la messianicità di Gesù e per fabbricare i tratti profetici della sua esistenza terrena. Tuttavia, alla lettura imparziale di questi testi, non si ha l'impressione che essi dicano tutto ciò che si è fatto dire loro: il fatto è che abbiamo perso il senso dell'interpretazione simbolica o profetica. Ma questa procedura era molto favorita tra gli ebrei, e ancor più tra gli Esseni.

A) Anche coloro che hanno respinto l'interpretazione che ha portato al cristianesimo, che hanno rifiutato di ammettere un Messia sofferente e umiliato e attendevano un Messia glorioso che li liberasse dalla tutela romana, anche costoro interpretavano nel senso dell'annuncio del Messia i testi che, letteralmente, non hanno quella intenzione. Il fatto è che, nella loro mente, uno scritto «ispirato» contiene sempre molte più cose di quanto sembra dire. 

B) È la stessa procedura che fu impiegata per giustificare l'attesa di un Messia umile e pacifico: gli autori di queste ricerche non erano gli stessi delle precedenti, ma operavano con lo stesso spirito. Infatti, è importante precisarlo, non sono stati i cristiani che, dopo il fatto, e per primi, avrebbero scoperto nell'Antico Testamento come giustificare le predizioni del Messia applicandole a Gesù: l'utilizzo di questi testi, specialmente di Isaia e del libro di Enoch, in un senso messianico, è precedente al cristianesimo. Non abbiamo la prova che fu così per Isaia in altre cerchie ebraiche, ma sappiamo almeno che era così nella setta degli Esseni, che utilizzava largamente Isaia in senso profetico (due esemplari di Isaia sono stati trovati tra i manoscritti del mar Morto), e ancor più il libro di Enoch, che è forse un'opera di origine essena (questa era già l'opinione di Padre Lagrange e di Alfaric; sembra confermata dalla scoperta dei manoscritti del Mar Morto).

C) Questa maniera di interpretare i testi dell'Antico Testamento era così generale che vi si cercava persino la predizione di eventi storici: è così che, in uno dei manoscritti del mar Morto, l'arrivo dei Romani in Palestina (sotto il nome di «Kittim») è ritenuto predetto dal libro di Abacuc, da cui il commentatore ricava numerose applicazioni a cominciare dalla formula: «questo significa che...». La stessa procedura era impiegata nella ricerca delle profezie relative al Messia. 

Allo stesso modo, poco importa che, secondo l'opinione di San Lassalle, [1] i Salmi 22, 60 e 69 contengono allusioni biografiche ad un personaggio, che sarebbe forse Onia III, assassinato nel 170 A.E.C.: non è più Onia che si vedeva in questi testi, era il Messia.

D) Del resto, gli scrittori dei vangeli non hanno nemmeno avuto la pena di raccogliere i testi dell'Antico Testamento considerati come relativi al Messia: è ben stabilito oggi che questi testi erano stati riuniti in una raccolta che non hanno dovuto che distinguere. Detto altrimenti, l'insieme dei testi considerati come profetici, e che si riferivano al Messia, costituiva già una vita di Gesù ante litteram; è stato sufficiente attingervi.

E) Resta tuttavia il fatto che, secondo l'osservazione di Alfaric, la «virtù feconda del controsenso» dedita in queste interpretazioni non ha potuto agire «in una direzione continua a meno che questa direzione fosse preesistente nella mente dei lettori. Se si sono orientati verso il cristianesimo, è perché un orientamento pre-cristiano si stava già affermando negli ambienti dove hanno preso nascita». [2]

Dovremo quindi ricercare prima di tutto quale sia l'apporto propriamente ebraico al mito di Gesù, e specialmente come Gesù sia stato assimilato al Messia più o meno predetto dall'Antico Testamento, — e in seguito quale fosse questo orientamento pre-cristiano che ha guidato alcuni commentatori o interpreti verso la scelta di testi molto particolari che hanno dato a Gesù un'immagine così poco conforme al Messia atteso dal popolo ebraico. 

Detto altrimenti, dapprima parleremo del messianismo in generale, poi della forma molto particolare che aveva preso l'attesa del Messia nell'ambiente esseno, dove è ormai ben stabilito che si deve cercare l'origine delle prime comunità cristiane.

NOTE

[1] «Onias III et les Psaumes macchabéens», Bull. Cercle E. Renan, dicembre 1961.

[2] ALFARIC: «A l'école de la raison», pag. 57.

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