sabato 28 settembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Le epistole di Paolo»

(segue da qui)

CAPITOLO V

LE EPISTOLE DI PAOLO

L'apostolo Paolo è l'unico testimone di Gesù nel I° secolo, ma non si è finito di litigare attorno alla sua testimonianza. Vedremo che Paolo non sa nulla dell'uomo Gesù, e che predica, anche lui, un Cristo celeste.

Esistenza di Paolo

E prima di tutto, Paolo è esistito? Dobbiamo porci la domanda, infatti, in questo concerto di testi truccati che si appoggiano gli uni sugli altri, è importante verificare tutto da vicino.

L'inesistenza di Paolo è sostenuta, non senza dei seri argomenti, da alcuni autori. Paolo non è menzionato una sola volta nei Vangeli, né nelle epistole attribuite a Giacomo, a Giovanni, a Giuda. È sconosciuto a Giustino, che attribuisce espressamente ai «dodici» la conversione dei Gentili. [1] Intorno al 150, il vescovo Papia neppure lo conosce. Le epistole di Paolo sono rimaste sconosciute, fino alla loro rivelazione da Marcione intorno al 140. Al di fuori delle epistole, Paolo non appare che negli «Atti degli Apostoli», opera molto tardiva e profondamente rimaneggiata. Tutto ciò è dunque abbastanza sospetto.

Io ammetto ciononostante l'esistenza di Paolo, per le ragioni seguenti.

Prima di tutto, Marcione ce la garantisce, e Marcione sembra un testimone degno di fede. Egli veniva (secondo Clemente d'Alessandria) da Sinope, in quella provincia del Ponto che fu il terreno di predilezione delle missioni paoline. Visto l'intervallo di tempo (e sebbene fosse, a quanto pare, molto vecchio nel 140), Marcione non può essere considerato un testimone diretto; ma egli ha potuto conoscere dei discepoli di Paolo, ha dovuto sentir parlare di lui sul posto.

In secondo luogo, la tradizione attribuisce a Paolo la fondazione di numerose comunità cristiane in ambiente pagano: è necessario che qualcuno le abbia fondate, e non vedo alcun motivo per negare il nome del loro fondatore. So che si è certamente esagerato, in seguito, il ruolo di Paolo, che Antiochia ha inviato altri missionari, che senza dubbio Barnaba ha preceduto Paolo. Ma il fatto che si trattasse di un lavoro di squadra, e che si sia attribuito al solo Paolo il merito del lavoro di quella squadra, siccome ciò è frequente, non è una ragione sufficiente per rimuovere il beneficiario.

D'altronde, troviamo nelle epistole di Paolo delle tracce di una scrittura originale che non possono essere attribuite a Marcione, ancor meno alla Chiesa del II° secolo.

Infine, se gli «Atti degli apostoli» sono composti da due parti giustapposte, e rimaneggiate verso la fine del secondo secolo, la seconda, quella che riporta i viaggi di Paolo, ha qualche possibilità di essere la più antica. Se una parte è sospetta, è piuttosto la prima, destinata a ingrandire il ruolo di Pietro. Ad eccezione di notevoli interpolazioni, la seconda presenta delle buone apparenze di relativa autenticità, almeno per quanto riguarda la sopravvivenza parziale di un testo originale più antico.

Tutto ciò costituisce un insieme plausibile a favore di Paolo, niente di più. Tengo quindi il personaggio.

NOTE

[1] GIUSTINO: Apologia 1:39-45.

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