martedì 22 maggio 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico — Prefazione




Negando le religioni rivelate, io non credo d'inaridire le sorgenti della poesia, poich'esse non sono la vera poesia, ma una prosa comune e triviale. La vera poesia non suol presentare le sue fantastiche creazioni come cose vere. Più onesta e leale è l'arte, poich'essa non m'impone di considerare siccome veramente esistente il paesaggio dipinto che io ammiro. Ma se noi profani ammiriamo con un sentimento puramente estetico le statue dell'arte classica, i Romani ed i Greci, che attingevano l'arte nella religione, le adoravano, le tenevano in conto di persone vere, le annodavano colle corde ond'esse non fuggissero, ad esse offrivano de' cibi e le coricavano sopra soffici guanciali durante il banchetto, se erano statue di maschi, chè le dee e le donne non avevano diritto di essere coricate alla tavola. Agli Dei offrivano pomate, specchi e profumi, alcune donne erano specialmente destinate a servirli, e li sollazzavano, facendo visite e rappresentazioni teatrali come noi faremmo per le persone vive. Seneca parla di un commediante, che dopo aver finita la sua carriera, ogni giorno affriva al Campidoglio una rappresentazione per sollazzo degli Dei. Vediam dunque che le statue venivano considerate come veri Dei, ond'è che gli scultori erano detti theopoios, o fabbricatori di Dei.
(Luigi Feuerbach, Trenta lezioni sull'Essenza della Religione, Lezione XX)



Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?

(Kent Murphy)


Era mezzogiorno allorché le tenebre coprirono tutta la Giudea. Essi si agitavano e angustiavano che il sole fosse già tramontato: egli infatti, era ancora vivo. Giacché per loro sta scritto: “Non tramonti il sole sopra un ucciso!”.
E uno di loro disse: “Dategli da bere fiele con aceto”. Fecero un miscuglio e glielo diedero a bere. E compirono ogni cosa e colmarono i peccati sul loro capo.
Molti giravano con fiaccole e, pensando che fosse notte, se ne andarono a riposare.
Ed il Signore gridò, dicendo: “Forza mia, forza mia, mi hai abbandonato!”. E mentre così diceva, fu assunto.
Nella stessa ora il velo del tempio di Gerusalemme si squarciò in due.

(Dal Vangelo di Pietro)

Lo avevano adorato da lungo tempo. Di colpo questo arcangelo celestiale, oggetto del loro culto, li riempì di uno sbalordimento che non avevano mai provato.

Quell'alba si erano radunati, tutti i “cinquecento fratelli del Signore”.

Per tutto il tempo che l'arcangelo li osservò, non si concessero il minimo movimento. Ciascuno — ce n'erano 500 — guardava in una direzione diversa, come se tra loro esistesse una sorta di antagonismo. Poi le loro sagome si voltarono e si strinsero intorno ad un punto di fuga immaginario. Per un momento le teste si scambiarono cenni leggeri, chine in una preghiera muta. Ma subito si destarono all'unisono, sollevarono i loro occhi verso l'apparizione e ne scrutarono i dettagli. Seguì una serie di urla di stupore, mai sentite prima e mai più ripetibili da quel giorno in poi.

Avevano intuito, dietro quell'apparizione, la presenza di strani mondi che l'occhio non poteva avvertire. Per loro, quell'apparizione celava regni di natura completamente diversa. Per una volta nella loro vita, si presentava l'occasione di accedere a questi spazi invisibili. L'effetto estremo, tuttavia, non era stato il fugace avvistamento dell'arcangelo, ma un volo turbinante oltre una soglia luminosa, che si aprì nell'aria stessa e li gettò in un universo caleidoscopico dove lo spazio consisteva di correnti multicolore, in continuo cambiamento, come di vento o acqua, e dove il tempo non esisteva.

In seguito avrebbero capito tutto, alla loro maniera, studiando la letteratura sacra precedente alla ricerca di profezie e udendo la voce dell'arcangelo in quelle scritture.

Ma in quel momento non avevano capito tutto: rimasero muti e solenni. Quindi era vero? La profezia della morte del Messia si stava realizzando? Si era da tempo realizzata? I portenti erano apparsi e i funzionari della sua tragica sorte erano radunati, tra la Terra e la Luna, in quell'oscuro reame di morte e corruzione dove una cosa orribile e priva di forma aveva cominciato a sbucare dalla nebbia, ad attraversare al pari di loro barriere invisibili come se anch'esse non fossero che nebbia, ma che, a differenza di loro, costituivano il SUO mondo. E ora, davanti alla prospettiva di questo occulto incipiente sterminio, del SACRIFICIO PRIMORDIALE DELL'UOMO PRIMIGENIO, dovevano nascere in loro mille pensieri di indignazione e terrore? Dopotutto, stavano per essere costretti a subire quel sogno di morte. Era così che ACCADEVA, che STAVA ACCADENDO, nel mondo del destino segnato?

Le loro visioni erano prive di una forma definita, erano un regno di nebbia, tra la Terra e la Luna, in cui si libravano ombre contorte, masse oscure che fluivano spedite. Poi, oltre le nubi di foschia bizzarramente disposte a mezz'aria, videro un'ombra la cui cupa mostruosità faceva apparire le altre definite e radiose. Era un colosso deforme, un monumento sfigurato inciso nell'assoluta densità dell'abisso più nero. Era il “principe delle potenze dell'aria”. E ora l'arcangelo sembrava prossimo a finire inghiottito nella morsa dei suoi sinistri scherani di tenebre. Loro fissarono la cosa ciclopica in una trance raccapricciata, finché la massa mostruosa non cominciò a muoversi, allungando lentamente una parte di sé, distendendo quello che avrebbe potuto essere un braccio malformato in direzione del malcapitato arcangelo. 
“E il dio di quel mondo allungherà la sua mano contro il Figlio, e loro porranno le mani su di lui e lo crocifiggeranno su un albero, senza sapere chi è”.


Il dramma che si era appena consumato dinanzi ai loro occhi che non erano veri occhi era qualcosa che tutti condivisero in quell'occasione, una suggestione di grandi cose: grandi destini, grandi sventure, e una singola grande morte. La morte del loro arcangelo rivelatore. La morte di Gesù, il Cristo, il Messia, per mano dei demoniaci “arconti di questo eone” e del crudele “dio di questo mondo”.

Un dramma precorso da strani portenti, presto sviluppato da sogni e visioni coltivati in un'atmosfera di sublime misticismo allucinatorio, che crescevano da un giorno all'altro come qualcosa di incipiente e di apocalittico insieme, e sempre sotto la latente minaccia di sinistri arconti a cospirare segretamente contro di loro. Animali e uomini avrebbero stretto prima o poi un'alleanza con quei demoni crudeli, perfino gli “elementi del cosmo” si sarebbero uniti alla cospirazione, un muto vortice di strane forze che era culminato nella crocifissione spettrale dell'arcangelo, dell'Uomo di Luce, Giosuè, il Messia, che convergevano a realizzare, a loro insaputa, inevitabili quanto oscure profezie. Concepirono così la salvezza primordiale della carne dell'arcangelo che si strappa, divorata negli artigli acuminati di irosi demoni, degli arconti che la dilaniano e la smembrano, e della lacerazione estatica del fragile involucro di carne, pelle e tendini che pure nasconde agli occhi dei suoi carnefici la vera identità dell'essere crocifisso. E come quell'arcangelo sprofondava soltanto nella propria morte, così gli spiriti dei 500 “fratelli” percepivano l'intima speranza che in quella morte si sarebbero librati, convinti com'erano che non erano stati loro a evocare l'arcangelo, ma che sia stato l'arcangelo risorto a venire incontro a loro.

E ora le loro preghiere avevano cominciato a risuonare. Riecheggiavano ovunque, una strana litania di mille lingue diverse. Forse era arrivato il momento, per loro, di lasciarsi sopraffare dalla meraviglia dell'ignoto e dalla maestà della sorte. Evocarono nuovamente l'arcangelo.

E l'arcangelo, come uno schiavo obbediente, discese sui suoi adoratori.

Fu soltanto all'ultimissimo istante della loro estasi che la loro individualità — l'individualità di 500 “fratelli” — si dissolse. Come avevano intuito, forse persino desiderato, la loro voce in mille lingue diverse si confuse davvero con la voce ineffabile dell'arcangelo, e si librò alta nella ALLUCINAZIONE collettiva che tutto e tutti copriva. 




L'accademico idolo di tutti gli atei storicisti, Bart Ehrman, ha detto di non poter credere che Gesù fosse un semplice mito perché :
Chi può aver inventato di sana pianta l'idea di un messia crocifisso? Nessun ebreo di cui si abbia notizia.
(Bart D. Ehrman, Gesù è davvero esistito?)


Mentre questa affermazione sembra trovare un lampante controesempio nel credo, espresso da un altro accademico — il prof Stevan L. Davies —, che le Odi di Salomone rappresentino un documento pre-cristiano dove:
...[il narratore] diventa il Figlio di Dio e, tramite lo Spirito di Dio, è unto per diventare un essere nel modno celeste. Egli assume il passato e il futuro del Figlio di Dio, come lo descrivono varie Odi. Diventare Figlio di Dio o Messia equivale ad assorbire sia la storia del Messia che la sua missione. La sua storia è essere sfuggito ai ceppi e alla prigionia del mondo inferiore, dello Sheol, e la sua missione è agire come un esempio ideale per altri umani.
(Spirit Possession and the Origin of Christianity, pag. 256, mia enfasi)

...io mi trovo però d'accordo con Errorman su un punto: nessun ebreo — tantomeno un ebreo cristiano — avrebbe potuto inventare un Messia crocifisso da ebrei. Però, a differenza di Errorman, da ciò non ricavo una maggiore fiducia nell'esistenza storica di Gesù (che fu chiamato Cristo), bensì, al contrario, una certezza ulteriore che l'uomo di Nazaret non è mai esistito storicamente. Se non furono degli ebrei a poter inventare su carta un Messia crocifisso da ebrei (Pilato, ricordiamolo, è solo un fantoccio nelle loro mani), allora furono dei cristiani gentili a farlo.

È questa la conclusione più logica della giusta premessa del prof Errorman (e non che un Gesù doveva essere esistito). E sono grato al miticista Louis Gordon Rylands per averla inferita nelle sue seguenti (testuali) parole:

La data effettiva del Vangelo secondo gli Ebrei è probabilmente più vicina al 100 che al 65. Quel Vangelo stesso, naturalmente, derivò da un precedente, poiché tutti i vangeli risalgono ad un singolo Vangelo primitivo; e poiché esso fu scritto più in particolare per gli ebrei, e fu corrente nelle comunità giudeo-cristiane, ne consegue che gli episodi imbarazzanti per gli apostoli ebrei non erano le invenzioni del suo autore, ma che egli, come Matteo, li trovò nel precedente vangelo che lui utilizzò. Questa conclusione punta al fatto che il Vangelo primitivo, come il Vangelo di Marcione, fosse anti-ebraico e suggerisce inoltre che, come anche il Vangelo di Marcione, fosse una produzione gnostica. Questa conclusione è confermata così pienamente da ciò che sappiamo del Vangelo secondo gli Ebrei da elevarla ad una certezza completa. L'episodio del rinnegamento di Gesù da parte di Pietro fu inclusa nel Vangelo secondo gli Ebrei, un episodio così vergognoso per Pietro che nessun giudeo-cristiano avrebbe potuto inventarlo. Il motivo di ciò è lo stesso di quel che abbiamo già visto in azione. Il rinnegamento di Gesù da parte di Pietro simboleggia il rifiuto da parte dei giudeo-cristiani del Gesù che Paolo predicò. Da ciò consegue che il Vangelo primitivo deve essere stato paolino e gnostico.
(L'Evoluzione del Cristianesimo, Capitolo XI)

In un'ulteriore opera da me tradotta di Rylands e che mi appresto a pubblicare capitolo per capitolo su questo blog, lo stesso autore spiega più a fondo la natura di questo anti-ebraico e gnostico Vangelo Primitivo:
Lo scrittore degli Atti degli Apostoli fece uso di fonti più antiche, alcune delle quali potrebbero contenere frammenti ancora più antichi. Non si può esser sicuri che i discorsi più lunghi ricordati nel libro non siano stati espansi; ma in un discorso breve di Pietro (5:30) capita la dichiarazione, “Gesù, che voi uccideste appendendolo al legno”, rivolta agli ebrei. Qualunque cosa si possa leggere in quelle parole da una presupposizione che il processo e la condanna da parte di Pilato siano storici, il loro significato chiaro e naturale è che Gesù fu ucciso e appeso ad un albero da ebrei. Di conseguenza, per non dire altro, offrono un motivo ragionevole per l'ipotesi che in una prima forma della storia della Passione Gesù fu messo a morte da ebrei senza l'intervento di Pilato.
(Beginning of Gnostic Christianity, pag. 167-168)


Non sarà allora una coincidenza troppo improbabile per essere tale — a meno che non si tratta di una reale coincidenza — che nell'apocrifo Vangelo di Pietro non è Pilato a crocifiggere Gesù, ma direttamente “gli ebrei”?
 
La distruzione della Giudea e di Gerusalemme avvenuta nel 70 E.C. dimostrò che quella santa favola era ʻveraʼ e ʻrealeʼ: gli ebrei avevano realmente ucciso il Cristo — e quindi il Cristo era ʻveramenteʼ esistito —, perché altrimenti l'ira di Dio — ancor più se fosse stato il loro Dio — non si sarebbe abbattuta così spaventosamente su di loro. Perché significava che non lo avevano mai veramente conosciuto, proprio loro, che si arrogavano, tra tutti i popoli, il vanto esclusivo di conoscerlo. E se non lo avevano mai conosciuto, significa che non lo avevano mai neppure adorato: la minaccia di Marcione, e dei marcioniti, era già tutta contenuta in nuce in quella sinistra, eppur spietatamente logica, conclusione.

Lascerò ai lettori tirare le somme.




GLI INIZI DEL CRISTIANESIMO GNOSTICO

di L. GORDON RYLANDS

“Lo gnosticismo è prima di tutto un movimento pre-cristiano che ha le sue radici in sé stesso. È quindi da intendersi in primo luogo nei suoi propri termini e non come una propaggine o un sottoprodotto della religione cristiana”.
W. BOUSSET, Kyrios Christos, pag. 222.

PREFAZIONE

Poco c'è da dire a titolo di prefazione a questo libro, che, spero, si spiegherà abbastanza da sé. Farò meglio, comunque, a dichiarare, al fine di evitare possibili equivoci, che per cristianesimo gnostico io intendo il cristianesimo di Paolo e del Quarto Vangelo come distinto dalle dottrine di scrittori del genere di Basilide e Valentino, che io definisco gnosticismo cristiano.
C'è sorprendentemente poca conoscenza generale dei risultati della critica moderna della Bibbia; ma, se io dovessi cominciare dimostrando le conclusioni di commentatori teologici del calibro di Wellhausen, Bousset, Retzenstein, Loisy e Guignebert, due o tre volumi sarebbero richiesti invece di uno. Il solo corso fattibile è prendere per garantite le loro conclusioni principali, con riferimenti laddove necessario. Io penso di poter chiaramente fare questo perché, siccome essi non concordano con la tesi principale del presente lavoro, il loro ragionamento non può essere stato parziale a suo favore.
Nel complesso io ho preferito la versione del dottor Bernard delle Odi di Salomone. Rendel Harris nella sua traduzione di loro fu influenzato da una presupposizione quanto alla loro natura che io credo sia erronea.
Per evitare interruzione dell'argomento, e per risparmiare al lettore il turbamento di far riferimento indietro ad una pagina precedente, io ho, laddove necessario, ripetuto una citazione fatta in precedenza.
Io dovrei gradire che questo libro sia considerato una continuazione, per quanto imperfetta, del lavoro di W. B. Smith, a cui il mio indebitamento è grande.

L. GORDON RYLANDS.

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