mercoledì 30 maggio 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : Le Odi di Salomone: La Loro Dottrina (III) — La Parola Interiore e la Gnosi

(segue da qui)

CAPITOLO III

LE ODI DI SALOMONE: LA LORO DOTTRINA

1. LA PAROLA INTERIORE E LA GNOSI


Per comprendere adeguatamente la dottrina delle Odi di Salomone è necessario rammentare continuamente che il loro compositore fu un poeta e un mistico. I commentatori hanno errato nel prenderlo troppo letteralmente. Un poeta personificherà astrazioni, e un mistico le vedrà come qualcosa di concreto; e nella mente dei mistici ebrei il confine tra una metafora poetica e la rappresentazione concreta di una qualità astratta era fluttuante e definita a malapena. Ci furono gnostici che personificarono il “Principio” che appare nel primo verso di Genesi. In Proverbi e nella Sapienza di Salomone la Sapienza è raffigurata come una donna che cerca, ama, e proclama; ma lo scrittore della Sapienza ad ogni caso non credeva veramente che lei fosse una donna, sebbene per lui lei fosse qualcosa di più di un'astrazione. Lei era uno spirito onnipervasivo che penetra nelle anime dei pii e li rende saggi. Nelle Odi di Salomone è la Parola a fare questo; e sebbene l'Odista scrive a volte di lui come se egli fosse una persona, egli non è più un uomo nelle Odi di quanto fosse una donna la Sapienza dello scrittore più antico. La vivida immaginazione di uno scrittore per il quale le astrazioni avevano un'esistenza reale, al pari delle “Idee” di Platone, e che personificavano Grazia e Verità, potrebbe aver visualizzato eventualmente la Parola come un uomo, ma mai come un uomo che era vissuto sulla terra. La dottrina dello scrittore, dichiarata concisamente, era che la Parola, al pari della Sapienza il cui posto aveva preso, è un'emanazione spirituale da Dio, illimitata nello spazio e capace di penetrare nella mente o nell'anima degli uomini. Questa visione della Parola e la sostituzione della Parola alla Sapienza è dovuta molto probabilmente ad un'influenza egiziana; infatti nell'antico pensiero egizio la parola pronunciata aveva una realtà oggettiva. Il dio più alto era creduto aver “emesso” gli dèi inferiori — ossia, che li avesse portato in esistenza pronunciando i loro nomi. In un inno egiziano davvero antico preservato nel British Museum è detto che “Tutti gli uomini, tutto il bestiame, tutti i rettili vivono perché Pta pensa ed emette qualunque cosa egli vuole”. Il pensiero [=Sapienza] e l'emissione [=Parola] si personificano rispettivamente come Horus e Tot, ma nella dottrina mistica dello scrittore essi non sono distinguibili da Pta. [1]
Nell'Ode 12 è scritto: “Dimora della Parola è il figlio dell’uomo”. Lo scrittore non dice e non può intendere che la Parola dimora tra gli uomini. Egli sta dicendo della Parola che cosa era stato detto in precedenza circa la Sapienza — che da generazione a generazione lei passa in anime sante. La dichiarazione si potrebbe prendere a implicare che la Sapienza è multipla: lo scrittore si guarda dall'equivoco dicendo nello stesso verso (Sapienza 7:27): Sebbene unica, essa può tutto”. Potremmo vedere da questo esempio che ci stiamo muovendo in un regno del pensiero dove non si deve richiedere una precisione logica. Lo scrittore delle Odi ad una misura maggiore dello scrittore della Sapienza sta tentando di esprimere concezioni metafisiche nel linguaggio della metafora, il solo tipo di linguaggio in cui esse si possono esprimere; e, a meno che riusciamo a portare le nostre menti in sintonia col suo misticismo, la sua rappresentazione concreta di astrazioni, e in generale la mentalità del mondo antico, non lo comprenderemo mai. La letteratura sapienziale fornirà di frequente un eco al pensiero reale che risiede nascosto al di sotto del suo linguaggio simbolico. Una frase nell'Ode 41 che è stata equivocata da alcuni commentatori — “il Cristo è uno davvero” — è illuminata dal verso della Sapienza riferito sopra. Dall'Odista è detto che il Cristo [=la Parola] è  davvero unico per la stessa ragione per la quale si disse che la Sapienza era unica. Nell'anima di ogni uomo santo la Parola ha il suo luogo di dimora; nondimeno la Parola non è multipla ma davvero unica.
La stessa concezione si trova nella dottrina dei Sabei, una setta mesopotamica. Come essi la espressero, il Creatore è sia unico che multiplo. Egli è uno per quanto riguarda la sua natura essenziale, priorità di esistenza, ed eternità, ma multiplo nel fatto che egli si diffonde per tutte le forme materiali nelle quali penetra, specialmente nei corpi di uomini buoni, saggi e distinti. [2] Sebbene non si trova nessuna menzione di questa setta prima della nascita del maomettismo, con cui venne in conflitto, la sua dottrina, come ha illustrato Reitzenstein, è rintracciabile alla teosofia greco-egiziana del primo secolo e ancor prima. Dal momento che la Sapienza divina non si poteva considerare il Pensiero di Dio, sarebbe facile assimilare la Parola al Pensiero di cui essa è espressione. In questa maniera in alcuni degli scritti ermetici, la cui dottrina è pre-cristiana in origine, il Logos si identificava con Nous, la Mente divina. La sostituzione della “Parola” al posto della “Sapienza” appare in un altro verso dell'Ode 41 col confronto della dichiarazione che “egli [il Cristo] fu conosciuto, già prima della fondazione del mondo, con Proverbi 8:24: “Io [la Sapienza] fui generata quando non c'erano ancora abissi”.
Il pensiero che uomini giusti siano il luogo di dimora della Parola ricorre nell'Ode 32:
I beati la gioia hanno dal loro cuore, la luce da chi in loro dimora. E la Parola dalla Verità che da sé esistette. Poiché con la forza di questa il santo dell’Altissimo si è rinvigorito, immobile egli è pure nei secoli eterni.

La Parola in quelle Odi è “il Salvatore”, ma non mediante un sacrificio espiatorio e “un'espiazione”. Essa salva gli uomini recando loro la conoscenza del vero Dio; non insegnando loro come la parola che insegna è capita generalmente, ma penetrando in loro. Nell'Ode 12 leggiamo:
 Egli moltiplicò in me la sua conoscenza, perché la bocca del Signore è la Parola verace e la porta della sua luce. L’Altissimo la diede ai suoi mondi. L’agilità della Parola è inesprimibile ... Spinti essi furono dalla Parola e riconobbero il loro fattore.

La frase “agilità della Parola” è degna di nota perché mostra che, comunque potrebbe essere poeticamente personificata la Parola, egli è concepita veramente come uno Spirito onnipervasivo, “penetrante”. Questo appare chiaramente al confronto con la Sapienza:
La Sapienza è il più agile di tutti i moti; per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa (Sapienza 7:24).

Sostituisci “la Parola” al posto della “Sapienza” in questa citazione, e tu hai la dottrina dell'Odista. Per completare il confronto si potrebbero citare Sapienza 1:7 e Proverbi 2:10:

Lo Spirito del Signore [la Sapienza] riempie l'universo. Quando la sapienza entrerà nel tuo cuore ... la riflessione ti custodirà.


È una dimostrazione della data davvero antica di quelle Odi il fatto che, sebbene nel complesso “la Parola” abbia sostituito la “Sapienza”, tuttavia il pensiero dello scrittore oscilla a volte tra le due in un modo che sarebbe stato impossibile per un “cristiano”. Dal momento che ciascuna di loro è “lo Spirito del Signore”, ciascun termine si potrebbe usare. La sostituzione, comunque, è avanzata così lontana che il nome Sapienza non si trova realmente. Che sia intesa la Sapienza è percettibile chiaramente dal confronto colla Sapienza di Salomone oppure con Proverbi. La differenza è piuttosto una differenza di aspetto che una differenza essenziale. In uno o due punti si fa la distinzione allo scopo di illustrare qualche punto della teosofia dello scrittore. Ma è abbastanza probabile che un re-orientamento graduale della dottrina fosse all'opera durante il periodo in cui si composero le Odi. Un esempio capita in un passo dell'Ode 33 citato in precedenza, dove è detto che una “vergine intatta” entra nei figli e nelle figlie degli uomini per renderli saggi, cosicché non periscano. Questa vergine è ovviamente la Sapienza. In Ecclesiastico 6:31, è detto: “Te ne rivestirai come di una veste di gloria”. “Rivestirsi di lei” è un'altra maniera per dire “prenderla dentro di sé”. E troviamo la stessa variazione di espressione in riferimento alla Parola nell'Ode 7: “Essa divenne come la mia natura, perché imparassi a conoscerla”.
Secondo l'antico modo di pensare, lo spirito che entrava in un corpo avrebbe preso la forma del corpo. [4] Quindi allo scopo che la Parola possa essere “rivestita” essa era “diventata come la mia natura”. Lo stesso pensiero si trova nell'Ode 6:
Come la mano si muove sulla cetra e le corde parlano, così parla nelle mie membra lo spirito del Signore ed io parlo nel suo amore.

Lo Spirito del Signore che “parla” è la Parola. La Gnosi e la “vita” sono acquistate mediante un'“unione” con lo Spirito di Dio dalla persona in cui la Parola è entrata. Così nell'Ode 3:
Chi è unito all’immortale, anche lui sarà immortale ... È questo lo spirito del Signore, senza inganno, che istruisce i figli dell’uomo, perché conoscano le sue vie.

Il valore supremo della Gnosi e il suo potere vivificante sono illustrati in varie forme di discorso. Nell'Ode 6 è l'acqua della vita:
Tutti gli assetati sulla terra bevvero; la sete fu smorzata ed estinta. Dall’Altissimo la bevanda fu concessa. 
Potremmo paragonare con questo Proverbi 16:22: “Il senno è una fonte di vita”. Di nuovo, nell'Ode 30:
Attingete acqua per voi dalla fonte viva del Signore. ... Dalle labbra del Signore zampilla e dal cuore di lui proviene il suo nome. Senza limiti e non vista arrivò e fin quando nel mezzo fu portata non fu conosciuta.

Nota in particolare l'ultima frase. Essa insegna che la Gnosi, la conoscenza di Dio, non provenne mediante un'istruzione odibile o visibile, né attraverso la voce di un uomo e neppure le lettere di un libro — quindi non dall'Antico Testamento. La dottrina è la dottrina dei mistici di tutte le età — vale a dire, che Dio si deve conoscere immediatamente mediante un'intuizione spirituale. Per l'Odista è lo Spirito del Signore, la Parola di Dio, ad impartire la conoscenza di Dio tramite una comunicazione interiore con la mente o l'anima della persona che lo riceve. Dal momento che la parola di Dio è l'espressione della mente divina, non c'è nessuna separazione chiara tra la Parola, la Volontà, e il Pensiero di Dio. “La Parola del Signore e i suoi voleri sono l’Idea santa; suo Pensiero è la vita eterna”. È chiaro che non stiamo trattando qui le realtà del mondo materiale ma astrazioni metafisiche. Con la frase, “dalle labbra del Signore zampilla”, potemmo paragonare: “Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo” (Ecclesiastico 24:3). Qualsiasi cosa lo scrittore di Ecclesiastico pensasse di Dio in possesso di una bocca è piuttosto difficile da dire. Dalla sua dichiarazione che Dio fece l'uomo secondo la sua stessa immagine si potrebbe ricavare che egli avesse una bocca. Lo scrittore della Sapienza, d'altra parte, dice che Dio fece gli uomini ad immagine della sua “propria natura”, oppure, secondo alcune autorità, della sua propria “eternità”, che sembra come una correzione deliberata del racconto di Genesi. L'Odista aveva respinto certamente quella storia, e dal momento che il suo Dio era spirito, egli può aver scritto “le labbra del Signore” solo come metafora poetica. Questo potrebbe sembrare troppo ovvio da meritare una menzione; ma, in vista del fatto che alcuni commentatori hanno errato per via di una tendenza ad un'interpretazione letterale, sembra necessario reiterare ed enfatizzare una cautela rispetto alla natura simbolica dello scritto. L'essere, o gli esseri, che lo scrittore adorava, a dispetto di una personificazione occasionale o di una materializzazione metaforica, sono esseri spirituali, o piuttosto sostanze spirituali, dal momento che per la mente antica lo spirito era materia assottigliata. Potremmo procedere ulteriormente e dire che essenzialmente si tratta di astrazioni metafisiche concepite e rappresentate più o meno concretamente.
 Un confronto della frase citata sopra dall'Ode 30 con il verso corrispondente di Ecclesiastico mostra che nella prima frase “il Signore”, come al solito nelle Odi, significa Dio. Potremmo interpretare anche l'offerta della Parola “nel mezzo” del verso 2 dello stesso capitolo, dove è detto: “Nell'assemblea dell'Altissimo lei apre la bocca”. La Gnosi è paragonata anche alla rugiada nell'Ode 35:

La rugiada del Signore di quiete mi ha coperto ... E redenzione così io ebbi ... mi drizzai verso l’Altissimo e fui salvo accanto a lui.


Si noti di nuovo come il ricoprimento “di quiete” indica un'infusione spirituale. In altre Odi la Gnosi è “latte” che proviene dai seni del Padre. Evidentemente una metafora poetica. Dio in quelle Odi è spirito, illimitato nello spazio e capace di estensione illimitata. Perciò egli è in grado di passare nelle anime degli uomini. Colla designazione “Spirito dello Signore” dobbiamo comprendere questo stesso Spirito. In realtà c'è solamente uno. Ma lo scrittore, tenendo la visione gnostica che Dio si sarebbe contaminato col contatto diretto con la materia, distingue tra l'Altissimo, lo Spirito che rimane in Cielo, e la Parola, quell'estensione dello Spirito divino che penetra nelle anime degli uomini. Leggiamo del Padre, lo Spirito Santo, e della Parola, ma dovremmo fare un grande sbaglio se qui dovessimo supporre che lo scrittore avesse qualche conoscenza, oppure avesse perfino pensato, a proposito del dogma cristiano della Trinità; tuttavia è abbastanza probabile che qui abbiamo il suo germe. Non ci sono tre persone in una persona. Parlando in senso stretto, non c'è affatto nessuna “persona”. C'è un unico Spirito che è visto sotto aspetti diversi. Proprio come la Parola, sebbene presente in molti, è “una davvero”, così la Parola è una sola con l'Altissimo. Quell'idea dello Spirito divino che diventa incarnato negli uomini è definita “la Parola”, “Grazia”, “la luce della Verità”, il “Pensiero”, oppure la “Volontà” di Dio. La Parola di Dio nel momento in cui influenza gli uomini direttamente — il legame spirituale, così per dire, tramite cui gli uomini diventano uniti con l'immediatamente inconoscibile Altissimo, e così ottenere la sua conoscenza. La dichiarazione si fa in maniera categorica e senza possibilità di equivoco nell'Ode 7: “Padre della Gnosi è la Parola della Gnosi”. Al pari della Sapienza la Parola è 
Un'emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente ... È un riflesso della luce perenne (Sapienza 7:25).
di conseguenza una porzione dello Spirito divino. La stessa conclusione si può derivare dall'Ode 32 citata in precedenza, dove è detto che colui nel quale la Parola ha un luogo di dimora “è rinvigorito dal santo potere dell'Altissimo”.

NOTE

[1] Reitzenstein, Poimandres, pag. 63. La parola di Dio è oggettivata nel Salmo 147:15: “La sua parola corre velocissima”.

[2] Reitzenstein, Poim., pag. 169.

[3] Il significato del termine “il Cristo” in quelle Odi sarà considerato in seguito.

[4] Questo modo di pensare non è tuttavia obsoleto, dal momento che il “fantasma” di una persona è creduto un facsimile di quella persona.

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