sabato 20 gennaio 2018

Sull'Antica Storia del Dio Gesù (VIII) — La Prima Generazione Cristiana Entra sulla Scena

(continua da qui)

CAPITOLO VIII

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANA ENTRA SULLA SCENA


L'Ordine della Perpetuità. — Colla prima generazione cristiana la religione di Gesù passa dall'ordine della perpetuità a quello degli eventi. La Storia dovrebbe essere qualcosa di più di un ricordo di eventi passeggeri, essa dovrebbe anche prendere nota del lento sviluppo di cose che perdurano, e questo è particolarmente vero dello studio di religioni. Le religioni sono influenzate da eventi passeggeri, ma la parte essenziale di una religione consiste di elementi permanenti — i credi, i miti, e il culto — ed è importante discernere come quelli elementi reagiscono a vicenda. Il mito è il prototipo dell'atto che viene riprodotto indefinitamente, la leggenda, oppure la favola, il prototipo dell'evento che accade una volta soltanto.
Gli esempi più chiari della perpetuità sono forniti dagli antichi miti solari. Il Sole rappresenta in modo eccellente la cosa che si riproduce indefinitamente, nel suo quotidiano sorgere e tramontare, e nella rotazione delle stagioni. Così i miti solari sono miti di dèi che muoiono e risorgono di nuovo. L'immolazione del dio da parte dei suoi seguaci e la sua resurrezione sono operazioni culturali ripetute in perpetuo attraverso le epoche.
La disputa tra studiosi sul soggetto della storicità di Gesù è un conflitto dell'“ordine della perpetuità” e dell'“ordine degli eventi”. Assumendo che Gesù fu un agitatore condannato a morte da Pilato, noi abbiamo un evento che fu prodotto chiaramente una volta soltanto. Ma se egli fu un dio crocifisso dai suoi adoratori su un luogo elevato in Palestina in un sacrificio periodico, noi siamo alla presenza di un atto culturale eseguito migliaia di volte. Nell'ultimo caso la leggenda apostolica avrebbe potuto trasformare in definitiva il mito in una storia storica, e così trasformare innumerevoli atti in un singolo evento; ma il sacrificio preserverebbe la natura di innumerevoli atti nella forma di una comunione eucaristica; e così da tempo preistorico nelle epoche future Gesù rimarrebbe il dio che discese al fine di venir crocifisso, e discenderà nell'ostia ogni volta che i suoi sacerdoti richiedano così — precisamente, nell'ordine della perpetuità.
L'apparizione di un dio ai suoi seguaci, d'altra parte, è un evento. Nel sacro dramma il dio ritorna a vivere ogni volta che è messo a morte; ma niente lo spinge ad apparire. Un'apparizione non è un atto culturale, e né fu parte del sacro dramma. Di fatto, l'apparizione di Gesù a Pietro e ai suoi compagni fu nella religione di Gesù l'evento decisivo che datò e causò la fioritura della rinascita.

L'Esodo Galileo. — Noi ricaviamo dalle narrazioni evangeliche che la celebrazione del dramma pre-cristiano, di cui esse sono la trasformazione, accadde in prossimità della data assegnata alla crocifissione — precisamente, il 27 E.C. circa — da cui segue che i primi cristiani, che furono allora nel fiore della loro età, nacquero intorno all'anno 1 E.C. Dagli stessi passi ricaviamo che, sebbene nati in Galilea, essi lasciarono la loro regione nello stesso periodo per andare a vivere a Gerusalemme. Gli uomini che furono destinati ad essere i primi cristiani appaiono così nella Galilea da noi considerata la sede principale del pre-cristianesimo, ma che non doveva essere quella del cristianesimo. Essi erano un gruppo che visse nell'oscurità sulla riva occidentale del Lago di Genesaret. Alcuni erano contadini, alcuni artigiani, ma la maggioranza erano pescatori. Alcuni di loro praticavano anche la professione di guaritori, come ci si aspetterebbe nel caso di seguaci del Baal di Salvezza o Guarigione.
I vangeli collocano la predicazione di Gesù in Galilea, ma lo inviarono a Gerusalemme per farlo morire. Tre di loro fanno ritornare i discepoli in Galilea dopo la sua morte, ma non li fanno vivere là, e gli Atti e le epistole li mostrano presto insediati a Gerusalemme. Non è facile sulla teoria evemerista spiegare perché i discepoli lasciarono la loro bellissima regione.
I vangeli indicano la regione di Tiberiade ad ovest del Lago di Genesaret come la sede di questo gruppo. Ora, Flavio Giuseppe ci racconta (
Antichità 18:2, 3, e Guerra, 2:9, 1) che questo villaggio fu edificato da Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, da cui egli aveva ereditato la Galilea. Lo scrittore aggiunge che la sua costruzione necessitava la violazione di molte tombe, una materia considerata allora, come ora, tra semiti come un'orrenda profanazione. Ci viene anche detto che Erode Antipa, pur di popolare il villaggio, importò un gran numero di stranieri, alcuni di loro uomini delle classi più inferiori. Di conseguenza molti degli abitanti originali partirono, rifiutando di diventare abitanti della città. La data — 25 o 26 E.C. — è fissata dall'arrivo di Ponzio Pilato in Giudea nell'anno 26, un evento che seguì immediatamente. La concordanza di date, eventi, e luoghi è più significativa. Perciò è altamente probabile che fu l'edificazione del villaggio di Tiberiade a muovere i pre-cristiani dalla Galilea intorno all'anno 26 E.C.
Qui dovremmo notare l'assenza totale di una verità storica quanto a fatti e luoghi nei vangeli. Coi metodi allora disponibili un villaggio non fu edificato rapidamente, e l'opera non sarebbe stata completata nel 27 E.C. o anche nel 30. Gli scrittori evangelici erano ignari perciò di star collocando in una campagna stravolta da demolizione e ricostruzione la parte più vasta dell'insegnamento di Gesù.
Se le storie sono storiche, è nel mezzo di cantieri di legno che ci si deve figurare la consegna dei precetti divini, coll'accompagnamento del rumore di picche e zappetti, la macinatura delle seghe, e le grida degli operai.
Gerusalemme nel primo secolo fu un villaggio popoloso dove si consumava una quantità considerevole di pesce. Ma essa è situata su un altopiano, e deve essere approvvigionata a distanza. Già nel tempo di Neemia si ottenevano rifornimenti dal Mediterraneo (Neemia 13:16). Essa si poteva rifornire anche dal Lago di Genesaret, e forse qualcosa della pesca della regione si vendette là per intermediazione. Ma si poteva ottenere pesce anche dal Giordano e dai dintorni di Gerico, una regione molto più vicina. Una notte soltanto è richiesta per trasportare ceste sul dorso di asini o cammelli da lì a Gerusalemme. Quando essi non avrebbero potuto rimanere più a lungo presso il Lago di Genesaret, perché i nostri pre-cristiani non avrebbero dovuto insediarsi, alcuni a Gerico oppure nei pressi, e continuarvi la loro occupazione come pescatori, altri a Gerusalemme, e vendervi il pesce catturato dai loro compagni, mentre altri avrebbero potuto viaggiare tra la città e il fiume come trasportatori? Così essi avrebbero potuto essere in grado di meritare una esistenza migliore di quella presso il lago. E la strada che dovevano seguire nel loro esodo fu la più adatta per pescatori. Da Tiberiade a Gerico si segue la riva al punto dove il Giordano lascia il lago, e da là si prende il percorso che conduce dalla Siria a Gerico, dapprima dalla riva sinistra e in seguito dalla riva destra del fiume. Le loro barche dovevano seguire solamente la riga del lago e discendere il fiume Giordano, poiché le difficoltà della sua navigazione non avrebbero scoraggiato esperti uomini d'acqua. La parte principale della carovana avrebbe preso la via di terra, mentre le barche avrebbero viaggiato lungo il fiume. Nel raggiungere Gerico alcuni sarebbero rimasti senza dubbio in quella regione e avrebbero continuato le loro occupazioni come pescatori; altri avrebbero continuato fino a Gerusalemme, dove avrebbero potuto diventare venditori di pesce e trasferirvi anche la loro attività di guarigione. La loro strada fu la stessa via del pellegrinaggio che i loro antenati avevano preso attraverso le epoche, e che loro stessi avrebbero dovuto seguire pur di raggiungere il luogo elevato di Gilgal dove la setta celebrava periodicamente il suo sacro dramma. I vangeli stessi contengono alcune tracce dell'esistenza di cristiani in questa data nella regione di Gerico (Matteo 20:29-34; Marco 10:46-52, e Luca 18:35-43 e 19:1-10), come anche nei villaggi di Betania e Betfage, situati sulla strada tra Gerico e Gerusalemme. Ma il riferimento decisivo è la storia raccontata nei vangeli sinottici del viaggio di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, dove gli si fa seguire la via del pellegrinaggio — Tiberiade, Giordano, Gerico; gli evangelisti sono costretti soltanto a collocare Gilgal (Golgota) presso le porte di Gerusalemme, dove Gesù doveva essere giudicato e condannato, invece che presso Gerico.
E l'errore che commisero, dal punto di vista della loro storia, nel far viaggiare Gesù dalla riva sinistra del Giordano, prova che l'itinerario fu imposto loro dalla tradizione primitiva. Il Giordano è la via diretta dalla Galilea a Gerico, e di conseguenza a Gilgal, e anche dalla Siria e dalle regioni orientali di Palestina a Gerusalemme, ma non è la via dalla Galilea a Gerusalemme. La via più facile e più diretta dalla Galilea a Gerusalemme passa attraverso la Samaria. In realtà, questa era la via dei pellegrini ebrei verso Gerusalemme dalla Galilea al tempo della festa. Gesù dovrebbe perciò aver preso la strada attraverso la Samaria quando si recò alla festa a Gerusalemme.
Ad Eleusi, nella celebrazione dei misteri di Demetra, la strada presa dai fedeli fu quella che, secondo la sua leggenda, la dea aveva intrapreso. Nella religione di Dioniso si reputa che il dio avesse preso la strada che seguivano in realtà i fedeli. In Europa abbiamo attribuito a certi santi la strada che presero i pellegrini per raggiungere i loro santuari. La strada che la storia evangelica fece prendere a Gesù per raggiungere il Golgota è la strada che i pellegrini galilei presero per celebrare il loro rito. L'evoluzione ha tre fasi. Nella prima i pellegrini seguono una certa strada per raggiungere il loro santuario. Nella seconda si presume che il dio ha seguito la stessa strada. Nella terza, dopo che la leggenda si consolida, i pellegrini continuano a seguire la stessa strada. Questo è ciò che accadde nel caso di Demetra, ma non in quello di Gesù; per la semplice ragione che il rito cessò di essere eseguito a Gilgal. Ma il principio è lo stesso in tutti quei casi: la strada di uomini diventa la strada del dio.

L'Apparizione. — La banda di galilei nel raggiungere Gerico avrebbe desiderato di celebrare a Gilgal l'antico dramma della festa sacra, e, nell'arrivare alla regione desolata dove si eleva la collina sacra, i pellegrini avrebbero piantato le loro tende, ed eseguito per l'ultima volta l'antico rito del loro culto. Il primo giorno si sarebbe rappresentato il sacrificio di crocifissione, con una processione della natura della “via della croce”. Il secondo giorno è il giorno della sepoltura, e comincia al tramonto, continuando per tutto il secondo giorno, che è il Sabato, e corrisponde al sonno del dio nella tomba. Al terzo giorno, o domenica, i riti della resurrezione sono celebrati in una forma simile alla festa cattolica di Pasqua, con canti, una processione, e la recita della liturgia che proclama la resurrezione. Il sacro dramma termina, e la festa sacra comincia. Ma a questo momento accade l'evento miracoloso. Il dio, la cui resurrezione essi erano venuti a celebrare, appare ai suoi discepoli. Il fermento religioso che segnò il passaggio dal pre-cristianesimo al cristianesimo sia causò e sia fu accresciuto da queste apparizioni. Renan ha scritto: “È il marchio degli stati spirituali in cui le estasi e le visioni nascono per essere contagiose. La storia di tutte le crisi religiose prova che queste visioni comunicano a vicenda: in un'assemblea di persone intrise degli stessi credi, è sufficiente che un membro del gruppo asserisca di vedere o udire qualcosa di soprannaturale, perché anche gli altri vedano e odano”. E la cosa importante da sapere per noi è, non ciò che San Pietro e i suoi compagni videro quel giorno, o credettero di vedere, ma ciò che dopo anni di meditazione e discussione essi credettero e affermarono di aver visto. Poiché è sulla storia da loro raccontata che si fondò il cristianesimo. 
Sebbene l'apparizione di Gesù fu un evento storico, da ciò non segue che gli eventi accaddero come essi furono riportati in seguito. La realtà dell'apparizione è confermata dai versi 3-7 del capitolo 15 di 1 Corinzi, anche se contengono inaccuratezze interpolate in dettagli minori. Ci viene detto che
“Cristo morì per i nostri peccati secondo le scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture, e che fu visto da Cefa”, ecc. Qui noi abbiamo la base delle tradizioni che furono espanse successivamente nelle storie dei vangeli. È compito dello storico separare ciò che è fondamentalmente vero in quelle narrazioni da ciò che fu aggiunto da generazioni successive. Riguardo ai racconti delle apparizioni, certi punti sono degni di nota:
1. Essi sono chiaramente leggendari, dato che il mito della resurrezione di un dio è uno dei soggetti più fruttuosi per il folclore.
2. Sotto l'influenza dello spirito del folclore c'è una tendenza evidente a trasformare la resurrezione, come concepita nelle religioni misteriche e da San Paolo stesso, in un semplice ritorno alla vita.
3. Essi sono particolarmente ispirati dal tema leggendario dell'incredulità e durezza di cuore dei discepoli, che fu dispersa solo il giorno quando la luce entrò nelle loro anime.
4. Essi sono dominati dalla grande polemica della tomba vuota. Tra la resurrezione e le visioni, gli evangelisti interpolano la scoperta della tomba vuota, di cui non troviamo alcuna traccia di un'allusione nelle epistole paoline. La dimostrazione che Gesù fu risorto, dissero i cristiani al tempo della redazione dei vangeli, è che la tomba  fu trovata vuota. Se fu trovata vuota, replicarono gli ebrei, è perché voi stessi rubaste il cadavere. Uno dei fini evidenti delle storie evangeliche è il consolidamento dell'opinione cristiana.
5. Certi aspetti di quelle apparizioni, al pari di molti dei tratti della Passione, sono la trasposizione delle cerimonie praticate nel corso del sacro dramma. Così, crescendo attorno alla storia semplice nelle epistole paoline, troviamo una raccolta di leggende che rappresentano Gesù mentre riappare a sua volta ai suoi discepoli riuniti, a sette di loro, a due di loro che sono chiamati i pellegrini di Emmaus, alle sante donne, anche a San Giacomo da solo. Non c'è bisogno di indugiare su quelle contraddizioni, che per secoli l'esegesi ortodossa si è vanamente sforzata di superare.
Secondo la nostra opinione, i membri del gruppo pre-cristiano di galilei si recarono in pellegrinaggio per celebrare il loro sacro dramma sull'antico monte di Gilgal presso Gerico, nella stessa maniera in cui i loro progenitori l'avevano celebrato attraverso i secoli: al primo giorno, la crocifissione; al secondo giorno, il riposo nella tomba; al terzo giorno, la resurrezione, dopodiché il gruppo si sedette per consumare la tradizionale festa sacra. Fu nel corso di questo banchetto che si verificò l'apparizione del dio. Ignorando il verso 6 in quanto è di autenticità davvero dubbia, apprendiamo da 1 Corinzi 15:5 e 7
“che fu visto da Cefa, e poi dai Dodici, inoltre fu visto da Giacomo, poi da tutti gli apostoli”.
E' chiaro che la versione originale non può aver contenuto la duplicazione dei “dodici” e “tutti gli apostoli”, poiché sono identici. E siccome “i dodici” non sono menzionati altrove nelle epistole, e quel gruppo è in realtà un mito evangelico posteriore, l'espressione dev'essere un'interpolazione. È probabile  che sia stato sostituito al posto della parola Giovanni, dal momento che ci si aspetterebbe di trovare il suo nome associato a quelli di Cefa (o Pietro) e Giacomo come il primo a testimoniare l'apparizione. In Galati 2:9 i tre sono associati e definiti “pilastri”, e il quarto vangelo recita che Pietro e un discepolo anonimo, che secondo il verdetto generale è lo stesso San Giovanni, furono i primi a vedere la resurrezione.
La soppressione del nome di San Giovanni da parte di un editore paolino posteriore è spiegata dall'aperto conflitto che sorse nell'ultima parte del primo secolo tra i seguaci di San Giovanni e quelli di San Paolo, a cui attesta chiaramente l'Apocalisse. Questo avrebbe condotto alla rimozione da parte dei paolinisti del nome di San Giovanni dalla lista dei testimoni alla resurrezione, e al riempimento del divario con una ripetizione superflua. Questo spiega senza dubbio perché in Galati 1:18-19 il suo nome è mancante in un resoconto di una riunione dove dovremmo aspettarci di trovarlo. Perciò ricostruiamo il passo perché si legga come segue:
“Egli fu visto da Cefa, poi da Giovanni, poi da Giacomo, poi da tutti gli apostoli”. Ci sono riportate in questo resoconto una o numerose apparizioni? Supponiamo che si riferisce a momenti successivi di un'unica visione, e questa è l'impressione che le parole veicolerebbero, se le nostre menti non fossero contaminate dalle storie evangeliche. Abbiamo qui lo stesso fenomeno che descrive Renan: “In un'assemblea di persone intrise degli stessi credi, è sufficiente che un membro del gruppo asserisca di vedere o udire qualcosa di soprannaturale, perché anche gli altri vedano e odano”. Questo è il fenomeno di ipnotismo mediante suggestione di massa. Un esame dei vangeli, sebbene ad un primo sguardo sembrano contraddire questa tesi, la conferma.
La tradizione di un'apparizione ai fedeli riuniti, e riuniti presso una tavola, è preservata di fatto in parecchi passi. Così troviamo un'apparizione agli apostoli riuniti, [
1] un'apparizione agli apostoli e a “alcuni dei nostri”, [2] un'apparizione ai discepoli riuniti (Giovanni 20:19-23), dove la presenza degli altri fratelli è implicata dalle due narrazioni che collocano l'Ascensione immediatamente dopo l'apparizione. [3]
D'altra parte, i passi che contraddicono la tradizione di un'unica apparizione sono tutti caratterizzati da una natura leggendaria o polemica. Per esempio, l'apparizione ai due discepoli che si recarono ad Emmaus; [
4] l'apparizione a San Tommaso; [5] quella presso il Lago di Tiberiade; [6] il cui fine è l'intronizzazione di San Pietro e San Giacomo.
Gli evangelisti riportano che Gesù apparve lo stesso giorno in cui egli resuscitò dai morti. [
7] Se la resurrezione era la terza parte di un sacro dramma, l'apparizione dev'essere accaduta durante la festa sacra che si consumò dopo la cerimonia della resurrezione; e il luogo dove si eseguì il sacro dramma fu l'antica Gilgal, per quel tempo chiamato Golgota.
I racconti evangelici prestano sostegno a questa tesi. I vangeli di Marco, Luca, e Giovanni (a meno del capitolo interpolato 21) localizzano le apparizioni del Gesù risorto a Gerusalemme o alla sua prossimità. Matteo, d'altra parte, li distribuisce parzialmente in Giudea e parzialmente in Galilea, e assume di conseguenza un ritorno dei fedeli in Galilea dopo la crocifissione. Ci sono buone ragioni per scartare la versione delle apparizioni in Galilea.

1. Marco 14:28 è il prodotto della tradizione galilea e non è conclusivo in alcun senso.
2. I cristiani non dovevano trovarsi a quel tempo in Galilea.
3. D'altra parte, essi si trovano a Gerusalemme immediatamente dopo la resurrezione.
4. Non si trova da nessuna parte alcun riferimento ad un ritorno da Galilea a Gerusalemme, che si sarebbe dovuto svolgere di fretta.
5. Non si indica nessun motivo per spiegare un ritorno del genere.
6. Il viaggio da Gerusalemme al Lago di Genesaret e un ritorno richiederebbero tre giorni in ciascuna direzione, ed è lungi dall'essere una comune passeggiata.
Dai dati di sopra possiamo ricostruire l'evento come accadde probabilmente. Il piccolo gruppo è raccolto sulla solitaria collina di Gilgal, e celebra il primo giorno l'antico rito del sacrificio di crocifissione, in un momento quando il fervore della loro emozione religiosa è accresciuto dalle ansie del loro esodo. Questo è seguito dalla lunga meditazione il secondo giorno mentre il dio dormiva nella tomba, quando la legge sabbatica proibiva loro di fare qualsiasi lavoro di sorta. Infine il risveglio al mattino di resurrezione e le sue cerimonie creano una vivida percezione della realtà della presenza divina. Nella sera essi si siedono a tavola per consumare il sacro banchetto a base di pesce, pane, e miele, quando Pietro, sollevando i suoi occhi, vede il dio risorto, e avvisa Giovanni e Giacomo, i quali a loro volta assistono alla visione, e poi anche il resto di quelli presenti. Si deve realizzare come la memoria di questa visione negli anni a venire avrebbe rivissuto tra i credenti l'idea del sacrificio preistorico: la morte del dio così che con lui potessero morire le loro trasgressioni; la morte dei fedeli così che con lui essi potessero giungere a vivere di nuovo, liberi, purificati, e rigenerati. Così il sacro dramma da loro eseguito diventò di nuovo il sacrificio preistorico di eliminazione, come la festa sacra diventò di nuovo la comunione del nutrimento del dio. L'apparizione fu in realtà il punto d'inizio del cristianesimo.

Il Ritorno al Sacrificio Primitivo. — Una fede completa è possibile solo nei periodi quando nascono le religioni primitive oppure quando in una rinascita esse ritornano ad un misticismo incontrollato. Il cristianesimo diventò una grande religione perché restituì agli uomini, non il fuoco di Prometeo, ma la carne di Prometeo sacrificato. Ciò che caratterizzò il cristianesimo non è che continuò il sacrificio espiatorio, ma che la vittima espiatoria nel primo secolo della nostra era fu il dio stesso.
Un'idea del genere è impensabile nell'ebraismo. Il grande errore degli evemeristi, che fanno fiorire il cristianesimo dall'ebraismo, risiede nell'intrattenere l'illusione che il dio che muore e risorge dai morti e la comunione teofagica potessero nascere dalla religione di Jahvè. Entrambi riappaiono nel cristianesimo ad un tempo quando erano svaniti dal mondo greco-romano, e si potevano rintracciare solamente nei resti delle religioni misteriche in cui il loro vero significato era stato perso. I cristiani al giorno d'oggi esprimono risentimento quando gli studiosi confrontano l'eucarestia cristiana con le pratiche preistoriche della comunione del nutrimento del dio, e l'idea cristiana di redenzione con i modi primitivi di sacrificio espiatorio. Noi indicheremmo loro il passo dove Gesù spiega ai suoi discepoli che è necessario mangiare la sua carne e bere il suo sangue, e che
“la sua carne è un vero cibo e il suo sangue una vera bevanda”, e quando egli li sente mormorare egli domanda loro “Questo vi scandalizza?” [8] Certamente non scandalizza i teologi moderni, che sembrano essere meno ispirati da Cristo che dai suoi discepoli, di cui condividono l'incomprensione.
Una rinascita è un risveglio della mente umana a credi e idee di un'età precedente. Il risveglio che produsse il cristianesimo fu un ritorno al sacrificio primitivo. Il sacro dramma dei tre giorni e la festa di comunione non furono inventati, ma ereditati dal cristianesimo da tempi preistorici.
Il signor Georges Berguer ha illustrato come “la creazione di persone divine risulta dalla copiatura di figure da culti antichi che l'uomo trasforma nell'immagine dei suoi desideri inconsci”. [
9] il signor Charles Baudouin scrive che “i complessi e i simboli del subconscio collettivo si edificano sotto l'influenza diretta delle istituzioni che controllavano le società primitive e trattengono la loro impronta indelebile. Così possiamo riservare per loro il titolo di complessi primitivi . . . e dobbiamo considerarli ereditari”. [10] Il signor Jung ha provato che noi ritorniamo a questo inconscio collettivo e primitivo ogni volta che deviamo dal pensiero razionale. [11] Ciascun ritorno al misticismo è un ritorno alle forme più primitive di pensiero; il misticismo è per definizione la forma dell'irrazionale. San Pietro e i suoi compagni riscoprirono il significato del sacrificio di Eliminazione e il sacrificio di Comunione perché i loro antenati avevano praticato per millenni quei sacrifici, il cui significato era sepolto nel profondo del loro subconscio. Il cristianesimo è la ricomparsa della religione primitiva dell'umanità, modernizzata e idealizzata; e in questo senso fu invero il ringiovanimento della società. Poiché il suo compito non fu dare ma rinnovare la vita. Un uomo che risorge di nuovo dai morti non è un uomo che è nato; il dio del cristianesimo è un dio che risorse dai morti; il cristianesimo stesso è una religione che venne di nuovo in vita. La comunione teofagica e il sacrificio di Eliminazione sono le basi fondamentali del cristianesimo, poiché il loro fine è la rigenerazione della società.
Il credo nella ricca virtù del sacrificio non sarebbe risultato nel cristianesimo se non fosse corrisposto ai bisogno di quell'epoca, e se non fosse stato promulgato da grandi personalità. Alla nascita del cristianesimo ci furono molti grandi capi — San Pietro, San Paolo, e i loro compagni. L'errore dell'evemerismo sta nel confondere il fondatore di una religione col suo dio. Se non vi fossero esistiti tra i primi cristiani uomini che furono grandi mistici, il cristianesimo mai sarebbe stato lanciato sulla sua lunga carriera.

Il Significato Rivoluzionario del Cristianesimo Primitivo. — L'istituzione del cristianesimo fu una delle più grandi rivoluzioni della Storia. L'evoluzione della società sembra svilupparsi, secondo la legge dichiarata da Comte, in tre fasi, passando dallo stato teologico allo stato metafisico, e infine allo stato positivo. Ma, contrariamente alla sua dottrina, questa evoluzione non procedette necessariamente una volta per tutti in una linea continua. La Storia tende a correre in cicli. Ogni civiltà comincia con un periodo in cui si sviluppa sotto la guida della religione — precisamente, dell'irrazionale. Nel corso del tempo si sviluppa un'opposizione, ed infine risulta un cataclisma. Quando questo cataclisma ha come suo scopo e fine la creazione di un ricominciamento, può davvero definirsi una rivoluzione. Infatti esso è una distruzione con in vista una ricostruzione, un momento in cui un vecchio mondo termina e un nuovo mondo viene in esistenza. Ma il movimento che conduce la società dall'irrazionale la conduce allo stesso tempo da uno stato socialmente integrato ad uno stato di disintegrazione. Quando le preoccupazioni individuali o familiari vincono il sentimento sociale, il vincolo collettivo è rilassato, e, a dispetto del progresso materiale, scientifico, e perfino intellettuale che è stato ottenuto, segue una disintegrazione. Il male di cui soffrì la società nell'ultimo periodo dell'Impero romano fu la scomparsa di valori sociali.
Un senso profondo di parentela aveva animato il mondo ebraico e la città antica, ma nel primo secolo niente di questo rimase tra i 500.000.000 abitanti dell'Impero, se non tra alcuni ebrei che ancora credettero nel destino del popolo eletto, e tra alcuni romani di nobile lignaggio e ufficiali provinciali che si consideravano incaricati di governare l'universo. Ma gli uomini governano in malo modo se non si curano del popolo che governano, e verso la folla che brulicava attorno a loro quelli aristocratici romani non possono aver intrattenuto sentimenti che differivano da quelli dell'uomo bianco verso quelli di colore. Fu in questo ambiente di una società disorganizzata che il cristianesimo iniziò la sua missione di riunire la società nei vincoli di una parentela comune.
Noi siamo interessati a rintracciare l'oggetto, la fede, e la speranza degli uomini che iniziarono questa rivoluzione. Il sacrificio del dio nel cristianesimo, come nelle religioni primitive, aveva senso ed efficacia solo perché il dio era il simbolo del gruppo nel quale fu adorato. L'avventura del dio è simbolicamente quella dei suoi seguaci. Se gli dèi sono simboli dei gruppi nei quali essi sono adorati, il sacrificio del dio significa la morte della vecchia società, e la sua resurrezione la nascita della nuova società rigenerata. In realtà ogni rivoluzione è la perpetuazione di un sacrificio nel senso primitivo, una messa a morte allo scopo di risorgere di nuovo.

La Ricostituzione di una Parentela. — Era sotto il simbolo primitivo del sacrifico del dio che il cristianesimo tentò la rigenerazione della società mediante la ricostituzione di una parentela. Esso pose di fronte al mondo, sotto il titolo del Regno di Dio, una legge sotto la quale tutti gli uomini sarebbero stati fratelli e avrebbero riconosciuto una parentela comune nella paternità del dio. Ma in questa dottrina la parola “fratello” non ebbe un significato semplicemente metaforico. Il significato reincorporato dal cristianesimo antico nell'idea di fraternità fu il significato concreto della “stessa carne” nel suo senso originale, quando i membri del clan si considerarono associati assieme tramite una parentela divina. In nessun altro senso si possono interpretare le parole di San Paolo: “Noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri” (Romani 12:5). Le parole sono prive di significato se non torniamo alle idee primitive. I cristiani sono tutti la stessa carne e della stessa carne di Cristo, che è per loro il primogenito tra fratelli (Romani 8:29). Come possiamo interpretare il passo in cui egli afferma che i cristiani diventano figli di Dio Padre per “adozione” (ibid., 15) a meno che l'adozione non sia la procedura legale tramite cui quelli non nati figli di Dio Padre lo diventano?
Inoltre, San Paolo oppone la discendenza spirituale di Abramo — precisamente, la famiglia cristiana — alla sua discendenza fisica — precisamente, all'ebraismo. [
12] Nei tempi antichi la famiglia fisica quando venne in esistenza non soppresse la famiglia spirituale; per un lungo tempo entrambe si svilupparono fianco a fianco, nello stesso modo tra gli israeliti dopo il loro ingresso in Palestina e tra gli abitanti di Grecia ed Italia. Così anche per i primi cristiani la famiglia naturale e la famiglia spirituale sono collocate fianco a fianco. I primi cristiani si chiamavano l'un l'altro “fratello” e “sorella”, e una moglie fu una “sorella sposata”, e l'espressione sulle loro labbra fu tanto realistica quanto quella di “cittadino” per gli uomini del 1971 e quella di “compagno” tra i comunisti al giorno d'oggi.
Realizziamo che gli evangelisti, che abbandonarono parecchio che fu vitale nel cristianesimo del primo secolo, mantennero la realtà e il primato della parentela spirituale, e così facendo essi salvarono il cristianesimo stesso da un primo collasso. Il cristianesimo primitivo fu sia un ritorno ai principi delle religioni più antiche — precisamente, ai principi della società stessa — sia una rivoluzione, perché esso aveva come suo fine, in ultima analisi, la ricostituzione tra gli uomini di questa parentela spirituale che fu il punto di partenza e la base della società umana.

NOTE

[1] Matteo 28:16-20 (tranne per quanto riguarda il luogo), e Marco 16:14-19, e una traccia in Marco 16:7.

[2] Luca 24:24.

[3] Luca 24:36-53, e Marco 16:14-18.

[4] Luca 24:13-35, e Marco 16:12-13.

[5] Giovanni 20:19-29.

[6] Giovanni 21, considerato generalmente un'aggiunta successiva.


[7] Luca 24:13; Giovanni 20:19; Marco 16:14-19. La stessa tradizione si trova nell'epistola di Barnaba 15:9.

[8] Giovanni 6:35 et seq.

[9] Quelques traits de la vie de Jésus au point de vue psychologique et psychanalytique, 1910, Introduzione, pag. 45 et seq.


[10] Psychanalyse de l'art, 1929, Introduzione, pag. 6.


[11] G. C. Jung, Wandlungen und Symbole der Libido, 1911.

[12] Galati 4:22 et seq., Romani 9:6 et seq.

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