martedì 3 ottobre 2017

Un'Analisi delle Origini Cristiane (XXIX) — La futilità di tutti quelli sforzi.

(segue da qui)


La futilità di tutti quelli sforzi.

Nonostante tutta l'informazione leggendaria e contradditoria che si è accumulata intorno ad un Gesù ipotetico, noi non sappiamo nulla di lui.
Ci viene detto che egli trascorse tre anni coi suoi discepoli, ma questo non è certo; possiamo assegnare proprio altrettanto facilmente un singolo anno alla carriera di questo profeta. Al di là se tre anni o un anno, questo sembra un tempo davvero breve per fondare una religione e darle fondamenta profonde.
Ad ogni modo, durante questo breve periodo, Gesù deve essere stato a parlare, agire, e scrivere. Presumibilmente, le sue azioni e le sue parole furono considerate importanti dai suoi discepoli, ed essi preservarono una loro memoria accurata. Tuttavia questa supposizione completamente naturale è falsa; i vangeli dedicano solo un quinto del loro testo alle attività di Gesù; la loro memoria copre solo un periodo di otto giorni, quelli che costituiscono la settimana santa della “Passione”. Il resto è illuminato solo da un po' di scene dal significato teologico che sono davvero rare in effetti.
Così, da questa vita celebrata che sarebbe durata trent'anni non abbiamo niente se non fantasiosi racconti di una nascita e una narrazione di una morte che appare più o meno liturgica. La nascita è chiaramente mitologica; la morte è quella di un dio misterico che muore e risorge. Un numero di critici credono che il racconto della Passione consisteva in origine di un testo separato indipendente dai vangeli;  che, o i vangeli furono costruiti “all'indietro” a partire dalla Passione, oppure essi incorporarono questa Passione come loro conclusione.
Durante quale periodo appaiono queste informazioni? il primo scrittore cristiano — l'apostolo Paolo — è ignaro di loro. Le epistole, pubblicate attorno al 145 dal suo discepolo Marcione, non furono neppure espanse con quei dettagli dagli interpolatori che le utilizzarono. Quanto ai vangeli, essi non sono citati per la prima volta fino ad Ireneo nel 177 circa. Contrariamente alle teorie ortodosse, noi pensiamo che essi videro la luce del giorno attorno al 160 in risposta all'Evangelion di Marcione, e per allora avevano subito una buona dose di motivata riorganizzazione.
Possiamo dire che Gesù non fu considerato un individuo umano per quasi cento oppure cento e cinquant'anni dopo Erode e Pilato — neppure dai cristiani. Egli era il loro dio, ed egli era stato un uomo dal principio. Egli non poteva essere stato trasformato in un agnello o un bambino celeste, e se i suoi discepoli avessero avuto per lui l'attaccamento che è loro attribuito, essi non avrebbero mostrato una così tale indifferenza verso la sua vita e la sua memoria per più di un secolo. Se tuttavia egli fosse stato in origine un dio crocifisso, siamo in grado di comprendere meglio che egli potrebbe essere stato confuso con un uomo condannato a morte per crocifissione.

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