domenica 25 giugno 2017

Circa «Jesus — A Myth» di Georg Brandes (XVIII)

(per il capitolo precedente)


XVII

Piuttosto in linea con lo stile dell'Antico Testamento, il terzo capitolo di Matteo comincia come segue: “In quei giorni (cioè non meno di trent'anni più tardi) comparve Giovanni il Battista. Allora viene detto di lui che egli era quello “annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore”. Qui, come al solito, il testo antico viene tradotto in modo errato. In Isaia non è detto niente circa un grido nel deserto. La lettura corretta di quel passo (Isaia 40:3) dovrebbe essere: “Una voce grida:  preparate la via al Signore nel deserto!”.
 Quest'esempio non è affatto isolato. Nella loro ansia di scoprire profezie corroborative nell'Antico Testamento, gli evangelisti spesso facevano brutti errori. Il loro modo di pensare è estraneo all'umanità di oggi. Ma ciò che colpisce come la cosa più peculiare è la loro conoscenza insufficiente  degli scritti che per loro rappresentavano una vasta collezione di sapienza profetica.
In Matteo, l'annuncio dell'angelo della nascita di Gesù a Giuseppe (modellato sull'annuncio del Signore ad Abramo della nascita di Isacco e sull'annuncio simile da parte di un angelo alla madre di Sansone) è esplicitato come compimento di una profezia di Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio”. Ma questo passo fu reso erroneamente nella traduzione greca usata dall'evangelista. In Isaia (7:14) non si parla di una vergine, ma di una donna.   Quello che l'evangelista aveva in mente era la promessa ad Acaz: “Ecco: una donna concepirà e partorirà un figlio . . . Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonato il paese di cui temi i due re”. Nessuna profezia è implicita riguardo il bambino in questione e non si parla di alcuna nascita virginale.
Allo stesso modo l'evangelista lascia che Gesù sia nato a Betlemme per l'espresso scopo di rendere vere le parole di Michea 5:2. Ma la traduzione di quelle parole è piuttosto sbagliata: “E tu, Betlemme di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele”. Qui, d'altra parte,  c'è la vera resa del passo di Michea: “E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà, ecc.”. Il significato di quelle parole è che Betlemme fu considerata la culla di Davide e di tutta la sua stirpe. È, in effetti, sorprendente quanti errori di questo tipo si siano insinuati nel Nuovo Testamento a causa dell'ignoranza e della confusione degli evangelisti. Nel ventitreesimo capitolo di Matteo, l'evangelista fa denunciare a Gesù i farisei ipocriti e servi a parole perché pagavano la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, ma fallivano di mostrare pietà. Nessuna decima fu pagata di  verdure, tuttavia, e almeno di tutte le piante che crescevano incolte. Più tardi nello stesso capitolo a Gesù si fa accusare i farisei di essere responsabili di tutto il  sangue dei giusti sparso sulla terra, “dal sangue di Abele (che difficilmente poteva essere attribuito ai farisei) fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachìa, che avete ucciso tra il santuario e l'altare”. Così facendo, l'evangelista ha confuso Zaccaria, il figlio del sacerdote Ioiadà, che secondo 2 Cronache 24:20 et seq., fu lapidato per ordine di re Ioas, con Zaccaria, il figlio  di Baruc, che fu ucciso da fanatici ebrei all'interno del Tempio stesso a causa del presunto tradimento durante l'assedio di Gerusalemme da parte dei romani. Siccome questo accadde nell'anno 68, il passo del vangelo dev'essere un'interpolazione posteriore.

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