domenica 30 aprile 2017

Sul “Gesù storico” come (nient'altro che un) «meme»

La verità, in fatto di religione, è semplicemente l'opinione che è sopravvissuta.
(OSCAR WILDE)
(citato da Richard Dawkins in L'illusione di Dio)


Quando le persone — almeno quelle sane di mente (e non mi riferisco esattamente ai cristiani) — leggono un testo della letteratura cristiana antica del I-II secolo che non sia uno dei tanti vangeli o Atti, cercando tracce di un ipotetico Gesù storico, saranno sorpresi di trovare la raffigurazione di un Gesù Cristo troppo strana e assurda persino da immaginare: il Gesù arcangelo celeste di Paolo, il Gesù sommo sacerdote celeste della Lettera agli Ebrei, il Gesù sofferente in un reame spirituale delle Odi di Salomone, il Figlio senza nome dell'Ascensione di Isaia, il Gesù celeste guerriero dell'Apocalisse. Ma non c'è almeno una caratteristica comune a tutti i Gesù Cristi degli antichi testi cristiani del I secolo, dovunque si trovino e qualunque sia il testo che ne fa menzione? Se pure esistettero tanti ritratti teologici di Gesù quanti ne furono le originarie sette cristiane che li immaginarono, esisterà pur sempre un principio generale vero per tutte queste forme diverse di Gesù Cristi? Naturalmente esiste tale principio generale, ma non è affatto da identificare nel ricordo più o meno vago di un Gesù storico ipotizzato all'origine del processo che produsse tutti quei testi. Punterei piuttosto su un aspetto fondamentale di ogni antica descrizione di Gesù: egli fu sempre intimamente associato in qualche modo alla divinità, in qualunque testo cristiano si volga lo sguardo.  Sia esso un vangelo o un'apocalisse o una lettera. In definitiva, associato a qualcosa che non esiste. O almeno che gli atei non considerano esistente: “dio”.

Mentre ciò che non si trova affatto, perlomeno in ogni testo cristiano del I secolo anteriore ai vangeli, è puntualmente, di nuovo e ancora di nuovo, l'idea di un Gesù profeta itinerante in terra di Giudea.

Ma è necessario andare solo nei vangeli per trovare l'unico Gesù così diverso da tutte le rappresentazioni precedenti di Gesù Cristo?

Io penso e credo che la risposta sia sì
, che l'“immagine di un Gesù profeta itinerante in terra di Giudea” fosse emersa di recente tra I e II secolo per la prima volta proprio col Più Antico Vangelo, e solo da quel vangelo diffusasi, per mero effetto di propagazione, in tutti gli altri vangeli e nell'immaginario popolare perfino pagano. Ce l'abbiamo davanti, ancora nella sua infanzia, ancora evidente, questa più antica immagine di un Gesù umano, neppure storico, nel Più Antico Vangelo, al di là se esso sia il vangelo di Marco (come ritiene la maggioranza degli studiosi) oppure il vangelo marcionita (Mcn, ovvero proto-Luca, come sostiene di recente il prof Matthias Klinghardt).  Un Gesù di carta appena inventato ma già soggetto a mutamenti evolutivi a un ritmo tale da lasciare il vecchio, mistico ritratto del Gesù arcangelo celeste di Paolo indietro ineluttabilmente nel tempo, eclissato per l'eternità da questo nuovo dipinto dello stesso immaginario soggetto.

Il “Gesù storico”, quello comunemente chiamato “Gesù di Nazaret”, non è altro che l'equivalente nella storia del cristianesimo di un meme culturale relativamente nuovo. Cosa sarebbe un “meme”?

La parola al prof Richard Dawkins, lo scienziato che per primo ha coniato il termine.
Ora dobbiamo dare un nome al nuovo replicatore, un nome che dia l'idea di un'unità di trasmissione culturale o un'unità di imitazione. «Mimeme» deriva da una radice greca che sarebbe adatta, ma io preferirei un bisillabo dal suono affine a «gene»: spero perciò che i miei amici classicisti mi perdoneranno se abbrevio mimeme in meme. Se li può consolare, lo si potrebbe considerare correlato a «memoria» o alla parola francese même.
Esempi di memi sono melodie, idee, frasi, mode, modi di modellare vasi o costruire archi. Proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando di corpo in corpo tramite spermatozoi o cellule uovo, così i memi si propagano nel pool memico saltando di cervello in cervello tramite un processo che, in senso lato, si può chiamare imitazione. Se uno scienziato sente o legge una buona idea, la passa ai suoi colleghi e studenti e la menziona nei suoi articoli e nelle sue conferenze. Se l'idea fa presa, si può dire che si propaga diffondendosi di cervello in cervello.

(Richard Dawkins, Il gene egoista - La parte immortale di ogni essere vivente, Mondadori 1992, pag. 160)
Dawkins illustra un particolare esempio di meme:
Consideriamo l'idea di Dio. Non sappiamo in che modo si sia originata nel pool memico. Probabilmente si è originata molte volte per «mutazioni» indipendenti. In ogni caso, è molto antica. In che modo si replica? A voce e per iscritto, aiutata dalla grande musica e dalla grande arte. Perché ha un così forte valore di sopravvivenza? Ricordate che «valore di sopravvivenza» qui non significa valore di un gene in un pool genico, ma valore di un meme in un pool memico. La domanda in realtà sarebbe: cosa c'è nell'idea di Dio che le fornisce stabilità e capacità di penetrazione nell'ambiente culturale? Il valore di sopravvivenza del meme Dio nel pool memico deriva dal suo grande richiamo psicologico.
Esso fornisce una risposta superficiale plausibile a problemi profondi e inquietanti dell'esistenza; suggerisce che le ingiustizie di questo mondo possano essere eliminate nell'altro; fa da cuscino alle nostre inadeguatezze e, come un placebo, non è meno efficace per il fatto di essere immaginario. Queste sono alcune delle ragioni per cui l'idea di Dio viene copiata così prontamente dalle successive generazioni di singoli cervelli. Dio esiste, non fosse altro che sotto forma di un meme ad alto valore di sopravvivenza, o ad alta virulenza, nell'ambiente fornito dalla cultura umana.

(Il gene egoista, pag. 161)
Non tutti i memi però sono così irrazionali. Ne esistono altri decisamente più salutari:
I nostri geni possono essere immortali ma l'insieme di geni che costituisce ciascuno di noi è destinato a sbriciolarsi. Elisabetta II è una diretta discendente di Guglielmo il Conquistatore, eppure è molto probabile che non abbia neppure un gene del vecchio re. Non dovremmo cercare l'immortalità nella riproduzione.
Ma se contribuiamo alla cultura del mondo, se abbiamo una buona idea, se componiamo una canzone, se inventiamo la candela, se scriviamo una poesia, queste cose possono vivere intatte per lungo tempo dopo che i nostri geni si sono dissolti nel pool comune. Socrate può avere o no un gene o due ancora vivi nel mondo d'oggi, come ha fatto notare G. C. Williams, ma che importa? I complessi di memi di Socrate, Leonardo, Copernico e Marconi stanno ancora andando forte.

(Il gene egoista, pag. 165)
Tutte le testimonianze delle origini cristiane si possono classificare in “memi”. Ad esempio, i vangeli e gli Atti degli Apostoli (compreso il Vangelo di Tommaso) si possono considerare un meme a sé stante nella misura in cui sono documenti che veicolano il concetto di un Gesù umano, terreno. Sono un solo meme anche per un'altra ragione, più sottile: sia Matteo che Luca si basano su Marco, e l'autore di Giovanni (come pure il Vangelo di Tommaso) deve aver conosciuto gli altri tre vangeli.
Le lettere autentiche di Paolo formano un altro meme. Il libro dell'Apocalisse a sua volta a un altro meme e così pure le Odi di Salomone. Non dimentichiamoci di un altro meme costituito dalla Lettera agli Ebrei.

Ciascun meme, nel contesto delle testimonianze antiche, raccoglie un insieme di ricordi che mostrano evidentemente indipendenza da ogni altro insieme di ricordi. Ovviamente alcuni memi sono più antichi di altri: è un fatto che le lettere autentiche di Paolo precedono i vangeli e li influenzano.
I memi individuano tradizioni distinte che possono fluire nel tempo in parallelo tra loro, inaugurando una vera e propria competizione tra memi: un lettore di una epistola di Paolo può essere ignaro del tutto della tradizione evangelica perchè non ha ancora letto alcun vangelo, e viceversa, uno che conosce Gesù solo attraverso i vangeli (ad esempio il pagano Celso), può essere ignaro completamente dell'identità di Paolo l'apostolo.
Tuttavia è sempre possibile prima o poi nel tempo un'intersezione tra diversi memi. E sicuramente un'intersezione accadde quando fu scritto il Più Antico Vangelo. E quell'intersezione potrebbe essere stata conflittuale, data qual è la posta in gioco nella competizione tra memi così diversi relativi però allo stesso oggetto, proprio come previsto da Richard Dawkins:
Il tempo è probabilmente un fattore limitativo più importante dello spazio di memoria ed è oggetto di pesante competizione. Il cervello umano e il corpo che esso controlla non possono fare più di una o due cose alla volta. Se un meme deve dominare l'attenzione di un cervello umano, deve farlo a spese di memi «rivali». Altre cose per cui i memi competono sono il tempo alla radio e alla televisione, lo spazio sui manifesti, le colonne dei giornali e gli scaffali delle biblioteche.
(Il gene egoista, pag. 164)
Sia che si accetti il modello Farrer-Goodacre, oppure il modello Klinghardt:


...in entrambi i casi il meme del “Gesù profeta ebreo itinerante”, introdotto per la prima volta dal Più Antico Vangelo, si diffuse a ondate successive tra tutte le esistenti comunità cristiane, investendo in pieno tutti gli altri memi. 

La rapida diffusione di una lettura letteralista del primo vangelo è certamente provata dall'immediata stesura, a ridosso dell'introduzione sulla scena di quel primo vangelo, di altri vangeli e di Atti che quel primo vangelo vollero correggere, espandere o modificare, evidentemente perchè tutti intenti a vendere differenti ritratti dello stesso inventato protagonista, tradendo così, da parte dei loro autori, l'intima convinzione che solo il loro Gesù “è esistito” e che perciò occorre dargli l'immagine più gradita alla propria fazione teologica e solo a quella, a costo di inventare da zero nuove tradizioni sulla falsariga delle precedenti.
Non si esagererà mai nella descrizione di quanto fossero differenziate e variegate le comunità cristiane primitive, perfino al punto di insanabile rottura. Non ci fu mai un cristianesimo primitivo monolitico e un'unica “comunità primitiva”, e la lotta per la supremazia imponeva di auto-legittimarsi invocando l'autorità di Cristo stesso e dei suoi originari apostoli.  Così i cristiani erano costretti, prima o poi, a creare loro stessi le “prove documentali” necessarie di cui disperatamente bisognavano.

Non era difficile vedere oltre la facciata di questa loro menzogna.

Ma per la mente degli stupidi e ignoranti hoi polloi di allora (proprio come oggi), che cos'era più solido e credibile della semplice storiella di un uomo che visse e soffrì? I vangeli offrirono questa immagine di un uomo così tangibile e credibile agli occhi degli antichi, così semplice e chiara, da essere subito accettata (proprio come oggi) acriticamente come “Storia ricordata”.

Le storielle dei vangeli cessano di colpo di valere come “Storia ricordata” non appena ci si accorge che non furono affatto prodotte e preservate da una o due comunità legate fraternamente tra loro “in Cristo”, dove ogni cristiano, nel canto e nella danza, manifestava amore e carità verso ciascun fratello nella fede (la stessa ridicola favola venduta dagli Atti degli Apostoli). Al contrario, i vangeli furono fabbricati da comunità cristiane rivali in aspra competizione tra loro, ardenti di contendersi, interpolare e falsificare la tradizione evangelica. 

Per la stessa ragione, entro la metà del secondo secolo, non potevano più esserci stati cristiani che fossero non contagiati (e interessati) dal meme del “Gesù storico”. E questo vale per ciascun tipo di cristiani: proto-cattolici ed “eretici”.

Prima di quella brusca reazione a catena per la quale un meme specifico, quello del Gesù storico, arrivò ad intersecare il percorso degli altri memi, eclissandoli gradualmente o estinguendoli se troppo diversi ed incompatibili, tuttavia, i memi viaggiavano separati tra di loro.

Va da sè che il processo di sottomissione di n memi distinti (corrispondenti ad n Gesù Cristi mitologici) ad uno solo di essi (il Gesù di carta dei vangeli) procede inconsapevolmente ancora oggi, in parallelo alla preservazione collettiva di quei memi da parte delle stesse chiese cristiane, che li brandiscono come propri memi, che li interpretano come proprie tradizioni, incuranti delle contraddizioni inerenti al loro significato più profondo e antico.

Ad esempio, i folli apologeti cristiani e filo-cristiani che infestano gli studi neotestamentari (e fortunatamente solo quelli!) pretendono di ricostruire “scientificamente” le origini cristiane spacciando per sana “conoscenza storica” ciò che di più o meno realistico riescono ad estrapolare, sia pure piuttosto goffamente (data la povera natura dell'evidenza documentale), da fuori del solito meme: quello dei vangeli.
Loro sono in fin dei conti in parte condizionati a fare così dal fatto che gli altri memi non hanno nulla da dire sul Gesù storico, perciò più loro si appellano ai soli vangeli per brandire il loro meme del Gesù storico, più rivelano di essere disperatamente a corto di prove del Gesù storico.
Solo brandendo dogmaticamente in alto il meme del Gesù evangelico così da riuscire con tale imperioso (quanto irrazionale) atto di forza ad illuminare (si fa per dire) tutti gli altri memi alla luce di quello (e solo di quello), loro si illudono di poter fugare l'oscurità tanto disturbante che presso gli altri memi avvolge il loro feticcio “Gesù di Nazaret”.

Nella loro difesa disperata del Gesù evangelico contro il Gesù degli altri memi, i folli apologeti cristiani e filo-cristiani infiltrati in accademia sotto mentite spoglie di storici ricordano da vicino il modus operandi delle persone religiose, e non è affatto un caso che Richard Dawkins identifica facilmente un caratteristico esempio di meme assai caro alle chiese tradizionali:
Il meme dell'idea di Dio si è per esempio associato con qualche altro meme particolare e questa associazione aiuta la sopravvivenza di ciascuno dei memi partecipanti? Forse una chiesa organizzata, con la sua architettura, i suoi riti, le sue leggi, la sua musica, la sua arte e le sue tradizioni scritte, si potrebbe considerare appunto come un assetto stabile di memi che si rafforzano l'un l'altro.
Per prendere un esempio particolare, un aspetto della dottrina che è stato molto efficace per obbligare all'osservanza religiosa è la minaccia del fuoco dell'inferno. Molti bambini e anche alcuni adulti credono che soffriranno atroci tormenti dopo la morte se non obbediscono alle regole dei preti. Si tratta di una tecnica di persuasione particolarmente antipatica, che ha provocato grande angoscia psicologica nel Medioevo e anche nei nostri tempi. Potrebbe quasi essere stata pianificata deliberatamente da preti machiavellici addestrati nelle tecniche di indottrinamento psicologico profondo. Dubito tuttavia che i preti fossero così abili; è molto più probabile che memi inconsci abbiano assicurato la propria sopravvivenza usando le stesse qualità di pseudospietatezza possedute dai geni di successo. L'idea del fuoco dell'inferno, molto semplicemente, è autoperpetuante per il suo profondo impatto psicologico. Si è trovata unita al meme dell'idea di Dio perché i due si rinforzano l'un l'altro e aiutano la sopravvivenza reciproca nel pool memico.
Un altro membro del complesso dei memi religiosi si chiama fede. Significa fiducia cieca, senza prove, anche contro le prove. La storia di San Tommaso viene raccontata non perché noi lo ammiriamo ma per farci ammirare in confronto gli altri apostoli. Tommaso chiedeva prove e per certi memi niente è più letale della tendenza a chiederne le prove.
Gli altri apostoli invece, la cui fede era così forte da non avere bisogno di prove, vengono considerati degni di imitazione. Il meme della fede cieca assicura la propria esistenza perpetua con il semplice espediente inconscio di scoraggiare le indagini razionali.
La fede cieca può giustificare qualunque cosa. Se un uomo crede in un dio diverso o anche se usa un diverso rituale per adorare lo stesso dio, la fede cieca può decretare che deve morire — sulla croce, al palo, infilzato sulla spada di un crociato, ucciso da un proiettile in una strada di Beirut o fatto saltare in aria in un bar di Belfast. I memi della fede cieca hanno proprie regole spietate per propagarsi, valide non solo per la fede religiosa, ma anche per quella patriottica o politica.

(Il gene egoista, pag. 164-165)
“La fede cieca può giustificare qualunque cosa”, afferma Dawkins, anche il fingersi pomposamente studiosi ed esperti del Gesù storico e vendere la solita propaganda evangelica dalle cattedre universitarie, sbarrando la strada ad ogni potenziale scettico, sperando così di offrire maggiore credibilità il più possibile “oggettiva” e “imparziale” al mito della veracità storica di Gesù di Nazaret.

Il “Gesù storico” è nient'altro che l'evoluzione dello stesso meme evangelico per garantirne la sopravvivenza in un mondo secolare sempre più scettico.
Come tale, chi propina il “Gesù storico” — uno dei tanti —  oggi non è poi così diverso da chi propinava il “Gesù evangelico” — uno dei tanti — ieri. Lo stesso processo opera in entrambi e si chiama evoluzione in azione. È l'unico processo in grado di spiegare perchè, ieri come oggi, i cristiani hanno preso e continuano a prendere per fatti reali un mucchio di miti e finzioni. È sufficiente leggere le opere dei
Padri della Chiesa cioè, per dire, i più intelligenti tra gli antichi proto-cattolici per rendersi conto di quanto fossero scemi, proprio come lo sono, sotto altre forme, i moderni apologeti cristiani. Non solo il loro ragionamento non ha niente di cartesiano o logico, ma la loro erudizione non esclude affatto conclusioni a dir poco irrazionali. A proposito di Giustino, Ernst Renan commentò: “egli aveva una certa specie di credulità mediocre che permette di ragionare irrazionalmente su delle premesse infantili e di arrestarsi in tempo, così da essere solo per metà assurdo” (Daanson, Mythes et légendes, Bruxelles, 1913, pag. 166, mia libera traduzione).

Eusebio, il primo storico della chiesa (ovviamente: proto-cattolica) fu così scemo da credere all'autenticità della lettera di Gesù ad Agbar, proprio come questa sedicente “studiosa”.

Ad accorgersi di quanto fosse scemo Sant'Agostino, ci pensò il buon Voltaire:
Voi mi citate il retore sant'Agostino che, nel suo libro dei miracoli, parla di cento città in Libia inghiottite in una sola volta; ma pensate che quell'africano, che passò la vita a contraddirsi, prodigava nei suoi scritti la figura dell'esagerazione: trattava i terremoti come la grazia efficace e la dannazione eterna di tutti i bambini morti senza battesimo. Non ha forse detto, nel suo trentasettesimo sermone, di avere visto in Etiopia razze di uomini provvisti di un grande occhio in mezzo alla fronte, come i ciclopi, e interi popoli senza testa?
(Voltaire, Pot-pourri)
Un altro Padre della Chiesa, Gregorio di Nazianzo, aveva perfettamente analizzato la mentalità dei suoi contemporanei quando scrisse in una lettera destinata a San Girolamo:
“Serve solo la chiacchiera per impressionare la gente. Meno comprende, più ammira.... I nostri Padri e Dottori spesso dicevano non ciò che pensavano, ma ciò che fecero dir loro le circostanze e la necessità”.
Proprio come quelli scemi “Padri della Chiesa”, i teologi che si fingono pomposamente “esperti del Gesù storico” (i vari Meier, Chilton, Allison, Pesce ecc.) sono ingaggiati nella stessa zelante propaganda missionaria, sotto la parvenza di una scientificità tanto edulcorata quanto pretesa. Una propaganda svolta dietro la cattedra che non è affatto diversa dall'isteria dei media prima del Natale oppure a Pasqua.

Eppure per distruggere il meme del Gesù storico è sufficiente distruggere il meme del Gesù evangelico, e il più semplice modo per farlo è servirsi di un meme più antico: il meme del Gesù di Paolo.

Gesù nelle lettere di Paolo è un arcangelo celeste col quale Paolo è in contatto.

Ma se Gesù fosse stato veramente un uomo storico vissuto di recente in Giudea, difficilmente un mero trattato di angelologia da parte di Paolo avrebbe soddisfatto le chiese alle quali egli stava scrivendo. Sarebbe naturale che i corinzi, i filippesi,  i galati, i tessalonicesi, avessero voluto sapere qualcosina sul Gesù storico, fosse anche la sola menzione della sua umiltà in vita, degna di un Padre Pio o di un San Francesco d'Assisi (almeno per giustificarne in qualche modo possibilmente non imbarazzante la sua totale insignificanza storica presso i contemporanei).

Eppure niente.

Si prenda l'incredibile testimonianza di Frate Lorenzo, un monaco carmelitano vissuto in Francia nel XVII° secolo. Costui ha scritto un intero libro, titolato “La pratica della presenza di Dio”, da far pensare che fosse privo del tutto nella sua testa del meme del Gesù evangelico, visto che genere di sciocchezze scriveva ad nauseam:
“Lei vuole sapere come ho fatto a vivere sempre alla presenza di Dio? Ho cercato una cosa sola: appartenere completamente a Lui. Il desiderio ardente mi ha occupato talmente che ho dato il tutto per tutto! Per amore di Dio ho rinunciato a tutto ciò che non è Lui. Ho cominciato a vivere come se al mondo fossimo solo Lui ed io.”

“... senza fretta, senza inquietudine. E' necessario riporre la nostra fiducia in Dio e mettere da parte tutti gli altri pensieri e preoccupazioni.”

“La mia anima, che fino a quel momento era assai irrequieta, ha sentito una pace profonda. Sembrava che avesse trovato il centro, il suo punto di pace. Da quel momento mi sono sempre rivolto a Dio in un modo indescrivibilmente semplice, con umiltà e amore”.

“Quanta gioia e quanta pace sono dentro di me, perché so e sento quale grande tesoro porto sempre in me! Il tesoro di Dio assomiglia all'oceano senza fine, dal quale un'onda piccola che va e viene in un attimo già ci soddisfa”.

“Non ho più un altra volontà che quella di Dio, che vorrei eseguire in tutte le cose. L'unico mio pensiero è rimanere alla Sua presenza, osservare la vicinanza di Dio ed immergermi in una totale donazione”.
Ne avete abbastanza di questo solito tema ricorrente. Frate Lorenzo non pensava altro che a dio e solo a dio e soltanto a dio.

Vi ricorda qualcuno?
...perché mi ero proposto di non sapere fra voi altro, se non Gesú Cristo e lui crocifisso.
(1 Corinzi 2:2)

...poiché i Giudei chiedono un segno e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci;
(1 Corinzi 1:22-23)

Ma quanto a me, non avvenga mai che io mi vanti all'infuori della croce di nostro Signore Gesú Cristo, per la quale il mondo è crocifisso a me e io al mondo.
(Galati 6:14)
Paolo sembra davvero simile a Frate Lorenzo nel suo non voler parlare di nient'altro se non di Cristo Gesù e solo di lui (nota bene che Frate Lorenzo pensava a dio, non faceva il nome di Gesù). Eppure nota la grandissima differenza tra Paolo e il mistico francese: frate Lorenzo, alla fin fine, in altre opere a noi pervenute romperà il silenzio sul Gesù evangelico, confermando di possedere nella sua testa il meme dei vangeli (e come poteva non averlo, nel 1700?). Lo stesso non si può dire di Paolo, che pure sarebbe stato un contemporaneo dell'ipotetico Gesù storico. In tutte le sue lettere, l'apostolo dimostra di essere completamente privo del meme del Gesù profeta itinerante di Giudea.

Se per ''Cristo crocifisso'' si intende la particolarissima interpretazione metafisica che l'uomo chiamato Paolo si fece di un altrettanto particolarissimo evento storico preciso in una particolarissima cornice spazio-temporale (ovvero la crocifissione nelle vicinanze di Gerusalemme per motivi politici di un presunto sedizioso di nome Gesù detto Cristo), allora io potrei avere ogni ragione di credere che questo era solo la particolarissima idiosincrasia di Paolo e solo di Paolo e di nessun altro.

È solo quando trovo molteplici autori a fare la stessa cosa in molteplici epistole (Paolo, Epistola agli Ebrei, 1 Pietro, 1, 2 e 3 Giovanni, Giacomo, Giuda, 1 Clemente e così via), venendo apparentemente dai più molteplici e disparati ambienti e prima della stesura del Più Antico Vangelo, che le cose iniziano potenzialmente a sembrare sempre via via più sospette.

Ma il sospetto ancora più grande, che mi fa cadere a quel punto ogni fiducia in un ipotetico Gesù storico, è che nessuno di quelli altri autori sembrano poter offrire lo stesso genere di “scuse” che mistici del calibro di Paolo o di frate Lorenzo manifestano nella misura in cui si concentrano e si focalizzano solo su certe cose e soltanto su quelle.

Il Gesù spirituale non si trova solo in Paolo. Le altre lettere del Nuovo Testamento non dicono sulla sul Gesù storico. Per esempio, la Lettera agli Ebrei è interessata solo al Gesù arcangelo come celeste “sommo sacerdote” e arriva molto vicino a negare esplicitamente l'esistenza storica di Gesù nel recente passato.

Per quanto riguarda le Odi di Salomone, il prof Stevan Davies li considera una prova addirittura di una setta ebraica pre-cristiana, quindi priva del tutto del meme del Gesù storico.
Io intendo soltanto che idee e frasi trovate nelle Odi di Salomone erano scritte prima del tempo in cui idee e frasi simili furono scritte nel Nuovo Testamento, e che la comunità dietro le Odi di Salomone fosse in esistenza prima che ci fossero delle comunità cristiane orientate a Gesù di Nazaret. Io non ho nessuna ragione per credere che qualche autore del Nuovo Testamento avesse mai letto qualcosa delle Odi, oppure che qualche autore delle Odi avesse mai letto qualcosa del Nuovo Testamento.
Le Odi di Salomone, io credo, vennero prima; la stesura del Nuovo Testamento fu posteriore, forse una generazione o due più tardi.

(Stevan Davies, “Sulle Odi di Salomone come Prova di un Pre-Cristianesimo,” in Spirit Possession and the Origins of Christianity, 2014, pag. 271, mia libera traduzione)
Le persone ragionevoli e intellettualmente oneste non possono eludere a lungo il problema: perchè, tra tutti i memi primitivi che formano insieme l'antica letteratura cristiana, solo il meme della tradizione evangelica parla di un Gesù predicatore itinerante in terra di Giudea e  Galilea?

I folli apologeti cristiani rispondono che la colpa è del rapido sviluppo della cristologia a pochi anni, addirittura mesi, dalla morte di Gesù su una croce romana. Ma questa risposta è così insensata e ridicola che è incapace di spiegare perchè in tutti gli altri memi diversi da quello evangelico è dappertutto assente il meme del Gesù storico, perfino nella forma del più minuscolo degli indizi. È evidente che quei memi sono diversi tra loro e sono nati ciascuno in circostanze diverse l'una dall'altra.

Se Gesù fosse vissuto come un uomo in carne e ossa, allora sarebbe logico aspettarsi da parte di tutti i memi, e non solo esclusivamente dal meme evangelico, l'inevitabile riflesso, almeno in minima parte, dell'esistenza storica di un predicatore itinerante nella Giudea del I secolo.

 Eppure, questo presunto riflesso si troverebbe evidenziato in chiara luce, a detta dei folli apologeti cristiani, solo in fittizie biografie leggendarie chiamate vangeli, per di più indebitate tra loro (oltre che a piene mani con la letteratura sacra precedente) così strettamente da rendere virtualmente impossibile sul nascere la stessa ricerca di un ipotetico Gesù storico.

L'imminenza di un destino incombente — l'arrivo nientemeno del “Regno di Dio”! — avrebbe trasformato in un vero e proprio imperativo il ricordo dell'esistenza storica di Gesù e delle sue dottrine già tra i primi apostoli e Paolo, così da galvanizzare ancor di più, coinvolgendola nell'entusiasmo per la prima venuta del Figlio di Dio sulla Terra, gente già in ardente attesa della sua seconda venuta. E avrebbe trasformato in un vero e proprio imperativo per i nuovi convertiti porre un sacco di domande circa le vere parole del Gesù storico, dal momento che la posta in gioco era talmente alta, a pochi anni, forse mesi, forse addirittura giorni (!) dalla Fine di questo eone: la stessa sopravvivenza nel futuro mondo a venire. Così delirante ed impellente era l'attesa, che non si sarebbe mai pensato di avere tanto tempo a disposizione per redigere un coerente vangelo scritto sulla vita del Gesù storico, e tuttavia, già al tempo in cui irruppe Paolo sulla scena — al più vent'anni dopo la nascita del culto —, quel meme di un ipotetico Gesù terreno sarebbe stato assolutamente necessario metterlo per iscritto almeno nelle sue lettere, se davvero vi fosse stato un materiale orale da ricordare circa l'esistenza recente di Gesù sulla Terra: infatti la prima generazione di apostoli stava già morendo, si lamenta Paolo in 1 Corinzi 15, rendendo sempre più necessaria una preservazione su carta del meme reale di un ipotetico Gesù storico, ancor più così sotto la stringente e pressante necessità di facilitare con ogni mezzo la conversione del maggior numero di persone prima della Fine...
...a meno che...
...a meno che i fatti relativi a Gesù non fossero il mero contenuto di una dottrina esoterica non-scritta da tener segreta sotto giuramento, una situazione che sarebbe del tutto comprensibile se Gesù non fosse mai esistito sulla Terra nel recente passato (ma fosse conosciuto solo tramite spirituali rivelazioni interiori), mentre non farebbe alcun senso se quei fatti fossero già di dominio pubblico anche per i non credenti (per cui non sarebbe valsa neppure la pena di nasconderli) e, ancor peggio, se fossero così imbarazzanti da dover giustificare fin da subito la stesura scritta di una versione il più possibile “ufficiale” e “accurata” di come quei fatti si sarebbero svolti secondo il credo dei primi cristiani, a scanzo di equivoci e di possibili malelingue intorno all'ipotetica figura del Gesù storico.

Alla fine, ciò che scrisse Paolo nelle sue lettere è decisamente più banale di quel che sarebbe stato piuttosto assai più cruciale ricordare da parte sua — ossia gli insegnamenti dello stesso Gesù storico — se davvero la Fine era percepita come imminente e se davvero Paolo doveva convincere tutti che lo fosse.
    
La spiegazione più semplice di questo stato di cose altrimenti davvero enigmatico e incomprensibile è che “l'uomo Gesù” non è esistito fino a quando non fu creato dal Più Antico Vangelo (sia esso Marco oppure Mcn).

Questa spiegazione è così semplice che riesce a giustificare anche l'ostinata insistenza, altrimenti davvero irrazionale, da parte dei folli apologeti cristiani odierni, nel fare rigidamente quadrato attorno al fabbricato meme del Gesù storico, perchè egli trionfi ancora e ancora, sopravviva ancora e ancora, a maggior gloria di una fede cristiana oramai in lento ma inesorabile declino.

1 commento:

Klaus Schilling ha detto...

Non accetto né Klinghardt né (tanto meno) Goodacre ma soltant5o il diagramma di Jean Magne trova qua:
http://earlywritings.com/forum/viewtopic.php?t=5619

Purtroppo è basato su quello del folle apologete Philippe Rolland (simile a quello di un certo Delbert Burkett), ma funziona benissimo pure senza un Gesù storico, discepoli/apostoli storici, e San Paolo storico.