mercoledì 21 settembre 2016

Sul fallito apocalitticismo di Paolo come causa prima della fabbricazione di un avatar terrestre per Gesù

VESCOVO: Significa ispettore. È un prete che pur privo di moglie ha, come alcuni insetti, la capacità di riprodursi e moltiplicare la propria specie. Vedi Ordine.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

 Se mi sono dilungato sui culti del cargo del Pacifico occidentale, è solo perché ci offrono un modello contemporaneo di come le religioni nascano pressoché dal nulla. In particolare, essi ci suggeriscono sull'origine delle religioni quattro lezioni che esporrò in breve. In primo luogo ci mostrano con quale incredibile velocità possa svilupparsi un culto. In secondo luogo ci fanno vedere quanto in fretta se ne dimentichino le origini. John Frum, se è esistito davvero, avrebbe dovuto essere ricordato da qualcuno, invece nemmeno di un personaggio così recente si riesce a sapere se è vissuto davvero. In terzo luogo ci insegnano come culti analoghi emergono in maniera indipendente su isole diverse. Lo studio sisematico delle somiglianze può dirci qualcosa in merito alla psicologia umana e alla sua tendenza ad abbracciare una religione. In quarto luogo, ci dimostrano che i culti somigliano non solo gli uni agli altri, ma anche a culti più lontani nel tempo. Con tutta probabilità, il cristianesimo e altre antiche religioni che si sono diffuse nel mondo furono all'inizio culti locali come quello di John Frum.
(Richard Dawkins, L'illusione di Dio. Le ragioni per non credere, pag. 207)


Il folle apologeta cristiano Ed Parish Sanders osservò una volta su Paolo:
Non esistono due elementi del pensiero di Paolo più certi, o espressi con maggiore regolarità, della sua convinzione che la piena salvezza dei credenti e la distruzione dei non credenti fosse collocabile nel futuro prossimo, e della relativa convinzione che i cristiani possedessero lo Spirito come garanzia presente della salvezza futura.
(Paul, the Law, and the Jewish People, London, SC Press, 1983, pag. 5)

Pertanto, benché Paolo non sia stato il fondatore del cristianesimo (l'angelo Gesù si rivelò per prima a Pietro), chiaramente non era questa la sua intenzione. Se avesse saputo che, a duemila anni di distanza, sarebbe esistita una Chiesa globale basata sulle sue idee, e per giunta ruotante attorno all'idolo taroccato soprannominato “Gesù storico”, ne sarebbe rimasto inorridito, disilluso e completamente annientato, perchè una cosa del genere avrebbe distrutto i fondamenti del suo credo. Quel che l'animava e lo motivava era la convinzione che non ci sarebbe stato alcun futuro.
Ma questo dichiaro, fratelli: che il tempo è ormai abbreviato. D'ora in poi, anche quelli che hanno moglie, siano come se non l'avessero. Quelli che piangono, come se non piangessero. Quelli che si rallegrano, come se non si rallegrassero. Quelli che comprano, come se non possedessero. Quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perchè la figura di questo mondo passa.
(1 Corinzi 7:29-31)
Ora, fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesú è morto ed è risuscitato, crediamo pure che Dio condurrà con lui, per mezzo di Gesú, quelli che si sono addormentati. Ora vi diciamo questo per parola del Signore: noi viventi, che saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi viventi, che saremo rimasti saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell'aria; cosí saremo sempre col Signore.
Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.

(1 Tessalonicesi 4:13-18)
Perciò abbiamo il secondo grande paradosso (dopo l'inesistenza storica di Gesù soprannominato Cristo): la stessa esistenza delle odierne chiese cristiane inficia la base su cui è stata fondata la religione cristiana.

Il problema non poteva lasciare indifferente coloro ai quali Paolo aveva promesso la fine imminente di questo mondo. A cominciare dal paolino “Marco”, che scrisse il primo vangelo a stretto ridosso della morte dell'apostolo e che perciò era animato da un fervore altrettanto apocalittico, se non in misura addirittura maggiore. Non è che “Marco” avesse rinunciato a sperare nell'imminenza della fine: al contrario, ci credeva davvero. Soltanto, doveva giustificare perchè proprio l'apostolo che comunicò con l'angelo Gesù più di tutti gli altri non era vissuto abbastanza a lungo da poter vedere, assieme a lui, la distruzione di questo mondo. “Marco” sentiva insomma in primo luogo l'esigenza di un'apologia di Paolo l'apostolo, non dell'angelo Gesù visto da Paolo, specie quando i seguaci dei Pilastri, abbandonando Gerusalemme, stavano infiltrando una seconda volta le comunità paoline sparse nella Diaspora, acuendo lo scontro sulla Torah. L'angelo Messia sicuramente doveva arrivare nel più breve tempo possibile, ma intanto l'apostolo Paolo era morto: come fare?


 Gabriele Boccaccini ha pubblicato un suo articolo a partire da pagina 153 del libro Enoch and the Synoptic Gospels: Reminiscences, Allusions, Intertextuality (Early Judaism and Its Literature), SBL Press, 2016, intitolato Forgiveness of Sins: An Enochic Problem, a Synoptic Answer, che ha l'indiscusso merito di gettare una luce altrimenti mancante sul vero significato dell'espressione “Figlio dell'Uomo” nel primo vangelo (e per estensione in tutti i successivi derivati dal primo). Tanto per cominciare, metto in discussione tutto ciò che io stesso ho detto o scritto in merito al suo significato perchè riconosco umilmente di aver preso un grosso abbaglio: “Figlio dell'Uomo” probabilmente non significa affatto in Marco un mero figlio d'uomo, come volle intenderlo quell'idiota di Maurice Casey (la cui ricerca sull'origine aramaica del termine a questo punto posso sconfessare completamente come del tutto infruttuosa).

Al contrario, nel Libro delle Parabole di Enoch, il “Figlio dell'Uomo” porta inequivocalmente i caratteri del crudele Messia-Terminator che scatenerà una guerra termonucleare avente come unico scopo l'annientamento più totale di questa Terra:
E chiesi ad uno degli angeli che andava con me e che mi mostrava tutte le cose nascoste, a proposito di quel Figlio dell'Uomo:  Chi è, da dove viene e perchè va col “Capo dei Giorni”? E mi rispose e mi disse: Costui è il Figlio dell'Uomo, per il quale fu fatta la giustizia e col quale è stata fatta la giustizia; Egli manifesterà tutti i luoghi di deposito dei misteri poichè il Signore degli spiriti lo ha prescelto e la cui sorte ha vinto tutti, al cospetto del Signore degli spiriti, in giustizia, in eterno. E questo Figlio dell'Uomo, che tu hai visto, toglierà i re e i potenti dalle loro sedi ed i forti dai loro troni, scioglierà i freni dei forti e spezzerà i denti dei peccatori. Ed Egli rovescerà i re dai loro troni e dai loro regni poiché non lo esaltano, non lo lodano e non gli si umiliano. Da dove è stato dato loro il regno? Ed egli piegherà la faccia dei potenti, li riempirà la vergogna e la tenebra sarà la loro sede e i vermi il loro letto e non avranno speranza di sollevarsi dal loro letto perché non esaltano il nome del Signore degli spiriti.
Ed essi sono quelli che giudicano le stelle del cielo e alzano le loro mani contro l'Eccelso e camminano sulla terra e vi abitano e dei quali ogni atto è iniquità e mostrano i loro atti essere iniquità; la forza è nelle loro ricchezze e la fede è negli dèi che essi hanno fatto con le loro mani e sono quelli che hanno rinnegato il nome del Signore degli spiriti. Ed essi saranno scacciati dalle case che sono luogo di raccolta di Lui e dei fedeli che sono sospesi al nome del Signore degli spiriti.

(Libro delle Parabole di Enoch 46:2-8)
Sono sufficienti quelle parole per dispensare senza indugio da ogni folle apologeta cristiano che propone una versione umana, fin troppo umana, dell'espressione “Figlio dell'Uomo” (quasi a tradire il malcelato apologetico desiderio di voler riscattare così la storicità di Gesù). Si tratta chiaramente della figura piuttosto sinistra di un Distruttore escatologico pre-esistente per nulla compassionevole, ma crudelmente vendicativo, al limite della follia e dell'orrore puro.

E tuttavia, spiega il prof Boccaccini, pur in un libro dove non raffiora alcun compromesso tra l'inesorabile giustizia divina che si abbatterà sulla Terra e i peccatori che la infestano:
E la sapienza del Signore degli spiriti lo rivelò ai santi ed ai giusti, perché aveva protetto la parte dei giusti, e costoro avevano odiato e disprezzato questo mondo di iniquità e ne avevano odiato tutte le azioni ed i comportamenti, nel nome del Signore degli spiriti, e si salvavano nel nome di Lui ed Egli era stato il vendicatore della loro vita.
In quei giorni i re ed i potenti che posseggono la terra, a causa delle azioni delle loro mani, abbasseranno la testa, perché non si salveranno nel giorno dell'angustia e della loro difficoltà. Ed io li porrò nelle mani dei miei eletti, ed essi al cospetto dei giusti, bruceranno come erba al fuoco e, come stagno nell'acqua, affogheranno al cospetto dei Santi, e non si troverà più la loro traccia. E nel giorno della loro afflizione, vi sarà quiete sulla terra ed essi cadranno innanzi a Lui e non si solleveranno e non vi sarà chi li prenda per mano e li faccia alzare perché hanno rinnegato il Signore degli spiriti e il Suo Messia; e sia benedetto il nome del Signore degli spiriti.

(Primo Libro delle Parabole di Enoch 48:7-10)
...si insinua lentamente l'idea che un compromesso è in realtà possibile, complice la stessa pietà divina:
E in quei giorni vi sarà, per i santi e gli eletti, un cambiamento; la luce dei giorni sarà su di loro e la gloria e l'onore si volgeranno verso i Santi.
Nel giorno dell'afflizione, il male si ammasserà sui peccatori ed i giusti vinceranno nel nome del Signore degli spiriti ed Egli mostrerà ciò agli altri, affinché si pentano e abbandonino l'opera delle loro mani. E non vi sarà, per essi, onore al cospetto del Signore degli spiriti ma essi si salveranno nel Suo nome ed il Signore degli spiriti li perdonerà perchè la sua misericordia è molta, poichè è giusto nei Suoi giudizi e al cospetto della Sua gloria l'iniquità non potrà resistere ai Suoi giudizi; colui che non si pente innanzi a Lui è perduto. E dice il Signore degli spiriti: d'ora in poi dato che non si sono pentiti non li perdonerò.

(Primo Libro delle Parabole di Enoch 50:1-5)
Tuttavia, anche se rimane appena adombrata la speranza di un premio ultraterreno per i peccatori che si convertono a Dio in extremis, un istante prima della distruzione finale, non sarà certo il Messia a perdonare quei peccatori:
Il Libro delle Parabole non attribuisce il perdono al Messia, che rimane il giudice e distruttore del male. Tuttavia il testo segnala una svolta radicale in una tradizione che non aveva mai prestato attenzione al problema del pentimento o del perdono del peccato, se non per escludere una possibilità del genere. Il pentimento è ora un tema centrale nel Libro delle Parabole; è così importante che diventa chiaro perchè uno dei quattro arcangeli  (oltre a Michele, Raffaele e Gabriele) fu detto di esser adibito specificamente a questo compito: “Fanuele, che presiede al pentimento ed è per la speranza di quelli che ereditano la vita eterna” (1 Enoch 40:9).
(Forgiveness of Sins: An Enochic Problem, a Synoptic Answer, pag. 161-162, mia libera traduzione)
Eppure per il vangelo di Marco sarà proprio Gesù (dopo Giovanni il Battista) a compiere ciò che il Libro delle Parabole di Enoch prevedeva che dovesse fare l'arcangelo Fanuele, ovvero “presiedere al pentimento ed essere per la speranza di quelli che ereditano la vita eterna”.

Per Boccaccini non ci sono dubbi:
Il testo non elabora ulteriormente su quei punti, ma se leggiamo i sinottici circa la predicazione di Giovanni il Battista e Gesù, è come leggere un midrash di 1 Enoch 50.
(Forgiveness of Sins: An Enochic Problem, a Synoptic Answer, pag. 162, mia libera traduzione e mia enfasi)
Così Boccaccini spiega la totale assenza dell'espressione “Figlio dell'Uomo” nelle lettere di Paolo:
L'assenza del termine Figlio dell'Uomo in Paolo non dev'essere interpretata come un rifiuto del concetto del Figlio dell'Uomo. Al contrario, la cristologia di Paolo non devia radicalmente dal modello enochico. Al pari del sinottico “Figlio dell'Uomo”, il Figlio-kyrios paolino appartiene alla sfera celeste, ed è separato da e subordinato al Padre-theos. Dopo il completamento della sua missione di perdono tramite il suo sacrificio di sé, “il Figlio sarà anch'egli sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti” (1 Corinzi 15:28). Se Paolo non utilizza il termine “Figlio dell'Uomo” (perfino in contesti come 1 Tessalonicesi 4:16-17, dove l'allusione a Daniele 7 lo avrebbe reso ovvio), è a causa dell'eventuale interferenza del titolo col parallelismo da lui stabilito tra Adamo e il nuovo Adamo, suggerendo la subordinazione di Gesù Ben Adam al primo Adamo. Poichè è il figlio obbediente, Cristo è confrontato al figlio disobbediente, Adamo, col quale condivide la natura e la dignità di altro “figlio di Dio”. Entrambi furono creati ad immagine e somiglianza di Dio, assumendo su di sé la “forma” di Dio; Adamo e Gesù, comunque, sono separati da un fato diverso, cioè, un fato di colpa e trasgressione nel caso di Adamo, e l'altro di obbedienza e gloria nel caso del nuovo Adamo. La kenosis di Adamo è punizione causata dalla sua disobbedienza, mentre in Gesù la kenosis è una scelta volontaria per la realizzazione della sua missione di perdono ed è seguita dalla sua elevazione e glorificazione (Filippesi 2:5-11). La venerazione di Gesù, spesso fraintesa come prova dello status divino di Gesù, è la venerazione dovuta al Figlio dell'Uomo al tempo in cui il suo nome è manifestato.
(pag. 14-15 di questo pdf online di Boccaccini, mia libera traduzione)

È chiaro che Boccaccini è così entusiasta della sua (quanto mai azzeccata, lo ammetto) realizzazione dei vangeli “come midrash di 1 Enoch 50” che non accetta di buon grado la a dir poco sfacciata recalcitranza di un Paolo a chiamare l'angelo Gesù “Figlio dell'Uomo”. Com'è tipico di ogni folle apologeta cristiano, anche Boccaccini non è da meno e ricorre in questo caso alla tipica, goffa tecnica di armonizzazione apologetica che prevede di estrarre fuori l'espediente retorico della mitologica “tradizione orale” et voilà.. . ...ecco sbucare dal nulla per magico incanto fantomatici seguaci di un altrettanto fantomatico Gesù storico a definirlo, prima di Paolo e nonostante Paolo, “Figlio dell'Uomo”. La trovo una “logica” decisamente vergognosa e inaccettabile, l'ennesimo “pallonetto” colle classiche lenti colorate di vangelo col quale si pretende di scavalcare l'apostolo...

Secondo me, Boccaccini ha intuito solo parte del motivo per il quale Paolo si rifiutò di chiamare il suo angelo col titolo escatologico di “Figlio dell'Uomo”. Secondo me, Paolo omise del tutto deliberatamente quel titolo per Gesù non solo perchè detestava la subordinazione di Gesù ad Adamo (subordinazione implicita nel titolo stesso: “Figlio di Adamo”) ma anche perchè l'Adamo peccatore era, agli occhi di Paolo, esattamente il prototipo di un “Gesù diverso” :
Infatti, se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, voi lo sopportate volentieri.
 (2 Corinzi 11:4)
...e per estensione di un “vangelo diverso”:
Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema.
(Galati 1:8)
Cosa significa essere un “Gesù diverso” per Paolo l'apostolo ?
 

A spiegarcelo è il paolino “Marco” il quale offre un sottile indizio anticipatore rivelatore dell'immagine per antonomasia di un “Gesù diverso”:
E diceva: “Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Però, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi”.
(Marco 14:36)
Solo un idiota penserebbe che un Gesù storico facesse davvero una preghiera del genere, così come solo un idiota crederebbe che la presenza di “Abbà” (aramaico per “Padre”) sia casuale e non invece deliberata su un piano squisitamente allegorico. Perchè è chiaro a cosa si riferisce quell'“Abbà” una volta che emergono alla luce i seguenti paralleli troppo impossibili per essere meramente frutti del caso:

IL PRIMO INDIZIO  
IL SECONDO INDIZIO
L’ALLEGORIA
IL SIGNIFICATO
E diceva: “Abbà,  
allontana da me questo calice!
Pilato, volendo soddisfare la folla, liberò loro Barabba (Marco 15:15)
Infatti, se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, voi lo sopportate volentieri.
 (2 Corinzi 11:4)
Padre! Ogni cosa ti è possibile;   
Però, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi”.

E consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, perché fosse crocifisso (Marco 15:15)
I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per i Pagani follia.
(1 Corinzi 1:23)

“Gesù Barabba”, “Gesù figlio di Abbà”, è il candidato ideale al ruolo di un “Gesù diverso” da quello predicato da Paolo, dal momento che Barabba è un falso cristo non-crocifisso, mentre Gesù “soprannominato Cristo” è il vero “Cristo crocifisso, l'unico e solo predicato da Paolo l'apostolo:
I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per i Pagani follia.
(1 Corinzi 1:23)
E si capisce allora perchè un Gesù non-crocifisso è la totale antitesi, la nichilistica negazione in marcia del “Cristo crocifisso” predicato e adorato da Paolo: un Gesù che non si fa crocifiggere dai malefici “arconti di questo eone” è per definizione un Gesù ancora schiavo della Legge, ancora figlio della schiava, che nell'allegoria è “Agar”:
Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l'adozione.
(Galati 4:4-5)

Queste cose hanno un senso allegorico: poichè queste donne sono due patti: uno, del monte Sinai, genera per la schiavitù, ed è Agar.
(Galati 4:24)
Solo la crocifissione di Gesù ha il potere di rimuovere la maledizione della Legge dai “fratelli del Signore”, ovvero tutti i cristiani adottati da Dio col battesimo e quindi divenuti figli della “donna libera”, allegoria per Paolo della “Gerusalemme celeste”, la famiglia cosmica del Signore Gesù.

Ma perchè tutto questo discorso intorno a “Gesù Barabba” ha a che fare col rifiuto del titolo “Figlio di Adamo” per Gesù da parte di Paolo?

Semplice. Perchè “Gesù Barabba” altri non è che Adamo preso in prestito!

Il clone “Gesù Barabba” in Marco 15:7:
L’originale “Gesù Barabba” ovvero “il primo Adamo”:
Vi era allora un tale chiamato Barabba…
Adamo era Figlio del Padre.
…in prigione,
Adamo fu espulso dall’Eden, perciò in stato di cattività.
insieme ad altri compagni ribelli,
Adamo ed Eva erano complici nella loro ribellione a Dio, istigati dal Serpente.
i quali avevano commesso un omicidio durante una sommossa.
Come risultato del loro peccato, Adamo ed Eva hanno sottomesso l’intera umanità al dominio della morte, apparentemente per tutta l’umanità.

Forse che il paolino “Marco” sta dicendo cripticamente ai soli insiders (coloro che hanno occhi per vedere e orecchie per udire) che il Gesù spirituale, il Gesù celeste di Paolo non è il vero Figlio di Adamo, per la semplice ragione che Adamo è peccatore contro la legge di Dio quanto lo è “Barabba” e deve il suo riscatto unicamente al “secondo Adamo”, cioè a Gesù Cristo? Eppure “Marco” fa posare Gesù nel suo vangelo come “Figlio di Adamo, “Figlio dell'Uomo”. Perchè lo ha fatto?

La ragione è da ricercare nello stesso fallito apocalitticismo di Paolo, come testimoniato storicamente dallo stesso “Marco”.

  La crocifissione di Gesù in incognito nella sfera sublunare eliminò la maledizione della Legge, ma il Cristo celeste doveva comunque completare per intero la sua missione nel breve periodo: annientare i malefici “arconti di questo eone” distruggendo senza pietà il loro mondo. Che comprendeva anche questo mondo.

L'agognata fine di questo mondo sembrava non arrivare, e allora il paolino “Marco” vide in questo prolungato ritardo l'assunzione, da parte del Cristo vendicatore, del ruolo della pietà divina da offrire in extremis a chi ancora si sarebbe potuto pentire.

Se la Fine sembra inaspettatamente non arrivare, non sarà perchè Dio vuole risparmiare i peccatori ancora per poco alla distruzione comunque imminente, sperando, nella sua infinità pietà, in una loro conversione in extremis e perciò nella loro guadagnata salvezza appena prima della Fine?
Se un peccatore si pente sinceramente, non dovrebbe la Pietà di Dio prevalere sulla Sua Giustizia?
(pag. 12 di questo pdf online di Boccaccini, mia libera traduzione)

La stessa distruzione del Tempio significava che era finito il tempo del perdono dei peccati sulla Terra nello stesso istante in cui, dal tempo in cui lo collocava “Marco” (guardacaso proprio “sotto Pilato”), ora sulla Terra era Gesù stesso, il Figlio dell'Uomo, venuto a perdonare i peccati per la fatidica, ultima volta prima del Giudizio finale.

Quindi Giovanni il Battista fu cooptato deliberatamente nell'incipit del primo vangelo per indicare la ragione della venuta di Gesù sulla Terra: egli era il Figlio dell'Uomo, il giudice escatologico profetizzato da Giovanni (al di là se nella fiction o nella realtà storica), giudice che invece di giudicare viene paradossalmente per perdonare, per dare un'ultima occasione di ravvedimento. Con sorpresa dello stesso Giovanni, il cui messaggio era:
“Sii battezzato con acqua; altrimenti, sarai battezzato col fuoco di giudizio da parte del Figlio dell'Uomo” - questo sembra essere in essenza il messaggio originale di Giovanni il Battista, come capito dai Sinottici.
(Forgiveness of Sins: An Enochic Problem, a Synoptic Answer, pag. 163, mia traduzione)
Il ritardo della prima venuta del Cristo celeste su questa Terra (giacchè la prima volta l'angelo Gesù discese solo nella regione sublunare per farsi ammazzare dagli “arconti di questo eone” a loro insaputa) fu inaspettato per il paolino “Marco”, e l'unica giustificazione che potè offrire di quel ritardo, perfino se ancora nutriva la sincera speranza nell'imminente venuta del “Signore della gloria” con conseguente annichilimento totale di questo mondo corrotto, è magnificamente espressa senza saperlo proprio da Boccaccini:
Gesù offrì una più concreta prospettiva, dal momento che la promessa di perdono arriva dallo stesso Figlio dell'Uomo. Chi può aver più autorità di perdonare di colui che Dio ha costituito come il Giudice escatologico?
(Forgiveness of Sins: An Enochic Problem, a Synoptic Answer, pag. 165, mia traduzione e mia enfasi)

Da qui la (reale) sorpresa del paolino “Marco” per un Cristo vendicatore che ritarda la sua opera di distruzione si traduce nella (fittizia) sorpresa di Giovanni il Battista per un Figlio dell'Uomo che si preoccupa di perdonare i peccati SULLA TERRA. Ovviamente quella sorpresa di Giovanni è resa più esplicita in Luca e Matteo facendo esclamare così il Battista in persona:
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?»
(Matteo 11:3)

 «Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?»
(Luca 7:19)
...ma ora si spiega perchè Marco pone l'apparente fallimento della missione di Giovanni, con la sua inutile, ignominiosa morte per causa della peccatrice Erodiade (Marco 6:14-29), tra l'invece utile andata e ritorno dei discepoli a fare ciò che già faceva e doveva fare il Figlio dell'Uomo:
E partiti, predicavano alla gente di ravvedersi; scacciavano molti demoni, ungevano d'olio molti infermi e li guarivano.
(Marco 6:12-13)

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
(Marco 6:30)
Lo stesso Boccaccini si avvicina senza saperlo alla mia soluzione del perchè Marco introdusse il paradosso di un “Figlio dell'Uomo che perdona” — come potrebbe esserlo una specie di “Terminator che non termina” — quando conclude:
La possibilità di pentimento annunciata dalle Parabole di Enoch e da Giovanni il Battista come uno dei segni della fine diventa il centro dell'attività del Messia Gesù, che venne come il Figlio dell'Uomo che ha autorità sulla terra di perdonare i peccati. Nel battezzare in suo nome la chiesa antica continua e prolunga il messaggio di perdono di Gesù come uno strumento della pietà di Dio, finchè Gesù ritornerà per eseguire il giudizio, e non altro tempo per il pentimento sarà allora concesso.
(Forgiveness of Sins: An Enochic Problem, a Synoptic Answer, pag. 154, mia libera traduzione e mia enfasi)

Ma se Boccaccini riconosce così evidentemente che la fondazione del battesimo nella chiesa antica risponde alla necessità (inaspettata) di un motivo teologico per PROLUNGARE il tempo prima della Fine (perchè la Fine può solo essere tragicamente punitiva per chi rimane impuro peccatore perciò procrastinarla non può che avere una funzione espiatoria), allora diventa altresì evidente perchè il paolino “Marco” decise di chiamare Gesù “Figlio dell'Uomo” quando nemmeno Paolo l'apostolo si preoccupò di fare altrettanto: l'unico motivo teologico disponibile a “Marco” per spiegare l'altrimenti inatteso e imbarazzante ritardo della distruzione della Terra consisteva nell'individuare in quello stesso ritardo “il messaggio di perdono di Gesù come uno strumento della pietà di Dio”.

Gesù fu evemerizzato sulla Terra — come Giudice che perdona — da “Marco
, perchè il Gesù angelo celeste come Giudice che condanna tardava ad arrivare. Al contrario di cosa pensano parecchi, Paolo non fu un fallito apocalitticista perchè un ipotetico Gesù storico lo era stato prima di lui, ma un Gesù “storico” apparente apocalitticista fallito fu inventato ex-novo dal paolino “Marco” per riscattare in funzione espiatoria l'apparente fallimento dell'apocalitticismo di Paolo. Una Fine violenta che non arriva non tradisce l'impotenza di Dio o la mendacia di Paolo, ma rivela la pietà di Dio nel concedere altro tempo prezioso per la conversione dai peccati. Perciò un Gesù che predice fieramente ai suoi carnefici nella fiction di “Marco”:
E vedrete il Figlio dell'Uomo, seduto alla destra della Potenza venire sulle nuvole del cielo
(Marco 14:62)

...è in realtà un Gesù Figlio dell'Uomo che manifesta sè stesso — ovvero, la sua “autorità di perdonare i peccati sulla Terra(Marco 2:10) — nel momento stesso in cui, sorprendentemente, non si manifesta ancora come Giudice escatologico sulla Terra. Perfino se un giorno lo farà veramente, promette l'autore del primo vangelo. La profezia apocalittica di Gesù sul Figlio dell'Uomo “seduto alla destra della Potenza” si realizza almeno parzialmente intanto nell'istante stesso in cui viene smentita:

1) la venuta del Figlio dell'Uomo “alla destra della Potenza” significa che il Giudice escatologico punirà violentemente i peccatori che stanno appena condannando Gesù alla morte per blasfemia,
2) ...ma proprio il Giudice escatologico e soltanto lui, “ha il potere di perdonare i peccati sulla terra” (Marco 2:10),
3) ...perciò, non manifestandosi, sta dando di fatto tempo e occasione ai suoi carnefici di redimersi, ma così facendo sta già rivelando la sua autorità SULLA TERRA: l'autorità di rimettere i peccati di ogni peccatore sinceramente pentito. 

Per chi ha occhi per vedere e orecchie per udire, l'apparente imbarazzo di una profezia fallita è superato nel significato intrinseco della sua negazione letterale: in entrambi i casi la profezia è di fatto realizzata.

1) se il Figlio dell'Uomo si manifesta davvero distruggendo questo mondo corrotto, allora la profezia è realizzata (semplice tautologia);
2) se il Figlio dell'Uomo non si manifesta, allora la profezia è realizzata comunque, perchè significa che il Figlio dell'Uomo si sta già manifestando colla sua assenza, interpretata come compassionevole invito alla conversione dai peccati.

E c'è chi quell'invito alla conversione lo recepisce e chi no.

Così si spiega il pianto a dirotto di Pietro (in Marco 14:72) che fa da perfetto contrasto all'arroganza dei farisei accusatori nel vedere un apparente falso profeta: Pietro, con quel pianto dirotto, non solo rivela di essere il terreno pietroso della Parabola del Seminatore dove il seme germoglia in fretta per poi essiccare subito dopo, ma realizza la stessa profezia di Gesù sul Figlio dell'Uomo di 14:62 poichè rappresenta davvero quella classe di pentiti dell'ultima ora descritti così vividamente nel Libro delle Parabole: “E non vi sarà, per essi, onore al cospetto del Signore degli spiriti ma essi si salveranno nel Suo nome ed il Signore degli spiriti li perdonerà perchè la sua misericordia è molta...”.

I peccatori che non si pentiranno saranno gli altri Pilastri, Giacomo e Giovanni — ciascuno dei quali “figlio di Zebedeo” (per lo storico Flavio Giuseppe, poteva esserlo solamente un “ladro”) —, che finiranno sulla croce come promesso enigmaticamente loro da Gesù in Marco 10:39 (“voi certo berrete il calice che io bevo...”, lo stesso “calice” di sofferenze al quale scamperà “Gesù Barabba”) allegorizzati anche dagli stessi “scribi e farisei” (alle cui offese sotto la croce si aggiungono guardacaso quelle dei due “ladroni” Giacomo e Giovanni: “anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano”, Marco 15:32).

Ma tramite l'introduzione del non-condannato “Gesù Barabba” alias “il primo Adamo”, forse esiste la concreta possibilità che il paolino “Marco” vuole ricordare al lettore iniziato che in realtà il vero Gesù arcangelo celeste non è e non sarà mai lo stesso Gesù “Figlio di Adamodella fiction. Il secondo è solo un Avatar terrestre del primo. L'episodio di Barabba/“Adamo” si potrebbe considerare perciò la firma miticista di “Marco”, la segreta realizzazione per l'iniziato che l'autore del primo vangelo non volle venir meno al divieto paolino di seguire un “Gesù diverso” da quello celeste predicato da Paolo, perfino quando quel “Gesù diverso” lo stava creando proprio lui, “Marco”, completamente a tavolino.

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