lunedì 22 agosto 2016

Prego, il vero Gesù alzi la mano



David Fitzgerald, autore di Nailed: Ten Christian Myths That Show Jesus Never Existed at All, pubblicò qualche anno fa un fenomenale estratto del suo ora imminente libro Jesus: Mithyng in Action (sicuramente un libro che meriterà di figurare nella biblioteca di ogni ateo, oltre che di ogni vero miticista), la cui traduzione in italiano fatta da Domenico D'Amico è riproposta qui per il piacere dei lettori.



Prego, il vero Gesù alzi la mano

Il “Gesù della storia” è davvero più reale del “Gesù della fede”?

Il Cristianesimo è sulla breccia da molto, molto tempo. Ma ormai abbiamo superato da un pezzo il punto in cui sarebbe razionale mostrarsi agnostici riguardo il cosiddetto “Gesù della fede”. È ridicolo far finta che la mancanza di riscontri storici degli eventi spettacolari narrati dai Vangeli, tralasciando le contraddizioni presenti all'interno dello stesso Nuovo Testamento, non costituisca un problema esiziale per Gesù il divino Figlio di Dio.

Ad esempio:
■ Perché Filone di Alessandria tratta della situazione delle sette ebraiche del I Secolo in molti dei suoi scritti, e non dice una parola delle moltitudini che avrebbero seguito il fattore di miracoli, l'audace e radicale nuovo maestro Gesù attraverso Galilea e Giudea – o anche su tutti i santi ebrei da lungo tempo defunti che sarebbero emersi dalle loro tombe riaperte di fresco, vagando per le strade di Gerusalemme sotto gli occhi di molti?

■ Se Gesù venne realmente ritenuto colpevole di blasfemia da parte del Sinedrio, perché non venne semplicemente lapidato a morte, come prescriveva la legge ebraica (Mishnah Sanhedrin 6:4 h & i)? Perché l'originale narrazione del processo a Gesù è così pieno di dettagli antistorici e veri e propri errori che non avrebbero potuto mai presentarsi come ci viene raccontato? Com'è che ognuno dei successivi vangeli continua a caricare la storia originale di ulteriori dettagli tra loro mutualmente incompatibili?

■ Perché Seneca il Giovane registra ogni genere di insolito fenomeno naturale nel settimo libro delle sue Quaestiones Naturales, inclusi terremoti ed eclissi, ma non menziona la Stella di Betlemme, e un paio di terremoti in Giudea abbastanza potenti da spaccare rocce, o le ore di tenebra soprannaturale che coprì “tutta la terra” - un evento di cui avrebbe dovuto avere testimonianza diretta?

■ Perché i Vangeli non riescono ad accordarsi su tanti fatti fondamentali riguardo la vita e la predicazione di Gesù, ad esempio su quale fosse il suo rapporto con Giovanni il Battista – e perché il culto del Battista fu un rivale del Cristianesimo almeno fino all'inizio del II Secolo?

■ Chi furono i discepoli di Gesù, e perché nessun Vangelo concorda sui loro nomi? Perché nel Nuovo Testamento i discepoli spariscono così rapidamente dopo i Vangeli, solo per rispuntare secoli dopo, quando le chiese cominciano a diffondere leggende rivali su come essi fossero stati occupati per tutto quel tempo a fondare comunità cristiane? Se qualcuno di loro fu martire della fede, come insistono spesso i cristiani, perché nella Bibbia non c'è alcun dettaglio riguardante la loro morte?

■ Quando il polemista scettico Celso chiede al padre della chiesa Origene quali miracoli abbia fatto Gesù, perché Origene ribatte fiaccamente che la vita di Gesù fu effettivamente colma di eventi stupefacenti e miracolosi, “ma da quali altre fonti possiamo trarre una risposta se non dal racconto dei Vangeli?” (Contra Celsum, 2.33)


■ Perché i Vangeli non riescono a concordare su così tanti eventi fondamentali della vita e predicazione di Gesù? Ad esempio, se fosse nato sotto il regno di Erode il Grande o invece più di un decennio dopo, durante il governatorato di Quirino? O sulle motivazioni del suo arresto? O su quale giorno morì? O sul fatto che apparisse di nuovo vivo solo per un giorno, o per più di una settimana, o per quaranta giorni? O sul dove e quando apparisse, e di fronte a chi?

■ Perché ci sono così tanti anacronismi ed errori grossolani e fraintendimenti riguardo l'ebraismo della Giudea del I Secolo? Perché i Vangeli sono scritti in greco e non in aramaico? Perché i cristiani insistono nel definirli resoconti di testimoni oculari mentre nessuno [dei Vangeli] sostiene di esserlo, e neanche fu letto in tal modo, mentre invece contengono tutti dettagli che indicano che vennero scritti generazioni dopo?

■ Perché Paolo – e ogni altro scrittore cristiano della prima generazione del Cristianesimo – è così reticente sui dettagli della vita di Gesù? Perché [questi scrittori] mostrano tanta ignoranza riguardo i miracoli di Gesù e i suoi insegnamenti?

Malgrado i proclami neotestamentari riguardo un Cristianesimo che si diffonde come un incendio, attraendo nuovi seguaci a migliaia con ogni nuovo miracolo o sermone ispirato, come mai il Cristianesimo rimane un culto oscuro, che fatica ad affermarsi, formato da chiese in contrasto tra loro, ai margini della società romana per più di tre secoli?

Perché non esiste un singolo riferimento storico a Gesù nell'intero I Secolo, a parte un paio di frammenti, chiaramente interpolati, nelle opere di Giuseppe Flavio?


Potremmo porre simili domande spinose per tutto il giorno, senza esaurirle. È imbarazzante essere costretti a porre in luce uno qualunque degli ovvi elementi mitologici dei Vangeli, eppure gran parte dei 2,1 miliardi [di cristiani] sembra ignara di quanto essi siano ridicoli. Non dobbiamo nemmeno arrivare a stabilire se quei miracoli fossero possibili, o sottolineare come aneddoti, illusioni e frodi siano comuni, mentre i miracoli verificati sono pochi, se non nessuno – dobbiamo solo domandarci: se sono davvero accaduti, perché nessun altro se n'è accorto? I cristiani sono liberissimi di porre la loro fede nel messia che preferiscono, per quanto occorrerebbe qualcosa di più della fede cieca e di un udito selettivo per convincere il resto di noi che il loro Cristo sia qualcosa di più di un Gesù di loro creazione. Ma che dire del Gesù reale?

Gli apologeti amano ripetere e ripetere la vecchia bugia che “nessuno storico serio respinge la storicità di Cristo,” ma non riescono a capire (o evitano di proposito di farvi accenno) che il “Gesù storico” che la maggior parte degli storici in effetti accetta è, al massimo, nulla di più di un ennesimo predicatore itinerante del I Secolo, fondatore di un culto marginale che alla fine si trasformò nel Cristianesimo – in altre parole, un Gesù che confuta completamente il loro Gesù.

Dal punto di vista dell'attivista ateo medio, tutto questo sarebbe più che sufficiente a sistemare la questione. Ma le verità è che la questione non è poi così semplice. Che dire del “Gesù storico” alla base di tutte queste stratificazioni leggendarie? Siamo davvero in grado di sapere cosa il vero Gesù di Nazareth ha fatto e detto?

Più di un decennio fa, dopo aver letto la brillante e spiritosa Ken's Guide to the Bible di Ken Smith, divenni curioso di conoscere le risposte a domande come queste. Per farla (molto, molto) breve: cominciai a studiare le prove storiche riguardanti Gesù, e seguendo il filo, e tirandolo, ho finito per disfare l'intero maglione. Il risultato è il mio libro Nailed: Ten Christian Myths That Show Jesus Never Existed at All. E lo intendo alla lettera; sono convinto che non ci possa essere stato nemmeno un individuo anonimo dietro il Gesù di Nazareth che conosciamo. Dico sul serio.


La parola che comincia con S

C'è per caso un Gesù degli atei? Sembrerebbe di sì, a giudicare dalla veemenza con cui alcuni dei miei compagni eretici lo difendono. Mi sono ormai abituato da tempo alle loro solite accuse: non ha importanza; tutto questo è roba vecchia, roba da tempo confutata da tutti gli studiosi di rilievo. I critici caritatevoli si limitano a definirla un'opinione minoritaria; quelli meno gentili la chiamano senza remore assurdo revisionismo storico, pseudo-cultura marginale, storia spazzatura, demenzialità, l'equivalente ateo del creazionismo, eccetera. Robert Price, come suo solito, ha replicato a tutti costoro nel modo migliore quando ha domandato: la teoria del Mito di Gesù è stata confutata? E quando è successo? La verità è che le argomentazioni del campo mitista non sono mai state respinte – sono state ignorate, dichiarate fuori luogo, o semplicemente irrilevanti; in breve, si è fatto finta di niente [1].

Infatti, ed è piuttosto ironico, il paragone tra la teoria del Mito di Gesù e il creazionismo va intesa in modo totalmente inverso. Considerate questo: la teoria dell'Evoluzione ho cominciato ad acquistare terreno quando l'istruzione superiore era completamente assoggettata alla cultura cristiana. Contrariamente a quel che in genere si crede, questo processo non iniziò con Darwin. La sua arma decisiva fu l'evento di estinzione di massa, ma le crepe nella storia ufficiale del creazionismo si stavano accumulando da molto prima di lui. Le scoperte in campo biologico, zoologico, geologico e in altri settori scientifici esercitavano una pressione crescente sui venerandi, da lungo tempo dati per scontati, “fatti” biblici del Diluvio, del Giardino dell'Eden, del Firmamento et similia, finché la mole di prove raggiunse una tale massa critica che alla fine – per quanto potesse dispiacere al clero e al suo gregge – nessun accademico intellettualmente onesto avrebbe potuto ignorarle. Di lì iniziò il grande cambiamento di paradigma.

Non che stia paragonando il Mito di Gesù a un concetto rivoluzionario come la Selezione Naturale, ma, di nuovo, consideriamo per un momento i paralleli. Per lo più gli storici non sono storici della Bibbia; per cui quando la domanda sulla storicità di Gesù viene posta, è del tutto naturale che si rivolgano all'opinione maggioritaria degli studiosi della Bibbia. Ma da chi è costituita la maggioranza degli studiosi della Bibbia? Le discipline storiche bibliche sono sempre state un'impresa apologetica al servizio della religione cristiana; anche adesso esse costituiscono l'unico campo di ricerca quasi completamente dominato da credenti. Perciò, tanto per cominciare, quanti di loro credete siano disposti a considerare l'idea che il signore e salvatore, da cui dipendono per la loro personale salvezza, possa non essere mai esistito?

Per cui ovviamente si tratta di un'opinione minoritaria – e probabilmente lo rimarrà finché esisteranno gli studi biblici. Come ammoniva nel XIX Secolo il teologo Wilhelm Wrede, i fatti talvolta sono i critici più radicali. Ogni singolo progresso nella storia degli studi biblici è iniziato sotto forma di eresia. Infatti si è arrivati al punto che oggi gli studiosi laici sono i soli a fare veri progressi nel campo – la maggioranza è troppo occupata a mettere i carri in cerchio per proteggere le loro dottrine e i loro dogmi dal pericolo di nuove conoscenze.

Ma perfino tra gli studiosi della Bibbia laici è difficile trovarne qualcuno che non provenga da un retroterra religioso. Rabbi Jon D. Levensen, uno dei più importanti studiosi ebrei di oggi, nota come “sia raro che uno studioso in questo campo non abbia un passato che includa un'intensa pratica cristiana o ebraica.” (The Hebrew Bible: The Old Testament, and Historical Criticism: Jews and Christians in Biblical Studies, Westminster John Knox Press, 1993, p. 30) Di più, lo studioso di religioni Timothy Fitzgerald (nessuna parentela) sottolinea in The Ideology of Religious Studies (Oxford University Press, 2000, p. 6-7) che i presupposti ideologici sono una difficoltà in questo campo, non solo tra i fedeli praticanti, ma anche per coloro con un passato religioso: “perfino nel lavoro degli studiosi che hanno un approccio esplicitamente non teologico, malcelate presupposizioni teologiche distorcono persistentemente il tenore dell'analisi.”

Ma a parte il problema del pregiudizio ideologico, è da tempo che il vecchio paradigma degli studi su Gesù sta mostrando per conto proprio preoccupanti incrinature. Tra parentesi, nel suo devastante The End of Biblical Studies (Prometheus, 2007) Hector Avalos dimostra in modo convincente che simili incrinature dilagano nell'intero settore. Per prima cosa, è improprio anche il semplice riferimento a un “Gesù storico”, come se un oggetto del genere, chiaramente definito, esistesse.


Chi dice la gente che io sia?

Albert Schweitzer, nel suo From Reimarus to Wrede: A History of Research on the Life of Jesus (1906), già si era reso conto che ogni studioso che proclamava di aver scoperto il “vero” Gesù sembrava invece aver trovato uno specchio; gli studiosi trattavano Gesù come un rappresentante di qualsiasi valore loro ritenessero importante. Più di un secolo dopo la situazione non è migliorata – piuttosto il contrario. Dire che non ci sia consenso su chi fosse Gesù è un eufemismo. Un rapido esame (Price offre degli esempi eccellenti nel suo Decostructing Jesus, Prometheus, 2000, pp. 12-17) mostra che i Gesù che abbiamo a disposizione sono parecchi:


Filosofo cinico – I molti prestiti dalla filosofia greca presenti negli insegnamenti di Gesù acquisterebbero un senso se egli fosse stato effettivamente un filosofo cinico o stoico itinerante, o un suo equivalente galileo. Burton L. Mack, John Dominic Crossan, Gerald Downing e altri hanno sostenuto con forza questa tesi, citando una gran quantità di sentenze ciniche e le loro corrispondenze evangeliche.

Fariseo liberale – Qualcosa di simile al suo predecessore, il celebre Rabbi Hillel. In Jesus the Pharisee: A New Look at the Jewishness of Jesus, lo storico Harvey Falk argomenta che praticamente tutti i giudizi di Gesù riguardanti l'Halakha, la legge ebraica, trovano paralleli nel pensiero farisaico del tempo, così come nel tardo pensiero rabbinico.

Hasid carismatico – In modo simile Geza Vermes, esperto rinomato dei Rotoli del Mar Morto e dell'ebraismo di era neotestamentaria e autore di Jesus the Jew: a Historian’s View, vede Gesù come uno di quei solitari sant'uomini galilei popolari al tempo, figure non ortodosse come Hanina Ben-Dosa o Honi il Tracciatore di Cerchi. Proprio come Gesù, avevano poco rispetto per le sottigliezze della legge ebraica, la qual cosa ovviamente faceva inalberare la classe dirigente religiosa.

Rabbi conservatore – D'altro canto, Gesù sosteneva incondizionatamente la Torah, insistendo che “non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge” (Matteo 5:17-19). Egli indossa uno scialle da preghiera con le frange tzitzit (Matteo 9:20-22), osserva lo Shabbat e pratica il culto sia nelle sinagoghe sia nel Tempio.

Iconoclasta antinomiano – Ma dall'altro canto, Gesù cambia atteggiamento e smonta la Torah pezzo per pezzo (Marco 7:18-20, Matteo 5:21-22, 27-28, 31-32, 33-37, 38-42, 43-44, ecc.) e critica il Tempio (Matteo 12:6, 23:16, 13:1-2, Luca 21:5-6).

Mago/Esorcista/Guaritore –
Morton Smith, scopritore (o più probabilmente contraffattore – ma questa è un'altra storia) del Vangelo Segreto di Marco avanza l'ipotesi che Gesù il Cristo fosse in effetti Gesù il Mago del libro omonimo. Come gli operatori di miracoli pagani, Gesù scacciava i demoni e guariva i ciechi, i sordi e i muti con l'uso di fango e saliva, utilizzando le medesime formule, tecniche e incantesimi così come vengono tramandati da molti manuali grechi di magia del tempo (Marco 5:41; 7:33-34).

Violento rivoluzionario Zelota – Ma forse Gesù era davvero un messia politico, che incitava alla rivolta contro i Romani; come Theudas alias “L'Egiziano,” l'innominata figura messianica descritta da Giuseppe Flavio o i due “ladroni” crocifissi con lui (dato che i fuorilegge sovversivi erano comunemente definiti “ladroni”). Per quale altra ragione i Romani avrebbero dovuto crocifiggerlo, se in caso di blasfemia il Sinedrio ebraico avrebbe dovuto lapidarlo a morte? Esiste una prova a cui riferirsi: il Vangelo di Luca cita un discepolo chiamato Simone “lo Zelota”, e sembra suggerire che Gesù avesse altri Zeloti al suo seguito: durante l'Ultima Cena, Gesù dice ai suoi seguaci di prendere le loro bisacce e procurarsi una spada (22:36); essi gli dicono di avere già a disposizione due spade (22:38); quando l'arresto di Gesù sta per essere effettuato, chiedono se debbano attaccare [con la spada] (22:49). In Marco 14:47 uno dei discepoli in effetti passa all'azione, tagliando l'orecchio a uno degli uomini del Sommo Sacerdote (la storia si arricchisce di dettagli negli altri Vangeli: Matteo 26:51-52, Luca 22:50-51, Giovanni 18:10). Molti brillanti studiosi, incluso Robert Eisler, S. G. F. Brandon, Hugh J. Schonfiled, Hyan Maccoby e Robert Eisenmann, hanno pensato che sia questa la strada per trovare il vero Gesù, ed esistono molte variazioni accademiche che puntano sulla teoria del Gesù come Che.

Resistente pacifista non violento –
Epperò Gesù non per niente viene chiamato il Principe della Pace; non c'è traccia di tale agitazione politica quando insegna ai suoi seguaci “se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra “ (Matteo 5:39), oppure, se costretti da un soldato Romano a portargli l'equipaggiamento per un miglio, “tu fanne con lui due” (Matteo 5:41).

Profeta apocalittico – Questo è il Gesù che Albert Schwitzer e molti storici dopo di lui hanno pensato fosse il prodotto genuino: un intemerato, ardente predicatore del Giorno del Giudizio che annuncia la fine imminente e la prossima rapida venuta del Regno di Dio. Come Paolo (e molti altri apocalittici ebrei del I Secolo) questo Gesù non si aspetta che il mondo sopravviva al lasso della propria vita. Bart Ehrman costruisce una solida argomentazione a favore di questa figura in Jesus: Apocalyptic Prophet of the New Millennium.

Proto-comunista del I Secolo – Gesù è forse stato il primo marxista? Milan Machoveč e altri studiosi di sinistra hanno ritenuto di sì. Dovete ammettere che Gesù non ha nulla di positivo da dire sui porci capitalisti del suo tempo (Luca 6:24, 12:15), dichiarando ripetutamente che essi non possono servire allo stesso tempo dio e il denaro (Matteo 6:24, Luca 16:13), che dovrebbero vendere tutti i loro averi e distribuire il ricavato ai poveri (Matteo 19:21, Marco 10:21, Luca 18:22) e, più notoriamente, che è più facile per un cammello passare la cruna di un ago che per un ricco guadagnare il paradiso (Matteo19:24, Marco 10:25, Luca 18:25) – e non dimenticate la sua cacciata a colpi di sferza dei cambiavalute dal Tempio. Gli Atti [degli Apostoli] non solo descrivono i primi cristiani che condividono tutto in comune, ma declama perfino il credo marxista: “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni” (Atti 4:34-35).

Primo femminista – O è stato il primo maschio femminista? Studiose come Elizabeth Schüssler Fiorenza e Kathleen Corley richiamano l'attenzione sul suo insolito atteggiamento nei confronti delle donne, in parte apparentemente molto progressista, per il I Secolo. Sottolineano non solo che alcune delle figure più vicine a Gesù erano donne, ma che egli perdonò la donna accusata di adulterio, e mise in discussione le norme sociali riguardanti il ruolo della donna nella società (Giovanni 4:27, Luca 7:37, Matteo 21:31-32).

Edonista disinibito – O invece era un porco sciovinista? Farisei e scribi lo criticavano per essere “un mangione e un beone” che se la fa con gentaglia come esattori e puttane (Luca 5:30; 5:33-34; 7:34, 37-39,44-46).

Uomo di famiglia – Eppure Gesù è il paladino dei bei vecchi valori familiari, mostrandosi perfino più rigido di Mosè e inasprendo la legge dell'Antico Testamento: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco 10:11-12). Egli inoltre ricorda ai suoi seguaci di onorare il padre e la madre, ammonendo severamente: “Chi maledice il padre e la madre sia messo a morte” (Matteo 15:4).

Rovina-famiglie –
Ma se Gesù parla male della famiglia, va bene lo stesso: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo “ (Luca 14:26). Quando gli viene detto che la madre e i fratelli sono venuti a trovarlo, Gesù li ignora e chiede: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” (Matteo 12:47-48) “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera” (Matteo 10:34-35).

Salvatore del mondo –
Nonostante tutto ciò, Gesù ama tutti; ha perfino predicato ai Samaritani (Giovanni 4:39-41; Luca 17:11-18) e ai Gentili (Matteo 4:13-17, 24-25).

Salvatore di Israele (soltanto) –
Be', diciamo che ama tutti, tranne Samaritani e Gentili. Quando una donna Cananèa lo supplica di guarirle la figlia, lui la ignora; quando i discepoli gli chiedono di accontentarla, dapprima lui rifiuta, dicendo: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele” (Matteo 15:24). Quando Gesù invia nel mondo i suoi discepoli, gli ordina di non predicare la Buona Novella tra Gentili e Samaritani (Matteo 10:5-6).

Riformatore sociale radicale –
Altri studiosi come John Dominic Crossan e Richard Horsley vedono Gesù come un campione dei contadini ebrei che soffrono sotto il giogo dell'Impero Romano e dei suoi rapaci esattori; un Gesù in qualche modo in linea con Gandhi e la sua lotta contro l'Impero Britannico.


Per favore, il vero Gesù alzi la mano

Quanto sono plausibili queste ricostruzioni? Come osserva Price in Deconstructing Jesus (pag. 15), molte di esse sono piuttosto plausibili, offrono una buona interpretazione di molti brani evangelici, non violano metodi di ricerca consolidati, non sono assurdamente anacronistici, e sono il risultato di ricerche serie e approfondite. Nei loro limiti, hanno tutte dei punti di forza. Nessuna è particolarmente tirata per i capelli. Tutte tendono a focalizzarsi su specifiche costellazioni di elementi evangelici interpretati in modi specifici, e respingono altri elementi come non autentici – una cosa che gli storici critici fanno, indipendentemente dal soggetto di studio. Tutte si appellano a solide analogie storiche per la loro nuova prospettiva su Gesù. Ma, come fa notare Bart Ehrman, c'è un difetto fondamentale che mina molte di esse, se non tutte:
    “Il collegamento tra il messaggio di Gesù e la sua morte è cruciale, e gli studi storici sulla vita di Gesù possono essere valutati in base al modo in cui stabiliscono questo collegamento. Questa infatti è la debolezza comune di molti ritratti del Gesù storico: spesso sembrano completamente plausibili nella loro ricostruzione di ciò che Gesù ha detto e fatto, ma non riescono a dare un senso alla sua morte. Se, ad esempio, dobbiamo pensare a Gesù come un rabbi ebreo che insegnava semplicemente che tutti dovrebbero amare Dio e amarsi gli uni con gli altri, perché i Romani l'hanno crocifisso?”
    (Jesus: Apocalyptic Prophet of the New Millennium, p. 208)


Ehrman aggiunge che per quel che riguarda la maggior parte delle teorie, le connessioni avanzate tra la vita di Gesù e la sua morte sono alle volte incerte, alle volte poco persuasive. Ma, a voler essere onesti, il problema potrebbe andare oltre la semplice carenza ricostruttiva. Dopotutto, nemmeno le fonti originali di queste ricostruzioni, i Vangeli, riescono a descrivere un legame credibile tra la vita di Gesù e la sua morte – e sono in disaccordo su cosa in effetti lo condusse alla morte.

Tra parentesi, l'elenco più sopra non costituisce l'ultima parola sui Gesù revisionisti; ci sono ulteriori, ragionevolmente plausibili “Gesù Storici” da considerare prima di giungere alle teorie totalmente sbroccate che fermentano in fondo al barile. Ma è la molteplicità di possibilità convincenti che è il vero problema: le diverse ricostruzioni degli studiosi si escludono a vicenda. Ognuna di esse suona convincente, finché non si ascolta la successiva. Price lo chiarisce molto bene:
    “Di ciò che una ricostruzione di Gesù scarta, la seguente ne fa la chiave di volta. Il fatto è che Gesù assume troppi ruoli nei Vangeli – esorcista, guaritore, re, profeta, sapiente, rabbi, semidio, e via dicendo. Il Gesù Cristo del Nuovo Testamento è una figura composita... Il Gesù storico (se ce n'è stato uno) potrebbe benissimo essere stato un re messianico, o un Fariseo progressista, o uno sciamano Galileo, o un mago, o un sapiente ellenistico. Ma non può agevolmente essere stato tutto questo allo stesso tempo.
    (Deconstructing Jesus, pp. 15-16)

John Dominic Crossan, cofondatore del gruppo di studio Jesus Seminar, si è trovato di fronte il medesimo problema e si è onestamente lamentato che la pletora di ricostruzioni del Gesù storico si è trasformata in un vero circo. Nel suo The Historical Jesus: The Life of a Mediterranean Jewish Peasant, New York, HarperSanFrancisco, 1992) non ha peli sulla lingua:
    “Ma questa sbalorditiva diversità è accademicamente imbarazzante. È impossibile evitare il sospetto che le ricerche sul Gesù storico siano un porto sicuro in cui fare teologia e chiamarla storia, fare dell'autobiografia e chiamarla biografia.”
    (p. xxviii)

Il risultato di tutto questo è semplicemente che tutte le ricostruzioni non-teologiche del “Gesù Storico” rimangono al livello di speculazione. Nessuno può vantarsi di aver conquistato la piazza. E c'è un'ottima ragione per questo – la problematicità delle nostre fonti su Gesù.

Cosa possiamo sapere? Le fonti su Gesù

Ad onta di secoli di studi storici su una figura antica di millenni, non siamo stati capaci di pervenire a un singolo fatto verificabile che riguardi Gesù. Nemmeno uno. E come potrebbe essere diversamente? Le nostre sole fonti sono tutt'altro che affidabili. In che cosa consistono queste fonti? Come credo di aver messo in chiaro in Nailed, sebbene molti diano per scontato che ci siano miriadi di testimoni contemporanei che hanno menzionato Gesù (e quest'idea viene sia incoraggiata sia strombazzata dagli apologeti), la verità è che il loro numero esatto è... zero. Bart Ehrman esamina la complessità del problema:
    “Cosa hanno da dire di lui gli autori pagani dei tempi di Gesù? Nulla. Per quanto sembri strano Gesù non viene menzionato affatto da alcuno dei suoi contemporanei pagani. Non c'è certificato di nascita, nessun verbale del processo, nessun certificato di morte; nessuna manifestazione di interesse, nessuna accesa polemica, nessun accenno di passaggio – nulla. Infatti, se allarghiamo il raggio del nostro interesse agli anni successivi alla sua morte – perfino se includiamo l'intero I Secolo dell'Era Volgare – non c'è nemmeno un singolo riferimento a Gesù in alcun documento che non sia cristiano o ebraico. Devo sottolineare che di quel periodo possediamo un gran numero di documenti – opere di poeti, filosofi, storici, scienziati e funzionari statali, ad esempio, per non parlare della notevole serie di iscrizioni su pietra e le lettere private e i documenti legali su papiro. In nessuna di queste numerose fonti documentali viene citato il nome di Gesù.”
    (Jesus: Apocalyptic Prophet of the New Millennium, p. 56-57)

Seguendo praticamente ogni criterio di verificabilità storica disponibile, non esiste testimonianza che riguardi Gesù, e anche quando e ne potrebbe essere una, la testimonianza dei Vangeli non è la migliore, ma la peggior forma di testimonianza possibile – una manciata di resoconti di seconda mano, parziali, acritici, non autorevoli e non attribuibili.

(Tra parentesi, Richard Carrier ha reso tutto ciò abbondantemente chiaro sia nella sezione Miracles and Historical Method (pp. 227sgg.) di Sense and Goodness Without God, sia nel capitolo 7 di Not the Impossible Faith)

Come risulta, perfino nel Nuovo Testamento le nostre fonti si riducono essenzialmente ai Vangeli. La ricerca di informazioni biografiche nelle lettere di Paolo fa emergere una figura di carattere mitologico, e nemmeno le epistole falsamente attribuite agli apostoli contengono dettagli sulla vita del loro Signore; perfino l'autore che impersona Pietro non può altro che citare selettivamente le profezie dell'Antico Testamento per la sua “testimonianza oculare”!

Naturalmente esistono molti altri vangeli oltre ai nostri soliti quattro, ma non servono che a intorbidare ancora di più le acque. A prescindere dal numero di vangeli che si può scegliere di accettare, per secoli gli studiosi della Bibbia sono stati d'accordo sul fatto che tutti derivino da un originale: il modesto, anonimo, grezzo ed essenziale libro intitolato Il Vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, più tardi re-intitolato Il Vangelo Secondo Marco.

Senza ripetere le argomentazioni portate in Nailed e altri libri, basti dire che niente di tutto questo è invenzione di qualche ateo senza dio; uno schiacciante consenso tra tutti gli studiosi riconosce da molto tempo la primazia di Marco, e che la soluzione del famigerato “Problema Sinottico” consiste nel fatto che Matteo e Luca dipendessero direttamente da Marco. Ogni vangelo scritto dopo Marco ha fatto le proprie “correzioni”, aggiunte e cambiamenti, ma anche le opere più tarde come il Vangelo di Giovanni (e di Pietro, Maria, Giuda et al) sono sotto qualche aspetto tratte dall'originale di Marco, non importa quanto lontano se ne discostino nella loro autonomia.

La sovrabbondanza di vangeli è la ragione principale per le contraddizioni tra di essi, ma non è l'unica. Anche i manoscritti di un medesimo vangelo non sempre concordano fra loro. E tutti i manoscritti esistenti soffrono di interpolazioni e alterazioni effettuate in ogni epoca da noi esaminata – per quel che riguarda i primi 150 o 200 anni del Cristianesimo esiste un periodo oscuro per il quale non abbiamo assolutamente alcun modo di verificare l'affidabilità di qualunque manoscritto biblico – del II Secolo nulla sopravvive se non una manciata di piccoli frammenti papiracei; del I Secolo, nulla del tutto.

Un altro problema serio è la stupefacente quantità di costrutti antistorici ed errori anacronistici presenti nei Vangeli. Matteo fa continue correzioni al testo di Marco per quel che riguarda l'ebraismo e la vita e la geografia palestinesi. Luca dichiara (1:1-4) di essere l'unico vangelo tra tanti a narrare la vera storia; ma è una sfacciata menzogna, dato che copia il suo Vangelo da Marco e forse anche da Matteo (con altri dettagli sottratti a veri storici come Giuseppe Flavio, come hanno precisato l'esperto di Giuseppe Steve Mason e altri storici. I critici pagani ed ebrei hanno sottolineato le incongruenze dei Vangeli quasi dall'inizio; dopo quasi 2000 anni, le loro argomentazioni e la loro critica serrata sono ancora penetranti ed efficaci. La “biografia” di Gesù, a un esame ravvicinato, semplicemente non regge.

Ma si può almeno dire, per cominciare, che quella di Marco sia una biografia? Marco ci dice ciò che sta facendo fin dal principio: sta scrivendo un vangelo, non un libro di storia o una biografia (Marco 1:1). E numerosi storici, inclusi Arnold Ehrhardt, Thomas Brodie, Richard Carrier, Randel Helms, Dennis MacDonald, Jennifer Maclean e altri, hanno descritto minuziosamente come l'intero Vangelo di Marco sia una cornucopia di significati simbolici, non storici. Si tratta di allegoria, non di storia.


Potrebbe Gesù essere stato un Messia Nascosto?


È possibile che, nonostante la totale mancanza di documentazione affidabile, ci possa essere stato ancora un vero Gesù, ormai sepolto sotto secoli di incrostazioni leggendarie? Di certo è possibile. È plausibile? Forse. Se credo che sia andata così? No, davvero. Come dico nel capitolo finale di Nailed, “Can Jesus be Saved?”:
    “Si arriva a un punto in cui non ha più senso continuare a dare a Gesù il beneficio del dubbio. Anche dando spazio a stratificazioni leggendarie, casi di pia frode, dispute dottrinali, errori di trascrizione e traduzione, la posizione di base, che ci debba essere per forza stato un individuo storico (o anche un insieme di parecchi predicatori itineranti) alla radice del “cristianesimo”, pone troppi problemi irrisolvibili.”


Proseguo mostrando come sembrerebbero diversi il Nuovo Testamento e il Cristianesimo primitivo se Gesù (anche solo concepito come essere umano) fosse stato un'effettiva figura storica. Uno dei problemi che pone l'ipotesi che Gesù fosse un personaggio praticamente sconosciuto ha a che fare con le altre figure messianiche del periodo di abbiamo notizia. In quel tempo non c'era di sicuro scarsità di salvatori; siamo a conoscenza di un numero sorprendente di aspiranti messia che operavano in Giudea intorno al I Secolo. Eccone alcuni:

Giovanni il Battista – Giovanni è presente in tutti i quattro vangeli, e guarda a Gesù come una figura spiritualmente superiore, ma abbiamo più testimonianze extra-bibliche su di lui che non su Gesù. Giuseppe Flavio fa un breve accenno a Giovanni il Battista, e la sua setta spunta in un apocrifo del Nuovo Testamento, I Ritrovamenti dello Pseudo Clemente Romano (in cui i seguaci di Giovanni dibattono coi loro rivali, i Cristiani, sostenendo che Giovanni, e non Gesù, fosse il messia). Il primo capitolo di Luca sembra essere tratto da un originale riferito al Battista, cui le figure di Gesù e Maria vennero aggiunte in seguito.

Appollonia da Tiana – Flavio Filostrato [2] scrisse una biografia di questo filosofo neopitagorico e presunto operatore di miracoli, per quanto oggi siano in molti a dubitare che le fonti biografiche di Filostrato (o il loro soggetto) siano mai esistite davvero.

“L'Egiziano”
Negli Atti degli Apostoli Luca snocciola i nomi di tre messia falliti, ricalcati da Giuseppe Flavio. Tra parentesi, gli errori che Luca compie descrivendo queste figure sono una delle ragioni per le quali sappiamo che è lui a copiare da Giuseppe e non viceversa. Il messia in questione, noto soltanto come “L'Egiziano” (probabilmente come riferimento a Mosè, piuttosto che alla sua effettiva nazionalità) condusse i suoi seguaci sul Monte degli Ulivi, così che potessero vederlo mentre ordinava alle mura di Gerusalemme di crollare. Per qualche motivo, questo piano fallì, i Romani massacrarono il suo gregge e lui si diede alla fuga.

Giuda il Galileo e Tèuda il Mago – Luca fa menzionare al rinomato rabbi Gamaliel l'ascesa fallimentare di entrambi questi sedicenti messia, in un discorso che si svolge poco dopo la morte di Gesù (Atti degli Apostoli 5:34-37); sfortunatamente per Luca, la ribellione di Tèuda non avvenne fino a un decennio dopo, sotto il governo di Fado, procuratore dal 44 al 46. Aggiungendo errore a errore, Luca sbaglia di grosso invertendo l'ordine cronologico corretto, dicendo che Giuda venne dopo Tèuda, mentre invece fu Giuda a venire prima, decenni prima di Tèuda!

Athronges il Pastore e Simone di Perea – La ribellione di Giuda il Galileo fu solo una delle tante verificatesi dopo la morte di Erode il Grande. Athronges il Pastore e Simone di Perea furono altri due usurpatori sconfitti menzionati da Giuseppe Flavio (Simone, uno schiavo di Erode, viene anche menzionato da Tacito).

“Un Impostore” 
Un messia senza nome, simile a Mosè, che aveva promesso la libertà ai suoi seguaci se lo avessero seguito nel deserto; riuscì soltanto a farsi massacrare insieme a loro dalle truppe mandate dal governatore Festo.

“Il Taheb”
Un innominato Samaritano che si auto-descriveva come messia Taheb (“il Restauratore”) condusse i suoi seguaci in armi al loro sacro Monte Garizim, dove gli avrebbe mostrato gli “arredi sacri” seppelliti lì da Mosè – o almeno avrebbe dovuto farlo, se Pilato e le sue truppe non fossero giunti per primi, uccidendone parecchi in battaglia, disperdendo i restanti e giustiziando i capi della rivolta, incluso “Il Taheb”.

Gionata il Tessitore – Un altro messia in stile Mosè che convinse una folla a seguirlo nel deserto con la promessa di “segni e visioni”, solo per essere quasi tutti uccisi dai Romani [3].

Carabbas – Filone di Alessandria [4] parla di questo folle che fu costretto a vestire i panni di un re da burla dalla plebaglia, cosa che ricorda sinistramente le beffe dei soldati Romani nei confronti di Cristo descritte nei Vangeli.

Joshua ben Ananias/Gesù figlio di Anania Nella Guerra Giudaica [5] Giuseppe Flavio menziona un altro folle, questa volta di Gerusalemme, portatore anch'egli di impressionanti similitudini con il Gesù che ci è familiare; così tanto che, come nel caso di Carabas, la sua storia può benissimo essere servita da ispirazione per gli scrittori dei Vangeli. Questo “bifolco qualunque” un giorno si trasformò in un profeta di sventura, e cominciò a percorrere le strade, urlando giorno e notte, finché non venne picchiato dai passanti esasperati. Le autorità ebraiche lo portarono davanti al procuratore Romano, dove venne “frustato fino a mostrare le ossa” prima di essere liberato. Giuseppe sottolinea come egli non dicesse nulla in sua difesa.

Simone bar Giora – Un'altra figura messianica con tratti simili a quelli di Gesù. Il rivoluzionario Simone venne accolto a Gerusalemme dallo sventolare di rami e foglie, e visto come liberatore e protettore nei confronti di un altro aspirante messia, lo Zelota Giovanni di Giscala, la cui fazione aveva occupato il recinto sacro [del Tempio]. Dopo il suo ingresso trionfale, Simone cominciò il repulisti del Tempio, “sbattendo gli Zeloti fuori dalla città”. Ma alla fine Simone si arrese ai Romani, e dopo aver subito violenze da parte dei suoi guardiani, fu giustiziato come aspirante re dei Giudei.


Altri Vangeli, altri Gesù, altri Cristi

Se la fama di Gesù si avvicinasse anche lontanamente ai livelli descritti nei Vangeli (moltitudini al suo seguito, il suo nome che si spande per tutta la Giudea, fino in Siria, in Egitto, alle città della Decapoli eccetera) i suoi successi avrebbero facilmente eguagliato quelli delle maggiori altre figure messianiche. Perché dunque perdenti come “il Taheb” e Gionata il Tessitore e tutti gli altri sono riusciti a lasciare tracce storicamente documentabili – e Gesù invece no?

Viceversa, se Gesù fu un personaggio così “dimenticabile” da non essere nemmeno interessante quanto quegli altri, come ha fatto a spingere un culto marginale, formato da comunità ecclesiastiche in lotta tra loro, a diffondersi fino ai più remoti angoli dell'Impero Romano?

E c'è da fare un'altra considerazione – che dire di tutti gli altri Cristi del I e II Secolo che troviamo nei Vangeli, le Lettere di Paolo e in altri scritti del primo Cristianesimo? Come riferisco in Nailed (pp. 151-152):
    “Paolo stesso si lamenta delle difformità che osserva tra i primi credenti, che incredibilmente trattano Cristo come un'ennesima figura totemica di parte, cosicché alcuni dicono di appartenere a Paolo, o Apollo, o a Cefa – o a Cristo. “Cristo è forse stato diviso?” si chiede Paolo (I Lettera ai Corinzi 1:10-13) Paolo si scaglia anche ripetutamente contro i suoi molti apostoli rivali, i quali “predicano un altro Gesù”.

Nelle sue lettere spesso Paolo va in bestia contro i suoi rivali, definendoli malvagi ingannatori, devoti a un falso Cristo e a un falso Vangelo, talmente distanti dal suo vero Cristo e vero Vangelo che arriva ad accusarli di essere inviati di Satana, e lancia anche maledizioni e minacce contro di loro! (II Lettera ai Corinzi 11:4, 13-15,19-20, 22-23; Lettera ai Galati 1:6-9; 2:4).
Tra i primi cristiani, altri condividevano le stesse preoccupazioni. La Didaché, primissimo manuale di pratica e predicazione cristiana, dedica due capitoli ai predicatori vaganti e mette in guardia contro i molti falsi predicatori che sono soltanto “trafficanti di Cristo”, o, come li definisce splendidamente Bart Ehrman, “Cristaroli” [6] (Didaché 12:5).

Le prove sono evidenti, nel I Secolo veniva predicata tutta una moltitudine di Gesù e di Cristi (perfino all'inizio del II Secolo, quando venne scritta la Didaché). Nessuno di essi, singolarmente, ha lasciato traccia nella storia, ma in molti, e diversificati, hanno influenzato la teologia, almeno nella parte più settaria. L'ipotesi del “Messia Nascosto” semplicemente non da' il minimo senso a documenti e testimonianze.


È un mistero (Una Fede Misterica, cioè)


Come hanno osservato Price e altri prima di lui (e come sostengo più sotto in
Jesus: Mything in Action), Gesù sembrerebbe un effetto, e non la causa, del Cristianesimo. Paolo, insieme alla prima generazione di Cristiani, frugò la versione greca dei Settanta delle scritture ebraiche allo scopo di creare una Fede del Mistero per gli Ebrei, accessoriata di rituali pagani come la Cena del Signore, elementi gnostici nelle sue lettere, e un dio salvatore personale che rivaleggiasse contro le antiche tradizioni dei vicini Egiziani, Persiani, Ellenisti e Romani.


Scritto generazioni dopo, l'intero Vangelo di Marco – il vangelo originale sul quale sono basati gli altri – è una singola, grande parabola che racchiude le segrete, sacre verità della fede misterica, il Mistero del Regno di Dio. In Marco Gesù fornisce quest'indizio ai lettori del Vangelo:
    “A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato.”
    (Marco 4:11-12)


Questa totale segretezza non avrebbe alcun senso per un salvatore che fosse venuto per salvare il mondo intero, ma sarebbe perfettamente adeguata se il Cristianesimo fosse cominciato come fede misterica. Come i misteri pagani, le verità del Mistero del Regno di Dio di Marco viene celata nelle parabole, rese esplicite solo agli iniziati. Marco non sta referendo fatti; crea un contesto per poter trasmettere un sacro mistero soltanto ai pochi prescelti e a nessun altro.


Gesù: il Mito in azione

Anche se fosse esistito un Gesù storico in grado di generare simultaneamente tante realtà diverse senza lasciare tracce nelle cronache contemporanee, il fatto è che, a tutti gli effetti pratici, questa figura non esiste più! Nessuna delle fonti che abbiamo a disposizione può essere affidabilmente collegata a chiunque fosse vivo duemila anni fa. Come si rese conto Schweitzer, insieme a molti altri, qualsiasi Gesù reale è ormai irrecuperabile, completamente perso alla nostra conoscenza. Price aggiunge:
    “Quello che impedisce agli storici di derubricare (Alessandro il Grande, Cesare Augusto, Ciro, Re Artù e altri) come semplici miti, del tipo Paul Bunyan, è l'esistenza di residui fattuali. Siamo a conoscenza almeno di un frammento di informazione concreta che li riguarda, spesso anzi un bel po', che non fa parte di alcun ciclo leggendario. Oppure le loro figure sono talmente intrecciate con la storia contemporanea che essa non avrebbe senso senza di loro. Accade così anche con Gesù? No. Gesù deve essere catalogato insieme ad altre leggendarie figure fondatrici, come Buddha, Krishna e Lao-Tzu. Può darsi che dietro questa figura ci sia stato un individuo concreto, ma non esiste ormai nessun modo per accertarlo.”
    (Deconstructing Jesus, pp. 260-261)


Sebbene sia impossibile dimostrare che nessun Gesù “reale” sia mai esistito dietro quella che Price chiama la “Cortina di Vetro Piombato” [7], il fatto è che più lo si guarda da vicino, meno si riesce a vederlo. Quando facciamo ricerche riguardo a quello che riteniamo un contributo originale da parte di Gesù, immancabilmente troviamo che la stessa idea già esiste in altre fonti. Era portatore di tutti i valori legati ad altre figure di un dio salvatore; insegnava tutto quello che filosofi Greci e rabbi Ebrei insegnavano; produceva gli stessi miracoli, guarigioni e resurrezioni che facevano i maghi ed esorcisti pagani; in altre parole Gesù non era una persona reale, ma una sintesi di ogni concetto intenso e importante che il Mondo Antico avesse concepito – nobili verità, gentile saggezza, favole accattivanti, usi ancestrali, contraddizioni interne, assurdità scientifiche, costumi repellenti e via via.


Ormai abbiamo superato il punto di non ritorno: non è più ragionevole supporre che ci doveva essere stato un singolo individuo storico che abbia dato inizio al Cristianesimo. Infatti, come abbiamo visto, le prove puntano nella direzione contraria. Quel che invece vediamo è una documentazione storica completamente priva di riscontri rispetto ai Vangeli; un ambiente teologico darwiniano pullulante di Gesù, Cristi, vangeli e comunità in competizione tra loro nel contesto dei culti marginali dell'Impero Romano (e relegati in quella nicchia per tre secoli); indicazioni che la prima generazione di Cristiani ebbe inizio come una versione ebraica dei culti misterici, e che tutte le confuse e contraddittorie informazioni “biografiche” riguardo Gesù derivano da una deliberata allegoria. Non è che una singola figura di fondatore non sia necessaria per spiegare tutto questo; è assolutamente ingiustificata.



Note del traduttore

[1] Nell'originale si dice che le opinioni dei mitisti sono state harrumphed (da harrumph=schiarirsi la gola). Evoca la situazione in cui ci si schiarisce la voce per manifestare imbarazzo e invitare tacitamente a passare all'argomento successivo (della conversazione).
[2] Probabilmente per una svista, l'autore attribuisce la biografia di Apollonio a Filostrato il Vecchio.
[3] Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica (VII: 437-453).
[4] Jean Daniélou, Filone di Alessandria, Arkeios 1991 (p. 34).
[5] Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica (VI: 300-309).
[6] Nell'originale il gioco di parole è tra warmonger (guerrafondaio) e christmonger, che ho reso con “cristarolo” per via della differente etimologia tra inglese e italiano. In inglese warmonger significa, grosso modo, “mercante, spacciatore di guerra”, mentre il termine “guerrafondaio” ha un'origine quanto mai diversa: “Locuzione coniata dall'umorista Gandolin polemizzando con coloro che volevano la guerra a oltranza [guerra a fondo] contro l'Abissinia dopo la sconfitta ad Adua.” (Dizionario Italiano Sabatini Colletti)
[7] Nell'originale “Stained-Glass Curtain”, riferimento sarcastico alla Cortina di Ferro (Iron Curtain) che separava i due blocchi durante la Guerra Fredda.

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