domenica 5 giugno 2016

Di quando un invisibile Gesù trionfò invisibilmente sui suoi invisibili carnefici

Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, fare ridere la verità, perché l'unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità.
(Umberto Eco, Il nome della rosa, RCS Libri, Milano (1980) 2011, pag. 693)

Jheronimus Bosch, Dettaglio dell'anta sinistra: caduta degli angeli ribelli
Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla. Parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla. Se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Sta scritto infatti:
Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
queste ha preparato Dio per coloro che lo amano.

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio.

(1 Corinzi 2:6-10)


Per dirla tutta, Paolo se ne fregò di Roma.

Per lui, Roma era già ridotta a niente.  Paolo non aveva neppure bisogno di mimetizzare nelle sue lettere eventuali critiche all'onnipresente strapotere romano.  Diffido di tutti quelli che pensano che il Paolo anti-romano vada letto tra le righe delle sue epistole. Quando Paolo definisce Gesù “Signore” si sta riferendo apparentemente al dio dei giudei. Nella Septuaginta il
κύριος era il dio dei giudei. Non si sta riferendo a nessun Cesare di turno. Neppure se qualsiasi Cesare di turno venisse propagandato ad nauseam per tutto l'Impero come Signore (κύριος), raffigurato come portatore di pace (εἰρήνη) e come proclamatore di buone nuove (εὐαγγέλιον).

Paolo se ne fregò di Roma perchè lui era un fervente apocalittico. Se la fine era vicina, allora tutto il resto sono solo dettagli trascurabili, punti sconnessi da non focalizzare affatto, a differenza e in vista esclusivamente della FINE. Perfino il grande impero di Roma era ridotto ad un mero dettaglio, vanità delle vanità.

Paradossalmente, Paolo fu profeta: l'Impero romano sarebbe caduto dopo qualche secolo.  Ma lui non aveva neppure bisogno della deposizione dell'ultimo imperatore per farsene una ragione. E la ragione è che per lui, Roma era già stata disfatta, annichilita, distrutta. Il suo potere sugli uomini era già stato infranto.

Infatti il Figlio invisibile, “Cristo Gesù”, aveva compiuto la sua apocalittica missione celeste.

La sua vittoria su Roma, anche se invisibile -- anzi, soprattutto perchè invisibile! -- era già di proporzioni cosmiche e apocalittiche! 

Agostino Fasolato - particolare della Caduta degli angeli ribelli.


 
Così Efesini 1:20-23 :
...che egli manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni principato e autorità,
di ogni potenza e dominazione
e di ogni altro nome che si possa nominare
non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.
Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi
e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa,
la quale è il suo corpo,
la pienezza di colui che si realizza interamente
in tutte le cose.


Il mondo è sorvolato da forze spirituali nemiche di Dio e degli uomini. Il Gesù invisibile ha sovrastato quelle forze, fugandole davanti a sè come tenebre davanti alla luce. Se perfino quelle forze demoniache sono state fugate nell'istante stesso dell'improvvisa constatazione che il Figlio da essi crocifisso era in realtà “il Signore della gloria”, che importanza hanno gli imperi costruiti dall'uomo, allora? Era sufficiente realizzare, semplicemente realizzare, la vittoria invisibile del Figlio invisibile sugli invisibili “arconti di questo eone”, e il gioco era fatto: il grande impero di Roma non contava più niente. Zero. Non degno di essere preso in considerazione neppure come potenziale nemico dell'invincibile Gesù invisibile. Non degno, a dire il vero, di contare qualcosa neppure prima della morte invisibile del Figlio.
Se gli “arconti di questo eone” che pullulavano il Firmamento, nei loro capricci e lotte intestine, scelsero come attuali controparti terrene le autorità romane, quelle autorità romane erano già state sconfitte nell'istante stesso in cui subentrò in Paolo (e nei primi apostoli) la sola premonizione della sconfitta delle invisibili forze demoniache che le avevano istituite.  Chiaramente solo folli pazzi allucinati potevano pensare qualcosa del genere, ma abbiamo visto che uomini come Paolo erano diversi dalla media degli uomini del tempo.

E tuttavia perfino i pazzi a volte riescono a intravedere qualcosa che sfugge ai sani. Noi a posteriori sappiamo che Roma cadde, nel 476 dell'Era Comune. Paolo lo “sapeva”, che Roma sarebbe caduta (sebbene lo “sapeva” a modo suo), con quattro secoli di anticipo.

 

È un pò come il Vaticano per gli atei. Da ateo, il Vaticano non conta nulla per me. Nel momento in cui ho realizzato che Dio, e specialmente il Dio dei cristiani, non esiste oltre ogni ragionevole dubbio, non ho bisogno di vedere crollato il Vaticano (e francamente, non ci ho neppure pensato!). Quello “Stato”, che per esistere si fonda su “Dio” e su una ridicola, tendenziosa Traditio nata verso la fine del II secolo EC,  per me è già crollato come mero effetto collaterale, dal momento che non riconosco alcuna legittimità razionale alle pretese su cui si fonda. Chissà: forse anch'io sono “profeta” in un certo senso come lo fu Paolo con l'Impero romano. Chissà se anche il Vaticano non preveda tra qualche secolo altettanta ingloriosa fine come quella dell'Impero romano. La chiesa attuale è ridotta poco più ad un'istituzione umanitaria e buonista, (deliberato?) trampolino di lancio per favorire l'invasione islamica di un continente altrimenti ateo, l'Europa è sempre più scristianizzata, oltretevere si consumano scismi, macchinazioni e rivalità tra le più ridicole e grottesche, con papi che si auto-spodestano e papi che contraddicono altri papi. Qualcuno giustamente paragonò il Vaticano lasciato vacante dal pontefice rinunciatario di turno al Cremlino di sovietica memoria, ricettacolo di altrettanta corruzione e divisione interna di un collassante Impero. Come ogni fine che si rispetti (si pensi alla descrizione di Flavio Giuseppe dei nefasti presagi immediatamente precedenti alla distruzione di Gerusalemme), non mancano da annoverare segni e prodigi tra i più suggestivi:

“Di rado il cosmo ha accompagnato in modo più drammatico una svolta storica” (apologeta cristiano Antonio Socci)


Ovviamente me la rido di tutto questo, e perfino di gusto.

Stantibus rebus, da ateo non ho bisogno di vedere concretamente il collasso finale del Vaticano per confermare il mio ateismo, proprio come un sincero liberale non aveva bisogno, dopo la caduta del Muro di Berlino, di vedere collassato il Cremlino per sentirsi libero, esattamente come Paolo non aveva bisogno di vedere la fine di Roma per convincersi che il suo Gesù invisibile aveva vinto invisibilmente su una croce invisibile i suoi invisibili crocifissori, ovvero i demoniaci e rarefatti “arconti di questo eone”, e per semplice estensione tutte le loro (visibili) controparti terrene. Roma compresa.

Quello è ciò che accadde quando il Messia Giosuè, il Signore dell'Universo, il cosmico e preesistente arcangelo celeste, morì e risorse nella parte bassa del Firmamento infestata da demoni. Il potere delle forze maligne di quest'eone oscuro e tenebroso fu improvvisamente spezzato -- ma tutto accadde così rapidamente, così bruscamente, così invisibilmente (!), che il mondo, ogni ebreo di Israele come qualunque altro abitante dell'Impero romano, non ne ebbe affatto notizia. Ma solo i primi apostoli, Cefa, Giovanni, Giacomo, Paolo, “videro” quell'invisibile vittoria, seguita ad un'apparente sconfitta altrettanto invisibile...

  ...e compresero che Roma non possedeva più alcun potere.

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