giovedì 26 maggio 2016

Detering sull'“Egiziano” (I)

 Sub Tiberio quies.

(Tacito, Historiae 5.9)

“Nuncupant eum sua lingua Ussum Hamizri. Quod dicitur Latine, Dissipator Aegyptius . . . affirmantes eum gentis suae Dissipatorem Aegyptiacum.”

...lo chiamano nella loro lingua Ussum Hamizri. Che in latino significa il Dispersore Egiziano . . . affermando che Egli è il Dispersore Egiziano del Suo popolo”
(Amulone arcivescovo di Lione del 9° secolo EC, Adversus Judaeos, xxxix)


Ora, grazie a Renè Salm, è possibile sapere cosa ne pensa delle opinioni di Lena Einhorn anche il Dr. Detering. Ho preferito tradurne la recensione anch'io, visto che mi piace particolarmente il punto dove lo studioso tedesco osserva:
Molti studiosi convenientemente suggeriscono che Gesù era semplicemente una figura troppo minore per dover attirare l'attenzione di scrittori contemporanei. Come Einhorn, però, io ho sostenuto che questo punto di vista è insostenibile dato lo straordinario impatto della presenza di Gesù sui suoi contemporanei, un impatto che gli evangelisti sottolineano in molti passaggi. Einhorn osserva che il grande seguito di Gesù e le sue dispute spettacolari sia con gli ebrei che con le autorità romane non sarebbero sfuggiti all'attenzione dei cronisti contemporanei.

Su questo ha ragione da vendere, il Dr. Detering
. Fin troppo spesso ho osservato non solo mentecatti apologeti cattolici da quattro soldi del Net così tenacemente coinvolti nella difesa ad oltranza di un “originale” Testimonium Flavianum, ma perfino che studiosi altrimenti noti per la loro profondità interpretativa delle dipendenze ipertestuali all'opera nei vangeli (vedi ad esempio B. Adamczewski o Dennis MacDonald o perfino Bermejo-Rubio) indugiano erroneamente nella medesima ridicola farsa, arroccandosi dogmaticamente nell'insostenibile quanto improbabile difesa di un sedicente originario Testimonium Flavianum (per non parlare dell'ancor più ridicola glossa cristiana “che fu chiamato Cristo” di Antichità Giudaiche 20.200).  Questo mi induce a pensare che c'è qualcosa nello stesso concetto di un “Gesù storico” che pretende —addirittura invoca quasi con latente disperazione!— la necessità di un appiglio, minimo che sia, in Flavio Giuseppe, capace di passare convenientemente per l'“indipendente” evidenza di un Gesù storico. Penso che il Dr. Detering abbia riassunto mirabilmente cos'è quel “qualcosa”, quando scrive:
...questo punto di vista è insostenibile dato lo straordinario impatto della presenza di Gesù sui suoi contemporanei, un impatto che gli evangelisti sottolineano in molti passaggi.

Gira e rigira, ci troviamo sempre alle prese con quel mitico “impatto” scatenato dal Gesù evangelico e i cui effetti collaterali—o dei suoi seguaci— purtroppo non si vedono neppure in minima misura nelle fonti extra-evangeliche del I secolo (si noti che una recente analisi di Enrico Tuccinardi getta il dubbio perfino sulla famigerata testimonianza di Plinio il Giovane circa i cristiani di Bitinia).  E ricordiamo all'apologeta di un Gesù storico “insignificante” che tale ricerca dell'uomo di Nazaret non solo ha avuto esito apparentemente infruttuoso negli scritti di Flavio Giuseppe, ma anche, grazie al bizantino Fozio, negli scritti dell'altro importante storico ebreo del tempo, Giusto di Tiberiade
Se dunque quell'“impatto” provocato dal Gesù preteso esistere dai vangeli non trova alcun riscontro nell'evidenza non-cristiana, non sarà allora che quell'“impatto” è deliberatamente a sua volta provocato dagli stessi fabbricatori del Gesù evangelico, tradendo così il loro malcelato recondito desiderio di *fissare* costi quel che costi Gesù nella storia—e in modo particolare, come si affanna a ricordare lo stesso Credo niceno, “sotto Ponzio Pilato” ?

Solo alcune suggestioni, per ora. 



A Shift in Time: How Historical Documents Reveal the Surprising Truth About Jesus

di Lena Einhorn
(New York: Yucca Publishing, 2016; 227+11 pages)
Recensione a cura di Hermann Detering

Lena Einhorn si è distinta in Svezia come regista di documentari. Lei è conosciuta in Germania per lo più per il suo libro sull'Olocausto, Ninas Reise ( “Viaggio di Nina: come mia madre fuggì dal ghetto di Varsavia”). Negli ultimi dieci anni, il focus del suo interesse si è spostato al cristianesimo antico. Nel 2007 apparve l'edizione inglese del suo libro,  The Jesus Mystery: astonishing Clues to the True Identities of Jesus and Paul (Guilford, Conn.: Lyons Press; German edition 2007, Das Rätsel von Damaskus: Waren Jesus und Paulus ein und dieselbe Person? Heyne Verlag). Dal 2010 Einhorn ha annualmente presentato articoli alle conferenze SBL, in cui ha elaborato una nuova ipotesi per quanto riguarda le origini cristiane. Una sintesi del suo lavoro critico-biblico ora appare nel suo libro 2016 qui considerato,  A Shift in Time: How Historical Documents Reveal the Surprising Truth About Jesus (New York: Yucca Publishing).
 
Non c'è bisogno di essere irritati dal sottotitolo piuttosto sensazionale. Si tratta di uno studio storico serio, i contenuti chiaramente metodicamente ordinati, e l'argomento convincente. L'autore tradisce una profonda conoscenza coll'opera dello storico ebreo Flavio Giuseppe, così come con le correnti politiche del secondo secolo. Quelle sono alla base della sua tesi principale, che si riflette nel titolo del libro. In virtù di un serrato confronto dei vangeli canonici con gli scritti di Flavio Giuseppe, Einhorn conclude che gli eventi riportati nei vangeli devono essere letti alla luce di uno “spostamento di tempo” di due decenni. Questo comprende i racconti che coinvolgono Gesù, che in realtà ebbero luogo vent'anni dopo— cioè, negli anni Cinquanta EC. L'argomento di Einhorn si fonda su due pilastri del criticismo del Nuovo Testamento:
(a) la scarsità di attestazione extra-cristiana degli eventi riportati nei vangeli, in particolare quelli relativi alla figura di Gesù; e
(b) segni di un Gesù “militante”— chiaramente evidente in certi passaggi dei vangeli—che non si conformano (oppure si conformano solo con difficoltà) al salvatore amante della pace noto alla tradizione cristiana.
Per quanto riguarda la ( mancanza di) attestazione extra-cristiana, ho già trattato questo per esteso nel mio libro, Falsche Zeugen: Ausserchristliche Jesuszeugnisse auf dem Prüfstand (“falsi testimoni: Testimoni extra-cristiani di Gesù a Processo”, Aschaffenburg: Alibri 2011 ).

Molti studiosi convenientemente suggeriscono che Gesù era semplicemente una figura troppo minore per dover attirare l'attenzione di scrittori contemporanei. Come Einhorn, però, io ho sostenuto che questo punto di vista è insostenibile dato lo straordinario impatto della presenza di Gesù sui suoi contemporanei, un impatto che gli evangelisti sottolineano in molti passaggi. Einhorn osserva che il grande seguito di Gesù e le sue dispute spettacolari sia con gli ebrei che con le autorità romane non sarebbero sfuggiti all'attenzione dei cronisti contemporanei.

Il punto (b) di cui sopra è confermato attraverso un attento esame dei testimoni del Nuovo Testamento —in particolare i vangeli di Luca e di Giovanni. Ad esempio, Einhorn nota le circostanze che accompagnano l'arresto di Gesù sul Monte degli Ulivi. Secondo il quarto evangelista, si tratta di una coorte romana (in greco, speira) compresa da 600 e 1.000 soldati (Giovanni 18:3, 12), mentre Luca (22:47-54) descrive disturbi di proporzioni riottose.

A pag. 66 f Einhorn osserva che una serie di investigatori hanno in passato focalizzato l'attenzione sugli aspetti militanti dei racconti del Gesù canonico. Dal tempo di Hermann Reimarus (1729-1814) tentativi sono stati fatti sia dentro che fuori gli studi del Nuovo Testamento per interpretare il Gesù storico—e di conseguenza il cristianesimo antico —sullo sfondo di una lotta ebraica anti-romana per la libertà, così come nel contesto di eventi che portarono  alla Prima Guerra Giudaica. In questo senso Lena Einhorn è  in compagnia di Robert Eisler, Joel Carmichael, Hyam Maccoby, e Robert Eisenman, e anche di Reza Aslan, il cui libro del 2013 Zealot ottenne lo status di bestseller.

Quando i suddetti punti (a) e (b)—che sono premesse del libro—sono considerati assieme ad una lettura attenta di Flavio Giuseppe, allora seguono certe conseguenze che muovono Einhorn ad una soluzione del duplice mistero: Sì, ci fu un Gesù storico. Che egli non fu menzionato dai contemporanei deve al fatto che—al contrario delle raffigurazioni degli evangelisti—visse più tardi e, inoltre, è da identificare con uno dei combattenti per la libertà anti-romana degli anni '50 EC descritti da Flavio Giuseppe. Einhorn sostiene quest'ultima sorprendente proposizione con una serie di evidenti anacronismi. Soprattutto, deriva paralleli che— nella sua opinione—assicurano relazioni tra eventi e persone nei vangeli, da un lato, e in Flavio Giuseppe, dall'altro. La vita e il destino di diversi pretendenti messianici fotografati da Flavio Giuseppe, tra cui Teuda (44-46 EC), il cosiddetto “Egiziano” (52-59 EC), Menahem il figlio (nipote?) di Giuda il Galileo (66 EC) , e Simon bar Giora (66-76 EC) —tutti quei personaggi, a suo avviso, tradiscono somiglianze sorprendenti a figure citate nei vangeli.

Prendendo il “profeta Egiziano” di Flavio Giuseppe (Ant. 20.169-72; Guerra 2.261-63) a titolo di esempio, Einhorn sottolinea che:
(a) come Gesù, egli fu associato al deserto (eremia)
(b) come Gesù, egli visse in Egitto
(c) come Gesù, volle abbattere le mura di Gerusalemme
(d) come Gesù, era un leader messianico con un grande seguito
(e) come Gesù, rappresentò una minaccia per entrambe le autorità ebraiche e romane
(f) come Gesù, fu tradito
(g) come Gesù, fu sconfitto sul Monte degli Ulivi
Einhorn rileva anche paralleli seminali tra Teuda e Giovanni il Battista: entrambi erano leader spirituali, entrambi erano attivi presso il fiume Giordano, ed entrambi furono decapitati dall'establishment religioso ebraico— la loro morte, tuttavia, avendo preso luogo a quindici anni di distanza, Teuda morendo al tempo del procuratore di Giudea Fado. Ora, Einhorn ritiene molto improbabile che Giovanni fu giustiziato da Erode Antipa, dal momento che quest'ultimo era governatore di Galilea e Perea, ma non della Giudea, dove Giovanni era attivo.

Einhorn sostiene ulteriori paralleli significativi, ad esempio tra il pretendente messianico Menahem e Simon Pietro, come anche tra il protomartire Stefano (Atti 6-7) e un Stefano in Flavio Giuseppe (Ant 20.113-17; Guerra 2.228-31;. Einhorn pag. 63 f).

Einhorn non nega che, oltre i paralleli, esistono differenze significative tra i due Stefani. Lo stesso si può dire nel confronto tra Gesù con l'Egiziano, dove le differenze sono evidenti: Gesù fu catturato sul Monte degli Ulivi e poi crocifisso, mentre l'Egiziano sfuggì alla cattura; in un racconto è mancante un combattimento, nell'altro una crocifissione.

Nell'opinione di Einhorn, tuttavia, sia le analogie che le differenze possono essere spiegate. Lei sostiene che gli evangelisti deliberatamente adottarono un time shift. Per lei, i vangeli, gli Atti, e Flavio Giuseppe riportano tutti gli stessi eventi—ma gli autori cristiani hanno intenzionalmente retrodatato quegli eventi di 15-20 anni. Einhorn dà due ragioni principali del perchè agirono così:
1. tradizioni concorrenti erano in questo modo neutralizzate (proteggendo così l'incipiente cristianesimo); 
2. il lato militante del messia cristiano era così nascosto.
In questi modi Einhorn vede i vangeli e gli Atti del Nuovo Testamento come contenenti sia un racconto di superficie che un sottotesto. Il racconto di superficie descrive gli eventi e le figure intorno all'anno 30 EC. Il sottotesto criptico, invece, si occupa della ribellione contro Roma e contro l'autorità istituzionale ebraica. Nell'opinione di Einhorn, la vera storia fu successivamente nascosta allo scopo di celare gli inizi del cristianesimo come un movimento cospiratore e ribelle contro Roma.

continua...

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