sabato 20 febbraio 2016

Sulla follia apologetica di Bart Errorman (II)

STUPIDI: Vedi Cristiani, Ignoranti, Credulità, Fede, ecc. Gli increduli, che sono stupidi, vedono con i loro occhi profani solo stupidaggini e stupidi nella nostra santa religione. Vi scorgono un dio stupido che si lascia stupidamente crocifiggere, stupidi apostoli, stupidi misteri, stupide opinioni, stupide diatribe, stupide pratiche che occupano stupide persone e fanno vivere preti che non sono affatto tanto stupidi.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768) 

Bart Ehrman ha fatto un enorme favore ai miticisti e ai Jesus Agnostics di tutto il mondo, con la pubblicazione di questo suo libro di facile lettura tradotto in tutte le lingue occidentali: Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica, Mondadori 2013.
Chiunque lo legge, infatti, realizzerà fin da subito che Bart Errorman è veramente la reincarnazione di Gesù il Cristo. Come lui, egli ha trasformato il “possibile” e l'“impossibile” in ipso facto “probabile”. Egli non ha moltiplicato pani e pesci, ma ha fatto di più: ha moltiplicato a dismisura il numero di *ipotetiche* fonti scritte precedenti attinte dagli evangelisti, ha dichiarato perentoriamente la loro esistenza e come se ciò non bastasse, ha addirittura postulato dietro di loro, con la medesima granitica certezza, l'esistenza di ancor più antiche *ipotetiche* tradizionali orali, mostrandosi per tutto il tempo pronto a mettere la mano sul fuoco sulla loro natura di evidenza *certa, veritiera, affidabile*, dell'esistenza di un uomo chiamato Gesù. Facendo di quest'ultimo praticamente il personaggio storico più amato e testimoniato in tutta la prima metà del I secolo dell'Era Comune, oltre che in tutta la storia del genere umano.
Sorge e insorge allora il dubbio se in tutto questo tempo Bart Errorman, l'autore di così tanti fortunati libri che si divertiva a scalfire di continuo l'affidabilità delle scritture cristiane, che quasi ironizzava sulla strana luce degli occhi - la luce della follia? - di un certo allucinato profeta apocalittico ebreo fallito, non abbia fatto altro invece che considerare Gesù all'identica maniera con cui lo hanno interpretato e continueranno a interpretare ad nauseam i più ottusi tra i folli apologeti cristiani: ossia come il Gigante che ha spaccato in due tronconi la storia del mondo, come un “più che uomo” rispetto ai suoi stessi contemporanei. E quel che trovo personalmente più imbarazzante, che abbia sottobanco ammirato l'uomo, o meglio il “più che uomo”, tradendo una certa nostalgia del suo passato tra fondamentalisti cristiani. E perciò riducendosi da ultimo alla loro medesima stregua.

L'argomento di Bart Errorman, per quanto concerne i vangeli, è il seguente e quasi mi vergogno di darne una così semplice sintesi (si tratta, dopotutto, dell'“argomento” di un accademico, con tutto quello che ciò voglia dire) ed il lettore capirà subito le ragioni del mio imbarazzo:

1) è possibile che i vangeli si basano su fonti scritte ora perdute che confermano la storicità di Gesù.
2) “perciò” (!), è probabile che i vangeli si basano su fonti scritte ora perdute che confermano la storicità di Gesù.
3) è possibile che le fonti scritte di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 si basano a loro volta su tradizioni orali ancor più anteriori (perfino di Paolo).
4) “perciò” (!), è probabile che le fonti scritte di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 si basano a loro volta su tradizioni orali ancor più anteriori (perfino di Paolo).
5) è possibile che le fonti scritte e orali di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 (!) e al punto 4 (!) veicolano tra le altre cose veritiere e affidabili informazioni sulla vita di Gesù.
6)  “perciò” (!), è probabile che le fonti scritte e orali di cui si è “provata” l'esistenza al punto 2 (!) e al punto 4 (!) veicolano, tra le altre cose, veritiere e affidabili informazioni sulla vita di Gesù.
7) “perciò” (!!!), Gesù è esistito.

Si noti la candida disinvoltura, quasi ingenua, con la quale Errorman passa dal possibile al probabile in un batter di ciglio all'interno dello stesso paragrafo (fallacia logica del possibiliter ergo probabiliter) e quel che ancor più disturbante, senza ostentare un briciolo di sana evidenza di quel che proferisce, anzi con una sorta di sadico piacere nel puntare il dito alle incongruenze e contraddizioni presenti non solo nei nostri vangeli (il che è pacifico) ma anche nelle sue *ipotetiche* fonti scritte e/orali precedenti, quasi che questo sia sufficiente a provarne la maggiore veridicità storica (che è in fondo la sua tesi, quello che lui vorrebbe dimostrare) e non piuttosto - come sarebbe decisamente più logico aspettarsi - a metterla ulteriormente a loro volta in discussione.
La cosa ridicola è che mentre Errorman si autoconcede, a  lui e solo lui, il lusso di sentenziare apoditticamente in simile maniera senza offrire la minima argomentazione analitica:


Erano persone in carne e ossa; avevano udito storie su Gesù, forse avevano letto alcuni racconti della sua vita e decisero di scrivere la propria versione dei fatti.
(pag. 82)

...egli non concede all'interlocutore miticista di turno neppure la mera possibilità di poterlo imitare nel suo medesimo e colpevole errore logico:

Uno dei punti deboli della tesi di Wells è la presunzione di sapere che cosa avrebbe fatto Paolo. Cercare di indovinare il pensiero di qualcuno è sempre un'iniziativa pericolosa dal punto di vista storico, in particolar modo se questo qualcuno è vissuto duemila anni fa, non ne abbiamo una conoscenza approfondita e abbiamo un accesso limitato alla sua persona. Dove sono le prove che suggeriscono cosa avrebbe fatto Paolo?
(pag. 136, mia enfasi)

E non si creda che Errorman è solo in questa manifestazione di assoluta demenza mista a squallida saccenza.
Sono in sua degna compagnia tutti coloro vittima dell'illusione che bastino almeno DUE soli fonti evangeliche *indipendenti* per farle risalire, previa impugnatura del Rasoio di Occam, ad un unico originatore storico delle stesse e provare così definitivamente la storicità di Gesù. Molto, troppo spesso, questi sedicenti storicisti (ovvero persone che credono che Gesù sia esistito senza giammai pensarlo davvero) ignorano che a quel fine devono non solo dimostrare l'esistenza di tali fonti ipotetiche (e perfino Kloppenborg, il più abile apologeta della fonte Q, si sente costretto a ribadirne la sua natura *ipotetica*) ma anche la loro affidabilità (non decisamente il forte dei vangeli, come lo stesso Errorman ha contribuito a provare nei suoi libri migliori, quindi non si capisce perchè il giudizio sulle loro fonti non dovrebbe essere quantomeno analogo).

E per dare un'idea di come perfino la semplice postulazione dell'ipotesi Q (ovvero di un materiale comune a Luca e a Matteo, “ma non a Marco”) si risolva bruscamente nel più caotico riflesso delle più selvagge speculazioni (quasi a frustrare le nostre aspettative su un'ipotesi cosiddetta “semplice” e per giunta sollevata dai suoi apologeti brandendo fieramente Occam) è sufficiente dare una rapida scorciatina alle varie differenti istanze in cui l'ipotesi Q è declinata a seconda dello pseudo-storico di turno, crogiolandosi nella palude delle loro diverse sensibilità, rivelando da ultimo come perfino la sua “semplice” assunzione è ben lungi dal tradursi ipso facto in maggiore certezza di cosa precisamente sia da chiamarsi “Q” e tantomeno di cosa debba essere considerato, al varco della decisione finale, “autenticamente gesuano” in virtù della sua mera appartenenza a Q:

(tutte queste figure sono state attinte da questo libro).

Qui addirittura si ipotizzano fino a milioni di fonti precedenti, quasi a voler far rivoltare apposta il buon Occam nella tomba. Questa figura sembra davvero meglio approssimare l'opinione di Errorman sulle sue fonti immaginarie:

 
Vi sembra che tutto questo postulare dappertutto fonti precedenti sia un omaggio al Rasoio di Occam?
Non lo credo proprio. Nel momento in cui Errorman lega all'ipotesi Q il suo argomento in supporto della storicità di Gesù, condanna fatalmente tutti coloro che mettono in dubbio Q, perfino chi ne nega addirittura l'esistenza (dagli accademici sinceramente storicisti Mark Goodacre e Markus Vinzent, tanto per citare due nomi soltanto, fino all'ultimo lettore ignaro perfino di cosa cazzo sia “Q”) ad aver meno diritti di credere alla storicità dell'uomo, perchè incapaci, a differenza di Errorman, di “vederne” l'evidenza riflessa tramite Q.
Ma magari si fosse limitato a Q. Neppure Errorman è soddisfatto da quella fonte, considerata la fretta con cui introduce a bruciapelo l'esistenza di milioni di fonti scritte/orali anteriori ai vangeli in aggiunta alla sua salda proverbiale ostentazione di fiducia nella loro affidabilità & veridicità intrinseche.

Quest è il suo davvero caratteristico modo di “provare” (!) innanzitutto l'esistenza di quelle fonti:

Tutte le fonti scritte cui ho accennato sono precedenti ai vangeli in nostro possesso, convalidano molte informazioni essenziali su Gesù presenti nei vangeli e, cosa più importante, sono tutte indipendenti l'una dall'altra.
(pag. 75)

Talvolta i miticisti, desiderosi di sminuire il valore dei vangeli come fonte per stabilire l'esistenza storica di Gesù, sottovalutano che i resoconti superstiti, la cui stesura è iniziata una quarantina d'anni dopo la data tradizionale della sua morte, si basano su testi scritti che non ci sono pervenuti. È evidente che quei testi sono esistiti, anche se non sappiamo quando, ed è altrettanto evidente che sono anteriori ai vangeli in nostro possesso.
(pag. 78-79)

Matteo ha attinto a sua volta ad alcune fonti scritte. Come ho fatto notare, si è servito del testo di Marco, più ancora di quanto abbia fatto Luca, e della Fonte Q. Anche Matteo, tuttavia, include molte storie reperibili solo nel suo vangelo: la visita dei magi al neonato Gesù per adorarlo, per esempio, o la parabola delle pecore e dei capri all'epoca del giudizio finale. Quelle storie sono state tratte senz'altro dalla/e fonte/i a cui ha attinto il solo Matteo, che gli studiosi hanno di conseguenza designato come Fonte M. Al pari della Fonte L, la Fonte M può essere stata composta da un singolo documento scritto, da una quantità di documenti, oppure da una combinazione di tradizioni orali e fonti scritte.
(pag. 81)

...E questo è il suo simpaticissimo modo di “provare” (!) parimenti in secondo luogo l'affidabilità di quelle fonti:
Luca ereditò le tradizioni orali su Gesù e il suo legame con Nazaret, e trascrisse quanto aveva udito. Le vicende che Luca aveva sentito raccontare forse erano fedeli alla realtà o forse non lo erano...
(pag. 73-74, mia enfasi)
Non intendo sostenere, neppure in questo caso, che ogni studioso concordi su ogni dettaglio. Al contrario, gli esperti discutono animatamente su molti temi specifici.
(pag. 79, mia enfasi)

 Davvero non capisco: a che serve raddoppiare, triplicare, quadruplicare e così via all'infinito il numero di *ipotetiche* fonti scritte e/o orali dietro i nostri  4 vangeli per poi essere il primo a provare insana goduria nel debunkarle, reiterando ad nauseam il solito ritornello che quelle fonti sono intese a “dichiarare verità religiose, non fatti storici” ?

Per nulla esausto di vendere ipotesi sopra ipotesi come se fossero fatti certi, Errorman insiste nella sua ossessione:
Anche Luca si servì di altre fonti, come dichiara egli stesso. Non ci fa sapere quante fossero. Sono tante le storie reperibili solo nel suo vangelo, per esempio le parabole del figliol prodigo e del buon samaritano enunciate da Gesù. Luca deve averle ricavate altrove; gli studiosi forniscono da tempo elementi concreti per pensare che Luca non si sia inventato tutto.
(pag. 79)

Avendo detto quell'ennesima stronzata, ormai non ci sono più dubbi che il Gesù storico teorizzato da Errorman è solo a parole una figura piuttosto insignificante e poveramente attestata durante la sua esistenza: in realtà il Gesù storico, per Errorman, è ad un passo dall'essere in realtà la figura meglio attestata in tutta la Storia del genere umano! Vanno così a farsi benedire tutti gli (ipocriti) scrupoli dei folli apologeti cristiani sotto mentite spoglie di storici quando intendono rassicurare i loro lettori laici che il Gesù della Storia è figura assai più umile e modesta - un genuino ebreo marginale, che più marginale non si può - rispetto al pomposo e infallibile Cristo della fede. Se una tale figura è capace di far immaginare a Bart Errorman l'esistenza di milioni di fonti scritte pre-evangeliche su di lui praticamente ex nihilo, ovvero senza che egli possa mai dimostrarla davvero, allora Errorman è costretto a gettare la maschera e a rivelarsi per quel che egli è veramente: un banale folle apologeta criptocristiano che non è mai diventato agnostico in cuor suo, tantomeno ateo. Perchè solo uno che è intimamente CRISTIANO è capace di “sentire” con tale ossessivo auto-controllo che “Gesù esistette” nonostante nella condizione di non poterlo mai dimostrare portando della sana EVIDENZA.

Errorman ci risparmierà dalla prossima sciocchezza ? Lui ha appena dato prova di moltiplicare a volontà i “pani”, ovvero le *ipotetiche* fonti scritte pre-evangeliche: non sarà che ora si accinga parimenti a moltiplicare oltre misura i “pesci”, ovvero le *ipotetiche* tradizioni orali anteriori a quelle altrettanto *ipotetiche* fonti scritte?

Ebbene, sì, purtroppo:
Da quanto ne so, tra le nostre fila non vi sono più critici delle forme che concordano alla lettera con le formulazioni di Schmidt, Dibelius e Bultmann, i pionieri di tale interpretazione. Ma l'idea fondamentale da cui partirono, l'idea che, prima della stesura dei vangeli, prima della produzione delle fonti da cui i vangeli trassero il loro materiale, vi fossero in circolazione tradizioni orali su Gesù, che gli episodi della sua vita fossero narrati e ripetuti, che cambiassero forma e talvolta fossero frutto di invenzione, è tuttora ampiamente condivisa.
(pag. 85)

Con quelle parole, Bart Errorman ha definitivamente oltrepassato il limite. Ora si spiega, visto quant'è irrimediabilmente ottuso Errorman nel proferire quelle parole, perchè i suoi simili in Italia, e qui mi riferisco ad Adriana Destro e Mauro Pesce, siano altrettanto straordinariamente ottusi e contorti quando scrivono:
Crediamo che nei racconti dei Vangeli siano rimaste delle tracce non cancellate che ci consentono in certi casi di intravedere ciò che accadde. Le tracce sono segni certi di ciò che è avvenuto in passato. Come quando la marea si ritira e la sabbia terrosa della laguna è piena di impronte, di indizi più o meno nitidi di vite che non ci sono più.
Sappiamo però che c'erano.
(estratto da La morte di Gesù: Indagine su un mistero, Rizzoli 2014, mia enfasi)

Quella è follia pura. Totale bancarotta della mente e del pensiero. A detta dei vari Errorman, Destro, Pesce, Augias, ecc, il Gesù storico esisterebbe perchè dietro i nostri vangeli esisterebbero un sacco di *ipotetiche* fonti scritte più o meno affidabili e corroborantesi a vicenda, dietro le quali vi sarebbero all'origine le stesse parole del Gesù storico, a sua volta (!) assunto come esistente (!) nonostante il non trascurabile problemino che QUELLO è esattamente ciò che si deve provare!

La lama affilata del Rasoio di Occam reciderebbe all'istante un tale mostruoso uroboro partorito dalle peggiori fantasie di Errorman, ovvero il classico serpente che si morde la coda scaturito dal suo meraviglioso esempio di ragionamento circolare.

Mauro Pesce e Adriana Destro in particolare andrebbero accusati di follia apologetica cristiana come e peggio di Bart Errorman, dal momento che anche loro sono colpevoli a più riprese di ammiccare assurdamente ad *ipotetiche* fonti pre-evangeliche mancando del tutto di convincerci per quale motivo di grazia dovremmo credere
a) alla loro esistenza
b) alla loro presunta veridicità e affidabilità storica

...ancor più quando gli stessi vangeli (quelli sì esistenti!) ci spingono ancora e ancora verso le opposte conclusioni:

a) che sono autentiche opere d'arte letterarie, dove pressochè ogni verso serve a fare il punto simbolico-midrashico-ironico con il precedente e viceversa all'interno di una sapientissima ed elaboratissima costruzione,
b) che sono ben lontani dall'essere veritieri e affidabili su molte, troppe cose (e questo non c'è neppure bisogno di dirlo).


Almeno Bart Errorman ha all'attivo libri come “Gesù non l'ha mai detto. Millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei Vangeli”, o Sotto falso nome. Verità e menzogna nella letteratura cristiana antica”, almeno Bart Errorman non crede alla storicità di Giuseppe d'Arimatea [1], almeno Bart Errorman ha contribuito a laicizzare di molto il dibattito sulle fonti evangeliche scrivendo libri come How Jesus Became God (dove arriva a dare ragione a Richard Carrier: Gesù fu considerato un angelo nella più antica testimonianza scritta).



Pesce non ha fatto nulla di tutto questo e a causa di ciò io trovo scandaloso e immeritato la sua fama di autore illuminista quando dei Lumi non ha nè la ragione né tantomeno il necessario giudizio critico per la messa in discussione non solo della storicità di questo o quell'episodio evangelico, ma della stessa storicità di Gesù.
Peggio di Errorman, peggio di Pesce, peggio di Destro, in Italia c'è solo Corrado Augias, il quale addirittura ha appreso alla lettera - docet Errorman - le facoltà magiche di far scaturire *ipotetiche* fonti scritte e/o orali dai nostri miseri vangeli che si mette a scrivere addirittura un romanzo “sulle ultime 18 ore di Gesù”, ammiccando tra una riga e l'altra al lettore il malcelato proposito di farlo passare addirittura come “storico” in ragione del fatto che il suo racconto suonerebbe più “realistico” degli altri. Ma almeno Corrado Augias è sincero, visto che fa alla luce del Sole ciò che fa Bart Errorman implicitamente nel suo libro: ovvero sognare ad occhi aperti le fonti *ipotetiche* la cui esistenza lui desidera e agogna.

A dimenticavo.... ...oltre al danno, Errorman aggiunge pure la beffa:
Questa non è pura speculazione.
(p. 86)

Infatti è peggio: è deliberata falsificazione della realtà, quando la realtà è troppo assurda da accettare.
L'altra cosa curiosa è che se si permette a Errorman il diritto di ipotizzare un numero pressochè infinito di fonti scritte e/o orali pre-evangeliche con la sola funzione di corroborare la sua opinione su Gesù, allora dovrei dare il medesimo diritto a tutti indistintamente, fondamentalisti, apologeti, miticisti, proponenti dei più vari controversi Gesù storici, ecc, ecc, di immaginare le fonti che più aggradano i loro più disparati capricci, dando ragione infine al Trifone giudeo menzionato (o a sua volta inventato) da Giustino:
''Ma Cristo – se Egli è nato veramente, ed esiste da qualche parte - è sconosciuto, e non lo sa neanche Lui stesso, e non ha alcun potere finché Elia non venga ad ungerLo, e renderLo noto a tutti. E voi, avendo accettato un racconto senza fondamento, inventate un Cristo per voi stessi, e per lui perite sconsideratamente.'' (mia enfasi, Giustino, Dialogo con l'ebreo Trifone 8.3.4)
A quel punto non ci sarebbe più alcuna distinzione tra il “Gesù storico” com'è concepito da dementi apologeti cristiani come William Lane Craig o Federico Adinolfi, il “Gesù storico” che si fa un viaggetto in India di qualche eccentrico scemo, il “Gesù storico” chiromante di quell'idiota di Pier Tulip e il “Gesù storico” di un Bart Errorman: tutti questi Gesù in fondo sono confermati da fonti *ipotetiche*, a giudizio dei loro proponenti. Con la fantasia si possono creare le fonti *ipotetiche* che si vuole, magari insinuando, come fa il folle apologeta ortodosso Valerio Polidori, che “probabilmente” Marco non termina in 16.8, e così esorcizzando il rischio che l'evangelista avesse voluto farsi beffa degli stessi originari visionari del Gesù Risorto per il solo torto che non erano abbastanza paolini come il Cristo di Paolo che precedeva quel fallito di Pietro nella Galilea guardacaso “dei gentili”:
Senza fare esplicita menzione di Paolo, il finale di Marco rivela che l'Apostolo dei Gentili - che chiamò sé stesso l'ultimo degli apostoli perchè Gesù apparve a lui per ultimo (1 Cor 15:8-9), e che doveva difendere la sua autorità vis-à-vis con quelli apostoli - era in realtà il primo e più grande e più autorevole. Era Paolo che primo “seguì Gesù in Galilea” stabilendo il genere di comunità inclusive che la Galilea simboleggia nel vangelo di Marco.
(Mark, Canonizer of Paul, Tom Dykstra, pag. 139, mia libera traduzione e mia enfasi)

Quando Errorman sintetizza quanto da lui appena detto, non dà forse un buon motivo per essere più che altro agnostici sull'effettiva esistenza o meno - e sull'effettiva affidabilità o meno - di tale *ipotetiche* fonti pre-evangeliche?

Luca ereditò le tradizioni orali su Gesù e il suo legame con Nazaret, e trascrisse quanto aveva udito. Le vicende che Luca aveva sentito raccontare forse erano fedeli alla realtà o forse non lo erano...
(pag. 73-74, mia enfasi)

...Soprattutto alla luce del fatto, riconosciuto dal medesimo Errorman, che gli stessi folli apologeti cristiani suoi simili non concordano affatto su quali e quanti siano tali *ipotetiche* fonti (alla faccia del Rasoio di Occam), e su quali e quanti tra loro, posto che esistettero, siano maggiormente affidabili da un punto di vista storico (alla faccia del Rasoio di Occam):

Non intendo sostenere, neppure in questo caso, che ogni studioso concordi su ogni dettaglio. Al contrario, gli esperti discutono animatamente su molti temi specifici.
(pag. 79)


Non solo questo. Lo stesso Errorman va pericolosamente vicino a concedere al lettore la stessa messa in dubbio della sua premessa (l'esistenza di tali *ipotetiche* fonti), praticamente riuscendo nella mirabile impresa di auto-confutarsi da solo con le sue stesse mani nel giro di un solo capitolo del suo ridicolo libro:
A mio avviso, è arduo stabilire se la Fonte Q contenesse il racconto della Passione. Non è escluso, per esempio, che Matteo abbia copiato alcune vicende della Passione dalla Fonte Q e che Luca non le abbia inserite. In tal caso, non avremmo modo di sapere se le storie che compaiono solo nel testo di Matteo - compresi alcuni brani che narrano la Passione - fossero presenti nella Fonte Q e Luca abbia semplicemente deciso, per ragioni a lui note, di non riprodurle.
(pag. 79, mia enfasi)

Come sarebbe a dire “non avremmo modo di sapere”? Proprio chi “SA” che esistono “probabilmente” le fonti “ipotetiche” dietro il vangelo di Matteo - quelle che Errorman ha appena battezzato “M” -, finge ora di non essere così altrettanto sicuro sulla loro reale esistenza ?  E se becco questo idiota di accademico mentre è colto dal dubbio sull'esistenza o meno di “M” (una fonte che per Errorman esiste “a priori” solo perchè lui la “trova” solamente in Matteo), cosa mi impedisce di mettere in dubbio l'esistenza di tutte le altre fonti *ipotetiche* da lui tirate in ballo?

L'insistenza ossessiva di Errorman sulle sue fonti *ipotetiche* si traduce in pura demenza apologetica quando, dopo aver egli reiterato al limite del fanatismo ideologico l'indipendenza del vangelo di Giovanni, riesce addirittura a PREVEDERE che un critico come me gli sventolerà sotto il naso il primo commento che gli capita a tiro da Vridar (da parte di un ricercatore come Ken Olson, si badi bene),
...è una buona idea, e non molto conosciuta, ma non del tutto senza precedenti nella ricerca: Gregory Dunstan, “The Clothing of the Passion: Symbolism in the Passion Narrative of St. John,” in Search: A Church of Ireland Journal 22 (1999) 26-33 ha pubblicato sulla connessione tra o squarcio del velo del tempio in Marco e la veste di Gesù in Giovanni. Ho proposto un articolo alla sezione di Giovanni, Gesù, e Storia del SBL lo scorso anno con il titolo “Parting The Veil: Uncovering John’s Use of Mark 15.38”, ma non è stato accettato. Stavo sostenendo che Giovanni era impegnato in un'interpretazione piuttosto creativa: se il corpo di Gesù era il tempio, come si dice in Giovanni 2,21, allora il velo del tempio era la veste di Gesù. Quello che mi ha ispirato è stato l'argomento di D. Moody Smith che se Giovanni aveva conosciuto Marco, è improbabile che avrebbe omesso la lacerazione del velo del tempio nel proprio computo della passione (John Among the Gospels 2e, 225). Se Dunstan ha ragione, tuttavia, allora Giovanni John non l'ha omesso affatto.
(mia libera traduzione)

...per poi riuscire a “fregarmi” (così pensa il folle Errorman) scrivendo addirittura (!) in una nota a margine del testo la sua pronta “razionale” obiezione:
Alcuni studiosi pensano che Giovanni fosse a conoscenza dei vangeli sinottici e li abbia utilizzati, ma lo ritengo improbabile. E se pure fosse vero, il suo testo contiene molti racconti che non hanno alcun rapporto con i sinottici, e in quei casi non può esserci stata alcuna dipendenza.
(capitolo 3, nota 3, mia enfasi)

Capita la lezione dell'accademico Errorman? Soltanto perchè Giovanni ha le traveggole io dovrei credere alla sua indipendenza dagli altri sinottici! Puah!

Ma a quel punto si sa già dove Errorman voleva arrivare a parare fin dal principio, a costo di spacciare per REALE EVIDENZA quella che è e rimane fino a prova contraria assoluta non-evidenza, ovvero nella conclusione che tutte quelle fonti anteriori *ipotetiche* da lui estratte magicamente dal cilindro,
...tutte le fonti scritte cui ho accennato sono precedenti ai vangeli in nostro possesso, convalidano molte informazioni essenziali su Gesù presenti nei vangeli e, cosa più importante, sono tutte indipendenti l'una dall'altra.  ... L'opinione che Gesù sia vissuto è rilevabile in molteplici fonti indipendenti che devono essere circolate in varie regioni dell'Impero romano nei decenni che precedettero la produzione dei vangeli superstiti.
(pag. 82)

È certamente vero che se chiami arbitrariamente “fonte indipendente” un sottoinsieme stretto di Luca, o di Matteo, o di entrambi, allora quella “fonte indipendente” deve per forza “corroborare” quanto dice il vangelo dal quale è stato estratto, se non altro perchè altrimenti non sarebbe mai figurato in quel vangelo. E perchè allora tale falso stupore da parte di Errorman di fronte alle fonti *ipotetiche* che lui stesso ha dichiarato tali (senza pensarlo davvero ma solo crederlo e asserirlo dogmaticamente), se non per incantare il lettore e persuaderlo dell'esistenza delle sue innumerevoli fonti *ipotetiche* a furia di ripetere ad nauseam che esistono e che non possono non esistere?
Ma quel che trovo più antipatico in questa goffa operazione di Errorman è che lui non permette minimamente la possibilità che le sue amate fonti *ipotetiche* avessero un contenuto compromettente per la storicità di Gesù, magari raccontando delle sue mirabolanti avventure mitologiche nei territori arcontici sub-lunari. No: per Bart Errorman, se un' *ipotetica* fonte anteriore ai vangeli deve esistere, allora esiste al solo scopo di confermare la storicità di Gesù e non di negarla.
Questo è puro dogmatismo ideologico, non è neppure speculazione scientifica. E quell'ottuso dogmatismo porta Errorman a condannare il miticista di turno colpevole solo di imitarlo, di imitare lui, Bart Errorman:
L'elemento forse più straordinario di tutti questi stupefacenti paralleli con le asserzioni cristiane su Gesù è il fatto altrettanto stupefacente che Graves non fornisca alcuna documentazione per nessuno di essi. Sono tutti rivendicati d'autorità dallo scrittore. ... Graves non nomina le fonti da cui ha tratto le sue informazioni.  ... Non ci sono prove. È un'invenzione.
(pag. 211-212)

Prova a sostituire il nome di “Kersey Graves” con quello di “Bart Ehrman” nella citazione di cui sopra e avrai ancora una descrizione assolutamente disincantata della realtà:
L'elemento forse più straordinaro di tutte queste stupefacenti fonti *ipotetiche* dietro ogni vangelo è il fatto altrettanto stupefacente che Bart Ehrman non fornisca alcuna documentazione per nessuno di esse. Sono tutte rivendicate d'autorità dallo scrittore. ... Bart Ehrman non nomina le prove da cui ha tratto le sue fonti *ipotetiche*.  ... Non ci sono prove. È un'invenzione.

Il colmo infatti Errorman lo rivela allorchè tradisce la sua volontà di applicare il suo potere magico (di far sbucare dal nulla per mirabile incanto tutte le fonti *ipotetiche* che preferisce) solo e soltanto sui vangeli, vietando ad altri di tentare magari la medesima mossa sulle epistole di Paolo, per timore (Dio non voglia!) che il risultato favorisca indirettamente la tesi miticista (secondo la quale dietro il Gesù cosmico di Paolo non ci sarebbe nessun Gesù storico).

A proposito dell'Inno ai Filippesi, Errorman ha la bontà di osservare:
C'è ampio consenso sulla sua natura poetica - forse è una sorta di inno (come di solito si pensava), o un credo (il che è più plausibile) - e sul fatto che probabilmente l'apostolo lo abbia citato, e non composto in prima persona.
(pag. 235)
 Ma anche questo punto è oggetto di controversia, e gli studiosi dibattono se sia stato scritto da qualcun altro prima che Paolo vergasse la sua lettera ai cristiani di Filippi, o se sia stato l'apostolo a scriverlo.
(pag. 23)

Osserva attentamente il trucco: se si fosse trattato di un episodio evangelico e non di un pezzo di Paolo, Errorman non avrebbe avuto alcun scrupolo nell'aprire le porte alla possibilità di tradizioni *ipotetiche* scritte e/o orali dietro quell'episodio evangelico, una possibilità che lui poi magicamente avrebbe convertito in una probabilità. Per quale motivo?
Perchè l'inno ai Filippesi, come in fondo tutto Paolo, descrive Gesù in un modo scandalosamente simile ad altri dèi che muoiono e risorgono. Sopra la luna o in un passato ancestrale.
Ecco un altro esempio della vigliaccheria di Errorman:
È quasi certo che non fu Paolo a scrivere la Lettera ai Colossesi. È uno dei falsi prodotti a suo nome, che venne scritto dopo la sua morte, come gli studiosi più attenti ammettono da tantissimo tempo. Sostenere che il passo derivi da una tradizione pre-paolina è problematico. La Lettera ai Colossesi è un'epistola post-paolina: allora su che basi possiamo affermare che il passo si riferisce a una tradizione precedente?
(pag. 246)

Prova a sostituire nell'ultima citazione di cui sopra ogni occorrenza di “Paolo” e della “lettera ai Colossesi” rispettivamente con le parole “vangelo” e “episodio y”, ed avrai confutato Errorman facendo uso dei suoi stessi argomenti:
 Sostenere che l'episodio derivi da una tradizione pre-evangelica è problematico. L'episodio  y è un episodio evangelico: allora su che basi possiamo affermare che l'episodio si riferisce a una tradizione precedente?
Ne consegue che anche qui Errorman fa l'esorcista, più che lo storico: lungi da noi (ancora una volta, senza dar ragione del perchè dovremmo credergli) l'idea eretica che le epistole preservino *ipotetiche* informazioni più antiche (scritte e orali) altrimenti andate perdute, perchè quell'informazione, imperniata com'è attorno ad un Cristo cosmico (come emerge evidentemente in tutte le epistole attribuite a Paolo, autentiche o meno) rischia di compromettere la stessa fiducia di Errorman nella storicità di Gesù, se soltanto dovesse venir immaginata (non sia mai!) più antica delle stesse *ipotetiche* fonti scritte e/o orali ipotizzate da Errorman dietro i vangeli.

Il pericolo che assilla Errorman (e che lo porta a fantasticare come un bambino sulle fonti *ipotetiche* dietro i vangeli ma a negare recisamente le stesse *ipotetiche* fonti dietro le epistole) è presto rivelato a malincuore dallo stesso Errorman:
Altre tradizioni riportate dai vangeli, al contrario, risalgono sicuramente agli originali in aramaico. [2] È un dato molto importante. Gli ebrei palestinesi di lingua aramaica raccontavano molte storie sulla vita di Gesù prima che Paolo scrivesse le sue lettere negli anni Cinquanta dell'èra volgare, presumibilmente a pochi anni di distanza dalla data tradizionale della morte di Gesù. È un dato importante anche per confutare l'argomentazione prevalente tra i miticisti, secondo cui, poiché le epistole neotestamentarie furono scritte prima dei vangeli e poiché le epistole, soprattutto quelle di Paolo, dicono poco o nulla (si sostiene) sul Gesù storico, ma parlano soltanto del Cristo mitico che, al pari delle divinità pagane (di nuovo, si sostiene), era morto e risuscitato, i primi documenti del cristianesimo non convalidano l'idea che Gesù sia realmente vissuto; era soltanto un concetto mitico.
(pag. 91)

Questa la prendo per una pubblica confessione,
da parte dello stesso Errorman, che lui ha estremamente bisogno, assoluto bisogno!, con o senza il consenso di Occam, il verificarsi di precise 4 condizioni essenziali al suo argomento:
1) l'esistenza di fonti *ipotetiche* dietro i vangeli, scritte e/o orali;
2) la loro affidabilità;
3) il fatto che confermino il Gesù storico e non il contrario e...
4) la loro maggiore antichità rispetto a qualunque fonte *ipotetica* immaginata dietro le epistole di Paolo.

Solo se i punti 1, 2, 3 e 4 fossero veri (e dimostrati essere tali) allora Bart Errorman avrebbe sbaragliato una volta per tutte il miticismo. Peccato per lui, e per Pesce, e per tutti i folli apologeti cristiani, cripto-cristiani ed ex-cristiani par loro, che nessuno ha dimostrato la verità di anche uno solo di quei quattro punti.

 

NOTE

[1]  Si noti come si esprime questo ricercatore a proposito di Giuseppe d'Arimatea:
Come sostiene MacDonald, il seppellimento da parte di Giuseppe è modellato su quello di Ettore nell'Iliade. E cosa fa Priamo pur di seppellire Ettore? Come ha sottolineato MacDonald, lui *osa* richiedere la sepoltura di suo figlio. E così noi abbiamo un parallelo tra il τολμήσας (“aver osato”) in Marco 15:43 e l' ἔτλης (“tu osi”) in Iliade 24.519, come pure il τλαίη (“egli osò”) in 24.565. La teoria di Allison che i romani permettevano sepolture onorevoli a criminali crocifissi non può spiegare perchè Giuseppe ''osò'' domandare a Pilato (che dovrebbe aver concesso il cadavere come procedura standard), ma la teoria di MacDonald che la scena è un'invenzione basata sull'imitazione da Omero spiega la peculiarità.

Si dovrebbe notare anche che MacDonald ha anche offerto teorie del perchè il personaggio è chiamato “Giuseppe di Arimatea”. Nell'Iliade, il padre di Ettore richiede la sua sepoltura. Qual è il nome del padre di Gesù? Giuseppe. Parimenti, il nome “Arimatea” può essere formato col prefisso greco ἀρι- (“migliore”) e μάθη, μάθησις, μάθημα, μαθητής (“insegnante/discepolo”) con l'aggiunta del suffisso -αία come indicatore usuale di luogo.Da qui, Giuseppe, che riscuote il cadavere di Gesù dopo la fuga degli altri discepoli, giunse da un luogo che letteralmente significa “Villaggio del Miglior Discepolo.” Questo lo si può spiegare mediante la circostanza che Giuseppe si preoccupò di seppellire Gesù, quando tutti i suoi discepoli erano fuggiti, quindi facendo di Giuseppe il “miglior discepolo.”

Dovrei notare che io non penso che l'argomento sopra è conclusivo. Come ho notato, ci sono un sacco di studiosi che sono in disaccordo con il criticismo mimetico di MacDonald. Parimenti, ci sono altre teorie di come Giuseppe di Arimatea potrebbe essere stato inventato. Come nota Roger Aus in The Death, Burial, and Resurrection of Jesus, and the Death, Burial, and Translation of Moses in Judaic Tradition (pp. 162-165), il nome potrebbe essere basato sul sito della sepoltura di Mosèl [1]. In Deuteronomio 34:5-6 Mosè morì nella terra di Moab, nella valle opposta di Beth Peor. Tradizionalmente, questo è lo stesso sito noto come Monte Nebo, “la cima di Pisgah.” Ci sono quattro istanze nella Bibbia ebraica dove si allude alle altezze di Pisgah (Deut. 3:17; Deut. 4:49; Giosuè 3:23; Giosuè 13:20). Come sostiene Aus:


“il nome aramaico רמא al singolare significa “altezza” … Alla luce della evidenza di cui sopra io suggerisco che i rpimi cristiani ebrei palestinesi di lingua aramaica che per prima formularono il racconto della sepoltura di Gesù copiarono il termine (Giuseppe di) “Arimatea” dalla tradizione giudaica per lui disponibile sul sito della morte e sepoltura del primo redentore di Israele, Mosè. Esso era sulla cima di “Pisgah,” in Aramaico al plurale l רמתא, “Ramatha,” “e altezze.” Era anche la stessa forma impiegata per la cima di “Pisgah” all'epilogo del Canto del Pozzo in Num. 21:20. Come notato sopra, la prima tradizione giudaica manteneva che il pozzo seguiva gli israeliti sul sito della morte e sepoltura di Mosè, cioè il Pisgah di Deut. 34:1 (col v 6). Lo stesso autore della sepoltura di Gesù probabilmente aggiunse un aleph iniziale, spesso fatto per nomi di luogo ... L'aramaico ארמתא fu poi essenzialmente tradotto correttamente nel greco come Αριμαθαια.
Perfino se MacDonald è in errore circa la fonte letteraria omerica per l'invenzione di Giuseppe di Arimatea, esistono anche fonti letterarie ebraiche che possono spiegare altrettanto bene l'invenzione.
[2] inutile ricordare all'accorto lettore che qui Errorman vuole indurlo a credere che solo Gesù e i seguaci di Gesù parlavano “aramaico”.

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