giovedì 28 maggio 2015

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (XII)

Flavio Giuseppe, impersonato dall'attore Sam Neill nel film Dovekeepers.

In ciò che segue io sono profondamente debitore a Peter Kirby, admin del forum Biblical Criticism & History Forum, per le illuminanti rivelazioni intorno a questo cruciale passaggio di Flavio Giuseppe.
Venuto a conoscenza della morte di Festo, l'imperatore inviò Albino quale governatore per la Giudea. Il giovane Anano, che come ho già accennato era diventato sommo sacerdote, aveva un carattere insolitamente diretto e audace. Egli seguiva la setta dei sadducei, che sono nei loro giudizi i più severi fra tutti gli Ebrei, come ho già dimostrato. Anano, visto il tipo d'uomo che era, pensò di avere un'opportunità ideale, con festo morto e Albino ancora in viaggio. Convocò un consiglio di giudici; portò al suo cospetto il fratello di Gesù, detto Cristo, il cui nome era Giacomo, e alcuni altri, li accusò di trasgredire la legge e li condannò alla lapidazione. Tutti coloro che erano ritenuti i più ragionevoli della città, e coloro che erano rigorosi in questioni di legge si adirarolto per questo e in segreto inviarono n messaggio al re chiedendogli di ordinare ad Anano di non comportarsi più in tal modo; in effetti, dissero, egli aveva agito in modo illecito fin dall'inizio. Alcuni di essi si recarono addirittura da Albino in viaggio da Alessandria e gli dissero che era illegale che Anano avesse convocato un consiglio senza il suo permesso. Albino fu persuaso da ciò che dissero e scrisse una lettera adirata ada Anano, minacciando di punirlo. Fu a causa di questo che il re Erode Agrippa privò Anano del sommo sacerdozio, che aveva detenuto per tre mesi, nominando al suo posto Gesù figlio di Damneo.


IL SEGUITO

Quando Albino giunse nella città di Gerusalemme, rivolse tutti gli sforzi e fece ogni preparativo per assicurare la pace alla regione sterminando la maggior parte dei sicari.
Ora il sommo sacerdote Anania ogni giorno cresceva in reputazione ed era splendidamente ricompensato dalla benevolenza e dalla stima dei cittadini; perché era astuto e li forniva di denaro; ogni giorno offriva doni ad Albino e al sommo sacerdote.
(Aveva) però dei servitori assai perversi che, accompagnandosi con la gente più ardimentosa che c'era, si aggiravano per le aie e con la forza portavano via le decime dei sacerdoti; né si astenevano dal percuotere coloro che rifiutavano di dare. I sommi sacerdoti erano colpevoli allo stesso modo dei servitosi e nessuno li poteva fermare. Così accadeva che i sacerdoti, che negli antichi giorni vivevano delle decime, ora erano ridotti a morire di fame.

Di nuovo i sicari in occasione della festa, che allora si stava celebrando, entrarono di notte in città e rapirono il segretario del generale Eleazaro, figlio del sommo sacerdote Anania e lo legarono;
mandarono a dire ad Anania che avrebbero liberato il segretario se lui avesse indotto Albino a liberare dieci di loro che erano stati fatti prigionieri. Anania, sotto tale costrizione, persuase Albino ad aderire alla (loro) istanza.
Questo fu l'inizio di guai maggiori. I ribelli escogitarono di avere tra i rapiti l'uno o l'altro della cerchia di Anania che mantenevano sempre confinato e rifiutavano di liberarlo fino a quando avessero in cambio qualcuno dei sicari. Quando divennero di nuovo un numero considerevole, ripresero nuovamente ardire e cominciarono nuovamente a straziare ogni parte della regione.
In quel tempo il re Agrippa ampliò Cesarea di Filippo, come si chiamava, e le diede il nome di Neronia in onore di Nerone. Edificò inoltre, con grandissima spesa, un teatro per il popolo di Berito e lo presentò con spettacoli annuali, spendendo in questo progetto molte decine di migliaia di dracme.
Inoltre usava dare al popolo grano e distribuire olio di oliva; abbellì anche tutta la città con l'erezione di statue e copie di antiche sculture; trasferì in quel luogo quasi tutte le bellezze del regno. Di conseguenza aumentò l'odio dei sudditi perché li spogliava dei loro averi per abbellire una città straniera.
Il re poi depose Gesù, figlio di Damneo, dal sommo sacerdozio e designò suo successore Gesù, figlio di Gamaliel. Perciò sorse una ostilità tra quest'ultimo e il suo predecessore. Ognuno di essi raccolse una banda di gente molto temeraria e spesso avveniva che, dopo lo scambio di insulti, si andasse oltre, pigliandosi a sassate. Anania sovrastava tutti, facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione.
Da parte loro, Costobaro e Saul, raccolsero bande di malviventi; loro stessi erano di stirpe reale e raccolsero favori a motivo della loro parentela con Agrippa, ma erano sfrenati e pronti a spogliare le proprietà dei più deboli. Fu da quel momento, in particolare, che la malattia piombò sulla nostra città e ogni cosa andò scadendo di male in peggio.

(Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche 20.9.1-4)

Ciò che ho messo in grassetto vale più di mille parole.

Praticamente il folle apologeta Origene lesse il link causale 
''morte di Giacomo'' ''caduta di Gerusalemme'' 
direttamente da Antichità Giudaiche 20.9.1-4. Nè più nè meno. Totalmente al di là se egli fosse stato o meno a conoscenza della leggenda di Egesippo su Giacomo.

Diventano di colpo non necessarie le ipotesi di Richard Carrier e di Earl Doherty, secondo le quali il link causale ''morte di Giacomo'' ''caduta di Gerusalemme'' nasce con Egesippo, arriva ad Origene, il quale si inventa il costrutto ''detto Cristo'', che finisce poi accidentalmente tramite l'errore di uno scriba nel testo di Flavio Giuseppe, giungendo infine ad Eusebio che si ritrova apparentemente con due racconti su Giacomo, uno da Egesippo e l'altro da ''Flavio Giuseppe'' (testo originale + interpolazione).

Semplicemente Origene poteva riuscire da solo a creare quel link causale basandosi direttamente su una lettura tipicamente apologetica cristiana del testo di Flavio Giuseppe.

Ma anche un'altra ipotesi viene a cadere sotto i colpi implacabili del Rasoio di Occam. Come nota giustamente Peter Kirby,
And this is just the sort of thing the thread aims to show as completely unnecessary and proceeding from false assumptions.

E questo è proprio il genere di cose che il thread mira a mostrare come completamente non necessario e procedendo da false assunzioni.

(fonte)

Kirby si sta riferendo all'altra ipotesi alternativa a quella di Doherty/Carrier, e cioè quell'ipotesi descritta da Sabrina Inowlocki (University of Lausanne) nell'articolo accademico  "Did Josephus Ascribe the Fall of Jerusalem to the Murder of James, the brother of Jesus?" Revue de Etudes Juives 70, 1-2 janvier-juin 2011, 21-49. La prof.ssa Inowlocki sostiene in pratica che Origene si stava limitando a riportare un'esplicita connessione causale fatta da Flavio Giuseppe in persona tra la morte di Giacomo e la caduta di Gerusalemme, in un passaggio ora perduto.
Ora non è più necessario supporre gratuitamente l'esistenza di brani perduti di Flavio Giuseppe, perchè è ormai chiaro che un folle apologeta come Origene aveva tutti gli strumenti ermeneutici, basandosi ALMENO su Antichità Giudaiche 20.9.1-4, per inferire apologeticamente e del tutto anacronisticamente la leggenda che le sue orecchie avrebbero preferito sentire: e cioè che la caduta di Gerusalemme sarebbe da addebitarsi da ultima istanza al crudele trattamento riservato a Giacomo, il fratello di Gesù detto Cristo, da parte dei ''giudei''.

Nessuna più necessità di brani perduti di sorta di Flavio Giuseppe su Giacomo. Pace la prof.ssa Inowlocki, pace il folle apologeta cattolico Gianluigi Bastia, e pace il prof Robert Eisenman.

Origene poteva giungere alla lettura di quel brano da Flavio Giuseppe già armato della conoscenza di Egesippo ma ormai è d'un tratto divenuto interamente certo che Origene si stava basando direttamente su Flavio Giuseppe, seppure è altrettanto evidente che ne stava facendo una distorta e interessata lettura apologetica.

Infatti è chiaro, rileggendo il brano di cui sopra, che Flavio Giuseppe, dicendo quelle parole:
Fu da quel momento, in particolare, che la malattia piombò sulla nostra città e ogni cosa andò scadendo di male in peggio.
non si riferiva unicamente all'assassinio di Giacomo, ma all'intero drammatico contesto delle rivalità e faide interne tra le famiglie aristocratiche sacerdotali di Gerusalemme: a quelle lotte intestine lo storico ebreo aveva fatto risalire da ultimo le origini del disastro. E neppure in Guerra Giudaica si discosta tanto da questa conclusione, allorchè chiarisce più esplicitamente il legame tra Anano e la distruzione della città, enfatizzando di più in quella sede la morte di Anano:
non dovrei sbagliarmi se ho detto che la morte di Anano fu l'inizio della distruzione della città.
(Guerra Giudaica, 4:318)

In ciascun caso, come nota giustamente Peter Kirby:
 ...it is the power vacuum left by the loss of control experienced by Ananus that is the immediate/final cause of all the trouble, in the narrative of Josephus.
(fonte)

...è il vuoto di potere lasciato dalla perdita di controllo esperita da Anano che è la causa immediata/finale di tutto il turbamento, nel racconto di Flavio Giuseppe.
(mia libera traduzione)

Ma il folle apologeta Origene aveva tutto l'interesse (come non perdonarlo per questo?) a fare becero revisionismo cattolico, condensando la causa dell'incipiente disastro abbattutosi su Gerusalemme, che per lo storico ebreo era decisamente più complessa, nella sola morte di Giacomo.

La conclusione di Kirby è di una chiarezza cristallina:

Così, no, Flavio Giuseppe non connette egli stesso la morte di questo ''Giacomo'' alla distruzione della città. Quella connessione può essere stata fatta solamente da un Cristiano  che aveva letto le Antichità giudaiche con i propri pregiudizi fermamente ancorati in mente, trasferendo l'importanza di Anano e la sua rimozione dal ruolo alla più o meno marginale accidentale circostanza che condusse a quella rimozione, la condanna a morte di un ''Giacomo'' (che nei più tardi manoscritti divenne identificato come il fratello di Gesù, 'chiamato Cristo').
(fonte)

A questo punto sorge spontanea la domanda: come diavolo è nata la leggenda che voleva la morte di Giacomo causa diretta della caduta di Gerusalemme, prima di Origene  e indipendentemente da Origene e dalla sua lettura revisionistica/apologetica di Flavio Giuseppe?

Penso che Ken Olson abbia la risposta giusta.

Così scrive:
Io assumo che Egesippo stia dicendo che l'assedio di Vespasiano ... fu il risultato (''frutto'') dell'assassinio di Giacomo da parte dei gerosolomitani. Prima di quell'evento, la preghiera intercessoria del giusto nel santuario, inginocchiandosi e implorando perdono per il popolo, avevano trattenuto il giudizio di Dio su Gerusalemme. Ma uccidendo Giacomo, i giudei e gli scribi e i farisei rimossero ''la fortezza del popolo'' che stava proteggendo loro. Io penso che ciò sia da lontano la più plausibile maniera di comprendere l'esplicita citazione di compimento di Isaia 3.10 della Septuaginta,  “Rimuoviamo l'uomo giusto poichè è per noi importuno. Ma essi mangeranno il frutto delle loro opere” Che cosa assumi che sia  “il frutto delle loro opere”? Io penso che la citazione potrebbe benissimo essere un metalettico riferimento al più vasto contesto di Isaia 3 sulla punizione divina di Gerusalemme e Giuda. Possibilmente la menzione dei “Rechabim, a cui il profeta Geremia aveva recato testimonianza” è altrettanto un metalettico riferimento a Geremia 35 (specialmente il verso 17).

Così io non sono persuaso dal tuo argomento che  “
Subito dopo Vespasiano cominciò ad assediarli” appartenga realmente alla sezione seguente in Egesippo, non solo perchè si basa su una congettura circa quel che poteva esserci stato in una fonte perduta, ma anche perchè non si adatta bene con la logica interna del racconto, e le parole kai euthus (“Subito dopo,” ben note dal loro frequente utilizzo nel vangelo di Marco) sono improbabili per cominciare una nuova pericope ma piuttosto collegano quello che segue loro strettamente con quello che lo precede. Gli assassini di Giacomo dovevano mangiare i frutti delle loro opere. 

Allo stesso modo, mentre io sono sicuro che tu ti rendi conto che la storia non è realistica in molti dei suoi aspetti, e gran parte di essa è composta da passi scritturali rielaborati (Isaia, Geremia, il processo e la morte di Gesù e la lapidazione di Stefano in Atti 7, la porta da Giovanni 10, si veda le annotazioni marginali nell'edizione Loeb) penso che tu sopravvaluti la misura a cui Egesippo sta scrivendo una storia accurata o addirittura realistica. Giacomo, irrealisticamente, sembra aver assunto il ruolo del Sommo Sacerdote (fino alle vesti di lino), che da solo entra nel Santo dei Santi per fare espiazione per i peccati del popolo solo allo Yom Kippur, il giorno dell'espiazione (Levitico 16.29-34). Giacomo va nel santuario molto più spesso, probabilmente perché l'autore pensa che la gente ha molto più grande peccato che necessita di perdono.





Il passaggio sulle ginocchia di Giacomo ''diventate dure come quelle di un cammello'' è inteso a sottolineare che Giacomo è stato a fare questo per un bel pò. Non è un qualche recente sviluppo causato dalle distruzioni della guerra. Non ci sono distruzioni della guerra apparenti nel testo. Ci sono ancora i sacerdoti a Gerusalemme (2.23.7), così come scribi e farisei e "ebrei" e il loro grande problema nel testo, non è che sono in guerra con Roma, ma che così tante persone stanno andando fuori strada e seguono Gesù a causa della predicazione di Giacomo. Così, con una notevole mancanza di lungimiranza, loro domandano allo stesso Giacomo di  affrontare il popolo a Pasqua, per la quale  "tutte le tribù" (quante tribù sono intese?) e i Gentili sono stati in grado di raccogliere. Sperano erroneamente che Giacomo, contrariamente alla sua reputazione nota, tratterrà il popolo dall'accettare Gesù come il Cristo, e riconoscono che loro e tutte le persone sono, per qualche motivo, tenuti a rispettare Giacomo. Si tratta di una leggenda cristiana, e cercare di interpretarla inserendola nel contesto dei dati storici sulla Guerra Giudaica nota da altre fonti è un errore.Il problema storico/cronologico che la storia in Egesippo è destinato a risolvere mediante la propria prospettiva cristiana è la questione teologica della causalità divina: perché Dio aspetta 40 anni per punire gli ebrei per l'uccisione di Cristo? La risposta è: a causa della presenza di Giacomo il Giusto nella città, sempre a pregare per il perdono del popolo. La punizione di Dio venne solo dopo che il popolo si allontanò da Giacomo. La morte di Giacomo è l'evento scatenante per la punizione di Gerusalemme, ma la causa di fondo è il continuo rifiuto dei messaggeri di Dio culminante nell'uccisione di Gesù. (Mi rendo conto che ciò significherebbe che, in base alla mia teoria che Origene conosce questa storia, se da Egesippo o da un'altra fonte, egli la ottenne leggermente sbagliata). Sono in debito con John Painter (Just James 1e 1999 143-144), il quale rileva che Eusebio era pervenuto a questa spiegazione:
    Ma sarebbe giusto ricordare, anche, alcuni fatti che reca a casa la benevolenza di tutta la cortese Provvidenza, che per 40 anni dopo il loro crimine contro Cristo ritardò la loro distruzione. Per tutti quei tempi la maggior parte degli apostoli, tra cui lo stesso Giacomo, il primo vescovo di Gerusalemme, conosciuto come il fratello del Signore, erano ancora vivi, e essendo rimasti nella città fornirono il luogo di un baluardo inespugnabile. [Eusebio HE 3.7.7-9]

Vorrei andare al di là di Painter qui e propongo che la giustificazione teologica per il ritardo nel punire Gerusalemme pe l'assassinio del Cristo di Dio è già presente nella storia che Egesippo riferisce, e che è anche molto plausibilmente la ragione per cui Giacomo giunse ad essere chiamato "il Giusto" nel secondo secolo (nonostante l'affermazione Egesippo che Giacomo era conosciuto come il Giusto da parte di tutti dai tempi del Salvatore, Giacomo non è mai chiamato così nel Nuovo Testamento). Sono probabilmente più consapevole di molti degli effetti che Eusebio può avere sulla interpretazione più tarda. Ma mentre lui legge spesso cose nelle sue fonti che non ci sono là, penso anche che a volte prende le cose giustamente. 
Ken

Dunque il geniale PhD Ken Olson concorda con Richard Carrier che la leggendaria relazione di causa-effetto tra la morte di Giacomo e la caduta di Gerusalemme era anteriore a Origene e presente già in Egesippo, e ne spiega giustamente la genesi nella volontà tutta apologetica di voler giustificare perchè la vendetta divina non cadde sui giudei tutti immediatamente dopo la morte di Gesù sulla croce, ma ci vollero ben quarant'anni perchè si decidesse a cadere una buona volta su Gerusalemme, ovvero appena in tempo per permettere ai giudei di ammazzare Giacomo, il fratello di Gesù, e di risultare così una punizione più che completa e più che meritata. Quindi la morte di Giacomo ''il Giusto'' fu inventata a ridosso della caduta di Gerusalemme per spiegare perchè quella caduta non si verificò subito dopo la morte di Gesù, ma ben 40 lunghi anni dopo quella presunta morte.

Ovviamente a questo motivo bisogna aggiungere un altro: inventarsi, contro Marcione, un fratello di Gesù ''nella carne'' e pio ebreo, saldamente ben radicato a Gerusalemme al pari degli altri apostoli e per di più ''Giusto'' come lo era il dio creatore per i marcioniti.
 CONCLUSIONE
Per quanto riguarda dunque il ''detto Cristo'', è chiaro che a interpolare quel costrutto nel testo di Flavio Giuseppe fu uno scriba cristiano prima di Origene, se non Origene in persona. È improbabile che fosse Origene il falsario perchè il folle apologeta lamenta il fatto che  l'ebreo Flavio Giuseppe non è cristiano e per giunta biasima apparentemente la morte di Giacomo non dispiacendosi parimenti della morte di suo fratello Gesù (ulteriore prova che lo storico ebreo non scrisse affatto il Testimonium Flavianum nel Libro 18). D'altro canto, se l'interpolatore cristiano agì deliberatamente nel cambiare il testo originario
τὸν ἀδελφὸν Ἰησοῦ τινος, Ἰάκωβος ὄνομα αὐτῷ, καί τινας ἑτέρους

in quello attuale
τὸν ἀδελφὸν Ἰησοῦ τοῦ λεγομένου Χριστοῦ, Ἰάκωβος ὄνομα αὐτῷ, καί τινας ἑτέρους

allora è evidente il punto ironico che voleva realizzare: paradossalmente, proprio la morte del fratello di un trascurato ''cosiddetto Cristo'' (si noti la possibile sfumatura dispregiativo-dubitativa di τοῦ λεγομένου Χριστοῦ) avrebbe provocato, da ultimo, il disastro di Gerusalemme, ''per bocca'' dello stesso non cristiano Flavio Giuseppe e perciò ultimamente a maggior gloria del Cristo. Pensare che fosse Flavio Giuseppe l'autore deliberato di quel punto ironico è impossibile, visto che a farne uno simile mediante lo stesso costrutto ''detto Cristo'' fu l'autore di Matteo:
La frase appare anche in Matt 27.17 e 27.22, sebbene là è emessa da Pilato (diversamente da Matt. 1.16, dove è emessa dal narratore), ma un idioma simile appare in Giovanni 4.25. Questo implica che fu una comune designazione cristiana o ebraica per il messia; l'autore probabilmente intese ironia avendo Pilato a ripeterla. Degno di nota, la fonte di Matteo, Marco 15.9 e 15.12 non ha questa frase: Pilato là solamente si riferisce a Gesù come al ''Re dei Giudei'', che è chiaramente inteso ad essere ironico (poichè Pilato non considerò veramente Gesù il ''Re dei Giudei'', tuttavia al lettore è richiesto di comprendere che egli fu precisamente quello e che un ufficiale romano giusto inavvertitamente lo dichiarò tale).
(Richard Carrier, "Origen, Eusebius and the Accidental Interpolation in Josephus Jewish Antiquities 20.200", Journal of Early Christian Studies, 20, 4, 2012, pag. 511, mia libera traduzione)

Se invece l'interpolazione non fu deliberata prima di Origene, allora quell'ironia non era voluta nelle intenzioni del falsario e perciò si trattò più probabilmente di un'interpolazione accidentale, una glossa cristiana finita poi nel testo, tra secondo e terzo secolo.  E considerando le reali entità delle interpolazioni e falsificazioni di cui dettero prova i proto-cattolici già nel II secolo con i loro stessi testi e i testi dei loro rivali cristiani e pagani, ciò non meraviglia affatto.

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