venerdì 20 febbraio 2015

«Giacomo, il fratello del Signore» (Gal 1:19) È Interpolazione Proto-Ortodossa



FRODI PIE: Sante furfanterie, religiose menzogne, devote imposture di cui il clero si serve molto legittimamente per alimentare la pietà del volgo, per far valere la buona causa, per nuocere ai nemici contro i quali, come è noto, tutto è permesso.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Quindi è sicuro.

La versione marcionita di Galati e di 1 Corinzi, come è stata ricostruita nella sua forma più ''conservatrice'' da un apprezzato accademico, manca di due passaggi a lungo interpretati prima facie come se fossero vagamente eco di evidenza di un ''Gesù storico''.

Parlando sul forum di earlywritings a proposito del libro di BeDuhn, un certo hjalti così scrive:
Could you tell us how BeDuhn recontructs the famous passage in 1Cor 15:3-11? Detering thinks it lacked v. 5-10.

Oh, and presumably BeDuhn also thinks that Paul's first visit to Jerusalem was missing in Galatians (Gal 1:18-24)? So "the brother of the lord" wasn't in Marcion's version in Gal 1:19, right?
Alla prima domanda, un certo Tenorikuma (che possiede il libro) così risponde:
BeDuhn concurs that 5–10 is unattested. He keeps verses 1, 3, 4 and 11, so that it reads:

Now I remind you, (my) colleagues, the proclamation that I proclaimed to you… that Christos died… and [that he] was entombed, and [that he] has been awoken on the third day… so we declare and so you believed.

Mentre alla seconda, risponde così:
That's right. He goes straight from 1:17 to 2:1, noting that 1:18–24 is unattested.

Quindi, uno studioso che ipotizza gratuitamente che Marcione e i proto-ortodossi collezionarono indipendentemente gli uni dagli altri i libri del poi chiamato ''Nuovo Testamento'' (senza che uno avesse messo il dito nella collezione dell'altro, per mutilare o per falsificare) - e dunque uno studioso di tal fatta che merita sicuramente di essere chiamato conservatore, alias cripto-apologeta suo malgrado - nonostante tante così gentili concessioni alla fottuta sensibilità protocattolica di allora (e dei cristiani di oggi), questo studioso, dicevo, non può arrendersi all'evidenza: il riferimento a ''Giacomo, il fratello del Signore'', non figurava nel testo di Marcione della Lettera ai Galati.

Dunque il dr. Detering aveva ragione:
Capitolo 1
15Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque 
16di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno,  
17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. 
18In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; 
19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. [ἕτερον δὲ τῶν ἀποστόλων οὐκ εἶδον, εἰ μὴ ἰάκωβον τὸν ἀδελφὸν τοῦ κυρίου]
20In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mento.

21Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia.
22Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo;
23avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere».
24E glorificavano Dio per causa mia.


Capitolo 2
1Quattordici anni dopo, andai di nuovo [παλιν] a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito:
2vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro
[αυτοις] il Vangelo che io annuncio tra le genti, ...


Secondo il dr. Detering, infatti, quell'
αυτοις di Gal 2:2 non si riferisce agli abitanti di Gerusalemme: non avrebbe senso infatti che Paolo volesse esporre il vangelo a tutti gli abitanti di Gerusalemme, specie quando lo stesso Gal 2:2 segue a dire che Paolo volle esporlo ai soli Pilastri in privato (a detta di Detering, anch'essa un'interpolazione, perchè lui non crede al motivo di tale segretezza da parte di Paolo, e cioè il timore di aver corso invano: ma come? Hai avuto 14 anni di tempo per trovare una conferma di ciò che vai predicando presso i pagani da parte dei tuoi superiori, e solo dopo 14 anni di tempo senti impellente il rischio di aver ''corso invano''? Il bello è che quella segretezza, perfino se assunta autentica, contrasta fortemente con l'interpretazione di αυτοις come allusione agli stessi abitanti di Gerusalemme: se Paolo volle parlare in privato, perchè rivolgersi a tutti gli abitanti di Gerusalemme, allora?)

A cosa si riferirebbe allora quell'
αυτοις? A ''coloro che erano apostoli prima di me'' menzionati nel verso 1:17 di Galati.

Ne deriva che quel ''di nuovo''
(παλιν) in Galati 2:1 non dovrebbe essere presente nel testo originale di Galati, dal momento che Paolo sta parlando come se si sta rivolgendo LA PRIMA VOLTA a ''coloro che erano apostoli prima di me'' (Gal 1:17) in Galati 2:1.

Questo mio uso del condizionale (''...non dovrebbe essere presente...'') si tramuta tosto in una netta, convinta affermazione: è lo stesso folle apologeta protocattolico a confermare che
παλιν, ''di nuovo'', non era affatto presente nel testo di Galati che leggeva Marcione:
Denique ad patrocinium Petri ceterorumque apostolorum ascendisse Hierosolymam post annos quatuordecim scribit, ...
(Tertulliano, Contro Marcione 5.3.1)

Deinde post XIIII annos ascendit Hierosolymam cum
Barnaba, adsumens et Titum

(Ireneo, Haer 3.14. 3)

Nè Ireneo nè Tertulliano leggono
παλιν in Galati 2:1.

Così le seguenti parole di McGuire, uno storico esponente dell'olandese Radikal Kritik e quotate interamente dal dr. Detering, sono confermate al 100% in virtù della sola logica e dell'evidenza:
Ireneo, nella sua tarda opera del secondo secolo Contro le Eresie, sembra citare la lettura solita di Gal. 2,:1 - ''salii di nuovo a Gerusalemme'' . ma non fa nessun riferimento specifico alla visita paolina descritta in 1:18f. Tertulliano, nelle sue Prescrizione contro gli Eretici, allude anche alla visita di Paolo a Gerusalemme per incontrarvi Pietro ma subito diventa apparente che l'autore sta semplicemente leggendo il suo personale interesse in Pietro nel resoconto dell'incontro con Pietro, Giacomo e Giovanni. Trattando Atti 9:26f come il resoconto dela prima visita di Paolo a Gerusalemme, egli sembra applicare ad entrambi Gal. 2:1-10 e un racconto simile a 1:18f alla seconda visita.
Per giunta, in questa circostanza Tertulliano sta scrivendo principalmente per la fruizione ortodossa; nel suo primo trattato anti-marcionita del terzo secolo, dove deve affrontare lettori ostili sul loro proprio terreno, lui allude a Paolo che salì (non ''di nuovo'') a Gerusalemme dopo quattordici anni ''così grande era stato il suo desiderio di essere approvato e supportato da coloro che tu [Marcione] desideri ad ogni occasione che vengano compresi come in combutta con l'ebraismo!'' Ovviamente il testo di Marcione di Galati non comprendeva il resoconto di una visita precedente ''dopo tre anni'' e Tertulliano, se veramente egli avesse mai visto una tale lettura, non fu propenso a prenderla seriamente.

Il falsario proto-cattolico dunque, desideroso di far mandare subito Paolo a prestare omaggio al primo papa Pietro (come recita quella tendenziosa propaganda proto-cattolica che risponde al nome di Atti degli Apostoli) così da ristabilire a proprio vantaggio i giusti rapporti di forza tra le icone protocattoliche e l'Apostolo di Marcione, optò per il breve ritardo di ''tre anni'' prima di questo immaginario primo viaggio di Paolo a Gerusalemme, e perfino allora avendo cura di *inchiodare* Paolo, se non all'incontro di tutti gli apostoli (l'immediato contesto originale di Galati non permetteva di contraddire così platealmente l'apologia che stava facendo Paolo presso ai Galati di non aver mai incontrato nessuno), almeno all'incontro con l'apostolo Pietro e con Giacomo, ''il fratello del Signore'', anche se solo per un periodo di 15 giorni.
Poichè per quel bastardo falsario protocattolico la persona di Giacomo non era icona del cattolicesimo ma dei giudeocristiani in odore di eresia (gli ebioniti e i troppo giudaizzanti tra i cattolici), si preoccupò addirittura di rispettare i rapporti di forza tra lui e Pietro (il primo papa proto-cattolico, ai suoi occhi): laddove Pietro era un apostolo, Giacomo era solo ''il fratello del Signore'' e non un apostolo.
Così, perfino l'osservazione di quel cripto-apologeta di Mauro Pesce (come me la ha fornita quel demente folle apologeta cattolico di Gianluigi Bastia):
"mi è sempre sembrato che Giacomo, secondo questa frase della lettera ai Galati di Paolo, non sia "apostolo", ma appunto quello che Paolo dice: "fratello del Signore". Non credo che l'inciso "se non Giacomo il fratello del Signore", debba portare alla conclusione che Giacomo fa parte degli apostoli appena citati prima. Non va preso l'inciso come se specificasse altri appartenenti al gruppo degli apostoli. " Se non" non specifica "degli apostoli" ma "non vidi nessun altro". Avendo detto "Non vidi nessun altro", Paolo si corregge dicendo che però ha visto anche Giacomo, e accorgendosi che si potrebbe equivocare intendendolo come apostolo, specifica subito che non fa parte degli apostoli, ma è il Giacomo "fratello del Signore"."
si presta ottimamente alla propaganda protocattolica del falsario cattolico all'insegna della più ostinata e pervicace Reductio ad Unum (dove l'Unum in questione sarebbe l'immaginario Pietro proto-cattolico che strinse la mano a ''Gesù'' e fu emissario, ''apostolo'', di lui). 

Come spiega l'autore del corrente ''Miglior Caso per il Gesù Storico'', sarebbe praticamente da dementi folli apologeti concludere che poichè i miticisti Doherty e Carrier si apprestano a dare un significato alternativo a quello apparente (prima facie storicista) di ''Giacomo, il fratello del Signore'' assumendo volentieri la sua autenticità, allora da questo seguirebbe ''per forza'' che ciò che perfino loro due concedono come autentico allora tutti quanti devono concederlo come autentico, fino alle estreme conseguenze (che il passo sarebbe meglio interpretabile come allusione ad un Gesù storico).
A mio modesto giudizio, vale esattamente il contrario: sulla bocca del falsario cattolico dell'originario testo di Galati, quel passo è da intendersi storicista. Ma se assunto come frutto del Paolo storico, allora quel passo assume la sua migliore spiegazione nella necessità del suo autore di garantire ai Galati che nessuno, fuorchè l'apostolo Pietro e fratello Giacomo (non-apostolo) ridotti a meri testimoni di passaggio dell'intrinseca verità della sua personale rivelazione divina, avrebbe mai potuto rivelare anzitempo all'Apostolo i segreti del vangelo che andava predicando loro.  

Ma ormai se perfino un Tertulliano tradisce da tutti i pori il bramoso desiderio di contaminare la purezza dell'indipendenza paolina non esitando a vederla sporcata dopo 14 anni dal suo PRIMO incontro coi Pilastri di Gerusalemme (che nella foga apologetica ridusse da tre al solo Pietro), allora vorrà dire che Tertulliano non leggeva di alcun altro incontro a Gerusalemme che non fosse quello dell'attuale Galati 2.

Quindi, perfino se i protocattolici avessero collezionato le epistole di Paolo indipendentemente da Marcione (ipotesi possibile ma alla quale io proprio non ci credo affatto neppure pel rotto della cuffia), ebbene perfino allora, l'ignoranza di Tertulliano di un primo incontro tra Paolo e Pietro dopo soli ''tre anni'' dimostra che i versi 18-22 sono totalmente frutto di un interpolatore protocattolico.

L'evidenza di un ''Giacomo, il fratello del Signore'', prima ancora che di un ''Gesù detto Cristo'', svanisce completamente.

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