sabato 10 gennaio 2015

Per un'Apologia dei Folli Apologeti: la Resurrezione Non Letterale per Giustino

Dall'Apologia del folle apologeta Giustino Martire (II secolo inoltrato) rivolta all'Imperatore:


E anche quando affermiamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, fu prodotto senza unione sessuale, e che Lui, Gesù Cristo, nostro Maestro, fu crocifisso e morì, e risorse di nuovo, e ascese al cielo, non proponiamo nulla di diverso da cosa credete riguardo coloro che considerate figli di Giove. Infatti sapete quanti numerosi figli i vostri stimati scrittori attribuirono a Giove: Mercurio, interprete della parola e maestro di tutte le cose; Esculapio che, sebbene fu un grande medico, fu colpito da un fulmine e così ascese al cielo; e anche Bacco, dopo che era stato squartato a pezzi; ed Ercole, quando si scaraventò tra le fiamme per fuggire ai suoi travagli; e i figli di Leda, e i Dioscuri; e Perseo, figlio di Danae; e Bellerofonte, che, nonostante nato tra i mortali, ascese al cielo in groppa al cavallo Pegaso. Cosa dirò poi di Ariadne, e di quelli che, al pari di lei, sono state elevate all'altezza delle stelle? E cosa degli imperatori che morirono in mezzo a voi, da voi ritenuti degni di apoteosi, in onore dei quali immaginate uno che giura di aver visto Cesare mentre bruciava ascendere al cielo dalla pira funeraria? E che genere di atti sono ricordati dei cosiddetti figli di Giove, non c'è bisogno di dirlo a coloro che già lo sanno. [1]  



Traduco liberamente da qui:

 «Questo libro offre un'interpretazione originale dell'origine e prima ricezione della più fondamentale pretesa del cristianesimo: la resurrezione di Gesù. Richard Miller sostiene che i più antichi cristiani non avrebbero considerato letterali oppure storici i racconti del Nuovo Testamento della resurrezione di Gesù, ma invece avrebbero riconosciuto questo racconto come un'esempio del tropo della traslazione divina, comune entro le tradizioni mitiche ellenistiche e romane. Data questa cornice, argomenta Miller, i primi cristiani avrebbero considerato invenzione la storia della resurrezione piuttosto che storica in natura. Derivando connessioni tra i vangeli e l'antica letteratura greca e romana, Miller fa il caso che i racconti della resurrezione e ascensione di Cristo applicavano un esteso e inequivocabile linguaggio strutturale e simbolico comune alle ''favole di traslazione'' mediterranee, modelli di repertorio narrativo derivato in particolare dai miti archetipi di Ercole e Romolo. Nel corso della sua dimostrazione, l'autore applica una lente critica alla natura mimetica e referenziale delle storie evangeliche, e suggerisce che l'adattamento del tropos della ''favola di traslazione'' ai racconti della resurrezione di Gesù funzionavano per esaltarlo al livello degli eroi, semidei, e imperatori del mondo romano ed ellenistico. Le idee di Miller hanno implicazioni significative per la ricerca del Nuovo Testamento e provocheranno una discussione tra studiosi del cristianesimo primitivo e degli studi classici.»

 


Così il Miller:

L'Apologia di Giustino Martire presentava i contorni di cornice del racconto evangelico come risiedente nei limiti di un modo mitico di fabulation dell'eroe. Considerando il più ampio contesto dell'invocazione, si potrebbe sintetizzare l'argomento più generale come segue:

Noi, O Romani, abbiamo prodotto miti e favole con il nostro Gesù come voi avete fatto con i vostri personali eroi e imperatori; così, perchè ci state uccidendo?''

Centrale alla più antica grande apologia della tradizione cristiana, questa grande concessione getta una luce profonda sulla natura dell'antica produzione narrativa cristiana.

(mia libera traduzione e mia enfasi)

Questo dimostra che i protocattolici del II secolo come Giustino non erano poi tanto scemi e boccaloni come credevo. I più intelligenti tra loro non si abbandonavano a letture letteraliste delle storielle evangeliche sulla resurrezione.

E dimostra anche un'altra cosa: che il credo nella resurrezione letterale era la conseguenza, non la causa!, del credo nell'ascensione spirituale di Gesù in cielo alla destra del Padre dopo aver ingannato gli arconti morendo ignominiosamente sulla croce. Nessuna tomba vuota o sciocchezze simili. Perchè i primi a non crederci erano proprio i protocattolici come Giustino, che pure sbandierava quell'odioso letteralismo in funzione puramente anti-marcionita.
Mi viene da dubitare  allora se davvero i protocattolici credessero sul serio che la distruzione del Tempio fosse conseguenza inevitabile del ''deicidio'' o del ''giacomicidio'', e non invece inventassero quelle sciocchezze alla maniera di Egesippo, con la consapevolezza che erano tutte stronzate, al pari delle stesse favole della resurrezione. E senza nemmeno scomodarmi a dar loro dei cospirazionisti, ma solo degli abbellitori del mito originario più rozzo e spoglio di così tanta prosa. 

Dunque se perfino i protocattolici del II secolo erano capaci di produrre fiction e favole riconoscendole come tali, ancora di più aumenta ai miei occhi la probabilità che fossero esattamente loro gli autori di Luca, di Matteo, e forse pure di Marco. Come Marcione dell'eventuale primo vangelo che fosse mai stato scritto.

[1] Giustino Martire, Prima Apologia 21.

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