giovedì 29 gennaio 2015

Dalla Pentecoste a “Gesù” oppure da Gesù alla “Pentecoste”?

 Storicamente non si sa nulla di lui, e si arriva anche a dubitare della sua esistenza. Non tratterò, quindi, questo difficile argomento. Bertrand Russell, “Perché non sono cristiano” (1927)




Quando ero storicista, mandai una mail a Bart Errorman ottenendo questa risposta (che traduco):

Nello specifico, io penso che i discepoli fossero già apocalittici ebrei che sottoscrivevano all'idea di 'resurrezione' (a differenza dei pagani); la mia ipotesi è che subito dopo la morte di Gesù (una settimana o due dopo?) uno o più dei suoi discepoli ebbe una visione (o un sogno interpretato come una visione?) di Gesù (proprio come mio nonno 'vide' mia nonna un paio di settimane dopo il suo funerale) e la interpretò a significare che Gesù era ancora vivo. E ancora vivo, per un apocalittico ebreo, significava resuscitato dai morti. Così aveva cominciato la resurrezione, e sarà subito completata. Forse [già] la settimana dopo.


Quindi solo un frutto di immaginazione individuale, per Errorman. Ma secondo il prof Stevan Davies, dal minimo che posso sapere (ma aspetta) su Vridar, si trattò di uno stato alterato di coscienza, un'esperienza collettiva di possessione da parte dello spirito. Tutti i seguaci di Gesù presenti in un luogo contemporaneamente furono invasati dallo Spirito. Davies sostiene che quell'esperienza doveva per forza essere collettiva e qui concordo sulla base di ciò che personalmente io stesso ho esperito per pochi istanti durante l'estate del 2014.
 



Sicuramente esiste un link storico tra la ''Pentecoste'' (ovvero la possessione spirituale appena descritta) e la  resurrezione dell'entità Gesù: durante quella prima estasi collettiva, posso facilmente immaginare, sulla scorta di 1 Corinzi 15:3-8 (al di là di come quel passaggio sia stato interpolato parzialmente o interamente nell'interesse di chi ''vide'' prima o chi ''vide'' dopo il Cristo risorto), che il sentirsi invasati insieme dallo Spirito coincise mirabilmente con una folgorante visione collettiva della stessa entità ''Gesù Risorto''.

Quel link tra estasi mistico-allucinatoria collettiva dei primi apostoli e Gesù risorto (instaurato per prima esplicitamente da Paolo) certamente si perse una volta che lo Spirito non riusciva più a scivolare nei corpi dei cristiani con la medesima facilità di prima (l'originario, entusiastico misticismo andava man mano affievolendosi dopo le prime due generazioni di cristiani, e di pari passo aumentava un enorme pessimismo sull'uomo e sul mondo).  I cristiani successivi (ma già Paolo, se 1 Corinzi 15:3-8 è autentico, inaugurò indirettamente quella tendenza, associando la visione del Gesù risorto ad una questione di potere e di rapporti di forza tra apostoli [1]) interpretarono l'enfasi dei primi cristiani sulla ''resurrezione'' di Gesù come una valorizzazione di un preciso evento ''storico''  — e da allora si sentì la necessità di raccontarla come tale, magari in un vangelo.

Forse l'argomento più convincente a favore dell'ipotesi miticista è il profondo silenzio dei più antichi scrittori di epistole come Paolo su ogni possibile dettaglio dell'azione terrena di un Gesù storico. Questo silenzio è atteso al 100% sotto l'ipotesi che i primi cristiani non credevano in un 'Gesù storico' che visse al tempo di Pilato e calpestò le sabbie dell'antico Israele. Perchè 'Gesù' significava per loro un Cristo spirituale la cui morte sacrificale per mano degli "arconti di questo eone" ebbe luogo in una dimensione puramente celeste oppure in un passato primordiale.

Per far sembrare che le origini del cristianesimo apparissero unificate, per attribuire una profondità morale e teologica sulla bocca di un'autorevole figura fondativa, per adempiere le Scritture in un processo di ''profezia storicizzata'', per collocare la vita di Gesù nel passato più ''recente'' - oppure per qualsiasi altro motivo a noi ignoto (magari l'occultamento di un altro pericoloso ''Cristo'' o Messia rivale), si sviluppò l'idea di un Gesù umano nel recente passato, e gli evangelisti colmarono i dettagli della sua ''vita'' con numerosi riferimenti all'interpretazione midrashica della Bibbia ebraica e/o attingendo qua e là ad elementi dalla mitologia pagana, rielaborando sempre e comunque la stessa allegoria originaria (il vangelo di Marco oppure il vangelo di Marcione) e confermando così ancora una volta di essere totalmente privi di altre prove della storicità di Gesù che non fosse quella allegoria iniziale.

Questo porterebbe a pensare, sotto il paradigma miticista, che Gesù cominciò a prendere una vita sulla Terra a partire dalla sua resurrezione. La resurrezione fu pensata ''storica'' fin dal suo primo momento, in virtù della concretezza assoluta del fenomeno allucinatorio noto come ''possessione spirituale'' ma solo dopo come fenomeno ''storico'' venne gradualmente circoscritto e razionalizzato ad un solo luogo e ad un solo momento (si veda la menzione dei ''500 fratelli'' in 1 Corinzi 15:6). Poi a poco a poco si calò anche la morte di Gesù sulla Terra (nel libro dell'Apocalisse?). Poi il racconto della sua Passione. E infine un intero vangelo. E così via.


Sotto il paradigma della storicità, sarei davvero curioso di osservare se il prof Davies sia riuscito a trovare il fatidico link tra ''la resurrezione di Gesù'' come appena descritta (e cioè come l'effetto di un primo tentativo di razionalizzazione della possessione spirituale collettiva) e l'impronta storica di un primo invasato dallo Spirito di nome Yeshua dalla sua cerchia della prima ora identificato poi con lo Spirito stesso. In caso contrario, sono obbligato ad attingere dal suo caso solo ciò che meglio può essere letto sotto il paradigma miticista (praticamente tutto tranne ogni menzione del ''Gesù storico''!).

Paolo fu scambiato dai Galati per l'angelo ''Cristo Gesù'' in persona la prima volta che predicò loro - e ricordiamo che acutamente il prof Davies insiste che Paolo induceva nei suoi seguaci la possessione spirituale esattamente durante la sua predicazione [2] - perciò, SE era esistito un Gesù storico, ALLORA quel Gesù era automaticamente il primo tizio scambiato con lo Spirito che lo possedette durante la sua prima allucinazione pubblica. Come Paolo fu scambiato con il suo possessore ''Cristo Gesù'' dai Galati, sarebbe allora del tutto logico e lineare proseguire lungo la stessa traiettoria tracciata da Paolo aspettandosi che l'uomo Gesù a sua volta fosse scambiato di pari misura con il suo possessore ''lo Spirito Santo''. Ma questo solo a patto di dimostrare PRIMA che Gesù è storico, impresa a dir poco impossibile.



E di certo il corrente ''Miglior Caso a Favore della Storicità di Gesù'' tentato da Peter Kirby non sposta di una virgola il mio scetticismo di fondo (al punto che il suo stesso autore si proclama Jesus Agnostic: gli storicisti sono messi davvero male, ragion per cui la loro unica speranza si chiama Stevan L. Davies).

[1] che è pure il motivo perchè, dopo la visione dello stesso Paolo ''come all'aborto'', ogni altro tizio che avesse preteso di essere invasato parimenti da ''Cristo Gesù'' con tanto di pretese di apostolato sarebbe stato bollato all'istante come indemoniato ed impostore. Questo legame esplicitato da Paolo tra la visione/possessione del/dal Cristo risorto e lo status di potere che ne deriva all'interno del movimento agevolarono la tendenza a rendere la resurrezione un evento unico, oggettivo e soprattutto: irripetibile. Una specie di Anello del Potere, insomma! Quei pochi che ebbero la fortuna di farsi riconoscere legittimamente invasati dallo Spirito (e perciò di testimoniare su sé stessi Cristo Risorto) vennero considerati veri Primi Apostoli e riveriti nelle prime tradizioni orali che si andavano formando intorno a loro.

[2] A dire il vero Davies specifica  che come Gesù induceva l'altrui possessione parlando in parabole, così Paolo induceva l'altrui possessione predicando. Il riferimento alle parabole di Gesù quasi fossero da lui in persona pronunciate mi sembra così ingenuo da sminuire l'intelligenza del prof Davies: chiaramente tutto ciò che è nel vangelo è pura invenzione, mera parabola teologica. Per dirla con il prof Halbwachs:

Le cose sembrano diverse quando si tratta di storia dei vangeli. I fatti di cui parlano non hanno mantenuto l'attenzione degli storici. Flavio Giuseppe non li menziona. Secondo Renan, il racconto della morte di Giovanni il Battista, come appare nel vangelo di Marco, sarebbe "la sola pagina realmente storica in tutti i vangeli." Nelle epistole autentiche di Paolo, ci viene detto solo che il figlio di Dio è venuto sulla terra, che è morto per i nostri peccati, e che è stato riportato in vita. Non vi è alcuna allusione alle circostanze della sua vita, tranne che per la cena del Signore, che, dice Paolo, gli apparve in una visione (e non attraverso i testimoni). Non vi è alcuna indicazione di località, nessuna questione della Galilea, o delle predicazioni di Gesù sulle rive del lago di Genesaret. Nell'Apocalisse di Giovanni, che è, secondo Couchoud, assieme alle epistole di Paolo, "l'unico documento cristiano che può essere datato con certezza nel primo secolo," tutto quello che viene detto di Gesù è che "morì o fu risorto, ma non soffrendo o crocifisso." Naturalmente, nessuna località specifica non è parimenti prevista. 
(Halbwachs, 1992, pag. 209, mia libera traduzione e mia enfasi)

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