martedì 2 dicembre 2014

Di quell'unica Storia che nega sè stessa

Il prof Vinzent ha risposto ad un altro mio interrogativo. La sua risposta, ovviamente, non fa che aumentare a dismisura la mia curiosità circa la sua monografia del 2014 sulla nuova datazione dei vangeli. Quindi per il momento sono costretto mio malgrado a basarmi unicamente su cosa riesco il più possibile a inferire dalla sua risposta, che di seguito traduco:
Caro Giuseppe,

come con le tue altre domande e dubbi, segnali sempre un importante problema che mi permette di sviluppare le cose un pò più oltre.

Riguardo alla tua osservazione che
Marco è allegorico, e perfino più così lo è Matteo (sebbene avrei bisogno di comprendere quale parti tu trovi allegoriche, poichè ci sono certamente sezioni che lo sono e altre che lo sono meno), ecco come la vedo:

Nella misura in cui
Luca è la copia più vicina del Vangelo di Marcione, e il Vangelo di Marcione è biografico nella sua struttura essenziale (sebbene omette la nascita e la giovinezza del suo protagonista) - davvero simile in questo alla struttura geo- e storiografica della collezione di Marcione delle lettere di Paolo, non sorprende che Luca come il Vangelo di Marcione è il vangelo che suona più biografico.

Tuttavia, nonostante la stretta copiatura del Vangelo di Marcione da parte di
Luca, Luca ha alterato numerosi aspetti del Vangelo di Marcione - introducendo un racconto sulla nascita e giovinezza di Gesù, enfatizzandolo come Signore, facendo inoltre parecchi link alla sua eredità ebraica e lignaggio davidico. E tuttavia, hai ragione, il carattere biografico è preservato, e perfino cercato di rafforzare mediante quelle aggiunte. Nella misura in cui la natura biografica del suo Vangelo era antitetica, che significa che attraverso biografia e Storia, Marcione voleva sottolineare la natura non ricettiva della Storia e la mancanza di comprensione del popolo ebraico verso il trascendente e sconosciuto Dio e il suo Messia, Luca contrasta questo programma mediante la sua enfasi sulla Storia.
Marco, per contrasto, devia di più nel linguaggio dal Vangelo di Marcione, tuttavia sceglie un diverso approccio per contrastare il Vangelo di Marcione tramite, come Luca, l'adozione di certi aspetti, diversi da Luca. Per Marco, il Vangelo di Marcione svincola Gesù dai Profeti, da qui, Marco parte col fare questo link. Lui ha meno problemi con il criticismo di Marcione della Storia, al contrario, Marco perfino enfatizza il carattere nascosto e misterioso di Gesù - perciò anche lui pone il messaggio di Marcione più in questa direzione, qualcosa che tu chiami allegorico.
 Matteo a sua volta, impugna il Vangelo di Marcione (apparentemente prima di Luca e dopo Marco) ed è quello che estende il Vangelo di Marcione con la storia della nascita, sottolinea la storicità, ma non come in Marcione, per disputare la Storia come tale. Invece, lui volge la relazione antitetica di Marcione tra Gesù e i giudei (specialmente le istituzioni, la gente e gruppi dirigenti) in una posizione anti-giudaica.

Da qui, se tu adotti la mia nuova datazione di
Mcn che è prima (ma nota - io sto rinunciando all'idea di strette dipendenze dei vangeli, poichè io vedo solo la bozza di Marcione che è il primo Vangelo, mentre la sua versione pubblicata con le Antitesi fa chiaramente mostra di conoscere e leggere i vangeli canonici), io piuttosto penserei che noi non vediamo una mossa in senso stretto, ma che una biografia storica critica della Storia (Mcn) creò diverse risposte, risposte più allegoriche (per salvare il misterioso - Marco, per salvare Gesù come l'erede di Israele - Matteo), e una risposta più storica (Luca che aggiunse Atti per confrontarsi e posizionare anche al loro posto la collezione di Marcione delle lettere di Paolo).

Abbiamo dunque sostanzialmente due tipi di risposte diverse nell'utilizzo della concezione antica della Storia (uso la maiuscola per indicare la differenza che c'è in inglese tra history e story e che purtroppo all'italiano manca). 

Marcione decise di parlare di un Gesù letterale nella misura in cui, calando il Gesù celeste nella Storia umana e nel mondo, meri prodotti del dio creatore, il suo luminoso ma incompreso ingresso ne rimarcava, per contrasto, la sostanziale nullità e oscurità di fondo, vale a dire l'intrinseca imperfezione di tutto ciò che è creato dal Demiurgo. Per cui STORICO, nel senso di VERO, AUTENTICO, diviene in Marcione solo l'ospite, o meglio l'intruso sconosciuto e straniero penetrato in quel mondo imperfetto e corrotto e per natura a lui ostile, e non più, giacchè in suo netto contrasto, l'insieme dei vari e vani accadimenti di quello stesso mondo ospitante frutto di un dio giusto ma inferiore.

Mi vengono straordinariamente in aiuto le parole di R. G. Price, che pure era riuscito per suo conto a sfiorare l'essenza di questo pensiero:
Il conflitto tra la centrale teologia apocalittica del cristianesimo e i racconti evangelici è sempre stato sconvolgente all'interno della religione. Molti elementi centrali della teologia cristiana si contraddicono l'un l'altro, il che ha indotto i teologi cristiani a eseguire acrobazie filosofiche per secoli, e tutto questo deriva dal fatto che al vero cuore della religione c'era questo conflitto tra la teologia di un messia immaterialmente celeste e un messia che si era ''fatto carne''. Questo è perchè terminiamo con la Trinità e altre impossibilità logiche per tentare di spiegare la teologia cristiana, perchè fin dal principio la teologia cristiana fu intrinsecamente costruita sul concetto di un corrotto mondo materiale che può solamente essere salvato da un messia immateriale, tuttavia le storie riguardo un reale messia umano sono centrali all'insediamento della sua legittimità. 

Quello che sfugge a Price però è che quellla drammatica antitesi non fu il mero effetto collaterale di un clamoroso equivoco, non fu un errore che richiese la quadratura del cerchio disperatamente urgente a colui che, spintosi troppo oltre, pur tuttavia rimane riluttante a tornar indietro sui propri passi.

Quell'antitesi fu ricercata deliberatamente da Marcione.


Qui è l'impronta inconfondibile del genio. Qui è dove accade quell'obbligata quanto attesa transizione dal docetismo rivelatorio di un Paolo al docetismo storicista di un Marcione, destinata a mutare sotto il rapido incalzare degli eventi e delle opinioni cangianti nel dogma cattolico dell'incarnazione ''nella carne'''.

Sembra impossibile riuscire a discriminare quanto si doveva solo e soltanto al genio di Marcione da quanto fosse invece fatalmente destinato a realizzarsi perchè era oramai tempo che accadesse. Ma è un fatto che tutto ciò accadde.

Perché, tra l'ineluttabilità, da un lato, e il punto in cui la volontà di un singolo genio spirituale - e Marcione certamente lo era - si scontra con quella necessità, dall'altro, c'è una zona d'ombra, un raggio di luce dove la bellezza viene in essere, dove due superfici molto diverse si mescolano e si confondono per fornire ciò che la vita non offre: e questo è lo spazio dove tutta l'arte esiste, e tutta la magia e l'imprevedibilità del destino.
 
Anche se non riesco a sapere al momento tutte le sue ragioni, e perfino se sarà destino non arrivare a comprenderle tutte, è un fatto che Marcione fu il primo ''storicista'' e si convinse egli stesso di essere tale nella misura in cui fece del Gesù ''storico'', per la Storia umana propriamente detta, una specie di accusatorio quanto compromettente e imbarazzante convitato di pietra. Entrando nella Storia umana ''dall'alto'' come esordisce il suo vangelo, un Gesù già adulto sprovvisto di carne e sangue condannava senza sè e senza ma quella medesima Storia umana. Egli, con la sua apparente storicità (docetismo), era la prova vivente dell'illusorietà e caducità congenite di quella Storia umana. Il mondo materiale era un errore fin dall'inizio. E la discesa di Gesù ''in apparenza di uomini'' proprio in quel mondo ne sanciva da ultimo la finale dimostrazione.

Il messaggio poteva essere questo, ed era certamente sublime: chi è venuto ''veramente'' (=''storicamente'') a salvarti dai dolori della carne in un mondo di carne, era un uomo privo di carne ma solo apparentemente di carne. Era la nichilistica negazione in marcia e la condanna visibile della carne e contemporaneamente il salvatore da essa.

Brillano nuovamente di una nuova luce le parole di Paolo sulle labbra di Marcione:
 
Ognuno muore nella carne e rinasce nello spirito.

Ecco intravista l'allegoria, il doppio significato, il simbolo al quale allude e rimanda segretamente quella serena quanto paradossale ''divinità'' del Figlio del Dio straniero nel Vangelo di Marcione.

Un puro spirito non può per sua natura contaminarsi con l'impura carne. Ma il punto è che perfino limitarsi ad apparire di carne e a non essere di carne costituiva strictu sensu una forma sottile e indiretta di contaminazione con l'impurità del mondo e della carne. L'immagine non è meno colpevole della sostanza. Ma se allora Marcione ipotizzò audacemente un'intera biografia come efficace rappresentazione di quella apparente contaminazione nella carne, con tutte le incomprensioni e i paradossi che quell'apparente degradazione si portava inevitabilmente seco, fu solo e soltanto per un'unica e soprattutto deliberata ragione, e quella ragione era totalmente e interamente teologica: condannare la carne. Condannare il mondo. Condannare la vana Storia umana. Passato. Presente. E futuro.

Una Storia umana di Gesù che serviva a negare ogni statuto ontologico della Storia umana stessa.

La lettera uccide. Lo spirito dà vita.
(Paolo)


Dunque ciò che R. G. Price pensava che per i ''cristiani'' venuti a sapere per la prima volta di un ''Gesù storico'' fosse un male, frutto di un equivoco irreparabile, ossia l'immediato contrasto giuntosi a creare tra carne e spirito con la storicizzazione di un Gesù celeste sulla Terra, costituiva in realtà proprio per Marcione e seguaci il supremo suggello di una reale quanto radicale antitesi di fondo: la netta opposizione tra spirito e materia, tra Vero Mito e vana Storia umana, tra trascendenza e immanenza, tra il Dio buono e il dio giusto.

Se il Figlio era sceso sulla Terra a portare la salvezza e a morire nell'incomprensione e nell'ostilità degli ignoranti abitanti del mondo, non c'era più bisogno di figurarsi un mondo sub-lunare dominato da demoniaci arconti nel quale immaginare, sulla scorta di Paolo, la crocifissione di Gesù: era il mondo stesso il dominio degli arconti demoniaci, il regno del male di cui sbarazzarsi, e alla svelta. Era la Giudea il territorio consacrato allo stesso Demiurgo. Gli ebrei soli, come gesto di estremo rispetto per quel dio giusto, erano legittimati a rimanere nella loro religione e ad attendere dal dio giusto la venuta del loro Messia ''secondo la carne''.

Intenzione originaria di Marcione era che i veri cristiani convivessero per sempre con quest'antitesi di fondo suggellata e sancita una volta per tutte dal dramma cosmico consumatosi sulla Terra con la visita recente del Figlio di un Dio Straniero.

Quella ''biografia storica'' da lui inventata serviva perciò a rammentare continuamente ai cristiani l'opposizione irriducibile tra Vera Storia - la missione del Figlio sulla Terra - e vana storia - la stessa apparente biografia di Gesù.

La Non-Vita sulla Terra data da Marcione al Figlio di un Dio ignoto serviva per definizione a negare la vita reale di questo mondo e a far brillare, per contrasto, la Vera Vita trascendente che attende i cristiani al cielo.

Ma alcuni cristiani non potevano sopportare di vivere a lungo con questo lacerante e insanabile contrasto cristalizzatosi in tutta la sua drammatica evidenza nella sua più chiara esplicazione concettuale mediante il paradosso di un solo apparentemente ''storico'' Figlio di un Dio Alieno.

L'apparente, e solo apparente, presenza recente del Figlio nel mondo e nella Storia umana era la condanna univoca e del mondo e della Storia umana nella quale la sua divinità aveva fatto la sua irruzione, aprendo per la prima volta uno spiraglio di salvezza nell'oscurità della carne.

Per quei cristiani imbevuti di filosofia neoplatonica ellenistica e di sincera riverenza per il Dio creatore degli ebrei era intollerabile la rinuncia a quel Dio e alla sua creazione.

Perciò la loro insistenza sulla storicità ''reale'', ''nella carne'', del Figlio, tradiva l'intenso desiderio teologico di riabilitare la storicità e realtà di tutto ciò che accadeva, accade e accadrà nel mondo, suggellandone così in definitiva la bontà intrinseca.

Se per Marcione il cristiano doveva credere malgrado tutto (e in ciò quasi anticipando Kierkegaard), per i suoi oppositori protocattolici il cristiano doveva credere a causa di tutto, perchè tutto era buono perchè generato da un unico Dio.

Ma come necessario sigillo teologico della confermata bontà del tutto, ovvero la prova ora resasi drammaticamente necessaria della reale storicità di Gesù, tutto quello che i proto-ortodossi riuscirono a trovare, e a correggere,  era, di nuovo e di nuovo e ancora di nuovo, sempre e soltanto, lo straordinario Vangelo di Marcione. 

Confermandoci così che nessun'altra traccia esisteva di quel Gesù ''crocifisso sotto Ponzio Pilato''

Perchè quel Gesù non era mai esistito.

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