sabato 6 settembre 2014

Del perchè l'autore di Marco considera Giacomo il falso “fratello del Signore” per antonomasia

Così si esprime Robert Price a proposito dell'esorcista indipendente:

Credenziali apostoliche sono una volta di nuovo in gioco in una vicenda che fa di Giovanni il campione dell'esclusivismo nel nome dei Dodici, con Gesù che rinuncia ad esso a favore di outsiders (come Paolo) - Marco 9:38-40, una storia chiaramente riscritta dalla conseguenza dell'unzione dei settanta anziani in Num. 11:26-29, "Intanto, due uomini, l’uno chiamato Eldad e l’altro Medad, erano rimasti nel campo, e lo spirito si posò su loro; erano fra gl’iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda; e profetizzarono nel campo. Un giovine corse a riferire la cosa a Mosè, e disse: "Eldad e Medad profetizzano nel campo". Allora Giosuè, figliuolo di Nun, servo di Mosè dalla sua giovinezza, prese a dire: "Mosè, signor mio, non glielo permettere!" Ma Mosè gli rispose: "Sei tu geloso per me? Oh! fossero pur tutti profeti nel popolo dell’Eterno, e volesse l’Eterno metter su loro lo spirito suo!"'' Non è una coincidenza che Giovanni è presente in una scena (Gal. 2:1-9) dove la questione della legittimazione apostolica di Paolo dev'essere insistita. Forse Giovanni era inizialmente in opposizione, e questa storia sorse basata sul fatto. Un altro avvertimento al carattere post-Gesù della storia, come Bultmann, seguendo Wellhausen, sottolineò, è che l'esorcista freelance non è criticato per non seguire Gesù, ma piuttosto per non seguire ''noi'', un gruppo di antichi cristiani. 
(Robert Price, The Incredible Shrinking Son of Man, mia libera traduzione e mia enfasi)




Dunque la cosa è molto più semplice di quanto pensavo:
In Marco leggiamo circa la madre e i fratelli di Gesù; in Galati leggiamo circa Giacomo fratello di Gesù. In Marco troviamo un'allusione allo status speciale di relazione familiare; in Galati troviamo un'allusione allo status speciale di Pietro, Giacomo e Giovanni che sono ''reputati pilastri''. In Marco udiamo quello status speciale rigettato; in Galati udiamo quello status speciale rigettato. Le parole di Gesù in Marco sono funzionalmente identiche all'asserzione di Paolo in Galati che ''quel che loro [i cosiddetti Pilastri] erano non fa alcuna differenza a me; Dio non mostra parzialità'':
 Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
(Marco 3:33-35)

Come la parte interna del sandwich in Marco, anche questa parte esterna veicola lo stesso tema degli accusatori che sono essi stessi colpevoli. Nella prima parte, la parola che implica che i parenti di Gesù pensano che sia uscito di senno è ἐξέστη, che letteralmente significa ''stare fuori''. Poi quando arrivano, sono loro quelli che stanno ''fuori'' (ἔξω) chiedendo di Gesù. Come ho spiegato in precedenza, l'intera idea dell'essere ''fuori'' veicola un significato speciale in quanto un cattivo luogo in cui trovarsi in questa parte di Marco, dal momento che emerge di nuovo appena pochi versi più tardi nella famosa conclusione alla parabola del seminatore:

Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori (ἐκείνοις δὲ τοῖς ἔξω) invece tutto avviene in parabole, affinché 
guardino, sì, ma non vedano,
ascoltino, sì, ma non comprendano,
perché non si convertano
e non venga loro perdonato».

(Marco 4:11-12)

In Galati, persone che vogliono forzare i gentili a obbedire alla Legge ebraica accusano Paolo di ipocrisia e considerano i gentili non-osservanti-della-Torah al di fuori del recinto della comunità messianica. Il loro lato è guidato da Giacomo il fratello del Signore, che in un incontro faccia-a-faccia riconosce l'autorità di Paolo ma più tardi ostacola Paolo inducendo Pietro a disassociare sé stesso dai gentili non-osservanti-della-Torah. In Galati, Paolo proclama il terrificante verdetto che ognuno che prende questa posizione è al di fuori del recinto della comunità messianica, al di fuori della grazia, separato da Cristo. Anche qui il racconto di Marco parallela Galati. La madre e i fratelli del Signore credono che egli ''stia fuori'' del recinto della comunità ebraica e vengono a prendere le corrette misure. Nel fare così risulta che sono loro realmente a stare ''fuori''. E in 4:11-12, risulta che quelli che stanno ''fuori'' sono destinati ad essere sordi e ciechi alla parola del vangelo, con il terrificante verdetto che essi non saranno perdonati. Quel verdetto suona davvero molto simile al sinistro ammonimento di Paolo, ''Voi non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella Legge; voi siete decaduti dalla grazia'' (Gal 5:4).

Tutto questa evidenza fa un caso davvero forte che Marco derivava dallo scenario descritto in Galati 2:1-12. In altre istanze evidenza simile è presente ma meno schiacciante.

(Tom Dykstra, Mark, Canonizer of Paul, pag. 154-155, mia libera traduzione e mia enfasi)

L'autore di Marco è soltanto uno che semplicemente legge le lettere di Paolo, come legge le Scritture dell'Antico Testamento, come legge i poemi di Omero per inventare ogni episodio del suo vangelo mediante la sua immaginazione, secondo Dykstra, ed in questo mi ha totalmente convinto. Nella recensione dei capitoli finali del libro di Dykstra spiegherò quali erano i suoi motivi nel fare questo.

Dunque questo significa che, dati Paolo, Omero e l'Antico Testamento, chiunque poteva fare quello che stava facendo Marco con la giusta dose di fantasia: inventare di sana pianta una Non-Vita di Gesù.


Ma se quello che stai prospettando, direbbe a questo punto il lettore, è che Marco apprende di un Giacomo fratello di Gesù perchè lo legge da Galati 1:19 e non da altre fonti, allora il vangelo di Marco si può usare come evidenza, se non della storicità di Gesù, almeno di una lettura storicista di Galati 1:19 ???
oltre agli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.


Difficilmente. Perchè non sappiamo se quella fu una lettura dettata da Marco nella sua solita abitudine di portare all'estremo paradosso uno specifico punto contingente presente in Paolo (mediante apposite vignette non-storiche del vangelo) oppure se Marco non poteva prescindere dalla realtà indipendente di un vero e proprio fratello carnale di Gesù di nome Giacomo.

Se in sostanza il puro e semplice Fatto è che Marco vuole veicolare questo messaggio:
tu Giacomo potevi essere perfino il fratello carnale di Gesù ma se non hai fatto la volontà di Paolo non sei veramente il vero fratello del Signore

allora il lettore (io, e anche chi sta leggendo queste mie parole) non saprà mai se quel ''perfino'' è solo un rafforzativo iperbolico, che rimanda cioè ad una metafora volutamente alterata & esagerata, sul piano della quantità, della reale identità del Giacomo delle epistole (un mero cristiano rinomato), oppure se l'essere Giacomo un fratello di Gesù fosse un fatto reale di fronte al quale Marco doveva fare buon viso a cattivo gioco.

Per fare un esempio, quando dico un'iperbole del genere:

è un secolo che aspetto

nessuno crede che io sia vissuto un secolo non facendo nient'altro che attendere, per di più, per quanto nessuno dubiterà parimenti della mia conoscenza del termine ''secolo''.

Oppure quando dico:

berrei volentieri un goccio di vino

non intendo dichiarare che nel bicchiere dev'esserci letteralmente solo una ed esattamente una mera goccia di vino, ma d'altro canto neppure voglio insinuare l'idea assurda che non sappia cos'è una ''goccia''.

Allo stesso modo, se Marco trasforma Giacomo ''il fratello del Signore'' in un Giacomo ''fratello di Gesù'', non sappiamo se quella trasformazione dell'espressione non sia a sua volta un'iperbole, volta ad esagerare convenientemente la ben più umile identità di Giacomo (nella Storia solo un cristiano di una certa fama) al punto da farlo ''fratello di Gesù'' per poi ribadire subito dopo, all'interno dello stesso ''episodio'', che quello che conta davvero è essere vero ''fratello del Signore'', ossia vero cristiano.

D'altro canto, quando vediamo che Marco sdoppia lo stesso Giacomo Pilastro delle epistole nell'altro suo clone letterario Giacomo ''figlio di Zebedeo'' (e non fratello di Gesù ma di Giovanni), si tratta chiaramente di un'iperbole letteraria: quel Giacomo è così sospetto per la sua storica opposizione al vero apostolo Paolo, che suo padre diventa lo stesso Zebedeo padre di quel profittatore di Achar di Antichità Giudaiche  V:33-44. Marco non credeva veramente che Zebedeo fosse padre di Giacomo ''il fratello del Signore'', tuttavia per lui quell'iperbole letteraria serviva a veicolare della sana diffidenza verso l'oppositore storico di Paolo.

Cosa mi impedisce allora di nutrire lo stesso sospetto nei confronti di Giacomo ''il fratello di Gesù''?

Marco non credeva veramente che Gesù fosse il reale fratello carnale di Giacomo ''il fratello del Signore'' perchè per lui quell'iperbole letteraria serviva solo a sottolineare l'enorme divario che passa tra la presunzione di importanza (essere perfino un parente di Gesù ''secondo la carne'', e dunque la condivisione in altra forma dello stesso onore di Davide antenato di Gesù ''secondo la carne'') e la reale insignificanza (non essere che un falso ''fratello del Signore'' giunto in posizione di leadership) del Pilastro Giacomo agli occhi di un Dio che ama solo veri fratelli del Signore.   

Dunque questo messaggio di Marco
tu Giacomo potevi essere perfino il fratello carnale di Gesù ma se non hai fatto la volontà di Paolo non sei veramente il vero fratello del Signore

sembra davvero implicare addirittura l'opposto di quanto desiderano i folli apologeti: ossia che Giacomo in realtà non fu affatto fratello carnale di Gesù in quanto il ruolo di fratello biologico di Gesù svolge solo una funzione iperbolica: esagerare apposta quello che potrebbe essere stato Giacomo (perfino essere fratello carnale di Gesù) per ribadire in sostanza che Giacomo non è stato un autentico ''fratello del Signore'' perchè è stato solo (e soltanto) un falso cristiano rivale di Paolo. 

In questo grottesco film di fantascienza ci si inventa il più iperbolico ruolo inimagginabile per il cattivo nazista di turno (addirittura il possesso di potenti armi spaziali) ma solo per ribadire in ultima istanza che, qualunque cosa potevano e potranno (perfino essere di nuovo ad un passo dal conquistare il mondo), i nazi sono sempre alla fine ed in ogni caso sconfitti. Quindi in quel caso si allude alla realtà storica (che i nazisti hanno perso la guerra)  ma si tende ad esagerare apposta a scopi di fiction la reale misura della loro minaccia (inventandosi che sono entrati in possesso di armi spaziali estremamente potenti e che quella minaccia giunge addirittura ''dallo spazio'').

Allo stesso modo Marco poteva alludere alla realtà storica (che Paolo chiamò effettivamente Giacomo il ''fratello del Signore'') ma volle esagerare apposta, a scopi di fiction, il reale significato di quella fratellanza: non mero sinonimo di cristiano ma addirittura fratello carnale di Gesù!

Per ribadire che cosa, da ultimo? Che ''fratello del Signore'' diventa un'espressione VERA se con quella ci si riferisce unicamente ad un VERO CRISTIANO, ovvero al seguace di Paolo.

Quindi sono propenso a pensare che il fatto più che evidente che Marco abbia voluto veicolare questo messaggio:
tu Giacomo potevi essere perfino il fratello carnale di Gesù ma se non hai fatto la volontà di Paolo non sei veramente il vero fratello del Signore

sottintende piuttosto chiaramente che Marco partiva dall'originario significato paolino di ''fratello del Signore'' come sinonimo di generico cristiano, per introdurre un'iperbole letteraria (''fratello di Gesù'') esplicitamente estranea al significato solito di ''fratello del Signore'' trovato in Paolo, in ordine di attribuire a Giacomo un motivo più che sufficiente per vantarsi agli occhi degli uomini ma non abbastanza sufficiente per gloriarsi agli occhi di Dio.


Esagerare il valore presunto dell'identità di Giacomo in apparenza, fino al limite massimo consentito immaginabile in una fiction (fratello di Gesù ''secondo la carne''), per in realtà abbassarlo ancora di più agli occhi dell'unico giudizio che veramente conta: il giudizio divino. Ecco cosa sta facendo davvero Marco.

C'è chiaramente dell'ironia qui, se l'imbarazzo del falso fratello del Signore per antonomasia è attribuita tutta proprio al fratello carnale di Gesù!


Si tratta di una punizione maggiore di quella ricevuta da Pietro, la sorte del quale, al termine del vangelo, è invece la seguente:
...un finale potrebbe introdurre qualcosa di nuovo, e questo finale lo fa. Il fallimento è non necessariamente finale: il testo dà a Pietro e agli altri un'opportunità di rispondere fuori dal testo di Marco all'invito a seguire Gesù in Galilea. La Galilea in Marco simboleggia l'integrata comunità giudeo-gentile. Così l'implicazione è che i leaders cristiani al giorno di Marco che ''seguono Gesù in Galilea'' sono coloro che approvano la visione di Paolo di una comunità unita giudeo-gentile. Se Pietro o qualcun altro degli altri uomini che Paolo chiama ''gli apostoli prima di me'' accettano la visione di Paolo del vangelo, avranno mostrato la loro fedeltà a Gesù. Coloro che oppongono Paolo si stanno rifiutando di ''seguire Gesù in Galilea'' e nel fare così hanno rinunciato alla loro autorità apostolica.

L'originaria audience di Marco all'interno delle comunità paoline potrebbe non aver saputo chi dei ''dodici'' in ultima istanza risultò fedele e chi no, ma essi sapevano chi seguì questo progetto perfettamente: Paolo stesso.

(pag. 138-139, mia libera traduzione, corsivo originale, mio grassetto)