martedì 6 maggio 2014

Del perchè Marcione è la ragion d'ESSERE di Luca (II)




Quella che segue è la ricostruzione dell'incipit del vangelo di Marcione (mia enfasi):
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare,
mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea,
Gesù discese [dal cielo] a Cafarnao, una città della Galilea,
e al sabato ammaestrava [nella sinagoga] la gente.
Rimanevano colpiti dal suo insegnamento,
perché parlava con autorità
Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo
e cominciò a gridare forte:
«Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno?
Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!».
Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!».
E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente,
uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro:
«Che parola è mai questa,
che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi
ed essi se ne vanno?».
E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

Si recò a Nazaret, ed entrò di sabato nella sinagoga
 e sedette.
Allora cominciò a parlare loro,
Tutti erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Ma egli rispose:
«Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso.
Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao,
fàllo anche qui, nella tua patria!
».

Vi dico anche:
«c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia,
quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi
e ci fu una grande carestia in tutto il paese;
ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.
C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo,
ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».

All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;
si levarono, lo cacciarono fuori della città
e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata,
per gettarlo giù dal precipizio.
Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

Nel vangelo di Marcione, Gesù discende dal cielo per ritrovarsi già adulto a Cafarnao e colà inizia a predicare. Solamente più tardi il Gesù di Marcione giunge a Nazaret. In Luca, al contrario, Gesù giunge a Cafarnao (''Poi scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente'', Luca 4:31) e vi fa miracoli destando così grande sorpresa da far pensare che per Luca non vi era mai stato in quel villaggio prima di allora. A dire il vero in Luca, prima di allora, Gesù non ha ancora iniziato nemmeno la sua predicazione pubblica, ma riesce solo ad entrare a Nazaret.

Sono tutti indizi che Luca sta davvero redigendo e modificando un documento precedente, prendendo tutti i pezzi e i pezzettini che gli servono per risistemarli e arrangiarli alla bell'è meglio a seconda delle sue necessità teologiche. Ma Marcione e Matteo non presentano questo arrivo così tardo di Gesù a Cafarnao, e per giunta il monito ''Medico, cura te stesso'' non appare in Matteo, a significare probabilmente che Luca sta attingendo da Marcione e non da Matteo in questo punto.

Un'altra latente contraddizione di Luca che deriva dal suo aver male arrangiato i pezzi di cui disponeva, è laddove prima presenta un generale apprezzamento di Gesù:
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
(Luca 4:22)

per poi bruscamente offrire un netto ripudio della sua veracità di profeta da parte della popolazione locale, al punto da chiedere a Gesù di fare a Nazaret quello che si diceva avesse fatto anche a Cafarnao, e con ciò tradendo una precedente permanenza di Gesù a Cafarnao contra la sottolineatura precedente che Gesù non vi era mai stato prima di allora a Cafarnao, per quanto scritto prima.
Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno.
(Luca 4:23-28)

Non solo, ma Gesù riesce a svignarsela dalla folla che lo circonda passando attraverso di essa come un fantasma.
Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
(Luca 2:4:29-30)


Suona familiare? A questo punto il lettore non dovrebbe più sorprendersi di dove voglio arrivare a parare.

Ma intanto mi preme dare maggiore enfasi alla contraddizione che si trascina Luca: perchè Gesù accusa la poca fede dei presenti quando poco prima erano compiaciuti della sua predicazione? Non è per nulla logico.

Ma la versione di Marcione è leggermente più logica.
Dopo aver Gesù predicato, la gente ne è confusa, scomodando Gesù ad accusarli di poca fede e di desiderare un segno a Nazaret al pari di quello mostrato a Cafarnao (il che suona razionale in Marcione dal momento che Gesù iniziò effettivamente ad esorcizzare tanto di spirito maligno a Cafarnao PRIMA di giungere a Nazaret). Come al solito, si ripete la solita scenetta: la gente si adira con Gesù per tale accusa e intende fargli fare un piccolo capitombolo giù dal dirupo, al che magicamente Gesù, come ogni buon fantasma che si rispetti -- e tale è per Marcione -- decide di passare attraverso la folla senza alcuna sensibilità al tatto da offrire.


Mi sembra logico aspettarsi una versione del genere da parte di Marcione per la precipua ragione che il suo Gesù era un fantasma, ovvero era docetico. Ma perchè Luca fu così fesso da lasciare impunito e non corretto questo episodio che prestava il fianco così facilmente all'accusa di veicolare indizi di docetismo facendo il perfido gioco dell'eresiarca di turno? Luca era in fondo un cattolico e dunque anti-docetico per definizione: perchè dunque si era lasciato sfuggire un così pernicioso indizio eretico, così fatale per la sua agenda?

Comincio a pensare che aveva ragione Earl Doherty il quale, parlando del Testimonium Flavianum, disse che gli interpolatori cattolici si contraddistinguono per avere un cervello di gallina. Come non dargli torto nel vedere quello che sta facendo Luca col vangelo di Marcione?

Ecco come cerca di difendere Luca il folle apologeta di turno, per nulla diverso da quei folli apologeti dementi miei contemporanei.

Qui, in una sola volta, quando osservo che imposero le loro mani su di lui, non posso fare a meno di trarre una conclusione che rispetta la Sua sostanza corporea, che non può essere creduto un fantasma, dato che era capace di essere toccato e persino trattato violentemente, quando Egli venne afferrato e portato sull'orlo di un precipizio. Infatti, anche se fuggì in mezzo a loro, Egli aveva già sperimentato il loro ruvido trattamento, e poi se ne andò, senza dubbio perché la folla (come avviene di solito) gli cedette il passo, o è stata addirittura separata; ma non perché fu nascosto come da un travestimento impalpabile, il quale, se vi fosse stato, non sarebbe stato affatto sottoposto ad ogni tocco.
(Tertulliano, Contro Marcione, 4, 8:10-13)

Incredibile come lo schema mentale di questo stronzo non sia in nulla dissimile da quello degli odierni folli apologeti! Ma si contino quante ipotesi ad hoc sta sollevando questa bestia!



Un'ipotesi alternativa è che era Luca a presentare un tale errore e Marcione lo corresse a dovere.
Ma ancora però non si riesce a fare giustizia del perchè questo errore così plateale in Luca. Un'altra alternativa potrebbe essere che sia Luca che Marcione stanno adattando secondo i loro fini una sorta di pre-Luca. Ma ancora non si riesce a rispondere alla domanda: perchè Marcione ci vide giusto e Luca lascerebbe impunito un errore del genere? Non si risolve un errore cambiando il nome del suo autore, a meno di non avere una chiara ragione per farlo.



Le cose sono complicate dal fatto che Luca parla in questo punto del nome di un villaggio, Ναζαρα, anche usato da Matteo in 4:13.
καὶ καταλιπὼν τὴν Ναζαρὰ ἐλθὼν κατῴκησεν εἰς Καφαρναοὺμ τὴν παραθαλασσίαν ἐν ὁρίοις Ζαβουλὼν καὶ Νεφθαλίμ·   

lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,

(Matteo 4:13)


Καὶ ἦλθεν εἰς Ναζαρά, οὗ ἦν τεθραμμένος, καὶ εἰσῆλθεν κατὰ τὸ εἰωθὸς αὐτῷ ἐν τῇ ἡμέρᾳ τῶν σαββάτων εἰς τὴν συναγωγήν, καὶ ἀνέστη ἀναγνῶναι.

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.

(Luca 4:16)

Quindi l'occorrenza di Ναζαρα in questo punto è un altro indizio a favore del fatto che Matteo figura tra le fonti di Luca, ma non potrei dire con medesima certezza se anche Marcione ne fosse a conoscenza. Di certo avrebbe avuto un motivo di fare Gesù proveniente da Nazaret in quanto nel vangelo gnostico di Filippo l'autore dice che Ναζαρα significa ''verità'':
Gesù in ebraico è la salvezza. Nazara è la verità. Perciò Nazareno è quello della verità.

 Quindi Gesù sarebbe uno che viene dalla verità.



In conclusione, ecco la bellezza di ben 3 forti indizi che assommano ad EVIDENZA del fatto che Luca modificò Marcione e/o Matteo in questo punto del suo vangelo:

1. Gesù allude ai miracoli fatti a Cafarnao prima di giungervi ancora.
2. Un racconto che non spiega affatto il drastico cambiamento di umore della gente, dall'apprezzamento al ripudio e alla poca fede, in così poco tempo nel giro di una riga.
3. La conclusione, con Gesù che se la svigna passando attraverso la folla, puzza di docetismo.





Ed ecco 3 indizi che dimostrerebbero, se presi assieme, che Marcione modificò Luca:

1. Appello al Consenso. Così dicon tutti.
2. Tutte le fonti antiche della Traditio pervenuteci accusano Marcione di aver mutilato Luca.
3. il Consensus è dell'opinione che Luca fu scritto 40 anni prima dell'entrata in scena di Marcione. Luca sarebbe dell' 80 EC mentre Marcione del 120--140 EC secondo ''la maggior parte degli studiosi''.

Francamente penso che questi ultimi 3 indizi siano delle pure stronzate. Un Consensus così demente, follemente apologetico e che cerca in tutti i modi di non offendere i cristiani. Manco vivesse ancora nel Medioevo, di cui è l'ultimo, velenoso retaggio.

«Del resto, nemmeno io ho le idee chiare, ma dove il discorso come un vento ci porta là intendo andare»
(Platone, Repubblica, 394d)

 E questo è tutto.




L'unica nota positiva che posso dire del Consensus
è che sembra di recente, anche se mooolto lentamente, muoversi un pò di più verso l'idea che Luca (e quella tendenziosa propaganda anti-marcionita che è Atti degli Apostoli) sia stato scritto assai più tardi del troppo prematuro 80 EC per essere redatto ALMENO dopo Flavio Giuseppe (per giustificare quello che sembrano chiari segni di midrash da Flavio Giuseppe). [1] Meglio tardi che tardi. Dunque le fonti di Luca sono almeno il vangelo di Marcione, Matteo e Flavio Giuseppe.


Perchè così si elimina ogni pretesa di Luca (vedi il suo incipit) di possedere la verità della tradizione orale: copiò solo spudoratamente da Matteo e da (ed in reazione a) Marcione, con tanto di midrash da Flavio Giuseppe, per riproporre la medesima, solita allegoria e venderla come ''Storia'' ricordata.

A conclusione del tutto, posso oramai ritenere più che probabile che esistevano ben più delle quattro comunità cristiane che conosciamo (vale a dire, quelle associate ai nomi fittizi di Marco, Matteo, Luca, Giovanni), che ciascuna di quelle comunità nel mare dell'eresia utilizzò solamente un unico vangelo, e che quell'unico vangelo lo modificò a seconda delle proprie esigenze.



[1] Ecco un piccolo indizio che tradisce come Luca spudoratamente copia da Flavio Giuseppe.
Flavio Giuseppe è l'unico che ci parla del sedizioso Teuda. L'autore di Luca-Atti fa un errore cronologico madornale: 

…prima d’ora sorse Teuda, dicendo di essere qualcuno; presso di lui si raccolsero circa quattrocento uomini; egli fu ucciso e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi e ridotti a nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, ai giorni del censimento, e si trascinò dietro della gente; anch’egli perì e tutti quelli che gli avevano dato ascolto furono dispersi.”
(Atti degli Apostoli, 5:36-37)

Cioè Luca ha commesso quell'errore perchè scambia stupidamente l'ordine di menzione (prima Teuda poi Giuda il Galileo) in Flavio Giuseppe per un ordine cronologico senza accuratamente leggere bene il contesto di Antichità Giudaiche 10,5:1-2!!!
Ma è proprio scemo!

Invito il lettore a gustare un piccolo assaggio del midrash da Flavio Giuseppe da parte dell'autore degli Atti degli Apostoli (precisamente laddove Atti parla dell'incontro di Filippo con l'eunuco etiope), nelle seguenti parole dell'accademico Robert Eisenman (e ad essere abbastanza perspicace da saper distinguere dove il sottoscritto è d'accordo con Eisenman e dove no):
Un angelo parlò dunque a Filippo, ordinandogli di andare a sud, verso Gaza e l'Egitto, anche se la vera destinazione sembra fosse nord od ovest, ovvero Cesarea, sulla costa della Palestina, dove poi incontrerà Paolo (8, 26). Strada facendo si imbattè in un «un etiope, un eunuco, un funzionario di Candace, regina d'Etiopia» (8, 27). Se è degno di nota il fatto che costui sia «sovrintendente a tutti  i tesori» della regina, ancor di più è che sia alle dipendenze della regina d'Etiopia.
La nostra vecchia conoscenza, la regina Elena di Adiabene, fa dunque il suo ingresso negli Atti quando ce lo saremmo aspettato, ma vi compare travestita in modo da non essere riconoscibile, una mascherata durata duemila anni.
Si dà il caso, però, che sebbene fosse esistita una regina di Etiopia-Sudan di nome Candace, sconfitta dai romani nel 22 a.C., non risulta che ne esistesse un'altra nel 45 d.C., e tanto meno è credibile una regina d'Etiopia che mandasse i propri agenti o messaggeri a Gerusalemme. Che ci faceva allora questo ''tesoriere'' nei pressi di Gerusalemme? Ma al di là di questo, il punto importante è che ''Candace'' altro non è se non un'alterazione del nome di quel tal Cenedeo, parente o forse nipote della regina Elena, probabilmente uno dei numerosi figli di Izates. Lo abbiamo già incontrato insieme al fratello, il terzo Monobazo, quando venne ucciso durante l'attacco sferrato dai guerriglieri ebrei contro le truppe romane presso il passo di Beit Horon, nei primi giorni della rivolta antiromana, dopo aver dato prova di grande valore. Come nel caso della confusione tra ''Iscariota'' e ''sicario'', o tra ''Alfeo'' e ''Cleofa'', se inventiamo una iota con una kappa probabilmente ci avviciniamo alla verità. Nella fattispecie, ''etiope'' ha semplicemente preso il posto di ''arabo''; ma che importava: agli occhi dell'establishment ellenistico-romano tutti coloro che avevano la pelle scura si equivalevano!
Siamo dunque di fronte a una stupefacente trasformazione, simile a quella operata con la figura di Agabo, che, guarda caso, ritroveremo a proposito del soggiorno di Paolo nella casa di Filippo, a Cesarea.
Inoltre questa sostituzione o riscrittura dimostra una buona conoscenza non solo delle fonti, delle tradizioni, dell'azione umanitaria della regina di Agbar e delle vicende di Agbar, ma anche della storia e del fatto che uno dei discendenti di Enea, un eroe che si mise in luce all'inizio della guerra contro Roma, si chiamava Cenedeo. Naturalmente il suo nome è stato cancellato, forse semplicemente per il suo eroismo e per i rapporti della sua famiglia con coloro che combattevano per la libertà della Giudea!
Di certo, chi ha riscritto il tutto era perfettamente a conoscenza della realtà dei fatti. È questo il modo in cui gli autori degli Atti hanno travisato la storia. Ma è gravissimo che non si siano fatti scrupolo di lasciarsi andare alla satira sul nome di uno dei martiri più santi del popolo ebraico, Cenedeo, un eroe e un convertito che ha finito per essere dimenticato persino dagli ebrei. Tanto grande è il potere di una disinformazione fatta in modo abile e tali sono le conseguenze di un'ignoranza diffusa e quasi congenita! Prendere il nome di un non ebreo convertito all'ebraismo, che combatté con valore per la libertà del suo popolo di adozione fino a diventare un martire, e ridicolizzarlo in questo modo può non risultare sconvolgente per il grande pubblico, ma appare estremamente offensivo a chiunque nutra rispetto per l'eredità culturale o la tradizione che vi è legata, soprattutto se si pensa che per quasi duemila anni questi scritti sono stati considerati ''parola di Dio'' da innumerevoli persone, musulmani compresi.
Per un ulteriore, definitiva conferma del cinismo di chi ha operato la trasformazione, è sufficiente continuare l'esame della storia così come viene presentata negli Atti. L'eunuco etiope -- si noti l'intento canzonatorio nei confronti della circoncisione, già riscontrato nella Lettera ai Galati (5, 12) -- «se ne tornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia». Allora lo Spirito consigliò a Filippo di raggiungerlo (Atti 8, 29).
Non appena gli fu vicino e si fu accorto che stava leggendo Isaia gli chiese: «capisci quello che stai leggendo?» (Atti 8, 30). Già, ma si dà il caso che sia esattamente l'episodio, tratto da Giuseppe Flavio, in cui Eleazaro il Galileo, entrando nella camera di Izates, lo trova immerso nella lettura, non di Isaia, ma del brano della Genesi in cui Dio ordina ad Abramo di circoncidere tutti i maschi che si trovano presso di lui, persino gli stranieri (17, 10-27). Eleazaro gli chiese dunque se avesse ''compreso quello che stava leggendo'', le stesse identiche parole, poi gli fece notare l'empietà legata alla mancata osservanza di questo comandamento.
La sostituzione del libro della Genesi con Isaia, testo chiave per la teologia cristiana, è significativa ed è evidente la malizia nel mettere un eunuco al posto di Izates. A ogni buon conto, se mai fosse rimasto qualche dubbio su quanto è stato detto finora sul metodo di lavoro dell'autore degli Atti, sarebbe giunto il momento di accantonarlo definitivamente. Per quanto oscuro e banale possa sembrare questo episodio, sta di fatto che conferma una volta di più le nostre ipotesi.
Qui però non si tratta soltanto di riscrivere o di modificare; la sprezzante caricatura della circoncisione di Izates è qualcosa di più. Siamo infatti di fronte a un intervento di vera e propria falsificazione con il palese e deliberato intento di disinformare. Sfortunatamente il metodo usato negli altri documenti non è sostanzialmente diverso, pertanto l'intero edificio del ''cristianesimo dei Gentili'' deve essere considerato tendenzioso. Ovviamente questo non vale per il ''cristianesimo nazireo'', se così possiamo chiamarlo, quello cioè di Giacomo e dei suoi seguaci.
Come c'era da aspettarsi, il tesoriere della regina d'Etiopia, non Izates figlio della regina di Adiabene, è immerso nella lettura del brano di Isaia che contiene la profezia del ''Servo Sofferente'' (53, 7-8), considerato dalla teologia cristiana l'annuncio della passione e morte di Gesù. Al che Filippo si sente in dovere di catechizzarlo, motivo per cui viene definito ''evangelista'' quando, circa tredici capitoli dopo, incontrerà Paolo (Atti 21, 8).
[...]
Tornando all'episodio descritto negli Atti, quando, «proseguendo lungo la strada giunsero ad un luogo dove c'era acqua», Filippo battezzò l'eunuco non appena questi ebbe ammesso che «Gesù Cristo è il figlio di Dio», nel pieno rispetto della teologia del ''cristianesimo dei Gentili''. Dovrebbe ormai essere evidente come l'eunuco abbia preso il posto di Izates e Filippo quello del maestro zelota Eleazaro.

(pag. 517-520, Robert Eisenman, Giacomo il fratello di Gesù, Piemme, mia enfasi).