domenica 18 maggio 2014

Del cospirazionista buono e del cospirazionista cattivo: o perchè era inevitabile il primo vangelo

Avrei voluto esordire questo post con una definizione presa dal dizionario del termine ''cospirazionista'', e purtroppo non l'ho trovata. Dovrei allora accontentarmi del significato che dà wikipedia all'espressione ''Teoria del Complotto'':

La locuzione teoria del complotto (o della cospirazione) indica una teoria che attribuisce la causa prima di un evento o di una catena di eventi (in genere politici, sociali o talvolta anche naturali) a un complotto o una cospirazione sovvertendo spesso il senso comune o la verità comunemente accettata.
(fonte: wiki)

Il cospirazionista ne deduco allora che sia l'inventore della teoria del complotto, il teorico del complotto.




La frase che vorrei far assurgere a chiave dell'intera questione del perchè Marco scrisse il suo primo vangelo (come spiegherò tra poco) è la seguente:
Ci dev'essere un Dio, perchè io non so come funzionano le cose.


Marco scrisse la sua storiella. Già quella storiella è di per se una prova leggermente contro la storicità di Gesù. Come mi disse Richard Carrier, con due probabilità su tre. Perchè Gesù vi è rappresentato come uno che sguscia via rapidissimo sotto lo sguardo di moltitudini, solo per sigillare una volta per sempre la loro ignoranza quasi metafisica di Lui, e per ratificarne da ultimo la condanna nel Disastro del 70. Più la folla lo applaude volentieri o lo denuncia con odio, più diventa invisibile. Gesù in Marco sembra un fantasma che cammina. Quello che è venuto a dare all'umanità è la sua morte per mano della stessa. È venuto solo per quello, e nient'altro.  Ma se è venuto solo per quello, è venuto allora per condannare l'umanità (ebrea), condanna poi puntualmente materializzatasi col Disastro del 70.
La storiella di Gesù che viene crocifisso sul Golgotha a Pasqua, e risorge dai morti tre giorni dopo è semplicemente un microcosmo dal significato macrocosmico che un lettore contemporaneo del vangelo di Marco e di Matteo comprenderebbe subito al volo: il significato di una risurrezione dello spirito di una cultura assassinata. Quando Gesù parla della distruzione di Gerusalemme e in un altro momento dell'arrivo del Figlio dell'uomo sulle nubi del cielo come scioglimento finale della tragedia, non faceva che trasformare la distruzione reale di Gerusalemme nel 70 in una figura emblematica della purificazione dell'esistenza passata di Israele, un'esistenza macchiata inesorabilmente dal peccato e dalla corruzione, offrendo in cambio al suo posto una nuova esistenza, basata sulla carità, sul perdono, sull'amore, sull'apertura ai gentili nella misura in cui gli  ebrei erano considerati ''gentili'' se volevano sopravvivere al nuovo ordine mondiale.
Questa è l'allegoria della distruzione di Gerusalemme.
La distruzione di Gerusalemme è non solo la realtà a cui si fa allusione, ma anche la realtà che allude. Fatto e simbolo contemporaneamente, quella distruzione si colloca tra gli eventi allegorici della Non Vita di Gesù, e il significato della rinascita spirituale per tutta l'umanità. Umanità che ha già sperimentato un tipo di parusia sotto forma di una nuova religione: il cristianesimo. Che il Figlio dell'uomo è risorto e precede Pietro in Galilea, nella Galilea dei gentili, significa che oramai il nuovo Israele è risorto nella diaspora. Tale esegesi potrebbe sembrare antistorica o anacronistica rispetto ai tempi in cui furono scritti i primi due vangeli, ma non più di quella che vuole per forza figurarsi il promesso ritorno del Figlio d'uomo in un indefinito momento futuro.

Mi domando allora: i lettori di Marco come avrebbero reagito alla lettura di quella storiella? Avrebbero capito che era solo una storiella? A giudicare da come ha reagito Matteo, no.
Matteo l'ha intesa seriamente come una critica a sé stesso e dunque ha risposto a tono punto per punto alle critiche, facendo di necessità virtù: convertendo in senso pro-giudeocristiano la medesima storiella a suo vantaggio. La critica a Paolo è solo velata in Matteo. Sembra che si sia voluto solo ribadire la centralità della Torah e riabilitare i 12 dalle figuracce da idioti appiccicate loro da Marco, specificando l'importanza di Israele ''secondo la carne''.

Se Marco era un cospirazionista (dirò poi cosa intendo per quel termine) Matteo non denunciò la falsità della sua teoria del complotto, ma si associò alla sua diffusione.

Ma cosa spingeva qualcuno a scrivere una storiella del genere? Perchè farlo in primo luogo?
Per giustificare. Per spiegare una realtà altrimenti incomprensibile o minacciosamente incomprensibile. L'uomo è per natura cospirazionista. Io partirei da quello.

Il lettore potrebbe giustamente scandalizzarsi nel sentire termimi quali ''cospirazionista'', ''teoria del complotto'', ''cospirazione'', ecc. Eppure non intendo dare loro il significato negativo di chi parte con l'idea, e solo con quell'idea, di fregare e turlupinare la gente. No. Il cospirazionista in questa sede è uno che si dà risposte, grazie alla sua fantasia, e al limite della auto-(ed  altrui)illusione, che vadano bene almeno temporaneamente per spiegare un fenomeno accaduto in Natura. In base a questa definizione, l'umanità è stata ''cospirazionista'' per secoli quando credeva che la Terra, e non il Sole, fosse al centro dell'Universo: quella soluzione andò bene fino a Copernico, dopo il quale dava ai suoi protervi sostenitori l'immancabile volto del più cinico ''cospirazionista'' (se non la maschera del più crudele Inquisitore).

Ecco in che mirabili e disincantati termini il filosofo Alex Roseneberg descrive l'innata tendenza dell'umanità a ''cospirare'' come unico mezzo per darsi, a breve termine e con i soli mezzi a disposizione lì per lì, la migliore ragione possibile dell'infinita complessità dell'Essere e delle sue minacciose insidie:
Lo scientismo richiede di essere in grado di vedere attraverso le superficiali suggestioni della narrazione, lo specioso senso di sospensione del giudizio offerto da felici (o anche crudeli) finali, la percezione del sollievo dalla curiosità quando i punti sono connessi a formare un plausibile complotto. Necessitiamo di iniziare a districare noi stessi dalla relazione amorosa della nostra specie con le storie. Quella è la prima sfida per lo scientismo. Preferiamo che la nostra informazione ci giunga impacchettata con un naturale punto di partenza, un'eccitante intermezzo colmo di tensione, concluso da un finale soddisfacente. Preferiamo storie con trame che fanno senso dell'ordine degli eventi rivelando i loro significati. La trama rivela come l'esito sia risultato dai motivi, dai piani e obiettivi degli eroi e delle eroine, dei cattivi, e dei presenti che si pavoneggiano per tutto lo sviluppo della storia. Non è solo che troviamo le storie facili da ricordare o che eccitano le nostre emozioni o addirittura che soddisfano il prurito psicologico della curiosità meglio di ogni altra cosa. Il nostro attaccamento alle storie è decisamente più forte e più furbo. Gli esperimenti dimostrano che quando l'informazione ci giunge in ogni altro modo, abbiamo turbamento a comprenderla, a ricordarla, e a crederla. Quando abbiamo una scelta tra credere ad una storia versus il credere ad ogni cosa che possa essere espressa come un rapporto di laboratorio o un programma di computer o un modello matematico, sceglieremo la storia ogni volta. ... Storie, e solo storie, “vendono”.

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Per assicurare la sopravvivenza, Madre Natura mirò troppo in alto. Invece di costruire l'esatta soluzione al problema di elaborare i motivi di altre persone, Madre Natura selezionò persone che vedono trame dappertutto: teorici del complotto. Il più semplice modo di creare qualcuno che è bravo a leggere motivi dal comportamento di altre persone è di esagerarlo: dotare loro di una predilezione nel vedere moventi dappertutto -- nel comportamento umano e nel comportamento animale, ma anche nelle stagioni, nel tempo, nella salute e nella malattia, nell'alba, nelle tempeste di fulmini, nei terremoti, nelle carestie, nei roditori che emergono dalle loro tane in primavera --  in ogni cosa. Gli esseri umani tendono a vedere ogni cosa in natura come organizzata da agenti con moventi, spesso moventi malevolenti. Siamo tutti per nascita naturale dei cospirazionisti. Quella è la ragione del perchè non necessitiamo di apprendere come elaborare i motivi di altre persone. Questa è la ragione del perchè la stessa grande teoria del complotto opera in tutte le culture e perchè possiamo spesso apprezzare storie da altre culture tanto quanto le nostre storie. Questa è la ragione del perchè ricordiamo racconti e li riteniamo naturalmente facili da comprendere senza qualche speciale conoscenza o informazione. Abbiamo tutti un forte incentivo a forzare ogni cosa che necessitiamo di ricordare entro una storia con tanto di trama. Una volta che facciamo senso di una catena di eventi -- trovando i moventi degli agenti dietro gli eventi che la trasformano in una storia -- perveniamo alla familiare percezione del sollievo dalla curiosità o dall'ansia su come sia sbucata fuori la storia.

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A dispetto di tutta quella selezione naturale allo scopo di farci preferire le storie, alcuni di noi si sono sforzati di prendere le distanze dalla più grande teoria del complotto tra tutte loro: la storia di come Dio ci collocò qui. Abbiamo la capacità di penetrare e comprendere le reali risposte che offre la scienza.
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Una volta che abbiamo dato un'occhiata alla fondamentale natura della realtà, allora saremo abili di vedere esattamente come la fisica, per sé stessa, realizza il processo scoperto da Darwin al solo modo che ciascuna vita, ed in ultima istanza la vita intelligente, poteva essere emersa nell'universo. Apprenderemo perchè l'assenza di uno scopo dell'universo fisico pervade anche la biologia, le neuroscienze, la vita sociale, e persino il pensiero cosciente. Al momento in cui giungeremo alla fine di questo libro, vedremo che la scienza batte le storie. Dovremo accettare che le risposte alle implacabili domande non giungeranno confezionate in un sacco di storie. E comprendere le risposte non produrrà quel suddetto sollievo dalla curiosità che tutti sperimentiamo da una storia buona all'ora di andare a letto. Ma se possiamo operare attraverso i dettagli, giungeremo a qualcosa decisamente migliore -- una reale comprensione dell'esistenza, dell'universo, di ogni cosa, verruche e tutto.

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La selezione naturale ci rese crudi teorici del complotto, usando i marcatori introspettivi che scambiamo come nostri piani e progetti per causare comportamento, e usando rumori e inscrizioni di altre persone per elaborare il loro comportamento. Questo genere di teoria del complotto per predire il comportamento di altre persone non ha che un valore adattivo limitato ma ancestrale. Questa è la ragione del perchè Madre Natura trovò un modo per aggiungerci ad esso. Utilizziamo il comportamento di altre persone, compresi i rumori che realizzano (col loro parlare) e le iscrizioni che scrivono (col loro scrivere), insieme con i nostri silenti personali marcatori  e immagini mentali, per guidare le nostre attese circa il comportamento delle altre persone. Quando lo si comprende giustamente, c'è il sollievo dalla curiosità e la soddisfazione psicologica che ci fa continuare a farlo. Fai abbastanza di quel tipo di cose e otterrai storie con trame: biografie, storie, e naturalmente, romanzi storici, psicologicamente soddisfacenti persino quando sono approssimati oppure fabbricati (pensa all'Iliade e alla Bibbia).

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Ricordati dal Capitolo 9 come Madre Natura assicurò la nostra sopravvivenza e il finale trionfo nella lotta evolutiva. Lei si servì di una maggiore minaccia -- più grandi, più forti, più veloci, più gretti predatori -- riunendoci in gruppi, rendendoci cospirazionisti, esperti nell'interpretazione della condotta di altri, amanti di storie. Il modo in cui la selezione naturale ci convertì in cospirazionisti fu mediante la spinta della percezione psicologica del piacere, della soddisfazione, del sollievo dalla curiosità alla formulazione di ipotesi predittive a breve termine circa i motivi di altre persone, su quello che volevano e su quello che credevano in merito a come ottenerlo. Gli studi umanistici quindi non erano la nostra seconda natura, ma la nostra prima natura. Non meraviglia che gli scienziati siano più impegnati a colmare il golfo tra la loro cultura e gli studi umanistici che viceversa. Siamo tutti umanisti duri e puri. Forse solo qualcheduno di noi può con successo sbarazzarsi dei nostri mantelli umanisti e cingersi dell'armatura scientifica. Gli studi umanistici saranno sempre con noi, almeno tanto a lungo quanto la nostra psicologica trattiene la forma assunta nel tardo Pleistocene. Il nostro perdurante incanto con la narrazione riflette questa realizzazione. La passione nell'identificazione del complotto deve essere per sempre combinata con l'eterna ricerca dell'artista per qualcosa di nuovo, sorprendente, oltraggioso, e altrimenti suscitante attenzione.

(liberi estratti da The atheist’s guide to reality: enjoying life without illusions, Alex Rosenberg, 2011, mia libera traduzione e mia enfasi)


Quanto vale per il prof Rosenberg sulle risposte che di volta in volta l'umanità si è data per svignarsela da un lento e faticoso esame critico di fenomeni inspiegabili e feroci della Natura, mediante un rapido quanto acritico appello al MITO per tutto il tempo in cui, drammaticamente incalzata da quei fenomeni, sarebbe poco a poco riuscita a dominarli e a riesaminarne con calma le cause ultime, vale certamente per spiegare PERCHÈ Marco si inventò un'evidente, allegorica Non-Vita per il suo angelo Gesù come RISPOSTA & REAZIONE al Disastro del 70.

Quella risposta poteva essere sbagliata, poteva essere falsa, totalmente falsa, persino al limite della menzogna, ma andava bene per Marco, era utile per il momento a Marco. Matteo non ha scartato a priori quella risposta, perchè aveva anche lui da spiegare lo stesso tragico evento storico accaduto sotto i suoi occhi e quelli di Marco. Ed in mancanza di risposte, scelse di rispondere alla maniera di Marco ma solo aggiungendovi correzioni e aggiunte qua e là. Poi venne Marcione, il quale vestì i panni del cospirazionista in senso negativo, accusando Matteo di aver manomesso, ebraizzandolo, Marco. Marcione fu il primo, appellandosi all'autorità del vero apostolo (che nel suo caso era Paolo) a voler istituzionalizzare la necessità del tutto dogmatica di dividere col coltello il vero dal falso, il bianco dal nero, la fede autentica dall'eresia.
E a quel punto Marcione coagulò per reazione -- e devo dire, meritatamente -- la prevedibile resistenza di Luca-Atti, e il resto è Storia. Marcione e Luca erano i primi cospirazionisti nel senso negativo di individui apposta diffidenti che fiutano il complotto in atto da parte del nemico eretico o apostata dalla vera fede di turno, con tanto di appello ad una fantomatica Traditio e di pretesa di possedere l'unica e sola verità, a costo di mentire.

Marco e Matteo non avevano ancora bisogno di diventare cospirazionisti di tal fatta. Marco e Matteo si ponevano con gli occhi da cospirazionisti di fronte non a vangeli & Cristi rivali, ma di fronte ad un comune evento storico appena svoltosi in natura sotto i loro occhi: la Catastrofe del 70.

Come spiegarla?


L'anonimo autore di Genesi, secondo il critico letterario Harold Bloom una donna, per spiegare perchè Esiste Qualcosa Piuttosto Che Niente, si inventò la storiella della Genesi.

L'anonimo autore dell'Iliade per spiegare le radici profonde del conflitto tra Oriente e Occidente si inventò un intero poema.

L'anonimo autore dell'Esodo per spiegare perchè gli ebrei si trovavano in Giudea si inventò la storiella dell'Esodo.

L'autore del primo vangelo, Marco (e parzialmente del secondo, Matteo), per spiegare perchè Dio aveva permesso la distruzione del Tempio si inventò ''Gesù di Nazaret''.

Rammentando al lettore il debito confronto con la frase introdotta all'incipit del mio post, Marco avrebbe fatto di tutto per illudersi -- e auto-illudere -- dandosi la seguente ''ragione'':
Dev'essere sceso l'angelo Gesù sulla terra e non me ne sono accorto, perchè io non riesco a spiegarmi la visione di un Tempio raso completamente al suolo.

Ma Marcione e l'autore di Luca-Atti invece, dovevano spiegare entrambi, ciascuno per suo conto, la nascita dell'eresia ( dal greco αἵρεσις, che significa ''scelta''), e per contrastarla non esitarono a mentire.