mercoledì 9 aprile 2014

Se tutto quello che vedo è il Cristo mitico, allora un Gesù «storico» è esistito? Qualcuno risponde «NON LO SO» e qualcun altro risponde: NO

Ormai il dibattito tra i proponenti del Gesù ''storico'' e i proponenti del Gesù ''mitico'' inizierà a erompere nuovamente tra non molto nella blogosfera, soprattutto sull'onda della pubblicazione di On the Historicity of Jesus: Why We Might Have Reason for Doubt di Richard Carrier.

Ma quali sono i più forti argomenti a favore di un Gesù storico, finora?

L'impossibilità che un racconto allegorico finisca per essere preso alla lettera? Non direi, alla luce di un forte interesse, nel tormentato scenario assai variegato del cristianesimo primitivo, a rivendicare ciascuno per sé il possesso di un filo diretto con coloro che hanno stretto la mano a chi ha stretto la mano a chi ha stretto la mano al... ...al Gesù ''storico''.

In realtà il più forte ''argomento'' pro storicità, sempre se lo si possa chiamare tale (mi sembra di essere l'autore cristiano del Testimonium Flavianum mentre scrivo queste parole), è il fatto che la crocifissione di Gesù sembra risalire alle più antiche tradizioni.

Gli ebrei dovevano agli invasori ellenistici la conoscenza di quella pratica. Flavio Giuseppe descrive l'ordine di Antioco IV di Siria di crocifiggere numerosi ebrei quando piombò su Gerusalemme (Guerra Giudaica 11.5.4), perciò fin da allora la ''croce'' prese a significare morte, estremo dolore, pena atroce e di certo Paolo non biasimava di veicolare quei significati quando scriveva della crocifissione del ''Signore della gloria''.

I miticisti dicono che Paolo parla della ''crocifissione'' in termini allegorici a volte, ed in effetti Paolo chiaramente intende riferirsi al processo che Earl Doherty definisce ''parallelismo paradigmatico'': ciò che avviene per il Figlio celeste in cielo, avviene anche per i fedeli, sulla terra.
 Sono stato crocifisso con Cristo,
(Galati 2:20)

Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri.
(Galati 5:24)

Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
(Galati 6:14)

Tuttavia, come ho potuto constatare io stesso grazie ad un'acuta risposta del dr. Carrier, Paolo non intende moltiplicare le ''crocifissioni'' in forma rituale (a differenza del battesimo, che doveva possibilmente ripetersi miliardi di volte nelle intenzioni di ogni cristiano che si rispetti), come vorrebbe erroneamente suggerire l'errata traduzione di Galati 3:1.
O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso!

In rosso ho messo l'errata traduzione, infatti:
Paolo si sta semplicemente riferendo al fatto che lui mostrò loro personalmente le Scritture che preannunciano la crocifissione (cioè videro i versi con i propri occhi).
Questa frase, presa alla lettera, ci dice che Paolo si è servito delle Scritture ebraiche per ''rappresentare'' ai Galati la crocifissione. Non per ''predirla'': ma per ''mostrarla dal vivo''. Nessun riferimento ad un particolare terreno. Sola Scriptura. Ed in un senso decisamente diverso -- sfortunatamente diverso -- da quello che intendeva l'uomo al quale i folli apologeti e anche molti atei desiderano paragonare anacronisticamente Paolo, ovvero Lutero.

Alcuni Jesus agnostics, con mia somma meraviglia (e tuttavia con un pizzico di malcelata comprensione), nutrono riserve sull'interpretazione miticista della crocifissione, sebbene riconoscono la possibilità che per l'uomo chiamato Paolo la crocifissione avvenne nei cieli inferiori.

Al di là di puntare il loro dito inquisitore alla difficoltà di concepire la crocifissione in cielo, gli storicisti non hanno altri argomenti altrettanto forti. Anzi, a dire il vero, da quel momento in poi appena aprono bocca ogni cosa che dicono rischia di ritorcersi contro di loro, il tipico monito a chi è colto in flagranza di reato.

Infatti, a parte il nome e la crocifissione di Gesù, i primi cristiani, nelle più antiche fonti e nelle più remote tradizioni, erano divisi praticamente SU TUTTO.

E a quel punto interviene il più grave atto d'accusa contro la storicità.

L'intero racconto del vangelo di Marco sembra essere, da solo, un attacco formidabile ad ogni pretesa di testimonianza ''storica''.

Per farla breve, nel vangelo di Marco, a parte, ovviamente, il lettore (quando non è un folle apologeta), solo i demoni e qualche persona anonima riescono a riconoscere in Gesù il messia. Gli ebrei tutti, i farisei, gli scribi, i sadducei, gli erodiani, i romani, gli stessi discepoli, semplicemente non conoscono. I discepoli non sanno chi è Gesù, tranne Pietro, e perfino Pietro lo intravede solo a sprazzi, macchiandosi addirittura di un vergognoso, triplice rinnegamento che suona anzi come una decisiva prova del contrario.
Di certo Pietro, come gli altri discepoli, non comprende un acca della risurrezione di Gesù, e le donne che non sono anonime, ma hanno tanto di nome (prerequisito indispensabile nell'Antichità per essere famosi, perfino per personaggi mitologici), ecco, pure loro, nonostante abbiano visitato la tomba con tanto di avviso dell'angelo, non comprendono nulla e anzi contravvengono goffamente al dovere di avvisare i discepoli (di certo non contribuendo a migliorare affatto il quoziente di intelligenza... ...ops di conoscenza, di questi ultimi).

Tutta questo non può essere considerato una prova della storicità di Gesù. Le dissepta membra, ovvero malcelate note stonate che sanno e non sanno di sedizione, eventualmente sparse nel vangelo di Marco potrebbero valere al più come deboli indizi, ma sono troppo deboli per fare un caso. In realtà, se l'eccessiva speculazione e immaginazione ''storica'' sui vangeli rischiano di distruggerli e fraintenderli grossolanamente nella loro intesa funzione originaria, è anche vero il contrario: che la natura dei vangeli rischia di minare dalle fondamenta a priori ogni ricerca del Gesù ''storico''. I vangeli parlano d'altro. Non di un Gesù storico. Si tratta di un enorme ostacolo per gli storicisti, perchè significa che Marco, il più antico vangelo, non funzionando come affidabile testimonianza storica,  è inutile per recuperare la Storia.





L'ironia qui è che gli storicisti commettono lo stesso sbaglio (forse) di Matteo, e sicuramente di Luca e di Giovanni, quando modificarono il primo vangelo per dare le loro rispettive versioni della medesima allegoria: credere erroneamente che quella allegoria di Marco nasconda un qualche tipo di nucleo storico.

In fondo, cos'hanno fatto di diverso i moderni storicisti dagli autori dei vangeli successivi a Marco, se non modificare, aggiungere, abbellire, giustificare, apologizzare, armonizzare, togliere, rimuovere, interpolare, rendere più plausibile, moltiplicare gli elementi della semplice allegoria di Marco che a loro giudizio dovrebbero o non dovrebbero servire per recuperare il presunto ''nucleo storico'' tanto agognato e su cui eventualmente fare appello per affermare, come al solito, la propria ''Verità'' ???
 
 E per cosa, poi? Sempre per il solito vizio apologetico (e non solo ''apologetico cristiano'') di creare un Gesù ''a immagine e somiglianza'' di sé stessi. L'unica differenza che vedo è che i moderni storicisti si ricostruiscono ciascuno da soli il proprio Gesù nel proprio garage di casa, mentre gli antichi storicisti ''Matteo'' (forse), ''Luca'' e ''Giovanni'' avevano un interesse decisamente meno individualista e narcisista nel correggere il Gesù di Marco: era in gioco infatti la sopravvivenza delle loro teologie, dal momento che anche Marcione, Valentino, gli ebioniti e tutti gli ''eretici'' stavano allestendo nei loro cantieri la loro versione aggiornata della medesima allegoria che aveva scatenato il tutto, col diluvio di vangeli gnostici che ne sarebbe conseguito.

E naturalmente, anche Marco non sfugge alla regola, dal momento che anche lui, da buon paolino, nonostante un debole per le allegorie, creò il suo primo Gesù ''a sua immagine e somiglianza'' per gettare il massimo del discredito sui presunti testimoni storici, ovvero Pietro, Giacomo, Giovanni, Simone: in una parola, i leader giudeocristiani.


L'intero vangelo di Marco può essere una mera storiella mitologica, polemica, allegorica e midrashica ma ancora ci potrebbe essere stato un individuo storico dietro Marco sul quale quella sua storiella si sarebbe fin troppo liberamente basato.

Ad esempio, potrei ricercare in Flavio Giuseppe chi potrebbe essere stato un ''valido'' candidato per il Gesù storico, ovviamente in un Flavio Giuseppe depurato debitamente dalle ridicole interpolazioni cristiane nel libro 18 e nel libro 20.
Ma ancora più tremendo fu quest'altro prodigio. Quattro anni prima che scoppiasse la guerra, quando la città era al culmine della pace e della prosperità, un tale Gesù figlio di Anania, un rozzo contadino, si recò alla festa in cui è uso che tutti costruiscano tabernacoli per il Dio e all'improvviso cominciò a gridare nel tempio: “Una voce da oriente, una voce da occidente, una voce dai quattro venti, una voce contro Gerusalemme e il tempio, una voce contro sposi e spose, una voce contro il popolo intero”. Giorno e notte si aggirava per tutti i vicoli gridando queste parole, e alla fine alcuni dei capi della cittadinanza, tediati di quel malaugurio, lo fecero prendere e gli inflissero molte battiture. Ma quello, senza né aprir bocca in sua difesa né muovere una specifica accusa contro chi lo aveva flagellato, continuò a ripetere il suo ritornello. Allora i capi, ritenendo - com'era in realtà - che quell'uomo agisse per effetto di una forza sovrumana, lo trascinarono dinanzi al governatore romano. Quivi, sebbene fosse flagellato fino a mettere allo scoperto le ossa, non ebbe un'implorazione né un gemito, ma dando alla sua voce il tono più lugubre che poteva, a ogni battitura rispondeva: “Povera Gerusalemme!”. Quando Albino, che era il governatore, gli fece domandare chi fosse, donde provenisse e perché lanciasse quella lamentazione, egli non rispose, ma continuò a compiangere il destino della città finché Albino sentenziò che si trattava di pazzia e lo lasciò andare. Fino allo scoppio della guerra egli non si avvicinò ad alcun cittadino né fu visto parlare con alcuno, ma ogni giorno, come uno che si esercitasse a pregare, ripeteva il suo lugubre ritornello: “Povera Gerusalemme!”. Né imprecava contro quelli che, un giorno l'uno un giorno l'altro, lo percuotevano, né benediceva chi gli dava qualcosa da mangiare; l'unica risposta per tutti era quel grido di malaugurio, che egli lanciava soprattutto nelle feste. Per sette anni e cinque mesi lo andò ripetendo senza che la sua voce si affievolisse e senza provar stanchezza, e smise solo all'inizio dell'assedio, quando ormai vedeva avverarsi il suo triste presagio. Infatti un giorno che andava in giro sulle mura gridando a piena gola: “Ancora una volta, povera la città, e povero il popolo, e povero il tempio!”, come alla fine aggiunse: “E poveretto anche me!”, una pietra scagliata da un lanciamissili lo colpì uccidendolo all'istante, ed egli spirò ripetendo ancora quelle parole.
(Guerra Giudaica, mia enfasi, Libro 4, 300-309)

Suona familiare?

Se penso che questo Gesù fosse lo stesso Gesù dei vangeli questo farebbe di me un miticista o uno storicista?


Oppure ancora:

Così Gesù, il figlio di Saffia, uno di quelli che abbiamo già accennato come il leader di un tumulto sedizioso di pescatori e di povera gente, ci anticipò, e prese con sé alcuni Galilei, e mise in fiamme l'intero palazzo, e pensò di poter afferrare una grande quantità di denaro in tal modo, perché vide alcuni dei tetti rivestiti d'oro. Saccheggiarono inoltre una grande quantità dell'arredamento, che avvenne senza la nostra approvazione; infatti dopo che parlammo con Capello e i principali uomini della città, partimmo da Bethmaus, e andammo in alta Galilea. Ma Gesù e la sua banda uccisero tutti i Greci che erano abitanti di Tiberiade, e così pure molti altri che erano loro nemici prima dell'inizio della guerra.

[ ... ]

Eppure questa sua furfanteria non gli riuscì così bene alla fine; infatti come era in procinto di avvicinarsi, uno di quelli con lui lo abbandonò, e venne da me e mi rivelò ciò che aveva intenzione di fare. Quando venni informato di questo, andai nella piazza del mercato, e feci finta di non sapere nulla del suo infido proposito. Portai con me molti Galilei che erano armati, come anche alcuni di quelli di Tiberiade; e, quando ordinai che tutte le strade dovevano essere attentamente sorvegliate, incaricai ai custodi delle porte di non dare ricovero a nessuno tranne che a Gesù, quando sarebbe giunto, con i principali dei suoi uomini, e di escludere gli altri.
 ...
Di conseguenza, quelli che avevano ricevuto tale ordine fecero come era loro stato ordinato, e Gesù si presentò con pochi altri;  e quando gli ordinai di gettare le armi immediatamente, e gli intimai che se si fosse rifiutato dal farlo, era un uomo morto, vedendo gli  uomini armati in piedi tutti intorno a lui, si spaventò e obbedì; e quanto a quelli dei suoi seguaci che furono tenuti fuori, quando vennero informati della sua cattura, fuggirono.

( Flavio Giuseppe, Vita, 21-22)

Suona familiare? 

Ovviamente l'obiezione degli storicisti è che questi altri Gesù non vissero sotto Pilato. Ma perchè un Gesù storico deve essere per forza vissuto sotto Pilato? Solo perchè il nome di Ponzio Pilato è quello ripetuto migliaia di volte nel Credo cattolico?
Non esiste nessuna prova che conferma che il cristianesimo nacque nel 33 EC. Anzi, esattamente come il rabbinismo talmudico, il cristianesimo fu una reazione alla fine del culto del Tempio nel 70 EC. Quella di Atti degli Apostoli è davvero una ''povera storia'', un'opera dell'avanzato II secolo rivolta principalmente a diffamare i marcioniti.
Il riferimento a Pilato in Tacito è sicuramente un'interpolazione cristiana (come ne parlerò tra breve) e il Pilato che compare nei vangeli è solo un personaggio completamente letterario, tutto il contrario del Pilato pervenutoci da Filone e Flavio Giuseppe.

Marco inoltre poteva aver spostato il contesto storico della sua fittizia storiella una generazione prima della distruzione del Tempio per simboliche ragioni.


Una generazione prima, ovvero 40 anni anni prima del 70 EC cadeva guardacaso proprio sotto la prefettura di Pilato.

Così pretendere di recuperare un Gesù storico nei vangeli è un'impresa folle e disperata come lo è aver tentato quei bizzarri paralleli di cui sopra con alcuni personaggi descritti da Flavio Giuseppe. L'unica cosa in comune tra il Gesù di Paolo e il Gesù di Marco che potrebbero essere storici sono solo il nome e la crocifissione del Nostro, ma per il resto condividono solo elementi mitologici.

E ovviamente tutti i Gesù storici ricreati dagli storicisti non condividono nulla con il Gesù di Paolo a parte il nome e la crocifissione.

 Non è chiaro neppure se il Cefa di Paolo fosse lo stesso Pietro di Marco, o se il Giacomo ''fratello del Signore'' di Paolo fosse lo stesso fratello di Gesù che compare nel vangelo e non piuttosto il figlio di Zebedeo (dato che in quest'ultimo ruolo recita davvero bene la parte del Pilastro giudeocristiano che vorrebbe aspirare al potere sulla comunità).


Tanto per cominciare, l'allegorico Gesù di Marco dà il nome Pietro a Simone senza una ragione esplicita (e sappia il lettore che qui sto ridendo della sua intelligenza) dal  momento che una ragione implicita emerge già nella prima e quindi più importante parabola di quel vangelo, ovvero la Parabola del Seminatore.
Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso [ἐπὶ τὰ πετρώδη σπειρόμενοι] sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
(Marco 4:14-20)

In questa parabola, la ''Parola'' viene seminata sul terreno ''sassoso'' (ἐπὶ τὰ πετρώδη, stessa radice di  Πέτρος) e naturalmente non può germogliare.

Pietro (Πέτρος), guardacaso duro di comprendonio come ogni Roccia che si rispetti, ''riceve la Parola'' con gioia...
Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!».
...
Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

(Marco 14:29, 31)

...salvo poi rapidamente svignarsela come l'ultimo dei vigliacchi codardi traditori appena le cose si mettono male:
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.
(Marco 14:66-75)

Naturalmente, il giudeocristiano Matteo non gradisce affatto questa palese diffamazione del Pilastro Simone (che quindi non è affatto Cefa!) da parte del paolino Marco e per reazione eleva lo status speciale di Pietro facendo leva proprio su quello che doveva essere il suo punto debole per Marco, ovvero l'ironia del suo nome:
E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.
(Matteo 16:18)

Gradisco più Marco e Matteo mentre odio Luca, Giovanni e Atti degli Apostoli perchè almeno i primi due vendono ancora allegorie sapendole tali, a differenza dei secondi, che vendono deliberatamente il falso pretendendo per giunta che sia ''tutto vero'', pur di averla vinta con gli eretici (ho perfino dubbi su chi scrisse urLuca -- Marcione? -- o chi scrisse urGiovanni -- uno gnostico?).


Solo col quarto vangelo nasce l'equivoco che Cefa e Pietro siano la stessa persona, per renderlo una figura autorevole alla nascita del movimento, eppure al di là di Galati 2:7-8
Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – ...

sembra che il Cefa storico (quello che troviamo in Paolo) non sia affatto un leader a tutti gli effetti ma ha solo il compito di ambasciatore (o spia,o intruso) dei Pilastri, verso i quali sembra ostentare deferenza e rispetto.   Poi la palese contraddizione che in 1 Corinzi 15 il Gesù di Paolo appare prima a Cefa e poi ai 12 mentre secondo i vangeli Gesù appare solo agli 11 tra cui Pietro può nascere solo una volta che si introducono i vangeli.

Una connessione leggermente più forte
tra la tradizione di Paolo e la tradizione di Marco sembra essere rappresentata da Giacomo, ''τον αδελφον του κυριου''. Paolo intende per fratello un mero credente del Signore. La versione ricostruita di Marcione della lettera ai Galati non presenta l'espressione ''fratello del Signore'' in Galati 1:19. Sarebbe una prova convincente ai miei occhi (perchè il lettore avrà capito che io simpatizzo per Marcione) se non fosse che le sue lettere paoline sono prive pure dell'espressione tipicamente paolina κατα σαρκα, usata già al suo tempo dai folli apologeti per cementificare l'idolo del Gesù storico in Paolo, quando invece non andrebbe tradotta affatto ''secondo la carne'' ma piuttosto con l'espressione decisamente più ambigua: ''nel dominio della carne'' (quale ''dominio''? Quale ''carne''?).


Alla luce del fatto che l'ortodossia, la Grande Chiesa era occidentale mentre l'eresia era orientale, come lo è Gerusalemme, è difficile scommettere tanto a priori sulla pretesa ortodossa di possedere le lettere paoline ''originali'' quando le aree dove aveva predicato Paolo erano guardacaso affollate di eretici.

Da questo scenario così convulso e intricato alcuni traggono seri motivi per professarsi serenamente agnostici sulla questione della storicità di Gesù. Tutti gli Jesus Agnostics che conosco nella blogosfera sono persone che, a differenza degli storicisti, brillano per intelligenza, umiltà e soprattutto onestà intellettuale, laddove al contrario ho incontrato parecchi miticisti dogmatici e folli quanto i loro omologhi apologeti storicisti.

In fondo, dice l'agnostico, una volta che accetti per amore di discussione che un Gesù storico fece qualche cosa in terra di Judaea (sedizione? Predicazione? Un misto di entrambe? Chi lo sa?)  non puoi sfuggire all'inevitabile realtà che i primi cristiani non distinguevano affatto tra un Gesù ''storico'' (un palese anacronismo) e il Cristo celeste che siede alla destra di Dio. 




 E poichè non fecero loro quella distinzione, non possiamo farla neppure noi.

Le conseguenze sono più di una, per l'agnostico gesuano.

Forse ci fu davvero un Gesù storico che fu crocifisso da Pilato, proprio come militò davvero un tizio di nome Lucio nella XX Legione che sgozzò uno zelota durante l'assedio di Gerusalemme: ma non si può dire nient'altro di più e allora sovviene il terribile sospetto che quel poco che s'è detto in realtà non conti assolutamente nulla, o peggio ancora che non si è detto in realtà proprio nulla. E di certo un simile Gesù storico non conta affatto per spiegare le origini del cristianesimo.

Il Gesù storico è perduto per sempre. Il solo Gesù che abbiamo è il Gesù mitico.

Ma cosa trattiene lo Jesus Agnostic dal fare un altro piccolo passo, ovvero dichiararsi miticista?

Alla fine, secondo me, lo trattiene solo la sua innata riluttanza a concepire la crocifissione di ''Gesù'', quel drammatico fatto cruento che parla di sangue, di dolore e di morte, in cielo, per opera dei malvagi arconti di questo eone.