mercoledì 29 gennaio 2014

Ogni corretto ragionamento storico è per definizione bayesiano

Ho terminato la lettura di Proving History: Bayes' Theorem and the Quest for the Historical Jesus dello storico e filosofo Richard Carrier.

Non ci sono parole per descrivere e apprezzare debitamente la potenza del Teorema di Bayes applicato alla Storia come descritto in questo libro. Potenza che fa tutt'uno con la sua intrinseca naturalezza e la sua presenza effettiva dietro ogni corretto ragionamento storico degno di questo nome. E soprattutto, ogni altro valido metodo storico-critico esistente si può (e quindi si deve) ridurre alla corrispondente traduzione corretta in termini bayesiani. In altre parole, si può esprimere in numeri. E ogni eventuale sobbalzare sulla sedia che la semplice menzione dell'introduzione di *numeri* nella disciplina storica può scatenare e coagulare per reazione, è subito compensata da un'abile ed efficace risposta dell'autore a tutte le possibili obiezioni che si possono sollevare, tipo ''ma la matematica è difficile!'', ''ma l'infallibilità della matematica non si concilia con la realtà storica!'', ''ma chi decide i dati in ingresso?!'', ecc.
Il lettore che prima facie nutre giustamente quelle perplessità è esortato a leggere e a capire in secunda facie -- altrettanto giustamente -- questo libro. (Perchè, se non lo fa, le sue ostentate perplessità servono solo a nascondere l'ennesima manifestazione della solita follia apologetica all'opera). E a quel punto comprenderà che il dr.Carrier ha semplicemente ragione quando afferma che ogni corretto metodo storico è fondamentalmente Bayesiano.

Tale affermazione potrebbe provocare -- e difatti ha provocato -- un comune consenso da parte di parecchi scienziati e filosofi e storici (Carrier non è il primo e nemmeno l'ultimo ad appellarsi al Teorema di Bayes, tra gli studiosi di tutte le discipline scientifiche) ma così non è nel campo degli studi su Gesù, un campo reo di mostrare sempre più spesso una pressochè totale superficialità e mancanza di profondità nella ricerca, perfino a fronte di reali, buoni risultati. Richard Carrier (ateo) intende veramente definire per prima le ''regole del gioco'', e per onestà intellettuale ha scelto il metodo più imparziale di tutti, al quale tutti gli altri si riducono. In questo mi ricorda l'astro nascente della politica italiana (cattolico), che per meri motivi di real politik vuole prima definire le ''regole del gioco'' con un condannato per frode fiscale: spero che il lettore sappia apprezzare le differenze.

Questo libro è forse il primo libro che espone in maniera concisa e dettagliata tutti i motivi che dovrebbero costringere un vero storico a usare metodi bayesiani nel suo studio. [1] Da questo punto di vista, ad alcuni -- compreso me stesso -- può sembrare quasi un'offesa, una vera sciocchezza, che una così ottima illustrazione del metodo debba legare la propria fama ad una materia così gretta e meschina quale può essere, e rivelarsi di nuovo e ancora di nuovo, quella, così ideologicamente inquinata e ipocritamente affettata, degli studi biblici del Nuovo Testamento.
Parlare di Gesù non è affatto necessario per apprezzare il caso inteso fare dal dr.Carrier, quindi perchè avvelenare la presentazione di questo metodo storico bayesiano così potente e chiaro applicandolo di primo acchito in un campo così controverso? E per giunta per anticipare i risultati della prima applicazione di quel metodo addirittura sulla questione della storicità di Gesù?

I contenuti di Proving History sembrano troppo ovvi, esageratamente e spassionatamente ovvi, per poter anche solo raccomandare questo libro al lettore (tant'è vero che l'ho letto non in forma cartacea). Ma poi mi balena il pensiero che nessun altro libro di metodologia storica in generale, e sul Gesù storico in particolare, ha mai avuto anche solo la pretesa di usare la teoria della probabilità per giustificare i suoi risultati. Il che è un forte indizio che Proving History può essere realmente il miglior libro finora mai scritto nel campo.

Tuttavia il libro è importante anche per altri due aspetti.
Fornisce, nel capitolo 5, la più esaustiva e crudele critica di tutti i metodi finora impiegati nella ricerca del fantomatico Gesù di Nazaret. Una critica che vuole essere implicitamente anche una denuncia dell'enorme casino che hanno fatto e continueranno, temo, a fare i Grandi Soloni storicisti dell'accademia. [2]
E meraviglia delle meraviglie, Richard Carrier fornisce en passant sicuramente la più concisa descrizione di alcuni assiomi e argomenti classici impiegati dagli storici: parti del libro che trovo in assoluto le più utili su un piano più immediatamente intuitivo perchè coprono temi che sicuramente, a mio parere, si riveleranno di importanza cruciale nella penetrazione del vero problema, oltre che nella comprensione del caso che Richard Carrier farà nel suo prossimo libro, On the Historicity of Jesus, quando l'applicazione del metodo storico bayesiano su tutti i dati che riguardano il Gesù storico suggerirà fortemente che quel Gesù non è mai esistito.

Mi limito solo a presentarne alcuni:
Assioma 5: Ogni argomento che si basa sull'inferenza ''possibilmente, perciò probabilmente'' è fallace.
 Anche se ammettiamo che qualcosa che è possibile potrebbe tuttavia essere vera, ciò non dimostra che ogni cosa è realmente vera. Questa è una forma di fallacia modale che chiamo possibiliter ergo probabiliter (''possibilmente, perciò probabilmente'') ed è così comune in un argomento storico da meritare particolare attenzione. Solo perchè potete concepire una possibile spiegazione alternativa non implica che la vostra alternativa sia realmente più probabile (o in qualche modo del tutto probabile). Per esempio, gli storici spesso rifiuteranno un Argomento del Silenzio proponendo qualche spiegazione del perchè un documento è silente su quel dettaglio. Naturalmente, conoscere perchè non disponiamo di certa evidenza allora non cambia il fatto che non disponiamo di quell'evidenza. Tutto ciò allora che potete dire è che questa mancanza di evidenza è inconclusiva, non che supporta una conclusione rispetto ad un'altra. Ma ancor più importante, solo perchè potete pensare ad un motivo per spiegare il silenzio di un documento non significa che quel motivo è probabile, e se non è probabile, non è una valida obiezione ad un Argomento del Silenzio -- così trattarla come se fosse un'obiezione è una fallacia ...
(pag. 17)

Questo è certamente un monito al Folle Apologeta.
Assioma 8: Una conclusione è solo tanto certa quanto la sua più debole premessa.
È essenziale badare al più debole link in ogni argomento, perchè molto spesso un singolo debole link renderà tutte le conclusioni risultanti proprio altrettanto deboli -- o, mediante la loro accumulazione, perfino più deboli.
(pag. 20)
Quante volte questo assioma è stato infranto!
Assioma 10: Affermazioni deboli che contraddicono affermazioni forti sono probabilmente false (e non viceversa).
Ogni affermazione debole per definizione avrà una minor probabilità di esser vera rispetto ad una affermazione forte. Perciò, se una affermazione debole contraddice una affermazione forte, tutte le altre essendo uguali, più probabilmente che non l'affermazione debole è falsa. Questo non implica che l'affermazione forte è vera. Ma implica che solamente l'affermazione forte può allora venir asserita come la più probabile delle due, il che significa che una affermazione forte non può mai essere confutata con una più debole. Davvero troppo spesso, gli storici tenteranno di confutare una affermazione ben-supportata appellandosi ad una affermazione il cui supporto è molto meno sicuro. Un tale approccio è fallace e quindi, per il primo assioma, dovrebbe essere rifiutato da tutti gli storici esperti.
(pag. 21)
Questo va dritto al cuore di chi spera di ''vincere facile'' ricorrendo al Testimonium Apologetarum di turno!
Lo ''Smell Test'' [''Test dell'Odore''] è un comune principio metodologico nello studio del mito, leggenda e agiografia. Questo test può essere più semplicemente definito così ''se suona incredibile, probabilmente lo è''. Quando ascoltiamo racconti di cani parlanti e maghi volanti, non li prendiamo seriamente, neppure per un momento. Immediatamente li escludiamo come fabbricazioni. Di solito non investighiamo. Non aspettiamo finchè possiamo trovare una prova contro l'affermazione. Sappiamo giusto dall'inizio che il racconto è bogus [''artefatto, contraffatto, falso, finto'']. Tuttavia la sola base per questo giudizio è lo Smell Test. Si tratta di un test valido? È certamente accettato dappertutto dagli storici in ogni campo.  È solamente rigettato con sospetto dai credenti religiosi, e poi solo quando è applicato ad affermazioni impressionanti a cui preferiscono credere. Basano questo rigetto nell'affermazione che non dovremmo aver pregiudizi contro il soprannaturale, e Dio può fare ogni cosa. Tuttavia, se essi onestamente hanno creduto in quei principi dovrebbero essere indotti a concedere alle pretese di miracoli di ogni religione ''perchè non dovreste nutrir pregiudizi contro il soprannaturale, e Dio può fare ogni cosa.'' Questo include tutti i miracoli pagani (incredibili apparizioni di divinità, resurrezione di massa di pesci congelati, guarigioni mirabili, e teletrasporti), miracoli musulmani (dividere le lune, alberi piangenti, voli nello spazio extra-atmosferico), miracoli buddisti (bilocazione, levitazione, creare scale d'oro con un mero pensiero), e in verità ogni e qualsiasi affermazione incredibile di qualsiasi tempo.  
  ... 
In altre parole, il nostro pregiudizio contro il soprannaturale è giustificato, proprio come il nostro pregiudizio contro l'onestà di politici è giustificato: abbiamo ripreso la loro disonestà così numerose volte che sarebbe folle credere implicitamente ad ognuno in politica. Parimenti, racconti incredibili: abbiamo colto il loro essere fabbricati così numerose volte che sarebbe folle credere implicitamente ad ognuno di loro.
(pag. 71)

C'era veramente la necessità di ribadire questo principio, che sicuramente si rivelerà fondamentale nell'analisi dei vangeli.

Ma ancor più mi preme prestare particolare attenzione al seguente brano:
Gli storici si basano quotidianamente sull'Argomento del Silenzio: quando qualcosa non è detta o attestata, concludiamo che non accadde. Un tale ragionamento è spesso sfidato con lo slogan: "assenza di evidenza non è evidenza di assenza.'' Ma la verità è, assenza di evidenza è evidenza di assenza -- ma solo quando quell'evidenza è attesa. Ascoltate a volte anche l'assioma ''non potete provare un negativo'', ma anche quello è falso. I negativi sono spesso piuttosto facili da provare e noi li proviamo tutto il tempo. In realtà, logicamente, ogni affermazione positiva implica una opposta affermazione negativa, quindi meramente nell'atto di provare un positivo abbiamo sempre provato un negativo; spesso un gran numero di loro. La questione se Gesù esisteva, per esempio, sarebbe decisamente provata nel negativo dalla scoperta di una lettera autenticata e firmata dall'apostolo Pietro che dice chiaramente che Gesù fu solo un essere cosmico il cui soggiorno sulla terra fu meramente un mito simbolico, e che fu solamente conosciuto da qualcuno mediante una percezione mistica. E potremo avere avuto un'evidenza di gran lunga maggiore di quella - come l'abbiamo per l'a-storicità di Betty Crocker, per esempio. Di qui, provare un negativo in principio non è di nessuna difficoltà. L'a-storicità di Mosè e Abramo e di tutti gli altri patriarchi è ora generalmente accettata da parte degli studiosi di tutto il mondo come un fatto stabilito, piuttosto giustamente, e tuttavia senza neppure il bisogno di una tale pistola fumante come una epistola contemporanea che li dichiara finzione. Ma possiamo dimostrare validamente  che se Gesù non è esistito avremo una tale lettera da Pietro (o qualcosa di tale evidenza), e perciò il fatto che non l'abbiamo dimostra contro la nozione? Sfortunatamente, no, perchè abbiamo poco motivo di aspettarci che una tale evidenza sia sopravvissuta per poterla avere noi ora. In verità, non ci sarebbe alcuna ragione per qualcuno di dire veramente che Gesù non camminò sulla terra fino a quando qualcun altro iniziò a dire che egli lo fece. Se ciò accadde solo dopo la morte di Pietro, egli non avrebbe mai potuto scrivere una lettera per contraddirlo. Se possiamo aspettare che qualcuno abbia agito così, comunque, è una questione che devo chiedermi nel prossimo volume. Per il presente, la nostra preoccupazione è relativa a quando un Argomento del Silenzio è valido e profondo -- e quando non lo è. Le condizioni logiche sono già state correttamente definite:
Per essere valido, l'argomento del silenzio deve realizzare due condizioni: lo scrittore il cui silenzio è invocato in una dimostrazione della non-realtà di un presunto fatto, certamente avrebbe conosciuto al riguardo se esso fosse stato un fatto; [e] conoscendolo, sotto le circostanze avrebbe certamente fatto menzione di esso. Quando quelle due condizioni sono realizzate, l'argomento del silenzio prova il suo punto con certezza morale.
Che sarebbe un caso slam-dunk [''schiacciata'']. Ma un impiego relativamente più debole è possibile, nella misura che ciascuna delle due condizioni è meno certa. Così potrebbe essere  soltanto ''un pò certo'' che gli autori attinenti conobbero il fatto e lo menzionerebbero, nel cui caso questo argomento può produrre soltanto una conclusione ''un pò certa''. Generalmente parlando, basandosi sul fatto ipotizzato stesso, e in congiunzione con ognicosa sappiamo su evidenza affidabile, abbondante, dovremo noi aspettarci di avere evidenza di quel fatto? Se la risposta è si, e tuttavia niente di tale evidenza appare, allora un Argomento del Silenzio è forte. Se la risposta è no, allora è debole. Non aver più evidenza del sole che si eclissa (esaminato nel capitolo 3) è un forte Argomento del Silenzio, ma non aver una lettera da parte dei primi Apostoli che dichiara esplicitamente Gesù una finzione è debole. Gli esempi di Cesare che che si fa la barba o gioca a dadi con una puttana (esaminato nel capitolo 2) sono ancora più deboli, essendo esattamente cosa gli storici hanno in mente quando dichiarano che assenza di evidenza non è evidenza di assenza. tuttavia, come dimostra il caso del sole, quella regola non sempre si applica. Una volta di nuovo, Il TB descrive la logica di questo argomento. Se su h dovremo aspettarci una qualche evidenza e1 dato b (tutta la nostra conoscenza di background)  e tuttavia non abbiamo e1, allora la probabilità conseguente di h dev'essere ridotta - esattamente di tanto quanto la perdita di e1 è improbabile (perchè l'assenza di quell'evidenza è una parte della piena e che deve essere spiegata da h). Questa stessa regola opera sul conseguente di ~h altrettanto bene, se ~h implica evidenza che non abbiamo. Il bit sporco è l'effetto che b ha su questa stima. La nostra conoscenza di background stabilisce una attesa davvero bassa per la sopravvivenza dell'evidenza dall'antichità, particolarmente il genere di evidenza che si aspetterebbe se Gesù non è esistito (discuterò il problema più generico di ''evidenza perduta'' nel capitolo 6, pagina 219). Comunque, quella stessa conoscenza di background stabilisce una aspettativa piuttosto alta che l'evidenza che sopravvisse possiederebbe certe caratteristiche, e alcuni studiosi hanno dimostrato che l'evidenza che è sopravvissuta è interamente di un diverso carattere. Nel mio prossimo volume io discuterò questa stranezza e come potrebbe essere trattata. Il punto da osservare qui è che l'Argomento del Silenzio è uno strumento storico comunemente accettato, ed è logicamente valido precisamente e soltanto quando si conforma al BT. 
(pag. 73-74)

Questo punto lo vorrei ribadire a caratteri cubitali, in questo post:

L'assenza di evidenza
È
evidenza di assenza
--
ma solo quando quella evidenza è attesa.

[1] Esiste in realtà anche un altro libro, che dimostra lo stesso risultato.

[2] Basta leggersi un'intervista rilasciata da Dale Allison, un dichiarato Buddha agnostic, per convincersi, prima facie, della innata pochezza, superficialità e trascuratezza del caso storicista. ''Pochezza'' perchè si tenta di liquidare in poche righe una questione invero affatto non banale. ''Superficialità'' perchè si affida colpevolmente ad una conclusione del tutto prima facie dell'evidenza disponibile. E ''trascuratezza'' perchè ignora -- affettatamente? -- tutte le serie argomentazioni contrarie. Perfino quando non sono relegate nell'oceano indistinto del Web, ma superano la peer-review accademica basandosi in parte sui risultati dello stesso Allison.