sabato 7 dicembre 2013

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (III)

Segue dal post precedente.

Identificazione in un riferimento precedente

Identificare un Giacomo, che certamente sarebbe relativamente sconosciuto, come il fratello di forse un altrettanto sconosciuto Gesù, non sembra affatto sensato, come minimo. Il breve passaggio nelle Antichità Giudaiche 20:200 presenta una doppia indentificazione. Non solo è Giacomo che viene identificato come fratello di Gesù ma è anche Gesù a venir identificato come Cristo. Lo scopo sarebbe allora di chiarire al lettore a quale Gesù Giuseppe si stava riferendo questa volta; senza cioè che venisse confuso con i circa 20 distinti individui chiamati Gesù che Giuseppe riporta nelle sue opere. Ma Giuseppe scrisse le Antichità Giudaiche principalmente per non-ebrei residenti fuori dalla Palestina, e alla vasta maggioranza di essi il termine Cristo (Messia) era totalmente privo di significato. Spiegare l'identità di Gesù dicendo che era il Gesù che fu chiamato Cristo potrebbe essere stato appropriato nel terzo secolo o anche nel secondo secolo quando Gesù Cristo divenne più ampiamente conosciuto. Ma negli anni 90, egli fu quasi certamente sconosciuto alle masse e perciò sarebbe stato del tutto inutile identificare Gesù come quello chiamato Cristo senza fornire nessun'altra informazione.

Per tentare un paragone posso citare lo storico e console romano Cornelio Tacito. Attorno all'anno 117 EC Tacito scrisse che Nerone punì ''coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Crestiani. Erano chiamati così dal nome di Cristo, il quale, sotto l'impero di Tiberio, era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato'' (Tacito, Annali 15:44). Uno potrebbe aspettarsi che la diffusione del cristianesimo fosse almeno alquanto esponenziale, il che significa che ci furono probabilmente assai più cristiani al tempo di Tacito che al tempo di Giuseppe. Nonostante questo e nonostante il fatto che Tacito scrisse più di due decenni dopo Giuseppe, Tacito nondimeno si sentì indotto a spiegare chi fossero i cristiani e che il loro leader Cristo fu condannato da Pilato. Quanto molto più importante non dovrebbe essere stato per Giuseppe spiegare chi fosse questo Cristo?

Se ipotizziamo per un attimo che il Testimonium Flavianum, situato prima nell'opera di Giuseppe (libro 18), fosse autentico e che Giuseppe nel libro 20 volle riferirsi a quel paragrafo, sarebbe stato assai più logico per lui identificare Gesù come colui ''che fu condannato da Pilato'' (come fa Tacito) piuttosto di definirlo colui ''che fu chiamato Cristo''. Che sarebbe un'indentificazione assai più facile da ricordare per il lettore; proprio il modo in cui Giuseppe, quando più di una volta ritornò su Giuda il Galileo, faceva riferimento alla sua precedente descrizione dell'istigazione di Giuda alla ribellione durante la tassazione decretata da Quirinio. Steve Mason sottolinea che Giuseppe tende a introdurre i suoi personaggi quando per prima li introduce, sebbene non per forza dopo un pò di frasi. All'inizio li identifica mediante il patronimico o il luogo di origine, più raramente mediante altri indicatori come l'affiliazione ad una scuola. ''Solamente quando il racconto è quindi già contestualizzato, di solito, egli usa solo il nome.'' E in casi dove la persona non è importante oppure Giuseppe non la conobbe appieno, può per esempio scrivere: ''un certo X ...'' [1]. In piena coerenza Giuseppe poteva aver scritto ''un certo Giacomo'', e se fossimo in presenza di una interpolazione cristiana, il testo originale di Giuseppe potrebbe essere stato letto così.

Il passaggio di Giacomo richiede ragionevolmente un riferimento precedente a Gesù. La difesa dell'autenticità del più breve passaggio si basa anche sulla presenza del più lungo passaggio (il Testimonium Flavianum) precedente nell'opera di Giuseppe. Solamente in quel punto è spiegato chi fosse Gesù, e quello era Cristo. Per poter essere dunque autentica la frase ''il fratello di Gesù, che fu chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo'', anche l'intero Testimonium Flavianum dovrebbe essere autentico. Cioè, con tanto dell'espressione ''egli era il Cristo [Messia]'' : una frase che quasi tutti, perfino coloro che difendono l'autenticità del Testimonium Flavianum, considerano una aggiunta posteriore. E tuttavia questa espressione, perfino nell'improbabile eventualità della lettura ''egli fu ritenuto il Messia'', non è pienamente adeguata, perchè in nessun caso viene detto che Gesù fu nominato o chiamato il Cristo (che è precisamente come viene identificato nel passaggio di Giacomo), ma soltanto che egli era il Cristo. A meno che Giuseppe non avesse scritto il Testimonium Flavianum nel libro 18 con tanto di identificazione di Gesù come il Cristo, non ci sarebbe nessuna buona ragione per ipotizzare che egli più tardi nel libro 20 avesse scelto di identificare Gesù come il Gesù che fu chiamato Cristo. Se così, egli lasciò il lettore a brancolare nel buio con una identificazione priva di significato di un certo Giacomo come pure di un certo Gesù, e questo in un modo che è del tutto inconsistente rispetto al modo in cui Giuseppe, normalmente, identicava i suoi personaggi.

Considerando la questione se Giuseppe scrisse o meno qualcosa su Gesù, uno può iniziare da due posizioni diametricalmente opposte. Una posizione è assumere che il passaggio di Giacomo sia autentico, poichè il breve paragrafo è privo di espliciti elementi cristiani. Basandosi su questa osservazione uno può allora essere indotto a pensare che il Testimonium Flavianum (in qualche forma) debba essere a sua volta autentico; questo perchè il passaggio di Giacomo richiede una precedente identificazione di Gesù come Cristo. Questo è l'approccio preso da quasi tutti quelli che pensano che Giuseppe scrisse veramente a proposito di Gesù.

L'altro approccio consiste nell'iniziare a esaminare il Testimonium Flavianum, e se uno raggiunge la conclusione che il Testimonium Flavianum non è probabilmente (in nessuna forma) autentico, allora coerentemente non c'è nessuna precedente identificazione di Gesù come Cristo, e il breve passaggio nel libro 20 deve essere ragionevolmente, a sua volta, una interpolazione. Questo è anche giustificato dal fatto che la frase ''il fratello di Gesù, che fu chiamato Cristo'' sembra essere stata interpolata in un diverso tempo, in un diverso contesto ed in una non identificata posizione, in una delle opere di Giuseppe -- come testimoniato da Origene. Questo è l'approccio preso da quasi tutti quelli che riconoscono che Giuseppe non menzionò mai Gesù. Compreso chi scrive.

[1] Steve Mason riguardo all'eventualità -- e se così, come -- che Giuseppe tendesse a introdurre i suoi personaggi la prima volta che li menzionava per nome:

''Questo è vero generalmente degli antichi scrittori, ma specialmente con Giuseppe. Dato che in entrambe le cerchie romane ed ebraiche una vera piccola quantità di nomi veniva usata di più, e nel contesto ebraico Yehoshua è uno di quei pochissimi nomi, insieme con Shimon e Yehuda, Giuseppe ha bisogno di identificare la persona o mediante il patronimico oppure tramite il luogo di origine, molto meno spesso mediante altri indicatori come l'affiliazione alla scuola (Menachem l'Esseno, ecc. -- a meno che Esseno a sua volta indichi un luogo di origine). Solamente quando il racconto è dunque già contestualizzato, di solito, egli usa il nome soltanto. Quando non può esserne disturbato, o non ne conosce gli identificatori appropriati, può anche usare l'espediente di tis: 'Un certo X...'. '' (David C. Hindley su Freethought & Rationalism Discussion Board, dove riproduce la risposta di Steve Mason).