sabato 7 dicembre 2013

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (II)

Segue dal post precedente.

Identificazione in un riferimento precedente

Non è la prima volta che Giuseppe - di passaggio -- si riferisce ad un individuo, senza spiegare la sua identità. Giuseppe normalmente non scriverebbe in questa maniera e tale aspetto perciò depone contro l'autenticità del costrutto. Al contrario il suo stile fu minuzioso ed egli ci teneva alla coerenza logica delle sue affermazioni. Stephen Carr fornisce un pò di esempi di come Giuseppe normalmente identifica individui -- la prima volta identificandoli con precisione come pure nelle volte successive.
Giuda il Galileo potrebbe servire da esempio. Giuseppe scrive su di lui nel libro 18 e nel libro 20 delle Antichità Giudaiche, per coincidenza i libri dove è citato anche Gesù. Nel libro 18 egli scrive:
''Ora Cirenio, un senatore romano ... era stato console, e ... venne egli stesso in Giudea ... per prendere possesso dei loro beni ... Tuttavia ci fu un Giuda, un Gaulonita, di una città il cui nome fu Gamala, il quale, prendendo con lui Saddoc, un fariseo, divenne zelota per trascinarli ad una rivolta, entrambi dissero che questa tassazione non fosse meglio dell'imposizione della schiavitù, ed esortò la nazione ad affermare la loro libertà.''
(Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche 20:5:2)
Giuseppe continua la sua descrizione di Giuda per un periodo. Quando di nuovo menziona lo stesso Giuda nel Libro 20, scrive il seguente pezzo:
''...i figli di Giuda il Galileo furono ora trucidati; mi riferisco a quel Giuda che incitò il popolo alla rivolta, quando Cirenio venne a prendere possesso delle proprietà degli ebrei, come abbiamo mostrato in un libro precedente.'' (Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche 20:5:2)
Giuseppe quindi normalmente informò i suoi lettori sia in generale che in dettaglio, così che essi riconoscano chi aveva in mente. Specialmente nei casi dove l'ultimo riferimento occorreva assai prima nell'opera, per esempio in un libro precedente, Giuseppe farebbe uno sforzo per ricordare al lettore l'episodio mediante almeno una sintesi superficiale, e come in questo caso, egli avrebbe potuto anche indicare che il racconto precedente fosse in un libro precedente. Il fatto che il testo non fornisce una descrizione adeguata di chi sia Cristo (se questo è la prima volta in cui viene menzionato), e neppure c'è un'allusione ad una precendente descrizione di questo Cristo (se questa è la seconda volta in cui viene menzionato; vale a dire, dopo il Testimonium Flavianum), suggerisce che Giuseppe non ne è l'autore. Come dice Carr, non ci fu ovviamente nessun bisogno per un interpolatore cristiano ''di fornire tali riferimenti a punti precedenti'' [1]. E si potrebbe aggiungere a questo il fatto che non ci fosse ancora un Testimonium Flavianum a cui riferirsi al tempo in cui avvenne l'interpolazione -- quindi probabilmente prima che Origene scrisse negli anni 240.

A mia conoscenza c'è solo un unico esempio nell'esistente letteratura flavianea che ricorda l'identificazione di Giacomo e di Gesù. Nella Guerra Giudaica 2:247 Giuseppe parla di ''Felice, il fratello di Pallante'' [2]. Questo Pallante non è menzionato in nessuna altra parte nella Guerra Giudaica, e Giuseppe di conseguenza non lo identifica. Giuseppe probabilmente non fece nessun errore in quanto più tardi nelle Antichità Giudaiche 18:7:1, parla anche a proposito dello stesso Pallante senza identificarlo. Ma mediante altri autori sappiamo parecchio circa questo Marco Antonio Pallante. Fu un liberto greco di ''sangue reale'' che divenne uno stimato segretario durante i regni dell'imperatore Claudio e dell'imperatore Nerone. Quest'ultimo, comunque, lo aveva assassinato. Di lui si disse che fu uno dei più ricchi uomini della Roma del tempo [3].

Ovviamente Giuseppe lo considerò una ''celebrità'' di cui non sentì alcun bisogno di spiegare ai suoi lettori l'identità. E i suoi lettori erano greco-romani, quindi a maggior ragione non avrebbero avuto bisogno di aiuti nell'identificare Pallante.  In ogni caso, questa è una rara eccezione e naturalmente insinua un'ombra di dubbio anche sul riferimento a Gesù nel passaggio di Giacomo: il fatto che una rara eccezione venga a coincidere esattamente con quell'espressione su Gesù è sufficiente per sospettarla di interpolazione.

Per di più, ci è richiesto di credere che Giuseppe precisamente nei due passaggi su Gesù si sia scostato dalla sua normale pratica di collegare passaggi insieme, mediante
1) la mancanza di alcun riferimento al  punto preciso in cui finiva il Testimonium Flavianum, e
2) la non-identificazione della persona, cioè trattenendosi dall'informare il lettore sulla identità di Cristo nel passaggio di Giacomo.

[1] Stephen Carr scrive:
''Come fa Giuseppe a risalire indietro a persone che aveva precedentemente menzionato, in quei giorni quando i libri mancavano di indici? Qui egli sta risalendo indietro di ben due libri, così i suoi lettori avrebbero avuto bisogno di ben più di un riferimento casuale.''

Giuda il Galileo fu prima menzionato in Guerra Giudaica Libro 2 Sezione 118: ''Sotto la sua amministrazione, accadde che un certo Galileo, il cui nome era Giuda, convinse i suoi compatrioti alla rivolta; e disse che erano dei codardi se avessero continuato a pagare una tassa ai romani, e si fossero sottomessi, dopo Dio, a uomini mortali come loro signori.''

Giuseppe parla di lui di nuovo nel Libro 2 Sezione 433 come segue: ''nel frattempo un Manahem, il figlio di Giuda, che fu chiamato il Galileo (che fu proprio un vero astuto sofista, e che in precedenza rimproverò gli ebrei sotto Quirinio, poichè dopo Dio essi si fossero sottomessi ai romani)'' -- un considerevole dettaglio è compreso.

In Guerra Giudaica, Libro 7, Sezione 533 leggiamo di Giuda ancora una volta -- '' ... Eleazaro, un uomo potente, e il comandante di quei Sicari, che aveva preso con sè. Fu un discendente di quel Giuda che aveva persuaso  una moltitudine di ebrei, come riferito in precedenza, a non sottomettersi alla tassazione quando Quirinio fu inviato in Giudea ...''. Così un cambiamento del libro spinge Giuseppe a dire ''come riferito in precedenza''.

Giuda compare anche in Antichità Giudaiche 18: 'Tuttavia ci fu un Giuda, un Gaulonita, di una città il cui nome fu Gamala, il quale, prendendo con lui Saddoc, un fariseo, divenne zelota per trascinare loro ad una rivolta, entrambi dissero che questa tassazione non fosse meglio dell'imposizione della schiavitù, ed esortò la nazione ad affermare la loro libertà''.

Giuseppe puntò indietro a Giuda in Antichità Giudaiche 20 ''i figli di Giuda il Galileo furono ora trucidati; mi riferisco a quel Giuda che incitò il popolo alla rivolta, quando Cirenio venne a prendere possesso delle proprietà degli ebrei, come abbiamo mostrato in un libro precedente''.

Così Giuseppe di solito espone in dettaglio e quando risaliva indietro da Antichità Giudaiche 20 ad Antichità Giudaiche 18, egli ricordava al lettore che si trattava di un libro distinto. Nessuno di quei fattori si applicano al riferimento di Giuseppe al Gesù di Antichità Giudaiche 20.200. Un interpolatore cristiano non avrebbe naturalmente [...]  alcun bisogno di fornire tali dettagliati riferimenti a punti precedenti. I suoi lettori saprebbero esattamente chi fosse Gesù detto Cristo.'' (Stephen Carr, Prima Risposta di Steven Carr [a Dr. Paul Marston]).

[2] Flavio Giuseppe scrive:
''Dopo Claudio inviò Felice, il fratello di Pallante, come procuratore della Giudea, della Samaria, della Galilea e della Perea, e trasferì Agrippa da Calcide a un regno maggiore assegnandogli i domini che un tempo erano appartenuti a Filippo, cioè la Traconitide, la Batanea e la Gaulonitide, cui aggiunse il regno di Lisania e l'antica tetrarchia di Varo. Dopo aver retto l'impero per tredici anni, otto mesi e venti giorni, Claudio morì lasciando come successore Nerone, che egli per le male arti di sua moglie Agrippina aveva adottato come erede al trono, sebbene avesse un figlio legittimo, Britannico, nato dalla precedente moglie Messalina, e una figlia, Ottavia, da lui fatta sposare a Nerone. Aveva avuto anche un'altra figlia, Antonia, nata dal matrimonio con Petina.''(Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica 2:247-249)
[3] Pallante è forse meglio conosciuto dagli storici romani Tacito e Svetonio. Plinio il Giovane lo elenca tra i più ricchi uomini del tempo.