sabato 13 settembre 2025

Gerard Bolland: FILOSOFIA DELLA RELIGIONE — Prefazione

 Il Dio di Coincidenza   

Può qualcuno negare che  

Una cosa dopo l'altra  

In sequenza e logica  

Mai vista prima   

Non può essere che la  

Interferenza di un Dio  

Determinata a provare che   

Ognuno che pretende  

Di conoscere ora  

Una cospirazione è   

Demente? 

(Kent Murphy)


SOSPETTO

Il critico scettico guarda con sospetto a ogni affermazione del Nuovo Testamento. Per principio, ogni affermazione è falsa, a meno che non si possa dimostrare chiaramente che sia vera. Vi è naturalmente il rischio di ottenere un ritratto frammentario di Gesù, un puzzle con molti pezzi mancanti. Così sia. Perché questo è di gran lunga preferibile a ritrovarsi con un’immagine falsa.


In occasione della traduzione di questo libro vorrei premettere alcune osservazioni.  

Dopo la straordinaria rivelazione scaturita dalla lettura di Jean Magne (di cui a tempo debito ho intenzione di tradurre un'antologia dei suoi contributi migliori) – ossia la comprensione dell'importanza dell'anti-demiurgismo nella formazione del “Nuovo Testamento” giudaizzante – ho provveduto a scoprire il suo più remoto (e geniale) precursore in Gerard Bolland, con il desiderio che le sue formidabili intuizioni possano finalmente venire alla luce, e onorare il mio blog anche solo di un frammento di quella luce.

Gerard Bolland.
Il lavoro stesso della maggioranza dei miticisti – pur certamente molto importante e benvenuto – non apporta purtroppo nulla di nuovo né di originale sotto il profilo teologico in merito all'anti-demiurgismo, anzi, al contrario. Proprio là dove dagli antichi testi cristiani traspare la conoscenza di una minaccia continuamente esorcizzata, e con ciò la comprensione dell'anti-demiurgismo come l'impulso fondamentale dietro la fabbricazione di quelli stessi testi, proprio là, dove si tratta, rispetto alle nostre conoscenze finora acquisite, di un nuovo sapere e di un nuovo vedere, perfino molti miticisti – per fortuna: non tutti! –, invece di sottolineare questa nuova prospettiva e di interpretarla correttamente, si arrestano: si fermano. La loro presentazione degli antichi testi cristiani, nelle sue conseguenze, riafferma dunque la vecchia scuola cattolica e la reintegra, per ovvie ragioni diplomatiche, nell’establishment.

La conoscenza principale che deriva dalla lettura dei testi scoperti a Nag Hammadi, ma soprattutto dagli stessi vangeli canonici, dalle stesse “lettere” attribuite a “Paolo”, nonché il ruolo di Marcione nella denuncia irrimediabilmente tardiva di quanto andava accadendo da un pezzo, ovverosia lo svelamento del “giudeo-cristianesimo” come deliberata e malevola imitazione speculare dell'anti-demiurgismo originario, ebbene questa conoscenza fondamentale, che sorge dal contatto con i testi stessi del Nuovo Testamento, la maggioranza dei miticisti — e ovviamente tutti gli storicisti — la spazzano via dal tavolo e la “esorcizzano” così dallo sguardo e dalla mente del lettore.

Perciò nella sua interpretazione perdura la legittimità della vecchia ottica medievale: la nascita del giudeo-cristianesimo dall’“originario Salvatore ebraico” e dai suoi “apostoli ebrei”; perdura la legittimità dei “santissimi Pietro e Paolo” e di simili “discepoli di Gesù” (san Filippo, san Bartolomeo, san Tommaso, san Matteo, Maria); perdura la finzione di uno sviluppo lineare e autentico del cristianesimo a partire dall’ebraismo, perdura la finzione del “Paolo l'Ebreo”, perdura l’assurda ipotesi della cosiddetta “fonte Q”, l’originaria raccolta non conservata dei detti di questo “Salvatore” di carta; in breve, perdura la legittimità medievale della bibbia ebraica e della sua pretesa funzione indiscutibile e “positiva” nella formazione del “cristianesimo” europeo – come se senso, verità e conoscenza non dovessero costituire il fondamento della cultura umana, ma i loro contrari, e come se lo scopo stesso dei testi – perché solo di quelli parlo – fosse nascosto ed emanasse soltanto da ciò che è accaduto e continua ad accadere. Una mano mozzata che pretende di sollevarsi da sola, una fede illusoria che pretende di comprendersi da sé – questi sembrano essere assiomi tanto radicali della religione giudeocristiana che nessuna intuizione, nessuna luce, nessuna illuminazione può modificarli – neppure la minaccia dell'estinzione di quanto vi è di più nobile e bello, a quanto pare, costituisce una luce sufficiente.

Di quale “Signore” e “Dio” si tratti, invece, nel giudeo-cristianesimo potrà comprenderlo solo quel lettore che si accosti ai testi con sguardo critico e disincantato, applicando la sola, giusta ermeneutica — l'ermeneutica del sospetto — poiché l’intera evoluzione discendente dall'anti-demiurgismo fino ai vangeli canonici vi è magnificamente documentata. Egli potrà seguire come, attraverso tutta una serie di passaggi, il primitivo culto anti-demiurgista di Gesù Figlio del Padre quale portatore e custode della luce si trasformi nel suo opposto – nel culto del peccatore (“Bar-Abbas”) e delle sue passioni – e come, al posto della venerazione anti-demiurgista del “Padre sconosciuto”, del Figlio eterno, dello “Spirito” che dà vita, subentri gradualmente e sempre più fortemente il culto del martirio di Gesù, il culto dell'apocalisse – rimandata, mai rinnegata – e di quel presunto “nostro Signore” e “Dio” che nella Torà ha tanta sete di sangue.

Nelle parole di G.J.P.J. Bolland:

“Da un'associazione fondamentalmente teosofica di stampo orfico si sarebbe in effetti sviluppata o separata, nell'Alessandria del 1° secolo A.E.C., una parte dei cosiddetti ebrei Naasseni o Ofiti, ovvero adoratori del serpente, i primi illuminati evangelici o gnostici, che non rifuggivano da un simbolismo serpentino per rappresentare l'infinito. Essi interpretavano le scritture ebraiche in senso allegorico e non consideravano più il creatore del mondo, descritto come geloso, collerico, vendicativo e sanguinario, come l'Essere Supremo. Dopo l'anno 70, essi storicizzarono le loro allegorie trasformandole in un Vangelo del Salvatore Gesù”.  

Si potrà quindi osservare anche la graduale trasformazione della stessa essenza del dio alieno, venerato dagli anti-demiurgisti e da Marcione, nel piccolo Satana del giudaismo – abilmente mascherato dagli autori giudaizzanti con tutti i tratti del loro nemico mortale e talvolta – malignamente –, perfino del loro stesso dio.


FILOSOFIA 

DELLA RELIGIONE

AGGIORNATA DA

DETTATI, SCRITTI E LETTERE

DI

G. J. P. J. BOLLAND

IN VITA PROFESSORE DI FILOSOFIA A LEIDA

DA

G. W. WOLTHUIS 

INSEGNANTE PRESSO R.H.B.S. DI DEN HELDER


Concepire l'essenza delle cose equivale a rinunciare per metà alla fede nelle cose. Che l'intelligibilità sia la sola cosa vera, lo insegna prima di tutto un completo ragionamento logico.

Il Libro dei Proverbi 2:128.


PREFAZIONE.

Il presente libro cerca di far rivivere la potente figura del grande filosofo di Leida Prof. G. J. P. J. Bolland nelle lezioni di filosofia della religione, discusse negli anni 1905-1906, 1913-1914 e 1920-1921). [1] Gli appunti delle lezioni del corso del 1920-1921 sono serviti come base, quando il professore a Leida, L'Aia, Rotterdam e Amsterdam ha discusso questo argomento nell'ultimo corso completo, che è riuscito a terminare. Il professore stesso considerava questo corso come la cosa migliore che avesse fatto nel campo della storia della religione, come era abbastanza evidente dal progetto che mi aveva dato durante il corso di compilare un'opera sullo sviluppo della sua teologia dal Vangelo di Giovanni (Batavia, 1891) alle Origini della filosofia greca (Leida, 1921). 

Sebbene il mio obiettivo sia sempre stato quello di attenermi il più possibile alla parola, ben presto si sono rivelate opportune o addirittura necessarie delle aggiunte. In alcuni punti è stato sufficiente un breve rimando agli scritti, che naturalmente forniscono informazioni più complete su vari punti di quanto non sia necessario in questa sede; altrove, le allusioni, che altrimenti sarebbero rimaste incomprensibili ai non addetti ai lavori, hanno reso necessario l'inserimento di passaggi più o meno ampi, che mi sono stati forniti in parte verbalmente o per iscritto dallo stesso Prof. Bolland, e in parte da un attento confronto dei dettati sull'Enciclopedia di Hegel, sulla Logica, sulla Filosofia greca, sulla Religione e sulla Massoneria, oltre che sulle opere teologiche e sulla Ragion pura. È stato fatto ogni sforzo per mantenere il giusto equilibrio; anche se tutte le spiegazioni del professore in prima persona sono state inserite nel testo o nelle note, una semplice copiatura dagli scritti mi è sembrata in alcuni casi superflua o addirittura sbagliata. Come già detto, è ovvio che si può trovare di più. 

Tuttavia, questo libro deve continuare a occupare il suo posto peculiare nella letteratura di Bolland, nella misura in cui soddisfa le esigenze di futuri interessati che hanno perso il privilegio di ascoltare il Maestro in persona. Poiché gli scritti teologici, con la loro ricchezza di citazioni nei dati e tra le righe, lasciano non detto un mondo di detti che erano riservati alle spiegazioni orali e all'esegesi, essi non sono trattati che possano essere letti in modo leggero, sbrigativo e piacevole anche dall'uomo del mestiere, se non è esperto in molti campi, come dice il Prof. Lo stesso Bolland lo annotò nella prefazione alla seconda edizione di Het Evangelie. [2] Spero quindi che questo libro possa servire da introduzione e guida per lo studio della teologia del grande filosofo olandese, così difficile da reperire, tenendo sempre presente che non intende in alcun modo essere un tentativo di moderna illuminazione intellettuale vecchio stile. Ovunque presuppone la logica, la dottrina della ragione pura, ed è per questo che il Prof. Bolland è stato capace di vedere attraverso il Vangelo come un velo, dietro il quale non si nasconde né più né meno che la Gnosi o conoscenza della Verità eterna stessa. Senza negare la grande importanza o addirittura l'indispensabilità dell'illuminazione dell'intelletto, dovremo rendercene conto in tutto il racconto evangelico, tenendo presente le parole pronunciate da Hegel alla fine delle sue Vorlesungen über die Philosophie der Religion: [3] Quando arriva il momento in cui il bisogno di giustificazione attraverso la comprensione è diventato tangibile, allora nella consapevolezza immediata, nella realtà, l'unità dell'interno e dell'esterno non può più essere trovata e nulla è giustificato nella fede. La durezza di un ordine governativo, un'insistenza esterna, il potere dello Stato non possono fare nulla: la decadenza è già troppo avanzata per questo. E quando il Vangelo non viene più predicato ai poveri, quando il sale è diventato insapore, allora il popolo, nel cui discorso sempre più ristretto la verità può essere solo una rappresentazione, non sa più come aiutarsi nelle sue pulsioni interiori. Sta ancora più vicino al dolore infinito, ma poiché l’amore si trasforma in un amore e in un piacere privi di ogni sofferenza, si vede abbandonato dai suoi maestri, i quali, a loro volta, si compensano con l’attività dell’intelletto e trovano soddisfazione nella finitezza, nella soggettività e nella sua virtuosità, e con ciò nella vanità. 

La ragion pura, osservava il Prof. Bolland, non è un libro di ricette o una carta dei diritti. E la civetta di Minerva vola via al crepuscolo; al crepuscolo ci sarà luce.

G. W. W.

NOTE

[1] Una panoramica delle lezioni principali (1905-1917) è fornita da E. Vas Nunes in Un argomento fittizio contro la dottrina della ragion pura di Bolland, pag. 13.

[2] Il Vangelo. Un tentativo 'rinnovato' di indicare l'origine del cristianesimo, pag. V. 

[3] Hegel, Lezioni sulla filosofia. della religione, a cura di Bolland pag. 705. La traduzione in Ragion Pura, pag. 718. 

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