martedì 29 luglio 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Oppositori

 (segue da qui)


Oppositori.

Chi sono gli oppositori in vista nell'Epistola? Essi sono ritenuti generalmente Giudaizzanti; eppure non ricorrono nemmeno le parole “legge” e “circoncisione”. Talvolta, infatti, l'autore sembra avere in vista persone venute da fuori con lettere di raccomandazione (3:1), tramite cui gli altri Apostoli sono contrapposti a Paolo e posti al di sopra di lui in quanto essi hanno conosciuto Cristo nella sua vita terrena, e in quanto indiscutibilmente in senso letterale ebrei, Israeliti, il seme di Abramo (11:22). Eppure è difficile concepire come, alla coscienza dei lontani Corinzi, “i Dodici” o i principali di essi, “Pietro, Giacomo e Giovanni”, potessero presentarsi come una cerchia già ristretta, οἱ ὑπερλίαν ἀπόστολοι (11:5, 12:11), al cui confronto Paolo, l'Apostolo dei pagani, da cui era stata fondata la loro stessa comunità, non era nulla. E, in effetti, ci sono molti tratti nell'Epistola che mostrano gli oppositori di Paolo in tutt'altra luce rispetto a quella dei Giudaizzanti. Egli deve difendersi — e ciò in misura maggiore — dalle accuse di quelli oppositori di aver camminato secondo la carne (1:17) e non secondo lo spirito. Essi contrappongono la sua insignificanza personale (nel passato) alla autorità delle sue lettere (10:10, cfr. 1:13, 10:1-6). Essi sono disobbedienti e si considerano superiori a lui, perché lo hanno superato (10:6, 12). Contro la loro presunzione lui si appella alle visioni e alle rivelazioni a lui concesse (12:1) e delinea la sua marcia trionfale al servizio della gnosi più profonda (2:14-16). Costoro sono gli “iperpaolinisti”, già trattati con disapprovazione nella prima Epistola. Ma se ammettiamo che l'esistenza di un siffatto gruppo a Corinto sia comunque comprensibile dopo così poco tempo, come spiegheremo il modo in cui l'autore li confonde — come fa soprattutto nel capitolo 11 — con coloro che ponevano il grande Apostolo dietro i Dodici o i loro capi? Infatti i “falsi Apostoli” (ψευδαπόστολοι) di 11:13 non vanno identificati con i “superapostoli” (ὑπερλίαν ἀπόστολοι) di 11:5. Se Paolo stesso fosse stato lo scrittore, egli avrebbe certamente saputo distinguere più chiaramente tra queste diverse categorie di oppositori. 

Possiamo capire tutto ciò solo se ipotizziamo che tra la fondazione della comunità di Corinto e la stesura dell'Epistola fossero trascorsi molti decenni. L'autore dell'opera scelse la forma della lettera, ma il suo scopo era tutt'altro dal preservare quella forma con correttezza. Ciò a cui mirava era, da buon paolinista, difendere l'Apostolo sia contro i radicali che contestarono il suo carattere veramente “paolino” come predicatore del nuovo Vangelo “spirituale”. sia contro coloro che, per conservatorismo, contestarono il suo carattere veramente apostolico da eguale dei primi discepoli di Gesù. Il resto era solo travestimento. Per fornire un pretesto alla stesura di quella che è in realtà un'apologia di Paolo (ὅτι ὑμῖν ἀπολογούμεθα, 12:19) e una glorificazione della sua carriera, egli fece leva su frammenti di tradizione scritta e orale. Se fosse stato un artista più grande, egli non avrebbe commesso gli errori con cui tradisce la sua data posteriore. Come si presenta, sono lasciati indizi più che sufficienti per convincerci dell'inesattezza della tradizione secondo cui l'Epistola sarebbe stata scritta da Paolo verso l'anno 57 o 58. 

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