venerdì 30 maggio 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Improbabilità della Tradizione

 (segue da qui)

 B. Improbabilità della Tradizione. 

Come è stato già detto, invano cerchiamo di capire perché Paolo scrivesse una lettera del genere ai cristiani romani, o quale fosse la sua relazione con loro. Com'è possibile che egli sia in grado di assumere un siffatto tono di autorità nei confronti di uomini con cui è mai entrato personalmente in contatto? La tradizione, naturalmente, replica che Paolo fosse un Apostolo di Gesù Cristo, e come tale possedette e rivendicò autorità. E, in effetti, lo scrittore dell'Epistola, parlando a nome di Paolo, si presenta in questo spirito (Παῦλος, δοῦλος Χριστοῦ, κλητὸς ἀπόστολος, ἀφωρισμένος εἰς εὐαγγέλιον θεοῦ, 1:1). Il suo diritto di istruire, lodare e ammonire è dato per scontato per tutto il tempo. Il fatto che Paolo sia un israelita contribuisce persino a dimostrare che Dio non ha rigettato il suo popolo (11:1). Dal punto di vista soprannaturalista, naturalmente, non c'è alcuna difficoltà al riguardo; ma coloro per i quali quel punto di vista è diventato obsoleto non possono ammettere così facilmente che gli Apostoli stessi potessero assumere senza arroganza, fin da subito, gli attributi di cui una posterità riconoscente li avrebbe rivestiti. Paolo, come uomo intelligente, non poteva assumere questo tono elevato con cristiani a lui sconosciuti, che desiderava guadagnare alla sua causa; e tanto più se è vera la storia tradizionale secondo cui ci furono già delle divisioni nella Chiesa. È interessante il fatto che non fornisca una dichiarazione chiara e succinta dei suoi principi, ma supponga una familiarità da parte del suo uditorio degli aspetti del Paolinismo.  Ci sono nell'Epistola, si potrebbe dire in linguaggio popolare, alcune cose difficili da capire (ἐστὶ δυσνόητά τινα, 2 Pietro 3:16). Per dirla tutta, l'incertezza in cui spesso siamo lasciati riguardo al significato dello scrittore è dovuta alla presenza di enunciati contraddittori. È così che appaiono le cose quando non vediamo più il capo del venerabile Apostolo circondato dal nimbo che per secoli l'ha adornato, quando egli è diventato per noi semplicemente una figura umana da cui ci aspettiamo solo il possibile e il probabile. Che uno zelante predicatore del Vangelo, che sperava di fare presto visita ai cristiani di Roma, scrivesse loro in anticipo un'epistola lunga e oscura con un tono di autorità apostolica è possibile, ma non è probabile. Inoltre, non dovremmo aspettarci quel tipo di attività letteraria da un predicatore-artigiano come il Paolo della tradizione neotestamentaria (Atti 18:8-4, 20:33-34; 1 Corinzi 4:12; 2 Tessalonicesi 3:8; cfr. 2 Corinzi 11:8-9, 12:13). Ogni prova dell'effetto dell'Epistola sui cristiani romani è mancante. Secondo l'opinione comune, essa fu inviata nel 59 circa. Dopo di allora non ve n'è più traccia fino a quando, più di mezzo secolo dopo, la troviamo tenuta in onore presso: gli Gnostici! Dove fu preservata prima che finisse, non sappiamo come, tra le mani di uomini come Basilide e Marcione? 

Nessun commento:

Posta un commento