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Così, vedendo per ora gli Atti degli Apostoli senza riferimento alle Epistole, scopriamo che solo la più antica delle tre rappresentazioni di Paolo che contengono ci avvicina alla realtà storica. Qui egli si presenta come un “discepolo” insieme ad altri. Non si parla ancora di “Cristiani” o di rottura col giudaismo. I giorni dello “Spirito Santo” non sono ancora sorti. Nessuno conosce quello Spirito o si crede guidato da esso. Qualunque cosa possano essere, i “discepoli”, sia nella loro stessa opinione che secondo il giudizio degli altri, sono ebrei (e rimangono tali), o per nascita o per essere diventati proseliti. Essi formano semplicemente una direzione, una setta, tra gli ebrei, non a parte da loro. Il centro delle loro convinzioni specifiche è Gesù, di cui si ritengono figli o discepoli e in cui riconoscono il Messia promesso ai loro progenitori. Ricordarsi l'un l'altro “le cose concernenti Gesù” e dichiararle al resto del mondo: questo è ciò che li distingue dagli altri ebrei ed è per loro il motivo di una esistenza pura e di un amore reciproco. A questo gruppo di fratelli si unisce Paolo stesso. Al servizio delle loro idee egli viaggia in varie terre con successo variabile. Non troviamo che lui scrivesse lettere di una certa importanza, né che tra lui e gli altri discepoli sorgessero divergenze di fede o di condotta. Lo scrittore posteriore, che chiamiamo Luca, sa anzi delle discordie che sono sorte; ma è significativo che nella previsione di esse che mette in bocca all'Apostolo (20:29-80) le faccia sorgere dopo la sua partenza.
Trascorsa una generazione, forse più, si manifesta fuori dalla Palestina, in particolare ad Antiochia in Siria, una tendenza a staccarsi dal giudaismo. Questa sarebbe la naturale conseguenza dell'ingresso di proseliti pagani e dei rapporti con il mondo greco-romano in generale. Di conseguenza, appare una nuova direzione. È nato il Vangelo del Figlio di Dio, della “grazia”, della “fede”. La consapevolezza che Gesù non sia altro che il Figlio di Dio, il Cristo, è attribuita a una rivelazione speciale, a una comunicazione dello Spirito Santo. I “discepoli”, da setta di ebrei, sono diventati “Cristiani”. Coloro che seguono questa direzione la legano al nome di Paolo. Avendo fatto di lui il loro eroe, essi procedono a scrivere la sua vita. Eppure non riescono a riprendere quasi nulla di quella vita così com'era realmente, perché è davanti ai loro occhi un'immagine più grandiosa dell'Apostolo. Inoltre, il “Paolinismo”, pur dovendo essere attribuito a Paolo, è in realtà nuovo, e non appartenne all'uomo stesso. Da qui l'indeterminatezza dell'immagine di questo Paolo secondo i Paolinisti. In questa indeterminatezza abbiamo una prova che il Paolinismo nacque dopo il tempo di Paolo. Che esso guadagnò subito consensi possiamo constatarlo; ma anche che suscitò una forte opposizione tra gli antichi discepoli. È abbastanza interessante che non ci sia assolutamente alcun accenno a lettere scritte da questo Paolo paolino.
Passano di nuovo gli anni. Il conflitto tra il vecchio e il nuovo, a giudizio di uomini influenti, ha perso il suo interesse. Pietro, l'eroe dei “discepoli” come Paolo lo era dei “Cristiani”, è stato reso l'attore degli Atti sul modello degli Atti di Paolo. Infine, Luca si accinge al compito di riconciliazione completa, riunisce le due vite e modifica i tratti tradizionali di ciascun Apostolo per approssimarle a quelle del suo collega. Egli è probabilmente a conoscenza delle Epistole paoline, ma non le nomina e ne fa un uso parsimonioso. Il suo Paolo ha un carattere diverso da quello delle Epistole e degli Atti, che lui usò diligentemente da base della propria narrativa. Mediante questo processo di adattamento, Paolo, accanto a Pietro, può diventare il fondatore della “Chiesa cattolica”. Così, per coloro che si adeguano all'immagine composita presentata negli Atti degli Apostoli, il cristianesimo nascente ha perso il senso vero della sua evoluzione. Ciò che è, o avrebbe dovuto essere ora, lo è sempre stato: in essenza inalterabile, una sola e medesima fede per tutti i confessori benpensanti, e soprattutto per quegli uomini famosi, da cui i partiti si sono erroneamente chiamati.
Essendo stato recuperato il senso dell'evoluzione, due prospettive fondate su due rappresentazioni ideali di Paolo vanno respinte in quanto insostenibili. La vecchia prospettiva cattolica corrisponde al ritratto immaginario dipinto da Luca; la prospettiva della scuola di Tubinga a quella solo meno immaginaria degli Atti di Paolo. Non rimane altra realtà certa che il Paolo dell'Itinerario. Non ci fu, sul piano storico, alcuna disputa tra Pietro e Paolo, ma solo tra i partigiani “petrini” e “paolini” che sorsero dopo di loro. D'altra parte, nessuno dei due Apostoli insegnò i principi del “cristianesimo” gentile: entrambi insegnarono semplicemente quelli dei discepoli o “figli di Gesù”. Il pomo della discordia gettato nel mondo dal paolinismo fu il risultato di un progresso fatto dopo la morte dell'Apostolo.
Oppure c'è qualche falla nell'argomentazione? Le Epistole ci vietano di respingere il ritratto negli Atti di Paolo, assieme a quello di Luca, in quanto non storico? La risposta a questa domanda va cercata in un'indagine sulle Epistole paoline.
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