martedì 17 settembre 2024

ECCE DEUS — TESTIMONIANZA DEGLI ATTI

 (segue da qui)


TESTIMONIANZA DEGLI ATTI 

15. Tutto questo, però, è solo preliminare. Veniamo ora al punto vitale. Un personaggio così ineguagliabile come si ritiene universalmente sia stato il Gesù dovette aver fatto la più profonda impressione sulla mente dei suoi discepoli. Perché, allora, non troviamo tracce di tale impressione? È un fatto che nella predicazione degli Apostoli, come riportata negli Atti, non possiamo trovare praticamente alcun segno di sorta di una conoscenza personale del Gesù. La predicazione di Pietro, di Stefano e di Filippo si pone sullo stesso piano, ruota nello stesso ambito, di quella di Paolo. Essi si appellano alle Scritture, a certe necessità dell'esegesi, ma mai a fatti biografici di loro conoscenza. Non dicono mai: Udimmo Gesù dire questo e quest'altro, né: Lo vedemmo fare questo e quest'altro. Nessuno può avere l'impressione, dalla lettura dei discorsi di Pietro, che egli stia parlando di un uomo meraviglioso, il Gesù, che lui aveva conosciuto e amato. Le allusioni a “segni e prodigi” e all'“appendere al legno” sono puramente superficiali o dogmatiche. 

16. In un unico passo, fortemente interpolato e del tutto incomprensibile, il Gesù è descritto invero con queste parole: “Gesù di Nazaret, come Dio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza, il quale passò beneficando e guarendo tutti coloro che erano sotto il potere del Diavolo, nel paese dei Giudei e in Gerusalemme, che essi uccisero, appendendolo al legno. Ma Dio lo ha resuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti”. Così è scritto. Ma che Pietro non si fosse mai espresso così è certo, perché difficilmente avrebbe parlato, anche in quel contesto, delle azioni di Gesù “nel paese dei Giudei e in Gerusalemme”, dato che quelle azioni non furono fatte nel “paese dei Giudei” (perfino se Pietro avrebbe potuto usare tale espressione), ma furono praticamente limitate alla Galilea. 

17. Inoltre, i critici contro cui si scagliano queste righe non possono ammettere che Pietro potesse parlare di mangiare e di bere con il Gesù risorto; in nessun caso lui e gli altri (“noi”) avrebbero potuto mangiare e bere con una visione (come questi critici ritengono sia stato il Risorto). Chiaramente il passo è stato rielaborato da una mano successiva e illustra il fatto estremamente significativo che i documenti più antichi non contengono in effetti alcun riferimento al Gesù umano ma solo al Gesù divino, laddove l'umanizzazione di questa divinità procede speditamente man mano che scendiamo nel flusso della tradizione. Questo fatto è esemplificato vividamente nei Vangeli. Quale indizio più chiaro potrebbe essere dato della divinità primitiva del Gesù? 

18. Il punto principale, tuttavia, risiede nelle due parole “passò beneficando” (andò attorno facendo del bene). [1] Si suppone che questa frase sia particolarmente descrittiva del Gesù come fondamentalmente l'uomo buono, che andò di qua e di là, facendo del bene ovunque se ne offrisse l'occasione. È vero che i Vangeli non forniscono alcuna base per questa concezione, ma certamente è la concezione non solo prevalente al presente, ma consolidata e quasi esclusiva. 

19. Esaminiamola, tuttavia. La parola greca [2] non significa “andò attorno”; significa “passò per”, “attraversò”. Sarebbe difficile trovare nella letteratura greca un esempio concreto di questa parola usata a proposito di una persona nel significato di “andare attorno”, anche se in pochissimi casi essa può avere tralasciato un complemento oggetto come la terra o la sua vita, da ricavare dal contesto. Così in Atti 8:4 leggiamo: “Allora quelli che erano dispersi andarono per (il paese) annunciando la parola”, [3] e il verbo dovrebbe forse essere reso con proseguirono, come è stato reso in Atti 13:14, dove i revisori lo rendono con passando per, come pure in 8:40. Se la parola significa questo e non “andò attorno” in Atti 13:14 e 8:40, sembra difficile trovare una buona ragione per renderla con “andò attorno” in 8:4 e 10:38.

20. Comunque sia, il nocciolo della questione è questo: il termine “beneficare” [4] è un termine tecnico preferito nello gnosticismo di Basilide, dove è usato continuamente in relazione alla “Filialità”. Nel descrivere la funzione del Gesù, egli dichiara (secondo Ippolito, Confutazione di tutte le eresie 7:27): “Per suo tramite fu purificata la terza Filialità, lasciata ad arrecare benefici e a riceverne, [5] ed è risalita alla beata Filialità, passando attraverso tutti questi elementi”. [6] Ancora (7:26), egli dice che “tutta la Filialità lasciata ad arrecare benefici alle anime nella sfera Senza Forma [7] e ad esserne beneficata, ricevuta a sua volta la formazione, seguirà il Gesù”, ecc. Ancora (7:22): “Basilide non la chiama ala, ma spirito santo, a cui la Filialità, rivestendosene, arreca beneficio e da cui viene beneficata”. Ancora (7:25), parlando dell'ingresso del Vangelo nel mondo (che è appena diverso dall'ingresso del Gesù), dichiara Basilide, esso “passò attraverso [8] ogni Principato, Potestà, Signoria, ogni Nome nominato, e venne veramente, eppure nulla scese dall'alto”. Questi pochi esempi mostrano che i termini “beneficare” e “passò” erano termini tecnici con Basilide nel parlare della Figliolanza. La stessa idea di “attraversare” si trova in Ebrei 4:14:  “Avendo dunque un grande Sommo Sacerdote che è passato [9] attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio”, ecc.

21. Naturalmente, queste idee non furono originali di Basilide, per quanto fosse un grande pensatore. Nell'Inno Naasseno, [10] che Harnack e Preuschen riconoscono “antichissimo” e che non c'è nessun motivo di sorta per considerarlo post-cristiano, leggiamo di questo stesso Gesù, nel seno del Padre, che osserva con compassione la sventura del mondo (il politeismo) e dichiara che scenderà attraverso tutti gli eoni per il riscatto dell'umanità (dall'idolatria): 

Per questa ragione mandami, Padre.

Portando i sigilli io discender,

Passerò attraverso gli Eoni, [11] 

Rivelerò tutti i misteri

e mostrerò le forme degli dèi.

Trasmetterò i segreti della santa via,

che chiamerò Gnosi.

Qui il caso è presentato in forma elementare, con tutta la chiarezza desiderabile: il Gesù esce dal seno del Padre, attraversa tutti gli eoni nella sua missione di misericordia e discende agli uomini quaggiù sulla terra per salvarli tramite la santa via della Gnosi o, come diremmo ora, del Vangelo (confronta la “Gnosi della salvezza”, Luca 1:77). [12]

22. Nella misura in cui sembra moralmente certo che questi gnostici più antichi fossero precristiani, [13] sembra assodato che quest'idea di attraversare (o di passare beneficando sia un'idea precristiana e si riferisca principalmente non all'andare attorno per il paese di Galilea a fare piccoli atti di bontà (una concezione relativamente moderna di cui non c'è traccia nel Vangelo), ma alla discesa infinitamente più sublime del Gesù divino verso la terra, attraverso gli eoni che avvolgono come tanti gusci sferici concentrici la Divinità Suprema centrale. Ecco un pensiero davvero degno di quei teosofi antichi e profondi che dissero: “Fondamento della perfezione è la conoscenza dell'uomo, ma la conoscenza di Dio è la perfezione completa”; mentre la concezione comune, che degrada Gesù in qualcosa di simile a un derviscio benevolo, sembra una vera profanazione.

23. Qualcuno, naturalmente, dirà che Basilide attinse questi termini da Atti 10:38; ma questo è del tutto inconcepibile. L'evoluzione dei sistemi gnostici dal Nuovo Testamento è del tutto impensabile, e i critici imparziali stanno percependo chiaramente ogni giorno di più che lo gnosticismo precede il cristianesimo; e lo scrittore sembra aver provato chiaramente, in un'opera (ancora in versione manoscritta) su “Elementi gnostici nel Nuovo Testamento”, che i paralleli neotestamentari a brani gnostici preservati sono quasi senza eccezione più giovani dei loro corrispondenti gnostici. Ciò è mostrato dal fatto che la correlazione è costantemente migliore nel contesto gnostico e il brano è molto più comprensibile. [14Ora, il contesto in cui il brano può essere meglio compreso è il contesto originale; sono il trasferimento e l'adattamento a nuovi contesti che lo rendono innaturale e sconcertante. Perciò concludiamo che l'espressione “passò beneficando” è stata attinta dallo gnosticismo e applicata al Gesù in questo presunto discorso di Pietro. Che questo beneficare spirituale fosse davvero nella mente dello scrittore è mostrato anche dalla seguente clausola esplicativa: “e guarendo tutti coloro che erano sotto il potere del Diavolo” — dove la “e” sembra essere enfatica e significare “cioè”; e l'espulsione dei demoni (come vedremo) non è altro che l'abbattimento dell'idolatria, la conquista degli dèi pagani, che qui, come altrove negli antichi apologeti, è ritenuta correttamente la missione e l'attività specifica del Gesù.

NOTE

[1] διῆλθεν εὐεργετῶν.

[2] διῆλθεν.

[3] Anche se qui א recita ἧλθον e non διῆλθον, sicché o lo scriba di א è corretto, nel qual caso διῆλθον è un errore, oppure è un correttore di διῆλθον, che lui ritenne un errore: poiché è improbabile una semplice disattenzione da parte sua.

[4] εὐεργετῶν.

[5] πρὸς τὸ εὐεργετεἶν καὶ εὐεργετεῖσθαι.

[6] διελθοῦσα.

[7] εἰς τὸ εὐεργετεἶν· 

[8] διῆλθε.

[9] διεληλυθότα.

[10] Hilgenfeld (K.d. U., pag. 260): “Welcher freilich der älteren Gnosis noch näher steht”; e questa “Gnosi antichissima” fu proto-cristiana.

[11] διοδεύσω. 

[12] In Theol. Rundschau (ottobre 1911, pag. 384) l'editore, il professor Bousset, in un articolo degno di nota per le sue concessioni a “D. v. J.”, sospetta il testo di questo Inno e suggerisce “Disse allora Nus” (δὲ()νοῦς) al posto di “Disse allora Gesù” (διησους). Un parere disperato, ma, dato che lo stesso Bousset “non vi dà peso”, basta osservare che, se avesse ragione, Nus, al pari del Logos, sarebbe solo un altro nome per Gesù, e la situazione difficilmente cambierebbe. B. ritiene i Naasseni certamente “cristiani”; e se intende dire proto-cristiani, chi lo negherebbe? Essi furono i primi gnostici, “e, come è evidente, i progenitori dello gnosticismo” (Badham, Theol. Tijdsch., 1911, pag. 420); e la Gnosi fu un antico nome per il movimento cristiano. 

[13] “Così da questa concezione sorse la coppia di nozioni 'pneumatico' e 'psichico', ancor prima di Paolo; che lo gnosticismo, nelle sue concezioni fondamentali, sia anteriore a questo apostolo è stabilito pure lessicalmente” (Reitzenstein, Die Hellenistischen Mysterienreligionen).

[14] Questa affermazione sembra troppo importante per essere lasciata in sospeso; il supporto va trovato in un'analisi accurata di decine di paralleli negli scritti gnostici e nel Nuovo Testamento, cosa che è ovviamente impossibile in questa sede. Un esempio eclatante è offerto più tardi (a pag. 133) nella discussione dell'Ektroma. Un'ulteriore illustrazione può bastare a mostrare la natura della prova elaborata nell'opera inedita già menzionata. 

In Colossesi 2:8-15 si presenta un brano di una oscurità profondissima. Sembra davvero incredibile che qualcuno avesse potuto scrivere frasi su frasi di tale impenetrabile oscurità; infatti, appare psicologicamente impossibile che un maestro, come certamente fu l'autore dell'epistola, avesse rivolto tali cose a una coscienza che non era stato a lungo familiare con un grande corpo dottrinale in cui le frasi misteriose utilizzate fossero parole d'ordine, prive di significato per noi, ma piene di significato per le persone a cui erano rivolte, suggerendo vagamente la terminologia tecnica ora corrente tra i seguaci della signora Eddy. Sono soprattutto i versetti 13-15 che dobbiamo considerare ora: “Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i peccati; avendo cancellato il documento scritto a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l'ha tolto di mezzo, inchiodandolo alla croce; e avendo spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce”. Si noti la mancanza di correlazione nel pensiero. Il versetto 14 parla, apparentemente, dell'abolizione della Legge, abolita tramite la morte sulla croce; ciò lo si potrebbe capire. Ma il versetto 15 porta direttamente il pensiero in un canale completamente diverso: “avendo spogliato (come di una veste) i principati” ecc. Il testo è molto incerto, come ci si poteva aspettare. Alcuni testimoni omettono “i principati e le potenze”, altri aggiungono “la carne”. Così lo intesero i Padri, come testimoniano le frasi exuens se carne, spolians se carne, exutus carnem, exutionem corporis. Questa soppressione della carne sulla croce sembra comprensibile, ma la soppressione dei principati e delle potenze...! Ancora una volta, l'inchiodamento del “documento” (della Legge) alla croce è una frase sconcertante. Un simile trattamento di un documento assomiglia molto di più a una pubblicazione, a una proclamazione ufficiale, che a un annullamento. Il senso comune sembra suggerire che fosse il suo corpo a essere stato inchiodato alla croce e che il riferimento originale dovesse essere stato al corpo

Passa ora per un momento alla dottrina doceta riportata da Ippolito, Confutazione di tutte le eresie 8:10: “Venuto dall'alto, si rivestì della realtà generata e fece tutto così come è scritto nei Vangeli, si bagnò nel Giordano, fu battezzato ricevendo un segno e un sigillo nell'acqua sul corpo generato dalla Vergine perché, quando l'Arconte condanna la propria creatura alla morte di croce, quell'anima, nutrita nel corpo, spogliatasi del corpo e inchiodatolo al legno, trionfando per il suo tramite su principati e potestà, non sia trovata nuda, ma indossi, invece di quella carne, il corpo segnato con l'acqua di quando era stata battezzata”

Di sicuro nessun uomo di buon senso può negare che questo brano, per quanto fantastico, sia chiaro come il sole, se confrontato con il testo di Colossesi. I doceti ritenevano che il battesimo nel Giordano fosse un simbolismo che esprimeva l'assunzione da parte del Gesù di un altro corpo (spirituale), un segno e un sigillo del corpo derivato dalla Vergine; quando quest'ultimo (corpo) fu inchiodato alla croce, il Gesù se ne spogliò, ma non fu lasciato uno spirito nudo (disincarnato); al contrario, fu ancora rivestito di questo corpo spirituale che aveva assunto nel battesimo; e per mezzo di questo corpo spirituale egli trionfò su tutti i principati e i poteri condotti dall'Arconte, che aveva pensato di porre fine alla sua vita sulla croce, ma era riuscito solo a distruggere un corpo carnale, lasciando intatto e trionfante il vero corpo spirituale. La dottrina è così chiara e coerente da non richiedere ulteriori commenti. 

Nota ora che il brano doceta e il brano di Colossesi non possono essere scorrelati: le corrispondenze verbali sono fin troppo strette. Frasi fuori dal comune come “spogliatasi del corpo e inchiodatolo al legno” (ἀπεκδυσαμένη τὸ σῶμα καὶ προσηλώσασα πρὸς τὸ ξύλον) e “trionfando per il suo tramite su principati e potestà” (θριαμβεύσασα δι᾿ αὐτοῦ τὰς ἀρχὰς κὰι τὰς ἐξουσίας), non avrebbero mai potuto originarsi due volte in modo indipendente. Esse non sono ostiche, ma perfettamente naturali nel contesto doceta; sono non solo innaturali, ma praticamente incomprensibili in Colossesi. La conclusione è ovvia. Inoltre, che il doceta non stia citando dall'Epistola è evidente dal fatto che non vi si fa allusione, ma invece vi è un riferimento diversissimo, ossia: “Questo, (il doceta) afferma, è il senso delle parole del Salvatore: Se un uomo non è nato dall'acqua e dallo spirito, non entrerà nel regno dei cieli, perché quel che è nato dalla carne è carne” — concordando da vicino con Giovanni 3:5, 6. 

La situazione sembra ormai abbastanza chiara: la dottrina e la fraseologia doceta erano note all'autore dell'epistola; la seconda gli piaceva, la prima no. Egli tentò di introdurre le altisonanti espressioni docete parlando di un tema del tutto diverso, l'abolizione (da parte del culto di Gesù) della distinzione religiosa tra ebrei e gentili. Perciò parla di colui che ha inchiodato il documento scritto (la Legge) alla croce (cosa del tutto inappropriata), e che ha spogliato i principati e le potenze (cosa insensata), che ha trionfato su di loro (dove αὐτοὺς è del genere sbagliato e il tutto è impensabile), e infine butta lì l'enigmatica espressione “ne ha fatto un pubblico spettacolo” (cosa verbosa). I Padri intuirono che l'entità “spogliata” non potesse essere i principati, ma dovesse essere la carne o il corpo; eppure, nel momento in cui inserisci questo termine, sei ripiombato su un ambito doceta: il Gesù è raffigurato mentre si spoglia del suo corpo (o della sua carne) sulla croce, e quindi lo lascia inchiodato al legno. 

Che un'idea del genere animasse l'autore di Colossesi lo si vede pure in una frase in 2:11: “E voi avete ricevuto la pienezza in lui, essendo egli il capo di ogni principato e potestà, nel quale siete anche stati circoncisi di una circoncisione fatta senza mano d'uomo, ma della circoncisione di Cristo, mediante lo spogliamento del corpo della carne: essendo stati sepolti con lui nel battesimo”. Queste frasi altisonanti ma discordanti hanno poco significato nel loro contesto. A prima vista sembra che siano state trasposte dal loro ambito originario al contesto attuale, dove appaiono strane e non funzionano. 

Forse qualcuno potrebbe cavillare sull'espressione doceta “quell'anima, nutrita nel corpo, spogliatasi del corpo e inchiodatolo al legno”, e potrebbe obiettare che i carnefici, e non “quell'anima”, lo inchiodarono. Rifletta costui che la sublime concezione primitiva fu quella dell'auto-immolazione di un sommo sacerdote sofferente, e che in ogni caso si sarebbe potuto parlare facilmente di “quell'anima” come di colei che inchiodò, se solo le fosse permesso l'inchiodamento. 

Questo esempio, solo uno dei tanti, mostra inequivocabilmente che le espressioni preferite sono state copiate dagli Gnostici, fatte proprie dagli autori delle epistole e convertite ad uso strettamente ecclesiastico.

Nessun commento:

Posta un commento