giovedì 25 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoGli Atti degli apostoli

 (segue da qui)


Gli Atti degli apostoli.

Un lavoro simile fu operato di buon'ora a proposito dell'apostolo Paolo. In testa o in accompagnamento alla raccolta delle sue Epistole doveva venire un antico racconto delle sue missioni. Il testo, ben anteriore a Marcione, ignorava le recenti dispute. Dava informazioni preziose sull'apostolato dei primi tempi, sugli inizi di alcune Chiese. Era scritto in uno stile semplice e familiare, vivace e attento, che ne rendeva piacevole la lettura. Tutto deponeva a favore della sua conservazione. Lo si conservò dunque. Ma, affinché non servisse più, esaltando la persona di Paolo, a combattere la fede comune della Chiesa, la si munì anche di aggiunte molto ampie, che tendevano a ridurre il ruolo dell'«apostolo dei Gentili» e a valorizzare quello del suo grande concorrente, Cefa, o Pietro, patrono dei giudeo-cristiani. Invece di opporli l'uno all'altro, ci si sforzerà di armonizzarli. Alle «antitesi» che alimentavano la polemica marcionita si sostituì uno sforzo di sintesi conciliante.

Plutarco aveva già scritto da tempo le sue Vite parallele degli uomini illustri, in cui un Greco e un Romano erano messi di fronte e confrontati l'uno all'altro, con l'obiettivo di mostrare il loro accordo di fondo. L'opera aveva ottenuto un grande successo. L'autore del Vangelo secondo Luca vi attinse in un secondo racconto «a Teofilo», che faceva seguito alla sua Vita di Gesù e presentava in una sorta di dittico gli apostolati gemelli di Pietro e di Paolo. È questo libro a chiamarsi comunemente gli «Atti degli Apostoli».

Il titolo abituale è abbastanza poco preciso. Si parla molto all'inizio del gruppo dei primi dodici discepoli di Gesù, di cui il dodicesimo, il traditore Giuda, è stato sostituito da Mattia. Ma la maggior parte di loro non sono più menzionati in seguito. Pietro è il loro rappresentante. Si direbbe che li incarni tutti. Perché si tratta di farne la controparte di Paolo, o per meglio dire, il suo archetipo.

Sin dall'inizio, tutti gli apostoli si riuniscono attorno a lui. È su sua richiesta che un sostituto è dato a Giuda. Alla Pentecoste, Pietro parla a nome del gruppo davanti agli ebrei e ai proseliti venuti «da tutte le Nazioni che sono sotto il cielo». Poco dopo guarisce uno zoppo, coglie l'occasione per predicare di nuovo e si vede trascinato per questo motivo davanti al sinedrio. Una sua parola fa cadere Anania e Saffira, che hanno voluto frodare lo Spirito Santo. I malati si mettono alla sua ombra per ottenere la loro guarigione. Messo in prigione e miracolosamente liberato, riprende la sua propaganda con più ardore che mai. Da Gerusalemme si reca in Samaria, dove si svolge la prima missione apostolica, e lì affronta Simone il mago. Si reca a Lidda, dove guarisce un paralitico, a Gioppa, dove resuscita una morta, a Cesarea, dove un pagano, il centurione Cornelio, è convertito e battezzato da lui. [51]

È più tardi soltanto che Paolo si vota alla conversione dei Gentili. All'inizio professava il giudaismo più intransigente. [52]  È così che aveva partecipato all'uccisione del diacono Stefano. Un'altra volta si era recato a Damasco per arrestarvi i cristiani. Si chiamava allora Saul e imitava la condotta del suo famoso omonimo, partito all'inseguimento di Davide. [53] Arrivato quasi alla meta, fu accecato da una grande luce, come in passato un altro persecutore, Eliodoro, miracolosamente colpito sulla soglia del Tempio, e, sul suo esempio, ricoprì la vista, grazie alla preghiera soccorrevole di un pio ebreo. Si mise subito a predicare nelle sinagoghe e ritornò a Gerusalemme, dove fu introdotto da Barnaba nella compagnia degli Apostoli. [54] Più tardi, dopo la sua prima missione, ebbe un'accesa discussione con alcuni fratelli del «partito dei farisei» che volevano obbligarlo a circoncidere i pagani convertiti, ma fu difeso da Pietro, che fece prevalere la sua opinione. Paolo si accordava così bene sin dalla sua conversione con il Pietro degli apostoli che era come il suo doppio. Come lui, nella sua prima missione, confuse un mago che recitava il ruolo di falso profeta. Sul suo esempio, guarì uno zoppo dalla nascita; uscì miracolosamente di prigione; fece discendere lo Spirito Santo su neofiti che ebbero il dono delle lingue; scacciò i demoni e le malattie con il semplice contatto delle sue vesti, come Pietro fece con la sua sola ombra; resuscitò un morto. Questo è il trionfo della conciliazione ad oltranza. [55]

Per spingerlo al limite, restava da mostrare i fratelli nemici di un tempo associati nella Città Eterna allo stesso sforzo propagandistico, mescolando il loro sangue per la causa comune e diventando così i patroni gemelli della Roma cristiana. Se il narratore avesse conosciuto un tale esito, non avrebbe mancato di parlarne, o almeno di accennarvi in forma profetica, come ha fatto in ciò che riguarda l'arresto di Paolo. [56] Se non ne dice nulla, è perché non ne sa nulla. La leggenda non è ancora esplosa. Ma è qui, per così dire, in embrione. Pietro e Paolo, essendo così fraternamente uniti, dovevano, nell'opinione del lettore degli Atti, restarlo nella morte e suggellare il loro accordo con un comune martirio. 


NOTE DEL CAPITOLO 9

[51] Atti 1:15-22; 2:5-40; 3:1-12; 4:3; 5:1-11, 15, 29; 8:14-25; 9:32-36; 10:1.

[52] Atti 7:58-60; 9:1-2.

[53] 1 Samuele 23:25.

[54] Atti 9:3-19; si veda 2 Maccabei 3:22-36; Atti 9:20-29.

[55] Atti 15:1-29; 13:6-11 (si veda 8:9-24); 14:8-10 (si veda 3:2-8); 16:26-30 (si veda 12:7-10); 19:6-7 (si veda 10:44-46); 19:12 (si veda 5:15-16); 20:9-12 (si veda 9:36). 

[56] Id. 20:22-25.

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