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I PRIMI RUOLI
A quale condizione la credenza nella piena virtù del sacrificio, ritrovata da pochi uomini persi in fondo al più oscuro angolo della Palestina, poteva avere il suo effetto nel mondo intero, vale a dire produrre un evento così considerevole come il cristianesimo? La risposta si impone. Alla condizione che questi uomini fossero rappresentativi dei bisogni della loro epoca.
Oltre a una lunga preparazione precedente, un revival, tale come lo intendiamo noi, presuppone, da una parte, una necessità collettiva e, d'altra parte, uomini capaci di ipostatizzare quella necessità, ed è quella condizione che importa precisare.
Il cristianesimo doveva nascere perché postulato dall'inconscio dell'epoca. Poteva nascere là o altrove; è nato là, nel deserto del Guilgal, perché là si sono incontrate le grandi anime, per quanto umili fossero nella gerarchia, in cui doveva esprimersi.
Così deve intendersi la definizione sociologica della personalità. Opponendosi categoricamente all'individuo, la persona è ciò che vi è in noi di sociale. [1] Le grandi personalità sono quelle in cui si esprime più potentemente l'essere collettivo.
Non ci sono grandi movimenti collettivi senza alcune grandi personalità che le esprimono; ma non ci sono grandi personalità che non esprimano l'inconscio delle collettività. Le grandi personalità agiscono, ma in quanto interpreti dei bisogni collettivi; e questi bisogni collettivi sono a volte così profondamente sepolti nell'inconscio che cominciano a rivoltarsi contro i loro portavoce. Questa sia la risposta a chi obietta che l'uomo di genio è quasi sempre in conflitto con la sua epoca; egli lo è come il conscio lo è con l'inconscio; ed ecco perché, benché porti alla società l'espressione dei suoi nuovi bisogni, comincia quasi sempre con l'essere, e talvolta resta fino alla morte, quello che io definisco un «eretico». [2]
Nulla nasce di grande, se non dalla comunità. L'uomo si agita e Dio lo conduce, ha detto Bossuet; traduciamo in linguaggio sociologico: l'individuo si agita e il Sociale lo conduce.
Un'evoluzione si compie a volte senza che alcun primo ruolo venga a scandirne i momenti; mai una rivoluzione si è compiuta altrimenti che sotto il segno di un'azione personale decisiva. E ciò che è vero delle rivoluzioni lo è anche dei grandi movimenti riformisti. Non si immagina il protestantesimo senza Lutero e Calvino più di quanto si immagina il 1917 senza Lenin. Sir James Frazer aveva ragione a situare alla nascita del cristianesimo una personalità potente; il suo inconcepibile abbaglio è di aver confuso il fondatore (o il riformatore) di una religione con il dio di quella religione, Maometto con Allah, — Lutero, Zwingli e Calvino con le tre persone della Santa Trinità, — gli uomini che hanno fondato il cristianesimo con Gesù. [3] Alla nascita del cristianesimo vi sono, non uno, ma più protagonisti che lo rappresentano nello stesso tempo in cui lo promuovono: San Pietro, San Paolo e i compagni.
Se non si riconoscono nei primi cristiani alcune delle anime più misticamente dotate che siano passate sulla terra e allo stesso tempo le più rappresentative di un'epoca, non c'è cristianesimo. Questo postulato è alla base di ogni tentativo di comprendere le origini cristiane. La tesi razionalista evemerista stessa postula delle anime straordinarie per scoprire il Messia di Dio nel miserabile crocifisso da Ponzio Pilato. Quanto alla chiesa, essa ha fatto di San Pietro e di San Paolo i più grandi tra i suoi santi, e nell'interpretare le loro azioni come un compimento dei disegni di Dio essa esprime in linguaggio teologico ciò che noi esprimiamo in linguaggio sociologico. Quando esigiamo dai pre-cristiani che saranno i primi cristiani questo cento per cento di umanità, non domandiamo loro più di quanto ha domandato loro chiunque, credente o non-credente, abbia tentato di penetrare il segreto dei loro volti. Siamo nell'area delle grandi religioni che si fondano, delle grandi rigenerazioni che si preparano. Vorrei che sia ammesso che queste cose non hanno potuto compiersi al ritmo dell'amabile buon senso piccolo-borghese che regna tanto in certi patronati quanto nelle riunioni di liberi pensatori del Café du Commerce.
NOTE
[1] Formes élémentaires, pagine 389-390.
[2] Sul ruolo dell'«eretico», si veda in particolare Demain, ici, ainsi, la Révolution, pagine 18-19.
[3] Si veda Dieu Jésus, pagine 62 e seguenti.
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