martedì 26 aprile 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAL'ORDINE DELLA PERPETUITÀ E L'ORDINE DELL'EVENTO

 (segue da qui)


SECONDA PARTE

LA PRIMA 

GENERAZIONE CRISTIANA

ENTRA IN SCENA


I

L'ORDINE DELLA PERPETUITÀ

E L'ORDINE DELL'EVENTO

Con la prima generazione cristiana, la religione di Gesù passa dall'ordine della perpetuità all'ordine dell'evento.

Cosa si deve intendere per l'«ordine della perpetuità» e l'«ordine dell'evento»?

Certe persone si compiacciono a limitare la Storia ad un vano quadro di immagini sfuggenti, racconti di battaglie, intrighi di palazzo, sfilate di eroi in serie. La Storia ha evidentemente il dovere di conoscere tutto ciò che ha contato nell'avventura umana; ma ha nondimeno e soprattutto il dovere di seguire il lento sviluppo delle cose che durano, e forse è nello studio delle religioni che realizza il meglio del programma.

Nello sviluppo delle religioni, abbiamo detto qualche anno fa nel corso di un'intervista destinata a un largo pubblico, [1] esiste una parte di elementi passeggeri, i fatti storici propriamente detti, e una parte (e questa è la parte essenziale) di elementi permanenti, le credenze, le istituzioni, i miti, il culto. L'interesse è di discernere come questi elementi reagiscono gli uni sugli altri.

Che l'avventura umana si svolga su due piani, la «durata» e il «tempo», vi è là una prospettiva che, lungi dall'essere nuova, si raccomanda dagli inizi stessi della filosofia greca; il razionalismo cartesiano non poteva evidentemente interessarsene; la filosofia tedesca del diciannovesimo secolo e dopo di essa il signor Bergson l'hanno rimessa in onore; essa sembra corrispondere al pensiero di coloro che pensano tra gli uomini delle ultime generazioni, e il signor André Chamson ne ha fornito un esempio sorprendentemente ricco di meditazione. [2]

Ma se le cose che appartengono al «tempo», vale a dire le peripezie della Storia, si caratterizzano in quanto sono momentanee, quelle che appartengono alla «durata» si caratterizzano non solo in quanto durano, ma in quanto si sviluppano; hanno l'aria di essere immobili, ed esse si trasformano, e, poiché si trasformano lentamente, hanno l'aria di essere immobili. Allo stesso modo in cui un sito, allo stesso modo in cui una città, un'istituzione, non si comprende che sotto il segno del divenire.

Il mito [3] è il prototipo dell'atto che si riproduce indefinitamente, in opposizione alla leggenda e a ciò che il diciottesimo secolo chiamava la favola, le quali sono esse stesse i prototipi dell'atto che ha luogo solo una volta. E questo è ciò che non hanno visto gli scrittori, come il signor Chamson, che non hanno fatto della questione del mito uno studio speciale. Basterà segnalare qui che gli esempi di perpetuità più facilmente comprensibili sono forniti proprio dagli antichi miti solari. 

Il sole, o, se si preferisce, il dio-sole che ogni giorno ricomincia il suo viaggio, rappresenta perfettamente la cosa che si riproduce indefinitamente e che allo stesso tempo si modifica a poco a poco, poiché ogni giorno, nel corso di una stagione, il sole sorge e tramonta un po' più alto o un po' più basso nel cielo e da un giorno all'altro è impossibile (al di fuori dell'osservazione scientifica) discernerne la progressione. 

Che li si interpreti come miti stagionali o come miti sociali, non sarà diversamente per i miti degli dèi che muoiono e risorgono. L'immolazione di un dio da parte dei suoi seguaci, seguita o no dalla resurrezione che ne è nel contempo la conseguenza e la ragion d'essere, è un'operazione cultuale che si ripete indefinitamente attraverso le età. Ad intervalli generalmente regolari, il più sovente alla primavera dell'anno, il dio è messo a morte e resuscita in un modo che si potrebbe credere identico, ma con quelle trasformazioni quasi sempre impercettibili che impone al culto lo sviluppo della civiltà. 

Il conflitto che divide attualmente gli studiosi sul tema della storicità di Gesù (Gesù è stato un uomo tra gli uomini? Gesù non è stato che un dio tra gli dèi?) farà comprendere come si oppongano l'«ordine della perpetuità» e l'«ordine dell'evento».

Supponiamo, come vogliono i partigiani della storicità, che un agitatore di nome Gesù sia stato condannato al supplizio della croce dall'autorità romana e che si abbia in seguito raccontato che fosse risorto: ci sarebbe stato un fatto storico che si sarebbe verificato un certo giorno, e si sarebbe evidentemente verificato solo una volta. Supponiamo, al contrario, come è la nostra tesi, che Gesù sia un dio crocifisso dai suoi seguaci su un alto luogo palestinese in un sacrificio periodico, vale a dire rinnovatosi a intervalli regolari e risalente alle epoche più antiche: siamo in presenza di un'operazione cultuale che si è praticata migliaia di volte. Nel primo caso, si tratta di un atto unico; nel secondo, di un atto innumerevole. La tradizione evangelica potrà ulteriormente trasformare il mito in fatto storico, vale a dire trasformare l'atto innumerevole in atto unico;  ma il sacrificio conserverà il suo carattere di atto innumerevole sotto la forma della comunione eucaristica (questo sarà spiegato a suo tempo), e dai tempi preistorici fino ad un futuro impredicibile, Gesù resterà il dio che è disceso sulla croce e che discenderà nell'ostia ogni volta che lo esige e che lo esigerà la volontà dei suoi preti, vale a dire al ritmo dell'eterno. 

L'apparizione di un dio ai suoi fedeli è, al contrario, il tipo stesso dell'«evento».

Abbiamo già spiegato che un'apparizione è tutt'altra cosa rispetto ad una resurrezione. In alcuna maniera la resurrezione implica l'apparizione. Nel dramma sacro il dio risorge, implicitamente o esplicitamente, ogni volta che è messo a morte; ma nulla lo obbliga ad apparire. Gesù è risorto migliaia di volte senza apparire ai suoi fedeli; dopo essere risorto ancora una volta nel corso del dramma sacro celebrato da San Pietro e dai compagni, poteva non apparire loro e nondimeno sarebbe risorto. Un'apparizione non è un atto cultuale; essa non fa parte del dramma sacro; può aggiungersi o non aggiungersi. Il dramma sacro appartiene alla perpetuità; l'apparizione appartiene all'evento. 

Di fatto, l'apparizione a San Pietro e ai compagni è, nella religione di Gesù, l'evento decisivo che data e situa lo scatenamento del Revival.

NOTE

[1] Nouvelles littéraires del 4 giugno 1932, Un'ora con Edouard Dujardin, di Frédéric Lefèvre. 

[2] L'Homme contre l'histoire, 1927.

[3] Dovremo tornare sul significato di questa parola così vilipesa oggi. Si veda, già qui, pagine 344 e seguenti.

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