domenica 24 aprile 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANAIL DRAMMA SACRO

 (segue da qui)


III 

SCORCIO SOMMARIO 

SUL DRAMMA E IL PASTO SACRO PRECRISTIANO


IL DRAMMA SACRO

Avevamo pensato di studiare nel presente volume, come seguito ai capitoli che precedono, le forme sotto le quali si praticava il dramma sacro nelle religioni misteriche e successivamente nell'antica religione di Gesù e nel pre-cristianesimo. Ci è sembrato infine che quello studio sarebbe meglio al suo posto nel nostro prossimo volume, la leggenda del dio Gesù intendendosi solo in ragione del mito che essa traduce, e quest'ultimo intendendosi solo in ragione del dramma sacro che lo realizza.

Nel nostro primo volume, abbiamo definito il dramma sacro un insieme di cerimonie rituali, celebratesi periodicamente, che si sviluppano attorno ad un sacrificio (sacrificio propriamente detto o passione del dio), il quale ne è il centro e la ragion d'essere, con l'intenzione, non di offrirne lo spettacolo, ma di produrne gli effetti e di farne beneficiare i presenti. [1] Ci limiteremo qui a indicare che l'esistenza di un dramma sacro di questo tipo nel pre-cristianesimo è stabilita, da una parte, dall'uso generale delle religioni misteriche e di tutti i culti popolari degli dèi morenti e risorgenti, e, d'altra parte, dal carattere stesso dei racconti della Passione nei vangeli. Comprenderemo, con ciò stesso, come lo scenario di questo dramma sacro abbia fornito alla tradizione da cui sono nati i vangeli il contesto dei loro racconti. 

Dal secolo scorso, gli studiosi indipendenti erano stati a poco a poco portati a constatare lo spirito nel contempo leggendario e tendenzioso della maggior parte dei tratti di cui si compone la Passione di Gesù, come la raccontano i quattro evangelisti, e a riconoscere la loro palese improbabilità, non solo dal punto di vista del buon senso razionalista, ma, cosa che è infinitamente più grave, dal punto di vista storico; di tutto ciò si troverà l'ampia e convincente dimostrazione nel penultimo libro del signor Guignebert, [2] il quale conclude (pagina 599) che i dettagli della Passione «si mostrano tutti incapaci di resistere ad un esame accurato», che «tutti infine cadono fuori dalla Storia», — l'eminente professore mantenendo, beninteso, la storicità dello sfondo, vale a dire restando fedele alla tesi evemerista. La stessa dimostrazione è data, ma per arrivare alla tesi della non-storicità della sostanza come pure dei dettagli, dal signor Alfaric [3] che, nello stesso tempo in cui mette in evidenza le impossibilità storiche, si preoccupa particolarmente di mostrare come la maggior parte dei tratti della vita intera di Gesù non siano altra cosa che la messa in atto di profezie che gli evangelisti volevano fossero state compiute da Gesù. 

Altri studiosi erano stati colpiti, nel frattempo, dalla rassomiglianza che la Passione di Gesù presenta nei racconti evangelici con le cerimonie e le feste popolari come le Sacee a Babilonia, le Kronia in Grecia, i Saturnalia in Italia. [4] Lo studio cultuale delle religioni doveva infine condurre il signor Alfred Loisy, nello stesso tempo dei proponenti della Formgeschichte, a fare dei diversi episodi di questi racconti «le peripezie di un dramma liturgico» e a professare finalmente che «la più antica tradizione per noi percettibile relativa alla morte di Gesù è già, come quella del suo ministero, una leggenda liturgica, e che l'evoluzione di quella leggenda nella letteratura evangelica ha lo stesso carattere rituale, complicato da preoccupazioni apologetiche». [5]

Non possiamo che riprendere e fare nostre queste espressioni del maestro eminente; ma i «neutrali» (intendiamo gli studiosi che non hanno preso posizione nella questione della storicità di Gesù) riterranno probabilmente con noi che ancora una volta egli si ferma a metà strada legando ad un evento storico una tradizione di cui mostra così bene il carattere cultuale. Più che la trasposizione di un'esecuzione giudiziaria, non si deve piuttosto riconoscere nella Passione di Gesù tutt'intera la trasposizione del dramma cultuale stesso che si chiama il dramma sacro?

Abbiamo visto come la storia comparata delle religioni ci porta ad assimilare il viaggio seguito da Gesù a quello seguito dagli dèi misterici (il sacrificio del dio che diventa un crimine contro la sua persona). Essa ci induce qui a conclusioni analoghe. Se i racconti delle Passioni di Dioniso, di Attis, di Osiride, di Demetra sono le trasposizioni di drammi cultuali e non di eventi reali, non sembra che ne sia altrimenti della Passione di Gesù. [6]

È in ogni caso evidente che il maggior numero degli episodi della sua messa a morte, storicamente inaccettabili, si spiegano con una perfetta verosimiglianza come trasposizioni leggendarie di episodi rituali; e ciò che è vero della messa a morte lo è egualmente della resurrezione. [7

La tradizione dei Tre Giorni porta d'altronde alla nostra tesi l'argomento complementare che la conferma e che la illumina. 


I Tre Giorni. — Le cerimonie del dramma sacro, come tutte le cerimonie cultuali, si svolgono secondo un ritmo fissato in anticipo e che resta invariabile, e il più sovente si ripartiscono in diversi giorni i quali corrispondono ai differenti episodi dell'azione cultuale.

Un'azione cultuale destinata a celebrare la morte e la resurrezione di un dio sembrerebbe quindi doversi svolgere in due giorni corrispondenti ai suoi due episodi, il dio morente nel corso del primo episodio, vale a dire il primo giorno, e risorgente il secondo. A questi due giorni, a questi due episodi, alcune delle religioni che abbiamo in vista ne aggiungono un terzo. Osiride muore il diciassettesimo giorno del mese di Athyr e risorge (oppure è ritrovato) il diciannovesimo: la festa di Adone era ad Alessandria un triduo.

Ora, secondo i racconti concordanti dei quattro vangeli, la Passione di Gesù si svolge precisamente in tre giorni: il primo è quello della messa a morte; il secondo, quello della sepoltura e del sonno nel sepolcro; il giorno della resurrezione (diciamo, se si preferisce, il giorno in cui si è creduto che fosse risorto) è il terzo. [8] La questione è di sapere se si deve riconoscere in quella successione cronologica il ricordo di avvenimenti che si sarebbero effettivamente accaduti in questo lasso di tempo e che, per una nuova coincidenza da aggiungere a tante altre, [9] si sarebbero svolti secondo il ritmo stesso dell'azione cultuale.

Basterà constatare che, lungi dal presentarli come effetto del caso, la narrazione evangelica li dà come il compimento di un programma stabilito in anticipo che fa enunciare più volte a Gesù, e nel modo più categorico, allorché egli stesso li predice [10] e dà come «segno» la distruzione del Tempio [11] e l'avventura di Giona. [12]

Come infatti Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'Uomo sarà nel cuore della terra tre giorni e tre notti. [13]

A dire il vero, molti studiosi sostengono che questi testi sono tardivi e di conseguenza che la tradizione dei Tre Giorni non è primitiva. [14] Senza entrare in quella discussione, [15] basterà constatare che la formula si trova in San Paolo e che egli la presenta come se gli fosse venuta dai suoi predecessori, vale a dire che non solo è anteriore alle più antiche redazioni evangeliche, ma che era conosciuta fin dai primissimi tempi del cristianesimo.

«Vi ho trasmesso, anzitutto», scrive l'apostolo ai suoi Corinti, «quello che anch'io ho ricevuto,

che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, 

e che è stato sepolto,

e che è resuscitato il terzo giorno secondo le Scritture». [16]

Riconosciamo dunque in questi testi l'eco di una tradizione antica che, lungi dall'essersi dedotta dai racconti evangelici della Passione, li ha ispirati e, lungi dall'essere avventizia, è alla base del cristianesimo.

Così, si giudicherà ancora una volta [17] a qual punto le nostre posizioni sono agli antipodi di quelle di studiosi come il signor Goguel. Le ragioni che, agli occhi di questi ultimi, dimostrano che un fatto è secondario, dimostrano secondo noi che è primitivo, e viceversa. All'origine, il signor Goguel vede degli eventi storici ai quali si dà più tardi un significato cultuale; noi vediamo all'origine un programma cultuale che si trasforma più tardi in una successione di eventi cosiddetti storici.

Ma quella antica tradizione proviene dal giudaismo? San Paolo dichiara che le cose si sono accadute «secondo le Scritture». Quali sono queste Scritture? Messo da parte un testo poco convincente di Osea 6:2, troviamo nella Bibbia ebraica solo il libro di Giona al quale possiamo riferirci, e la questione sarà sapere se il mito di Giona non provenga da un'antica religione estranea al giudaismo e, per dirla tutta, dall'antica religione di Gesù stessa. [18]

Quel che ne sia, una leggenda religiosa che si svolge obbligatoriamente in tre giorni non può che essere un sostituto di un mito di tre giorni, vale a dire di un dramma in tre atti, diremmo oggi...

John Robertson aveva avuto l'intuizione che la Passione di Gesù è un dramma; egli si è sbagliato nel cercarvi una successione di scene dall'aria cinematografica: cena, agonia, arresto, ecc., al posto di riconoscervi un puro dramma rituale, — un dramma rituale in tre giorni, — in tre giorni, né più né meno.


Disposizione, epoca, periodicità, data e luogo del dramma sacro precristiano. — Su tutti questi punti, rimandiamo provvisoriamente i nostri lettori alla nostra precedente opera, come segue: 

Disposizione del dramma sacro: si veda opera citata, [19] in attesa dell'esposizione più completa possibile che ne daremo nel nostro prossimo volume.

Epoca: la primavera. [20]

Periodicità: probabilmente a lungo termine. [21

Data dell'ultima celebrazione (quella che i vangeli hanno fatto l'esecuzione giudiziaria di Gesù): probabilmente l'anno 27. [22]

Luogo della celebrazione: l'antichissimo alto-luogo del dio Gesù, il «Ghilgal» divenuto il Golgota (Golgotha, Golgoltha in aramaico, Gulgolet in ebraico, forma espletiva di Golgola, Guilgal), che noi abbiamo situato, non alle porte di Gerusalemme, ma ai dintorni di Gerico, su una collina che sorge nella depressione del terreno prossimo al Mar Morto, a circa 1000 metri d'altezza al di sotto di Gerusalemme, e che Baedeker ritrova nell'attuale collina di Tell Djeldjoub, sul percorso che porta dal Giordano a Gerico, a mezz'ora da quella città e pressappoco a sei o sette ore di viaggio da Gerusalemme stessa, con la particolarità, che richiama immediatamente l'attenzione, che nel primo secolo l'antico cromlech, da lungo tempo abbandonato, era diventato una sorta di deserto, dove era facile ad un pellegrinaggio comprendente solo poche centinaia di persone recarsi senza attirare l'attenzione. [23]

Ma la cerimonia non si terminava con il dramma sacro. Al dramma sacro succedeva, fin da tempi immemori, il pasto sacro.

NOTE

[1] Dieu Jésus, pagine 96 e seguenti, dove si troveranno gli sviluppi utili. 

[2] Jésus, pagine 549 e seguenti.

[3] Evangile selon Marc, e Pour comprendre la vie de Jésus, 1929.

[4] Wendland: Jésus roi des Saturnales, 1898; si veda Dieu Jésus, pagina 54. Su tutta la questione, si veda Salomon Reinach: Cultes, Mythes et Religions, tomo 1, pagine 352 e seguenti.

[5] Loisy: Naissance du christianisme, pagina 104 e pagina 108; si veda anche pagina 110.

[6] Si conosce l'obiezione evemerista: l'epoca in cui questi eventi sono situati... A cui l'Appendice 4 fornirà una risposta.

[7] In una comunicazione alla Società Ernest Renan (30 giugno 1932), ho spiegato che i principali tratti dei racconti evangelici della resurrezione sembrano tradurre lo svolgimento di una cerimonia analoga a quelle che si celebravano ad Alessandria per festeggiare la resurrezione di Adone e consistenti in recitazioni accompagnate da canti e da evoluzioni coreografiche. Tutto ciò sarà messo a punto nel nostro prossimo volume.

[8] Il giorno, tra gli Ebrei, comincia al tramonto del sole; così Gesù, dal fatto che è sepolto dopo il tramonto del sole che segue la messa in croce, è considerato come se fosse stato sepolto il secondo giorno.

[9] Si veda Dieu Jésus, pagine 230-232.

[10] Matteo 16:21; 17:23 e 20:19; Marco 8:31; 9:31 e 10:34; Luca 9:22 e 18:33; più i richiami, Matteo 27:63-64; Luca 24:7 e 46.

[11] Matteo 26:61 e 27:32-40; Marco 14:57-59 e 15:29-30; Giovanni 2:18-22.

[12] Matteo 12:38-40, e Luca 11:29; Matteo 16:1-4, e Marco 8:11-12.

[13] Matteo 12:40. Altra peculiarità del modo di contare ebraico. In realtà, Gesù, secondo i racconti evangelici, è stato messo nella tomba alla fine del primo giorno, vi è restato la notte dal primo al secondo giorno, tutto il secondo giorno e la notte dal secondo al terzo, per uscirne all'inizio di quest'ultimo: questo è ciò che i testi chiamano tre giorni e tre notti. La ragione è che gli Ebrei contavano un giorno cominciato come un giorno intero; d'altra parte, «tre giorni e tre notti» è un'espressione fatta apposta a significare tre giorni consecutivi di cui uno solo è completo, con le due notti incluse; tale il digiuno di «tre giorni e tre notti» di Ester 4:16 e 5:1, testo decisivo. Mai un ebreo avrebbe scritto: «Tre giorni e due notti». Tutti gli esperti di semitico nati in Israele che ho consultato sono d'accordo su questo. I critici che negano che l'espressione «tre giorni e tre notti» possa applicarsi al soggiorno di Gesù nella tomba commettono l'errore di attribuire a uomini di origine e di educazione semitica del secondo secolo la loro mentalità di occidentali moderni. 

Aggiungiamo che si potrebbero trovare modi di parlare analoghi, come i nostri «otto giorni» e i nostri «quindici giorni» per designare una durata reale di sette e di quattordici giorni.

[14] In particolare, Maurice Goguel: Foi en la résurrection de Jésus, pagine 162 e seguenti.

[15] Si leggeranno, nell'opera del signor Maurice Goguel, esposti dall'autore con la sua abituale lealtà, gli argomenti che si oppongono alla sua tesi.

[16] 1 Corinzi 15:3-4; a proposito dell'autenticità di questo testo, si veda sotto, pagina 88. Stessa attestazione in Romani 6:3-6, e Colossesi 2:12.

[17] Constatazione analoga nel nostro studio sulla Date de l'Institution eucharistique dans la tradition chrétienne primitive, Revue de l'Histoire des Religions, 107, pagina 176, edizione distinta Librairie Leroux, 1933, pagina 23.

[18] Questo è ciò che esamineremo in uno studio che apparirà prossimamente sotto il titolo: Il Segno di Giona.

[19] Dieu Jésus, pagine 216 e seguenti, salvo le riserve indicate nella Prefazione, del presente volume, pagina 6.

[20] Ibid., pagina 218.

[21] Ibid., pagina 219.

[22] Ibid., pagina 219 e seguenti.

[23] Ibid., pagine 222 e seguenti, alle quali domandiamo soprattutto ai nostri lettori di riportarsi, in particolare per l'identificazione Golgota-Guilgal. 

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