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IL SECONDO FOUNDATION PILLAR
È piacevole porre, come pietre miliari di uno studio dove un numero considerevole di tesi generalmente ammesse sono contraddette, alcuni fatti incontestabili. Il secondo di questi fatti, pur non avendo l'evidenza immediata del primo, ha per contro tutte le caratteristiche di una certezza storica che non ha più oggi contro di essa se non il pregiudizio del pubblico non informato.
Secondo questo pregiudizio, il cristianesimo si sarebbe presentato al mondo pagano, diciotto secoli fa, gli uni dicono (perché ci sono due versioni) come una morale nuova, gli altri come una rivendicazione sociale o politica. Uno scrittore distinto parlava ancora in una rivista, poco tempo fa, del «successo della morale evangelica e (aggiungeva) della sua rapida diffusione nel mondo pagano».
Abbiamo avuto l'occasione di vedere ciò che ne era della rapidità della diffusione cristiana nel mondo mediterraneo; quanto al successo del cristianesimo morale (e, altrettanto bene, del cristianesimo rivendicazione sociale o politica), l'analisi, per quanto sommaria sia stata, che abbiamo abbozzato delle teorie razionaliste che si sono succedute da più di mezzo secolo ha mostrato come essa sia stata ridotta a nulla, — essendo beninteso che non è questione questa volta di ciò che Gesù ha potuto insegnare o non insegnare, ma unicamente della religione che i primi cristiani hanno portato in suo nome nel mondo mediterraneo.
Il punto della storia ormai unanimemente ammesso trova la sua espressione in due espressioni che prendiamo da due studiosi noti, uno per l'audacia delle sue opinioni, l'altro per la sua prudenza, ed entrambi per la loro sagace erudizione.
Leggiamo dal signor Alfred Loisy, Mystères Païens, pagina 205:
«Non è il vangelo di Gesù che ha conquistato il mondo mediterraneo», detto altrimenti non è il compimento della speranza giudaica, e non è neppure la morale evangelica, ed è ancor meno una dottrina politica o sociale che racchiuderebbe il vangelo... «è un mistero di salvezza basato sulla morte di Gesù concepita come redentrice».
L'altro, il signor Maurice Goguel, scrive, Revue d'Histoire et de Philosophie religieuse, novembre-dicembre 1925, pagina 536:
«Ciò che è in primo piano nel cristianesimo apostolico è una dottrina della redenzione mediante la morte del Cristo... è un culto del Signore Gesù costituito, in una certa misura, sul tipo dei misteri ellenistici di redenzione».
Quanto alla più recente delle scuole razionaliste, la Scuola Formativa, essa pone come principio che il solo Cristo che le comunità hanno voluto conoscere è il dio redentore.
A dire il vero, il signor Loisy come il signor Goguel, come tutte le scuole razionaliste, spiegano questo fatto, lo sappiamo, opponendo la dottrina di Gesù a quella propagata dai suoi discepoli, e professano che quest'ultima è un travisamento di quella. Ma vi è là tutta un'altra questione; il caso, ripetiamo, non è in questo momento ciò che Gesù ha potuto insegnare o non insegnare, ma quale dottrina è stata portata nel mondo in suo nome.
E in questo senso, il solo che qui importa, c'è un completo accordo tra gli studiosi indipendenti e gli studiosi cattolici o protestanti conservatori. La Chiesa cattolica, senza ammettere in alcun modo la distinzione mantenuta dai razionalisti tra l'opera voluta da Gesù e l'opera realizzata dagli apostoli, insegna, e da sempre, che l'opera del cristianesimo è stata di portare al mondo la redenzione e la salvezza tramite i meriti del sacrificio espiatorio che è stata la crocifissione di Gesù.
Qualunque stupore e perfino qualunque dispiacere si possa provare, tanto nei salotti dove si pensa quanto nelle redazioni dove si discute, è necessario che i dilettanti illuminati, ammiratori (se non discepoli) della sublime morale evangelica o protagonisti di un cristianesimo socialista o anarchico, prendano le loro parti.
Spiegheremo a suo tempo ciò che ha potuto essere la morale di San Paolo e come si è costituita la morale evangelica. Quanto al lato rivoluzionario del cristianesimo, si vedrà che esso è consistito non in uno sconvolgimento delle forme politiche e sociali, ma in un movimento di spiritualità che ha provocato per contraccolpo lo sconvolgimento politico e sociale del mondo antico. Ma quella rivoluzione spirituale si è operata sotto le specie di una redenzione; il cristianesimo ha rinnovato il mondo nella misura in cui ha portato ciò che i teologi chiamano una «economia di redenzione».
L'accordo, su questo punto, della scienza indipendente con il dogma fondamentale della chiesa cristiana è di un'importanza decisiva. Se l'oggetto della sociologia è di riconoscere nelle affermazioni delle religioni la forma simbolica che rivestono le necessità sociali, mai la cosa avrà ricevuto una più eclatante conferma che in questo lungo e progressivo ritorno della scienza verso il dogma primordiale del cristianesimo. Sarà necessario mostrare più tardi come la redenzione sia il simbolo sotto il quale, nel primo secolo, la società pagana in cerca di rigenerazione ha inscritto le sue necessità rivoluzionarie. Invece di giudicare con il signor Homais o con qualche studioso piccolo borghese che la pratica del Sacrificio di Eliminazione è qualcosa di «ridicolo e imbecille», la sociologia spiega (e questo è a cui ci dedicheremo) il significato sociale infinitamente profondo dei simboli religiosi, e da nessuna parte se ne troverà l'opportunità meglio che con il trionfo del Sacrificio della Croce.
Un mistero di salvezza, una «economia di redenzione»: così si manifesta eminentemente il cristianesimo, nei suoi primi passi attraverso il mondo. Che il messaggio del Sacrificio della Croce sia primitivo, come insegna la Chiesa, o che sia posteriore ad una breve agitazione messianica in Palestina, è questo messaggio, e questo messaggio solo, che attendeva e che ha ricevuto il mondo greco-romano. E così, grazie al nostro secondo Foundation Pillar, si completa l'immagine di Gesù che ci presenta il cristianesimo:
Principalmente, un dio.
Secondariamente, un dio sacrificato.
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